Tought in a bottle
CAPITOLO PRIMO:
“Ovunque tu sia”
Un uomo passeggiava
lungo la spiaggia deserta, i capelli, lasciati crescere troppo a lungo, insieme
alla barba incolta, coprivano gran parte del suo viso dall’espressione spenta.
I piedi nudi, lasciavano profonde impronte sulla sabbia umida, era appena
passata la notte, e un pallido sole sorgeva dal lontano e immenso orizzonte.
L’uomo si fermò e si avvicinò alle onde spumeggianti.
Una lacrima scese dagli occhi ambrati, e con le dita lunghe e sottili, sfiorò
l’onda poco profonda che l’aveva appena raggiunto, e posò il sapore del sale
sulle sue labbra, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
-So che la leggerai- sussurrò –ovunque tu sia-
sfilò una bottiglia di vetro da un borsellino a tracolla. Probabilmente era una
bottiglia di Whisky, ne aveva bevuto talmente tanto, in quelle serate, in cui
si sentiva più solo che mai.
Erano ormai mesi che non si faceva un bagno, benché abitasse in una casa vicino
al mare. Ci aveva provato, ma ogni volta che vi si tuffava, i ricordi di
un’antica, ma ormai perduta, felicità, gli riaffioravano alla mente, con
immagini più nitide di quella che era la realtà.
-Ne sono sicuro- continuò, sforzandosi di sorridere, e, con un colpo di
bacchetta, lanciò la bottiglia nell’infinito oceano che gli stava davanti, più
lontano di quanto un babbano avrebbe mai potuto fare.
Remus Lupin, osservò per qualche istante la bottiglia allontanarsi, fin quando
fu troppo lontana per scorgerla all’orizzonte.
Risalì la spiaggia, era molto stanco, quella notte ci sarebbe stata la luna
piena, e la fatica si faceva sentire fin dal mattino.
Spalancò la porta della sua abitazione, l’aria salmastra ne aveva arrugginito i
cardini, quindi cigolò rumorosamente mentre entrava.
Raggiunse il soggiorno, e si lasciò cadere sul divano, corroso dagli alcolici e
dalle lacrime che Remus vi aveva versato in quegli ultimi mesi.
Afferrò una cornice d’argento sul comodino vicino, e accarezzò il perimetro
della persona dai capelli neri che dall’immagine lo salutava agitando
vistosamente la mano, l’appoggiò accanto al cuore, e tra mille ricordi, si
addormentò.
Era quasi il tramonto quando le sue iridi ambrate riscorsero la luce. Remus fu
sorpreso e grato che la luna non avesse ancora vinto le nuvole e non si fosse
ancora alzata nel cielo.
Con passo leggero, corse verso la cantina e la richiuse a chiave alle sue
spalle.
Avrebbe affrontato una notte di licantropia, per l’ennesima volta, solo.
Remus, si risvegliò quando ormai era già mattino inoltrato. Con una mano si
strofinò gli occhi, e non poté fare a meno di notare quanto fossero graffiate.
Tagli profondi attraversavano gran parte delle braccia, ed ogni volta che le
sfiorava con i polpastrelli, un brivido di dolore attraversava tutto il suo
corpo.
Si alzò faticosamente dalla branda scomoda, e, zoppicando, salì le scale che lo
portavano alla porta della cucina. I pochi mobili che riempivano la piccola
cantina, erano quasi distrutti, a causa dei graffi che provocava con le lunghe
unghie che l’accompagnavano nella sua forma canina durante le notti di luna
piena.
-Alohomora- sussurrò, e la porta si aprì di fronte a lui, inondandolo della
luce che dalle grandi finestrate della stanza, illuminava tutta la casa.
Prese una pozione, che era ben nascosta nel frigorifero della cucina, e uscì
sulla veranda, bevendola velocemente.
L’aria fresca di mare, lo fece sentire leggero e gli alleviò il dolore, mentre
per l’effetto della pozione, gran parte delle ferite si rimarginavano, fino a
sparire.
Sedette sullo sdraio che usava di solito per prendere il sole e osservò le onde
che sbattevano sul molo lontano, quasi volessero imporre la propria forza al
mondo.
Un barbagianni dall’aria molto vecchia, atterrò in quel momento ai piedi di
Remus, posò la pergamena sulle sue gambe e volò a pulirsi le penne nel mare.
L’uomo, con fare deciso, srotolò la pergamena, chiusa col sigillo di Hogwarts.
Caro Remus,
capisco quanto per te ora possa essere dura, e credimi lo è anche per me, ci ho
messo molto per riprendermi, e so che per te non sarà così semplice..
Mi farebbe piacere riaverti qui a Hogwarts, tra i docenti. Piton e tutti gli
insegnanti approvano questa mia decisione, anche Harry Potter e gran parte
degli studenti.
So che per te non sarà di sicuro il momento giusto per lavorare, ma penso che
questo possa farti dimenticare, o almeno distrarre dall’accaduto.
Tuttavia, ci farebbe piacere averti qui anche come semplice ospite, nel caso tu
non sia ancora pronto per insegnare.
Non posso esprimermi ancora per convincerti, so che farai la scelta giusta.
Con grande ammirazione,
Il preside di Hogwarts,
Albus Silente
Remus sorrise, e dopo aver riposto accuratamente il messaggio in un cassetto,
decise che ci avrebbe pensato, anche se in cuor suo sapeva già la risposta.
Non gli ci volle molto per convincersi di quale sarebbe stata la scelta giusta.
Prese da un altro cassetto un foglio che sembrava vecchio di chissà quanti
anni, e la sua piuma di fiducia, che conservava dai tempi della scuola.
Gentilissimo professor Silente,
Mi creda, ci ho pensato a lungo, e alla fine ho deciso, anche se non sono
sicuro, anzi so già, che la mia risposta sarà sbagliata.
Preferirei non abbandonare la mia casa e la mia vita, almeno per quest’ anno.
Ma in un prossimo futuro… chi lo sa, potrei anche diventare il nuovo preside…
Scherzavo… incredibile che io ne sia ancora capace, comunque sento che sto per
riprendermi, o per lo meno, mi sento un po’ meglio degli altri giorni, parlando
di sentimenti, visto che fisicamente non sono al massimo… questa notte c’è
stata la luna piena.
Scusi se l’ho annoiata con le mie fandonie,
Un caloroso abbraccio,
Remus Lupin
Arrotolò il foglio e lo lego con un nastro raffigurante un cane ed un lupo
vicini, qualche centimetro più in là, un cervo che dimostrava tutta la sua
maestosità, e accanto c’era un piccolo topo, quasi invisibile, accanto al
grande animale, che attirava tutta l’attenzione su di sé, e dopo aver fatto un
nodo stretto, legò la pergamena alla zampa del barbagianni che subito si alzò
in volo.
Intanto la bottiglia con il messaggio, che Remus aveva inviato il giorno prima,
aveva navigato velocemente, trasportata dalla corrente, e si arenò in una
piccola baia, dove raramente un mago ci metteva piede, a causa della
pericolosità della zona. Si diceva infatti che molti anni prima ci fu una guerra,
dove una mago, prima di morire, lanciò una maledizione che diceva che qualunque
persona avesse calpestato quella spiaggia, sarebbe presto morto di un orribile
sventura.
Era la baia di Hogsmeade.
Ormai neanche gli stessi abitanti la conoscevano, ed erano poche le persone che
vi andavano, solo gli abitanti della zona.
-Guarda! C’è qualcosa che luccica laggiù in fondo!- esclamò entusiasta una
graziosa bambina dai lunghi capelli neri, e dopo aver lasciato la mano del
fratello che passeggiava con lei, vi corse incontro.
-E’una bottiglia!- gridò al ragazzo –c’è qualcosa dentro!-
Il fratello, preoccupato, si avvicinò velocemente alla sorellina e le strappò
l’oggetto di mano.
-Lo sai che non devi raccogliere le cose da terra!- la sgridò –potresti farti
male-
-Uffa- disse la bambina, con gli occhi che le si riempivano di lacrime –sei
cattivo!! Sei cattivo Alexander!- e scappo via verso casa.
Il giovane, che aveva più o meno venticinque anni, non rincorse la piccola,
tanto la casa era vicina, e lei sicuramente aveva già smesso di piangere.
Si sedette sulla sabbia scottante, e osservò la bottiglia.
C’era un etichetta dai colori forti, “Whisky magico! Uno whisky talmente focoso
che un babbano si brucia se ne beve!” (“So che nessuna etichetta resisterebbe
ad un viaggio per acqua, ma siamo nel mondo della magia per qualcosa!” NdTrin)
-Allora c’è ancora qualche mago che beve questa roba- disse tra sé e sé il
ragazzo, spostando i lunghi capelli neri, uguali a quelli della sorella, che a
causa del vento gli coprivano la vista.
Tolse il tappo di sughero con un colpo di bacchetta, e rovesciò la bottiglia
scura per vedere se era vero che c’era qualcosa dentro, e una lettera, che
inizialmente sembrava molto piccola, cadde sulla sabbia.
Alexander getto via la bottiglia e raccolse la pergamena, sembrava molto
antica. Sfilò il nastro che la chiudeva e lo osservo per qualche istante, era
rosso, e vi erano raffigurate in nero due forme canine ed un cervo. Stava per
infilarlo in tasca, quando notò che accanto a quest’ultimo c’era anche un
piccolo topo.
Aprì con mani tremanti di emozione la carta arrotolata e la osservò, non era
una scrittura molto chiara, anche se perfettamente ordinata. Sui quattro angoli
c’erano gli stessi animali del nastro, anche se questa volta erano con i colori
naturali. Li osservò bene tutti e quattro, e comprese che uno dei due dalla
forma canina doveva essere per forza un lupo. Cominciò a leggere.
Frightbourne, 6 Settembre 1995 “E’la data di ieri!” pensò,
Caro Paddy…