Incontri
ad alta quota
Blaine
amava prendere l’aereo, questo era sicuro.
Quel
giorno particolarmente, visto che
nel
ritorno del suo viaggio all’estero – per la prima
volta da solo e in Europa –
la vista era davvero mozzafiato.
Che
fosse attaccato a quel finestrino era dire poco: probabilmente la sua
fronte
stava diventando un tutt’uno con il vetro.
Passò
minuti interi a guardare lì fuori e si riscosse solamente
quando sentì un
fruscio di vestiti al suo fianco: il suo vicino di posto si era appena
riseduto, dopo esser stato probabilmente al bagno. Prima non si era
accorto di
lui, troppo preso a mirare lo spettacolo fuori dal finestrino.
Il
suo sguardo fu catturato da un altro ragazzo che tornava in
contemporanea dalla
direzione della Toilette e si andava a sedere qualche posto
più avanti… Ci
erano stati insieme quei due?
Quindi
aveva appena assistito – anche se non nel vero senso della
parola – in una
sveltina su un aereo?
“Tu…”
si lascò scappare, per poi pentirsi subito dopo per aver
aperto bocca.
Il
ragazzo al suo fianco si voltò, alzando un sopracciglio;
Blaine notò che gli
stava facendo la radiografia, e si sentì piuttosto in
imbarazzo sotto quello
sguardo indagatore.
Poi
il ragazzo sorrise, con una strana luce negli occhi che Blaine non
seppe
interpretare – sembrava quasi… affamato.
“Io…?”
disse quello, con un sorrisetto.
“Niente,”
si affrettò a dire Blaine, cercando di rimediare alla
figuraccia appena fatta.
Meno male che non voleva attirare troppo l’attenzione.
“Comunque
piacere, io mi chiamo Sebastian Smythe,” gli disse
l’altro, porgendogli la mano
in un gesto educato, ma studiato.
Blaine
la strinse, un po’ diffidente. Non sapeva perché,
ma si sentiva in soggezione
sotto quegli occhi verdi.
“Io
sono Blaine Anderson, piacere!” disse, comunque, sorridendo.
Voleva essere
cortese, “stai andando in Ohio?”
“Perché,
vorresti venire con me?” rispose Sebastian, con una smorfia
divertita. Poi,
vedendo che l’altro era ancora un po’ scioccato,
ridacchiò leggermente. “Stavo
scherzando, su. Sei un verginello? Comunque sì, vado in
Ohio. Tu?”
“Anche,”
rispose Blaine, leggermente imbronciato. “E non sono un
verginello soltanto
perché non vado con il primo che mi capita in un
aereo.”
Alludeva
a quanto appena visto e lo sapevano entrambi.
“Oh,
quindi hai visto tutto? Beh, ognuno trova la sua fonte di divertimento,
no?”
Blaine
s’irrigidì, voltando la testa verso il finestrino.
Non gli piaceva tutta quella
confidenza presa da un qualsiasi sconosciuto.
“Dai,
stavo scherzando. Non dirmi che te la stai prendendo davvero per quel
‘verginello’ buttato lì.”
Si
rivoltò verso Sebastian, facendo una smorfia divertita
– suo malgrado.
“Ora
dici così soltanto perché vuoi circuirmi,
vero?”
“Tu
vuoi che sia così?”
Quanta.
Arroganza.
“Che
faccia tosta!” disse Blaine, scuotendo la testa.
“Fai così con tutti?” chiese.
“Soltanto
con quelli mortalmente carini,” e ammiccò verso di
lui.
Blaine
sentì le sue guancie scottare – probabilmente per
il rossore.
“Ecco,
scommetto che questo l’hai detto anche
all’altro,” disse, indicando il tizio
davanti.
“Già
passiamo alla fase ‘gelosia’? Precoce!”
Blaine
ridacchiò, decidendo di stare al gioco. Infondo una volta
capito, il carattere
di Sebastian poteva essere divertente; inoltre quegli occhi lo stavano
ammorbidendo sempre di più, sciogliendo ogni diffidenza.
“Beh,
se tu smettessi di sparire tutti i venerdì sera, non avrei
dubbi! Ammettilo: tu
mi tradisci.”
Sebastian
si mise la mano sul cuore, come per far finta di essere stato ferito da
una
freccia.
“Io
non lo farei mai, lo sai. Sto soltanto cercando di far funzionare il
nostro
matrimonio!”
Blaine
pensò che per essersi appena conosciuti avessero davvero
molto feeling: senza
contare che quegli occhi lo stavano sempre più catturando.
Pian piano, mentre
continuavano a parlare del più e del meno per ore, quasi
– a quanto pare
Sebastian si sarebbe trasferito lì in America –non riusciva più a distogliere lo sguardo.
Poi
ogni tanto se ne usciva con qualche provocazione che faceva arrossire e
allo
stesso tempo divertire Blaine: sembrava quasi complicità,
la loro.
E
questo pensiero faceva sorridere Blaine da un orecchio
all’altro. Sorriso che
non passava inosservato a Sebastian, ovviamente.
“Io
dico che sei già perso per me,”gli disse, in un
certo momento.
Blaine
lo guardò allargando gli occhi. “Ma se ci
conosciamo da soltanto poche ore,”
cercò di difendersi, evitando il suo sguardo.
“Davvero?
E allora perché io già lo sono per te?”
la sua voce era roca e Blaine sentì
brividi, quando, voltandosi, si ritrovò il viso
dell’altro a pochi centimetri
di distanza.
Blaine
decise che non era il caso di parlare: non con quegli occhi così belli e così
vicini.
Posò
le labbra su quelle di Sebastian, prendendo l’iniziativa, ma
gemendo
leggermente nel sentirlo rispondere con fervore.
Lo
ammise anche a se stesso: erano ore che avrebbe voluto farlo.
Non
fecero in tempo ad approfondire per bene, però, che
annunciarono l’uscita dall’aereo.
Non si erano nemmeno accorti di essere atterrati.
Nel
caos totale dei passeggeri era impossibile tenersi in vista,
così semplicemente
sparirono entrambi l’uno dalla vista dell’altro.
Blaine
fece in tempo soltanto a guardarlo di sfuggita e l’ultima
cosa che vide quel
giorno di Sebastian furono i suoi occhi verdi, di
nuovo e ancora.
E
furono anche la prima cosa che
Blaine
notò, quando, tornando a trovare i suoi vecchi amici della
Dalton, si ritrovò
Sebastian davanti.
Insieme
al suo sorriso che sapeva di riscoperta.