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Autore: Babus    19/10/2006    1 recensioni
"Una, due, tre…. E’ già la terza. Strano davvero come il movimento del portare la sigaretta alle labbra, inspirare e poi espirare sia così rilassante. Accidenti… non sono passati neanche 10 minuti dalla prima… sono già tre , lo capite? Ok, una decina di sigarette me le faccio fuori in una giornata. Ma 3 in 10 minuti non mi era mai successo. Al diavolo, ne prendo un’altra. Oggi ne ho proprio bisogno." E' la mia prima storia. Siate clementi ^^'
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono quasi arrivato al condominio dove abito.

Mi sorprendo anche a canticchiare I want to break free, e io non canto MAI.

Apro la porta, ad occhi chiusi. Sono contento, cosa che non succedeva da mesi.

-God knows.. god knows…-

Arresto il mio gioire.

-mamma…-

Mia madre ha portato un uomo a casa.

Mia madre sta bevendo con un uomo.

Mia madre sta pericolosamente vicina a un uomo che è nel mio salotto, pericolosamente vicino a mia madre.

- FERMI TUTTI, CHE CAVOLO SUCCEDE QUI?-

I due si voltano nello stesso momento e mi fissano con aria interrogativa.. e anche un po’ brilla oserei dire.

-Dante… quando sei tornato…?-

-mamma, sono sulla soglia di casa, secondo te da quanto sono tornato? Ma non è questo il punto!! Chi diavolo è QUELLO?-

Indico malamente lo sconosciuto sul mio divano.

Sì, donna, hai capito bene, sto indicando proprio quell’ubriaco che scuote la testa e tenta di sorridere a un sedicenne esausto e sull’orlo di una crisi di nervi che sta per uccidere qualcuno.

-non credo che tuo figlio mi conosca, Lucia..-

-no che non ti conosco, che cavolo ci fai qui?-

-Dante, datti una calmata… è un mio amico, va tutto bene. Sei stanco, perché non vai a letto?-

Mia madre mi si avvicina, sorridendo. Non mi piace, se sorride è inquietante.

- no. No,no! Tu non puoi fare questo! – indico di nuovo l’uomo, che si sta alzando- non ora! No! Io non ci posso credere. E’ per lui che torni a casa tardi la sera? E’ per lui che sei così svampita? E noi?? Adesso ti frega di più di uno sconosciuto che dei tuoi figli, ma stai dando i numeri?-

-Dante, non parlarmi così. Fila a letto,sei stanco e se vuoi avere una discussione vedi di abbassare il tono della voce, calmarti e farti una dormita.-

Scuoto la testa. Sono scioccato! Andiamo, non è seria, ha anche l’alito che sa di cognac.

-Lucia, credo di dover andare ora…-

L’uomo si avvicina a mia madre, dandole un veloce bacio sulle labbra (credo di averlo fulminato con gli occhi), poi mi supera e se la fila chiudendosi la porta alle spalle.

-Dante!! Che diavolo hai???-

-Tu che diavolo hai! Ti sembra il caso di portare sconosciuti in casa??? Ma ti sembra di aver tempo per dedicarti a…. uomini?? –

Ritraggo il volto, con fare schifato… solo il pensiero di mia madre e … uomini mi fa accapponare la pelle.

Mia madre si prende il volto tra le mani.

Singhiozza.

-mamma..?-

-fa silenzio, Dante. Mi esasperi. Io sto cercando di rifarmi una vita. Sgobbo, sfacchino, sono stanca morta, tua sorella mi fa penare per andare avanti e indietro dall’ ospedale, tu poi mi arrivi a casa pesto. Sono 9 anni, Dante, 9 anni che sgobbo. 9 anni che quel bastardo di tuo padre è svanito nel nulla e mi ha lasciata con due figli da crescere. Siete anche abbastanza grandi per capire che ho bisogno… ho davvero bisogno… -

Non finisce la frase, e piange.

E io me ne sto lì in salotto con gli occhi sgranati a guardare questa donna che.. è disperata.

Ora si è accasciata sul pavimento, in ginocchio.

Io resto in piedi e mi accorgo solo ora di quanto sia gracile il suo corpo scosso dal pianto.

Stringo i pugni.

-anche noi vogliamo avere una vita normale, lo sai? Neppure noi chiediamo tanto. Papà manca da 9 anni anche per noi, quindi non ti chiederò scusa per ciò che ho detto prima, perché penso che tu non debba essere felice quando i tuoi figli non lo sono, va bene??-

Ha alzato gli occhi, ma non mi risponde. Semplicemente si rialza, non mi guarda e va in camera lasciandomi lì, da solo. Il tutto con una calma e un silenzio irreale.

Mi viene quasi da ridere guardando la mia brava busta paga.

Non penso a niente, ho la mente come svuotata.

Mi ritrovo a frugare nelle tasche del mio giubbotto..

Oh.. il portachiavi, me l’ero scordato…

….

-Merda!!!!!-

Lo lancio contro il muro, con tutta la forza che possiedo.

Mollo lo zaino per terra così come il giubbotto che sfilo malamente, con rabbia.

Mi fiondo poi in camera, buttandomi sul letto.

Ficco la testa sotto il cuscino, senza più emettere un suono.

Sono davvero stufo…

-…Dante…-

Alzo la testa. C’è Sophia sulla porta. E’ in pigiama, probabilmente le urla mie e di mia madre l’hanno svegliata.

Si avvicina, piano.

-che c’è…-

Si siede sul bordo del letto.

-Dante.. sei crudele con la mamma-

-crudele?? E lei allora? Non si deve divertire, non può!-

-ssh..-

Mi tappa la bocca con una mano e si stende accanto a me.

-ehi.. non dormire qui. E’ un letto singolo, razza di sciocca-

-ho appena vomitato, vedi di non rompere…-

Ha già la voce bassa per il sonno.

Sospiro.

-non scalciare però..-

Ma quella non mi sente, sta già dormendo.

Le faccio più spazio, in modo tale da non farla cadere dal bordo del letto, mentre io mi avvicino sempre di più al muro.

Chiudo gli occhi. Proverò ad illudermi di poter dormire, oppure continuerò ad osservare il soffitto anche stanotte, in un minuscolo spazio vitale, però.

 

-papà…-

La stanza è in disordine.

Un vaso è stato fatto cadere, oppure è stato lanciato, ed ora il suo contenuto giace sparpagliato sul tappeto,accanto al divano.

Il bulbo del fiore è uscito del tutto dal contenitore ed ha un aspetto distrutto, sconquassato, come l’atmosfera che permea la casa.

Ci sono due figure immobili.

Un uomo e una donna.

Lui ha il volto abbassato e le braccia conserte, guarda un punto indefinito sul pavimento.

Lei ha le braccia abbandonate lungo i fianchi, ma il viso non è abbassato, anzi, rivolge rabbiosa occhiate a quella persona che le è di fronte.

Mordendosi il labbro, non può frenare le lacrime, che ormai le hanno rigato il volto.

Il silenzio.

Il bimbo, una creaturina di sette anni dai fini capelli castani, porta il visetto a fare capolino dalla porta della sua cameretta.

Ha sentito tutto.

Dalla furiosa litigata allo schianto dovuto alla caduta di quel vaso di fiori, quello che lui, la sorellina e la mamma avevano piantato poco tempo fa.

Il piccolo si chiede perché il suo fiore è a terra tra i cocci e l’humus, che cosa aveva fatto quella piantina di male?

-mamma..-

Non sembra aver sortito alcun effetto il suo richiamo, i genitori non lo notano ancora.

-sei una donna triste. Ho sprecato una vita con te. Ho lavorato, ho fatto di tutto, ma tu non hai mai voluto cambiare atteggiamento, cambiare abitudini, cambiare quel tanto che bastava per rendere tutto un po’ migliore. Io.. non intendo più stare qui a sentire ingiurie, cattiverie, quando ho sofferto molto più io di te, sappilo.-

-…sta zitto… non hai scuse. Fuori di qui-

Ora si muovono.

La mamma alza un braccio e indica la porta, esortando l’uomo ad uscire.

Quest ultimo accetta l’invito e con calma esce dall’appartamento, lasciando l’ultima figura adulta della casa nel salotto, ad inginocchiarsi e a premersi le mani sul volto, scossa dal pianto.. di rabbia e tristezza, di pensieri rivolti al futuro, un futuro che si prospetta estremamente intollerante, estremamente duro, per lei e per i suoi piccoli.

Il bambino ritorna in camera.

Perché il papà se ne è andato? Quando ritorna?

La scena cambia di botto.

Il bambino è cresciuto in un momento.

Ora i fini capelli castani sono bruni e lunghi fino alle spalle, le iridi dure.

E’ un vicolo il paesaggio su cui il giovane posa lo sguardo.

Un vicolo di una zona ricca, però, dove le case trasudano denaro, ed è proprio da una di queste case che esce una ragazzina, castana e dai lunghi capelli mossi, mano per mano con un altro giovane, più grande.

I due si dirigono verso di lui, nel vicolo.

Il ragazzo ride, stringendo a sé la giovane, che, tuttavia ha un’espressione indecifrabile.

Il moro si alza, si scaglia contro chi lo deride, sta per colpirlo, il suo pugno è di ferro, vuole spaccargli la faccia….!

Tutto si dissolve.

 

Apro gli occhi.

Mi sono addormentato e ho sognato…. Una situazione molto lontana.

Mi giro su un fianco.

Una sagoma è accanto a me, nel buio; allungo una mano verso il volto di Sophia.

Il suo viso rivela tristezza anche nel sonno.

Mi pento, ora, di aver inveito contro mia madre… ho fatto soffrire anche mia sorella, e per cosa? Per il mio egoismo? Non lo so… tuttavia, sento di stare meglio. Dopo uno sfogo, ci si sente svuotati, ma un peso è stato tolto… anche se mia madre non mi rivolgerà più la parola…

Bah, di che mi preoccupo! Non ho nulla da dire a quella donna!

E poi, finchè avrò soldi da portare a casa mi lascerà in pace…

Domani è domenica, o forse lo è già, non so l’ora… lavorerò al ristorante tutto il giorno e per un po’ di pecunia non ne vedrò, dopodiché dovrò mettermi pure a studiare qualche cosa….. La Vianini non si sbaglia dopotutto, lo so che se vado avanti così sarò anche bocciato e sarebbe una seccatura.

Chiudo gli occhi.Il mio sogno si è interrotto in un momento davvero troppo interessante…

Non ricordo perché mi sono svegliato…

Mmh.. però ora ho sonno… spero di riprendere dove ho lasciato.

 

con un pò di ritardo ecco il quarto capitolo. Ringrazio chi mi ha lasciato una recensione. Ne sono lieta davvero! E' una storia che mi gira in testa da un pò di mesi... spero che vada avanti bene e che non finisca come al solito -_-'

  
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