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Autore: Lilmon    19/03/2012    1 recensioni
Chi è l'invasore? L'invasore è un personaggio ostile, malvisto da qualunque popolazione. Giunge sulla terra degli altri, imponendo il suo potere e sottraendo ogni possibile bene riutilizzabile. L'invasore è crudele, l'invasore è un mostro.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wow! Quarto capitolo! Ri-wow!
Oggi spiego l'ordinamento politico di Giove (con parametri umani s'intende). Oligarchia elettiva a stampo meritocratico, Giove non vede la suddivisione dei tre poteri in tre differenti organismi. Infatti il potere legislativo ed anche quello esecutivo sono entrambi di competenza del Consiglio Dei Cento, eletto dal popolo una volta ogni rivoluzione (la "rivoluzione" è un anno su Giove ovvero 12 anni terrestri circa). Esso è costituito, appunto, da cento membri distinti in quattro gruppi: venticinque filosofi, venticinque scienziati, venticinque giuristi e venticinque strateghi. Un abitante di Giove, alle urne, vota quindi per quattro persone. Ci si può candidare a membro del Consiglio, solamente essendosi distinto all'interno della società in almeno un ambito sociale dei quattro (ad esempio in ambito scientifico o nell'esercito) e dunque avendo vinto premi o medaglie. Il Consiglio è infatti tradizionalmente costituito sempre dalle solite persone, che di fatto godono di poteri quasi illimitati. Uno di essi è il diritto (e dovere) di eleggere il Gran Cancelliere, che ha carica vitalizia e detiene, insieme al Consiglio stesso, il comando dell'esercito. Una volta morto un Gran Cancelliere, il Consiglio designa un Ammiraglio come nuovo Gran Cancelliere. Infine il potere giudiziario è affidato alle varie corti, subordinate ai Dieci Saggi: dieci grandi giudici, eletti dal popolo ogni rivoluzione, che regolamentano la procedura penale e l'azione delle corti. Spesso chi viene eletto "Saggio", la rivoluzione dopo, se ha tenuto una condotta esemplare, viene eletto membro del Consiglio Dei Cento. Dunque di fatto il governo di Giove è piuttosto autoritario. Chissà che l'uomo non voglia "importare la democrazia" anche qua. Dopo questa provocazione vi lascio (finalmente!) alla lettura del capitolo. Au revoir!

 
Ombre Cinesi.

 
"Il destino è come un gioco tra luci ed ombre, è un rapporto casuale ma necessario tra bene e male, tra felicità e tristezza; non ci può essere ombra senza luce, nè così si può trovare la vera felicità senza prima essere risaliti dal baratro oscuro della tristezza"
 
 
La cerimonia stava per iniziare, un lungo tappeto rosso ornato di ghirigori dorati copriva il percorso dall'ingresso del cimitero di marmo nero sino ai loculi. Il corteo prese a camminare. In testa vi erano i parenti dei caduti. Al mio fianco sinistro, con in braccio l'urna eburnea contenente le ceneri del fratello, vi era l'ammiraglio Byar Grande. La famigerata "Coppia Invincibile" non si era confermata tale. Sulla mia destra invece c'era il mio amico e compagno Lavhii. Si, nella battaglia sul primo satellite era anche morto Jub. Mentre l'ammiraglio era molto contenuto, il viso di Lavhii invece era deformato dalla tristezza in una smorfia che non avevo mai visto prima. La morte del fratello l'aveva devastato. Sospinto via dall'eruzione, Lavhii si era risvegliato a ridosso di un grande masso, si era poi faticosamente rialzato e, procedendo a stento tra i vapori sulfurei, era incappato in un cadavere, il cadavere di suo fratello. Anche io mi trovavo in cima al corteo, anche io con un urna in mano, l'urna di Syr. Da quel giorno gli fui sempre debitore -mi aveva salvato la vita- ed oltre a portarlo nel cuore, volevo accompagnarlo ancora una volta, nel suo ultimo viaggio verso la vita eterna al fianco del nostro grande Dio Mur. Era e sarà ancora sempre nostra tradizione cremare i cadaveri dei defunti. Secondo la nostra religione infatti, quasi più una filosofia di vita che una vera religione, una volta morti, l'energia di cui ci si è serviti durante la vita dev'essere restituita a Mur, e la restituzione avviene attraverso la combustione dei nostri corpi. Mur infatti non è altro che la stella del nostro sistema solare, quella splendida forma di energia allo stato puro, da cui tutto proviene ed a cui tutto ritornerà dopo la morte. E' Mur che ci ha dato il nostro grande sistema planetare, è Mur che ci illumina ogni giorno scaldandoci le membra e l'animo, è Mur che ci dona parte della sua immensa energia affinchè la vita possa prendere forma e manifestarsi nelle sue più svariate forme.
Ma in quel mero giorno, nemmeno la Grande Stella poteva alleviare le nostre sofferenze. Raggiunta la sezione del cimitero dedicata ai caduti in guerra, il corteo si divise in diversi gruppi a seconda della posizione del loculo destinato a ciascun caduto. Io, con la famiglia e gli amici di Syr, procedetti verso il monumento funerario destinato alle ceneri del mio amico. Un obelisco nero era il tradizionale monumento di sepoltura dei caduti, altrimenti, potendo permetterselo, si poteva ricorrere ad una statua commemorativa del defunto. Fu la madre di Syr, piangente a deporre l'urna di terracotta rossa nel basamento cavo dell'obelisco. Da quella posizione potevo vedere la tomba del capitano Grande. Una imponente statua, il comandante Sylen decorato con  molte medaglie, in tenuta da parata, stava ritto in piedi sul piede destro appoggiato saldamente al suolo, mentre il sinistro toccava il terreno solo con la punta. Il braccio sinistro era ricurvo verso il petto, nella mano teneva saldamente una sfera, rappresentante il potere del comando. Il braccio destro era invece proteso molto pietosamente verso l'osservatore. Vidi che l'ammiraglio Byar stava sigillando la chiusura della tomba. Da dove mi trovavo la tomba di Jub non si vedeva. Ad un certo punto una persona del gruppo si voltò e rimase di stucco, me ne accorsi e mi voltai anche io. Due figure erano state scortate fino alla tomba del comandante da sei altri comandanti armati e impegnati a garantire l'incolumità dei due. Li riconobbi subito. La morte del comandante Sylen doveva aver portato un enorme scompiglio tra i vertici del paese, se ai funerali erano giunti persino il Gran Cancelliere Liam e l'anziano Bexthan, membro del Consiglio e mente più quotata sul Pianeta Madre. D'altronde il comandante Sylen era il più forte tra i comandanti in carica nell'esercito. Il Gran Cancelliere era un personaggio enorme. Molto più possente, sia come altezza che quanto a muscoli, dei miei amici più grandi. Era vestito di un manto color porpora con i bordi rifiniti d'oro, sotto una giacca nera e in testa l'elmo del potere. L'elmo del potere era il simbolo del comando dell'esercito. Veniva tramandato da più di un migliaio di rivoluzioni di Gran Cancelliere in Gran Cancelliere ed era in oro massiccio. Il peso di quell'elmo si diceva fosse la prova della forza del comandante, che per anni ed anni doveva recarlo sul capo. Esso consisteva nella riproduzione in miniatura della testa di un arricar. La leggenda narra che il primo re della mia gente, Mabous Primo detto il Totipotente, per il possesso della prima porzione di terra che poi venne denominata "regno", avesse dovuto sconfiggere un enorme arricar a mani nude in quanto a quell'epoca le armi non erano state ancora pensate. Gli arricar sono enormi carnivori quadrupedi dalla forza bruta, con dei denti affilatissimi; si dice che un arricar di media dimensione possa spezzare con i denti quasi l'ottanta per cento delle ossa in un solo morso. L'elmo raffigurava solo la parte superiore del teschio dell'animale, i denti dell'arcata superiore intrappolavano il capo del Gran Cancelliere, il muso sporgeva oltre la fronte e ai lati vi erano le due corna ricurve, tipiche dell'animale. Dietro, il famoso "terzo corno" presente solo nei maschi di arricar; una struttura ossea sporgente, ricoperta però da pelle, usata dall'animale per sedurre arricar di sesso opposto. Legate attorno alle corna, pendevano quattro collane, due per parte, di una speciale pietra che risplende se colpita dalla luce. Potete immaginare quanto facesse paura un Gran Cancelliere schierato in battaglia. L'anziano Bexthan invece era rachitico e ricurvo, a stento infatti camminava aggrappandosi con il braccio destro a un bastone nodoso. Portava la lunghissima palandrana e il cappello a punta neri tipici dei venticinque filosofi del Consiglio Dei Cento. Era un personaggio di un'intelligenza quasi sconfinata; ma tanto era brillante, quanto odioso. Sempre sprezzante ed altezzoso, disgustava tutto ciò che intralciava il suo passaggio, fossero state persone o cose. Dai suoi occhi incavati, attraverso piccoli occhialetti tondi, scrutava l'ambiente ed annoiato e stanco strattonava il mantello purpureo di Liam, e quando quello s'inginocchiava, il vecchio gli ordinava di sbrigare in fretta la faccenda per tornare al più presto a palazzo. Una bestia soggiogata da un moscerino.
Quando i due ebbero fatto le condoglianze, s'allontanarono. Congedatomi dai parenti di Syr mi allontanai anche io. Giunto nei pressi dell'uscita del cimitero, mi accorsi che Lavhii era seduto su una panchina di marmo. Mi sedetti al suo fianco. Non si voltò nemmeno, non proferì parola. Azzardai un -Mi dispiace-, lui prendendo un lungo respiro mi rispose -Tre rivoluzioni-, non capivo, -Aveva solamente tre rivoluzioni. Aveva una vita davanti. Aveva una fidanzata. L'amava, progettava persino di metter su famiglia. Io avevo lui, solamente lui. Da quando mio padre è mancato, lui ha preso il suo posto. Come farò? Dimmi, Sazàn, come farò? Maledetti bastardi. Prima che arrivassero loro... Quegli sporchi Rosa... La gente viveva in pace. Hanno portato distruzione, hanno portato morte. Mio fratello... Mio fratello!!- si portò la mano al volto, iniziò a singhiozzare; non ebbi il tempo nemmeno di accarezzargli la spalla che Lavhii si alzò e si mise a camminare verso il cancello. Prima di averlo varcato si girò e mi disse -L'altro giorno non è morto solamente Jub, sono morto anche io-. In quell'ultimo sguardo che mi lanciò, vidi odio; un odio profondo, che molto probabilmente stava soffocando il cuore del mio compagno. Uscì e io rimasi solo nel silenzio.
Dopo qualche minuto che fissavo ormai inesorabilmente il terreno, decisi di alzarmi. Avevo appena portato le mani sulla fredda pietra della panchina quando sentii dei passi. Erano i sei comandanti con il Gran Cancelliere Liam e il consigliere Bexthan. Portai le ginocchia sul terreno, abbassai lo sguardo timoroso e restai in silenzio aspettando che il gruppo mi superasse. Una volta che costoro mi avevano oltrepassato, girai la testa per sbirciarli da dietro. Il Gran Cancelliere Liam però si bloccò dicendo -Reverendo consigliere Bexthan, mi scusi un secondo-, il vecchio, avendo capito le sue intenzioni si voltò verso di me; il suo sguardo era penetrante e carico d'ira. Pietrificai. -Va bene Liam... Ma fa' in fretta- disse rispondendogli. Senza nemmeno girarsi il Gran Cancelliere disse -Complimenti, comandante-. Alzò la mano destra all'altezza della testa in segno di congedo e disse -Possiamo andare-, iniziando a camminare.
Subito non capii che cosa significassero quelle parole, e per tutta la sera pensai a chi potesse essere rivolto quel complimento. Le mie arzigogolate riflessioni si placarono la mattina dopo. Un messaggero arrivato direttamente da palazzo bussò alla mia porta. Aprii. Costui mi diede una busta bianca, chinò lievemente il capo e mi disse -Complimenti-. Sempre più stupito, sovrappensiero gli chiusi la porta in faccia, e mi ci appoggiai di schiena con la misteriosa busta in mano. La aprii e lessi la lettera che recitava all'incirca:

 
Egregio Signor Sazàn Radiwk,
Ci congratuliamo con lei per l'ottimo comportamento tenuto nella controffensiva sul primo satellite, si è distinto molto onorevolmente nella battaglia, difendendo valorosamente il defunto comandante scelto Sylen Grande. Sappiamo che lei ha rischiato la vita, uscendo non certo indenne dallo scontro. La sua camerata, primo battaglione della divisione sicurezza, ha perso il veterano Syr Rafzt e il soldato semplice Jubatar Oi'hij, e di questo noi ci duoliamo molto. Per tutte queste ragioni, con somma fierezza, siamo lieti di annunciarle la sua promozione a comandante. Complimenti. La aspettiamo a palazzo per conferirle ufficialmente il titolo e la medaglia al valore.
Distinti saluti,
Consiglio Dei Cento                                                                                                                                                                                  Gran Cancelliere
         An Hus                                                                                                                                                                                                  Liam S. Lodd'

 
Ero felice. Dopo molto tempo finalmente era giunta una notizia positiva, anzi positivissima. Mi sentivo uscito dal baratro oscuro dell'infelice piega che negli ultimi tempi la mia vita aveva preso. Da soldato semplice a comandante. Già mi immaginavo a guidare un battaglione sotto i colpi dei Rosa, fierissimo nella mia divisa, la medaglia al petto, imbattibile. Fantasticavo e fantasticavo. Stavo seriamente iniziando a pensare ad una possibile futura carriera militare. "Ora comandante, poi chissà, magari tra una rivoluzione o due Contrammiraglio... E poi... Poi be' Ammiraglio"; i miei occhi si illuminavano sempre più, sino all'apice: io, su una collina, mantello purpureo sulle spalle ed elmo del potere sul capo, nella mano destra l'effige del Pianeta Madre, l'orbit; dietro di me il mio esercito, il mio popolo; dietro di me: Gran Cancelliere Sazàn. Mi destai dai miei stupidi sogni quando un'altra persona bussò alla mia porta. Aprii e vidi Lavhii. Era arrabbiato, non mi lasciò nemmeno il tempo di salutarlo che urlò -Complimenti! Davvero! Tu brutto bastardo! Che hai fatto? Dimmelo! Che hai fatto? Te lo dico io che hai fatto. Oh si si, te lo dico io! Tu non hai fatto nulla-, il suo dito mi perforò il petto, -Tu-, sogghignò, -Ti sei fatto salvare la vita da Syr, e come l'hai ringraziato? L'hai distratto e l'hanno fatto secco! Stronzo! Io ho cercato di salvare mio fratello! Io ho chiamato i soccorsi! Io! Non tu! Io dovevo essere comandante, non tu!-. Mi saltò addosso, mi tirò un pugno, due, tre; cercai di difendermi ma era una furia, lui il leone, io l'agnellino. Quando si fu sfogato e la mia faccia fu ricoperta da abbastanza ematomi, si alzò da sopra di me, disse -Stronzo, è tutta colpa tua sto schifo-, mi sputò della saliva addosso e se ne andò. Entrai in casa, intanto qualche vicino stava sbirciando dalle finestre della propria abitazione allibito. Non uno che mi avesse aiutato. Medicai il volto come potei, poi quando il dolore si affievolì, mi misi addosso un cappotto ed incappucciato mi diressi a palazzo. Io abitavo nel distretto sud di Rougen mentre il palazzo, sede del Consiglio Dei Cento e dei Dieci Saggi, era nel cosiddetto Distretto Ricco, ovvero il più importante distretto della capitale, e anche quello centrale. Non ci misi molto a giungere a palazzo, non c'era così tanto traffico. Una volta entrato nell'atrio principale (mi fu ordinato di togliermi il cappuccio), una grossissima stanza tutta tappezzata di arazzi pregiati ed antichi raffiguranti importanti eventi storici, mi diressi verso il gabinetto del consigliere stratega An Hus, colui che avrebbe dovuto conferirmi il titolo di comandante. Giunto attraverso decine di corridoi davanti alla porta lignea intarsiata della stanza, esibii la missiva ai due secondini, che mi permisero di entrare. Il consigliere stava tutto chino sulla sua scrivania, sfogliando frettolosamente dei documenti. Quando alzò lo sguardo e disse -Oh buongiorno, lei è?-, mi inchinai e rialzatomi dissi -Soldato semplice Sazàn Radiwk, primo battaglione della divisione sicurezza signore-. Hus mi rispose -Non faccio più parte dell'esercito, giovanotto, la prego di attribuirmi diverso titolo. Comunque, bene bene, lei è qua per?-. Aveva un viso sgradevole, i capelli, i pochi che gli erano rimasti, erano lunghi neri ed unti, sembrava viscido. Sentii una voce possente -Lo perdoni reverendo Hus, è solo uno sbarbatello sprovveduto come può vedere dalla sua faccia piena di lividi, vero?-. Lo riconobbi anche senza vederlo. Mi inchinai senza esitazione. -Su su, abbandoniamo queste formalità e veniamo al sodo, il signor Radiwk è venuto qua sin dal distretto sud per prendersi il suo titolo di comandante e la sua medaglia al merito-. Il consigliere stanco di perdere tempo disse -Hai ragione Liam, l'esercito è caduto in basso, quando c'ero io come ammiraglio, quelli si che erano bei tempi; adesso un ragazzino a cui piace evidentemente menar le mani, viene promosso capitano da un giorno all'altro... Che pena. Su ragazzo, bene bene, prenditi questo foglio-, mi diede il certificato, -la tua medaglia-, me la lanciò proprio, -e ora va a rubar tempo agli altri! Io devo lavorare-. Mi alzai, ma rimanendo chino per non incrociare lo sguardo di nessuno dei due, ed uscii amareggiato dalla stanza. Come si era permesso il consigliere di trattarmi in quel modo? Ma non dissi nulla, non potevo, e non volevo nemmeno, siccome ormai ero capitano. Prima che la porta si richiudesse alle mie spalle, giurai d'aver sentito il consigliere Hus dire -Bene bene-. Mi avviai verso l'atrio. A metà del corridoio però mi raggiunse il Gran Cancelliere, io me ne accorsi solamente quando mi mise la mano sinistra sulla spalla. Stavo per inchinarmi quando lui mi disse -No no fermo, ora non c'è più quello stupido vecchio-, non osai mai girarmi, -stai tranquillo ragazzo, capito? I vecchi militari... Anzi i vecchi in genere, sono tutti uguali: gelosi della giovinezza altrui, esaltano la loro, ormai appassita ed irraggiungibile. Ci vediamo ragazzo, non morirmi-. Mi superò e, prima di svoltare a destra per un altro corridoio, fece quello stesso gesto del giorno prima. Credo fossimo ufficialmente entrati in confidenza.
Andai a dormire felice e convinto d'esser finalmente uscito dal baratro della depressione. Ma la tristezza, immonda bestia dagli zozzi artigli, t'afferra quando meno te l'aspetti, per farti precipitare nuovamente in quell'antro oscuro, sua lurida tana. L'indomani infatti ritrovai alla mia porta una seconda volta lo stesso messaggero del giorno precedente, quel giorno però, scuro in volto, mi consegnò una lettera nera, e sussurò -Condoglianze-. Scioccato, avendo cercato quasi istintivamente risposta ai miei dubbi nei suoi occhi, aprii la misteriosa busta e lessi il suo contenuto. 
Lavhii si era tolto la vita.
  
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