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Autore: Hellionor    19/03/2012    4 recensioni
Si dice che Deimos, un giorno, quando l'attrazione di Marte diventerà troppo forte, si schianterà sul pianeta stesso; mentre Phobos scivolerà verso gli inesistenti confini dell'Universo.
Altri, invece, ipotizzano che anche il secondo, dopo l'impatto del primo, finirà a collidere con Marte.
E così, i due satelliti verranno divisi e distrutti proprio dallo stesso che li aveva avvicinati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So bene di essere imperdonabile, vi chiedo scusa!
In questi giorni però non sono davvero riuscita a scrivere, né tantomeno ad aggiornare, nonostante sia abbastanza avanti con la scrittura e quindi possa permettermi di lasciarvi il capitolo anche senza essere andata particolarmente avanti.
In ogni caso, adesso ho recuperato quello che andava recuperato e son tornata qui a rompervi adorabilmente le scatole!
Ci eravamo lasciati con Nimhea obbligata ad andare ad una festa, no? Come finirà adesso?
*fa finta di essere reticente*
Be', non vi rubo altro tempo, direi che ho fatto già aspettare abbastanza voi lettori. Quindi mi dileguo, buona lettura a tutti.
Spero che il capitolo vi piaccia e che la storia continui a incuriosirvi: siamo solo all'inizio (un po' inoltrato, ma pur sempre inizio), in fondo!
Ed anticipo già che probabilmente cambierò il rating in
Arancione, più avanti.
Un bacio,
Nora

p.s. Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, e inserito la storia tra le 'seguite'!



Capitolo 11
Compromessi



La sera successiva, Andrea riuscì a convincere l'amica a farsi trascinare alla festa organizzata in piscina.
“Nimhea, non vorrai metterti i jeans!”
“Veramente io...”
“Non se ne parla nemmeno!”
“Non credi sia abbastanza grande per decidere da sola come vestirmi?”
“No, non lo sei. Ed è passata la fase 'ma non mi sta bene niente', quindi adesso la finisci, ti siedi e decido io. Almeno per stasera.”
Nim borbottò qualcosa, poi si sedette sul letto, scrutando scettica il continuo ravanare nella valigia dell'altra.
“Costume!” esclamò Nare, lanciandole sul letto il bikini. “Non ho finito e non replicare: è una festa in piscina, ergo ti metti anche il costume, sì.”
“Ti diverti?” bisbigliò l'altra, facendo scorrere tra le dita il liscio tessuto verde smeraldo.
“Molto.”
“Posso almeno sapere come ti vestirai tu?”
“A me ci pensiamo dopo, eh? Tieni, vestito!”
Nare si rialzò trionfante, sventolando l'abito davanti agli occhi dell'amica.
“No! Andrea non ci penso nemmeno. Un vestito no. Vengo, ok. Metto il costume, ok. Se vuoi mi vesto pure poco. Ma un vestito no. E non così corto!” disse esasperata Nimhea, alzandosi e andando verso la valigia. “Ho capito, non temere. Pensa a come vestirti, io intanto cerco qui.” riprese e, aggiungendo qualche altra parola di convincimento, allontanò l'amica, cercando qualcosa che potesse accontentare entrambe.
Riemerse dai vestiti stringendo in mano dei pantaloncini e una camicia lunga. Afferrò poi il costume comprato il giorno precedente e, abbandonando l'amato verde sul letto, andò in bagno a cambiarsi.
Si osservò allo specchio compiaciuta. Il beige piuttosto scuro del costume contrastava con la sua pelle ancora chiara, così come con i lunghi capelli castani che disegnavano greche fantasiose sulla schiena nuda. Iniziava ad amare quel tipo di indumento da spiaggia, trikini, come l'aveva definito la commessa del negozio. I due lacci, che partivano dal nodo dietro al collo, scendevano lungo il petto, arrivando interrotti da tre pietre scure fino alla fascia sui seni. Parte superiore e inferiore erano unite da un lembo di tessuto, che lasciava scoperti i due fianchi con una curva sinuosa.
Infilò i pantaloncini di jeans e la camicia bianca, lasciandola sbottonata, e si diresse dall'amica, sedendosi accanto a lei sul letto.
“Va bene?” chiese quasi con tono di sfida.
“Direi che sei bellissima.”
“Diresti. Io mi sento abbastanza nuda.”
“Ma quale nuda! È come se avessi una canottiera. Ti rimangono solo i fianchi un po' più scoperti se si sposta appena la camicia.”
Nim sorrise. Si fidava, nonostante fosse poco convinta. “E te?”
“Io non discrimino i vestiti.” la prese in giro ridendo e scuotendo la massa di capelli ricci. Poi, senza aggiungere altre spiegazioni, prese il posto dell'amica in bagno. Ne sbucò fuori dopo qualche minuto indossando un abito corto, sui toni del blu e del bianco. Il costume, di cui si vedevano solo i lacci, era di un blu elettrico, così come lo smalto che portava alle unghie delle mani, messo con attenzione (e un po' di coraggio) da Nimhea.
“Fai bene a non discriminarli.”
“Scarpe e si scende.”
“Sissignore.” rispose la ragazza alzandosi di scatto con una sonora risata. Andò verso l'angolo della stanza, aprì la scatola dei sandali comprati insieme all'amica e appallottolò la carta dell'involucro, prima di infilarsi le calzature.
“Secondo me non hai ancora smaltito l'effetto Shannon di ieri. Ridi in continuazione. Non è che si è fatto sentire e non mi hai detto niente?”
“Effetto Shannon?” la riprese, continuando a sorridere. “Nessun effetto. E comunque no, non mi ha chiamata o altro.”
“Peccato, vi ci vedevo bene, insieme.”
“Ancora con 'sta storia? Nare, ti prego.”
“No, anche come altezza, dico. Due giganti come voi...”
Nimhea non le lasciò terminare la frase, tirandole addosso la palla fatta da poco con la carta. Leggero e impreciso, il lancio riuscì ugualmente a colpirla tra l'ombelico e il fianco, azzittendola. O almeno facendolo per qualche secondo.
“Come siamo suscettibili.”
“Siamo in ritardo, non dovremmo scendere?” chiese Nim correndo verso la porta e voltandosi a guardarla, il collo inclinato in segno d'attesa.
Andrea si arrese ed insieme raggiunsero velocemente la piscina.
Erano circa una ventina le persone sedute intorno al bordo della vasca, qualcuno stava anche affrontando l'acqua. Altre, invece, erano in piedi, su una sorta di strada invisibile che collegava il bar all'aperto con la console del dj.
Il sole era già tramontato, ma il cielo diffondeva ancora un certo chiarore e, da quella posizione, si potevano vedere i tanti altri grattacieli della città riflettere quella strana luminosità.
“Nim, ti prego, possiamo fare un bagno? Finché non c'è troppa gente.”
“Io lo eviterei volentieri, ad essere sinceri.”
“Non è che le rime siano più convincenti, eh?” la prese in giro Nare.
“Va bene, facciamo 'sto bagno. Solo se... non so, mi inventerò una condizione.”
“Mi dovrei fidare?”
“Vuoi entrare in acqua?”
Andrea guardò l'amica. Gli occhi chiari vispi animavano il sorriso intelligente. Inevitabile dirle di sì, almeno in quel momento.
“E va bene.”
Rimasero in acqua per una buona mezz'ora, poi dovettero uscire, costrette dai troppi ragazzi che continuavano a tuffarsi e dalla voglia di tornare all'asciutto. Si sedettero su di una sdraio lì vicino, ad ascoltare la musica e guardarsi intorno, asciugandosi un po' prima di andare a prendere qualcosa da bere e buttarsi nella mischia.


“Come mai questa voglia improvvisa di sentire la concorrenza?”
“È sempre musica! E poi è per divertirsi un po'. Da quando non vuoi venire?” Antoine rise, varcando la soglia dell'albergo.
“Ero ironico.” suggerì Shannon, seguendolo.
Nessuno sembrò degnar loro di troppa attenzione, quando insieme si aggiunsero alla gente che già affollava l'enorme terrazza. Costeggiarono la piscina, gettando occhiate interessate attorno a loro. Gran bella compagnia, sì.
“Posso vedere il tuo Iphone un attimo?”
“Tieni. Ma perché adesso?”
Shannon gli consegnò il telefono distrattamente e Antoine, con un sorriso divertito, lo spinse in acqua prima che lui potesse anche solo rendersene conto.


“Andrea, spiegami perché la gente deve fare l'idiota. Anzi no, non dirmelo. Non dirmi nemmeno chi è il genio che mi ha appena schizzata, così si salva e io non mi macchio di nessun crimine.”
Nimhea aveva arcuato la schiena, lanciando un sospiro profondo per il contatto con l'acqua non troppo calda.
“Oh, Nim, io non te lo direi, ecco. Ma forse è meglio che tu ti giri, perché... perché sì.”
“Chi è?” chiese Nimhea voltandosi e puntando gli occhi chiari sull'unico uomo vestito nella piscina. “Non ci credo.” sussurrò.
“Vai!” la spronò Nare, mentre, seduta di fronte a lei, la spingeva con un piede.
“Perché?”
“Tu vai, aiutalo ad uscire.” rispose semplicemente quella.
“Devo? È capace di farlo benissimo da solo.”
“Vai!”
Con un altro sospiro la ragazza si alzò, raccogliendo due ciocche di capelli sulle tempie e legandoli con poca cura dietro alla nuca. Quando si avvicinò a lui, notò il compagno del batterista, che smetteva di ridere e raggiungeva a sua volta quella posizione, facendo il giro della vasca.
“Tutto questo ha un nome: mania di protagonismo.”
Nim porse una mano all'uomo che ormai stava uscendo dall'acqua. Shannon la guardò e le sorrise, del tutto impreparato a quell'incontro.
“Potrei chiederti cosa ci fai qui.” disse, una volta all'asciutto, osservandola ancora. I suoi occhi erano diversi, quella sera. Le iridi castane venivano tagliate da riflessi dorati, ma non era il colore a renderli così nuovi. Era una strana scintilla che Nim non aveva mai notato e che fece finta di non notare nemmeno in quell'istante, sentendo le guance velarsi di rosso nel ricordare di essere in costume.
“Giusto, visto che non abbiamo mai iniziato così una conversazione.” rispose sorridendo e provando a dimenticare l'imbarazzo. Poi, lanciandogli uno sguardo esaustivo, aggiunse: “Sono qui perché questo è il mio albergo. Risposta sufficiente? E noi continuiamo ad incontrarci. Mi sta pedinando, signor Leto?”
“Magari è destino.”
“Non chiamarlo destino, ti prego. Hanno inventato un nome così bello: coincidenze. Mai sentito?”
“La prossima volta che capita, ricordami di farmi spingere in acqua.” Antoine arrivò finalmente vicino ai due e scrutò Nimhea, quasi si volesse complimentare con l'amico.
-Ma per favore. Davvero ho l'aria di una ragazza che salta addosso al primo che passa ad una festa?- si chiese, mentre sperava che l'amica, seduta comodamente a godersi la scena, venisse a salvarla.
“Antoine, lei è Nimhea.” Shannon volse poi lo sguardo alla ragazza: “Nim, Antoine.”
“Un attimo, Nimhea... Nimhea lei?” domandò l'altro, sgranando gli occhi.
“Quante credi ce ne siano al mondo?”
-Sì, molto divertente. Oh, gli ha addirittura parlato di me. Fantastico. Rientro tra tutte le possibili ragazze di un uomo di 41 anni, che vive dalla parte opposta del mondo e che adesso è qui con... una maglietta scura no, eh?- pensò. La maglietta bianca di Shannon era (triste sorte degli indumenti chiari) praticamente trasparente e del tutto incollata al suo corpo. -Andrea, ti prego. Muovi il culo e vieni qui.-
Quando smise di lanciare preghiere silenziose all'amica, i due avevano finito di parlare ed Antoine si allontanò con disinvoltura.
“Possibile che ogni volta che ci vediamo ripartiamo da capo?” chiese Shannon.
“Cosa?”
“Fai sempre così. Prima mi prendi in giro, e poi ti sciogli. Non sei normale, Nimhea.”
“Mai detto di esserlo. Comunque credo che tu non sia la persona più adatta a giudicarmi.”
“In qualsiasi caso dovrei essere io quello che oppone resistenza. Sono io la star, qui. Sono io quello che deve stare attento.”
“Attento a cosa? Ti prego, mica ti sto seguendo o... adescando? È questo che intendi? Ma per favore.”
“Appunto. Mi spieghi come fai a capitarmi sempre addosso?”
“Addosso. Non esageriamo. Te l'ho detto: coincidenze.” sorrise convincente e si fece trasportare al bar, dove incontrarono entrambi i rispettivi amici, accompagnatori e abili disegnatori della loro vita.
“Andrea!” urlò Nim non appena la vide, quasi avesse paura che non la potesse sentire. Sorrise sollevata, quando la vide raggiungerli. Indossava nuovamente il suo vestito blu.
“Chi è?”
“La sua migliore amica.” rispose in un sussurro Shan all'amico.
“Sempre detto di amare l'Italia, io.” ridacchiò l'altro.
Nimhea fece finta di non sentire e scrollò leggermente le spalle, trascinata da Shannon lontana dai due.
-Andrea non guarderà mai uno come Antoine.- pensò con un sorriso, decidendo di lasciarla però lì, in balia di quell'uomo. Se la sarebbe cavata. E poi, poteva finalmente prendersi una piccola rivincita.
“Shannon, ti prego, la Redbull è una cosa imbarazzante.”
Lui rise, senza provare a ribattere. Gli occhi scuri divertiti cercarono qualcosa dove appoggiare la lattina. “È finita.” aggiunse poi.
“Mi sembrava strano che mi ascoltassi così.”
“Non pensavo questo fosse un posto adatto a te.” riprese a parlare lui, cambiando discorso.
“Infatti. Sono qui perché me l'ha chiesto Andrea. Anche se sono capace di divertirmi, sai? Comunque io ero sicura che fosse adattissimo a te, ed eccoti qui.”
L'uomo sorrise, fermandosi improvvisamente e bloccandola tra il suo corpo e la piscina, senza sfiorarla.
“Esci con me?” le chiese, con aria innocentemente felina.
L'acqua dietro alla schiena di Nimhea era limpida; la vasca ormai vuota. Tutti erano usciti per andare a ballare o prendere qualcosa da bere.
“Altrimenti?”
“Altrimenti sei pericolosamente vicina all'acqua e non vorrei che io, per sbaglio, potessi...”
Shannon non riuscì a finire quel discorso insensato, interrotto dal rumore del tuffo di Nimhea e dagli schizzi leggeri che gli bagnarono i piedi. Due secondi. Aveva distratto gli occhi da lei due secondi, ed ora era già lontana, in acqua, incurante degli sguardi fissi sulla sua schiena. Quando riemerse gli sorrise, dall'altro lato della vasca, e tornò alla sedia a sdraio abbandonata con i suoi vestiti, afferrando un asciugamano.
“Esci con me.” le disse lui, non appena la raggiunse.
Nimhea rise, forse cosciente di stare solo aumentando la determinazione dell'uomo. “Suona tanto come un'affermazione.”
“Lo è.”
“Quando?” chiese.
Alla fine era contenta di quella domanda. Innegabilmente e per qualche strano motivo, non poteva che volerlo vedere ancora. Distolse lo sguardo da lui, per evitare che si accorgesse di quel suo pensiero e passò velocemente un dito sulle labbra, poi si sistemò il costume con fare distratto, aspettando una risposta.
“Domani sera, dopo devo ripartire per il tour.”
“Non posso lasciare ancora Andrea.”
“Troviamo un compromesso.”
“Sarebbe?”
“Ti porto fuori dopo le nove di sera.” disse, come se fosse un piano programmato già da lungo tempo.“E ti riporto indietro a mezzanotte, come Cenerentola, va bene?” aggiunse, notando lo sguardo perplesso della ragazza.
“Non sei un po' grande per pensare alle fiabe? Oh, Cenerentola avrebbe fatto i salti mortali per stare col principe.”
“Tu no?”
Nim arcuò le labbra, in un ulteriore sorriso, attribuendo ancora una volta quella sua improvvisa felicità alla serata, al clima, al fatto che fosse lontana dal mondo e libera dai pensieri. Non a lui.
“Io non vivo in una fiaba. Ma domani vengo.”
“Passo a prenderti qui alle nove?”
“Va bene.”
“Vieni a ballare?”
“Non prenderti troppe libertà!” lo prese in giro, infilando velocemente i pantaloncini e la camicia, distogliendo lo sguardo dall'uomo davanti a lei. La metteva in imbarazzo, doversi vestire così di fronte a lui.
“Vengo. Non credere di aver vinto qualcosa, eh?”
“Non crederò niente, promesso.”
La sua maglietta era ormai asciutta, così come gli scuri pantaloni che indossava. Nim non riuscì nemmeno ad accorgersi immediatamente del contatto con lui, quando si ritrovarono vicini, schiacciati dalla folla.
-È una pazzia. Pazzia, pazzia, pazzia. Però sorride. Ed è assolutamente incapace di ballare.-
Si lasciò trasportare ancora un po' dalla musica, sapendo di essere l'unica, tra i due, con una base seria di danza. Lei stava ballando. Lui... lui si muoveva in qualche modo. Facendola ridere.
“Andrea!” esclamò, ricordandosi solo in quell'istante dell'amica lasciata da qualche parte, in compagnia di chissà chi. L'aveva incrociata diverse volte, nel giro della serata, ma quella aveva sempre trovato un modo per lasciarla sola con il batterista. Credeva molto più di lei, in quell'improbabile uscita. Uscita. Loro erano vicini. E le piaceva. Un crampo alla bocca dello stomaco, forse un po' troppo vicino al cuore, la prese all'improvviso, lasciandola alla sprovvista ad un millimetro da una strana paura. Doveva andarsene, immediatamente. E non tanto per Andrea. Doveva scappare, ancora.
“Eh?”
“Andrea, la devo ritrovare!”
“Ti accompagno.” propose lui, svincolandosi dalla gente che lo circondava. Possibile che nessuno lo riconoscesse, lì?
“Non ce n'è bisogno, davvero. Faccio io. Ci vediamo domani.” rispose, salutandolo con rinnovata timidezza e sparendo alla sua vista, prima che potesse obbiettare.
Shannon uscì a sua volta dalla massa, provando a respirare. -Ci vediamo domani.-


“Ti saresti stancato di sorridere così ad una qualsiasi altra ragazza al mondo. E non l'hai ancora sfiorata. Non ti starai innamorando?”
Antoine aveva passato tutto il viaggio di ritorno a ricordare come avesse dimenticato facilmente il rifiuto di Andrea al suo invito a ballare, destando occhiate irriverenti di Shannon, e a insistere su quella sua convinzione.
“Io? E di chi? Di lei? L'ho vista tre volte. No. Mai. Mi conosci. No. Te l'ho detto, mi interessa. Tutto qui. È una ragazza strana.”
“Scommettiamo?”
“Andata.”
Niente amore, Shanimal. Solo compromessi. 
   
 
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