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Autore: herestous    22/03/2012    1 recensioni
“Siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza. Stiamo atterrando.” Aprii gli occhi e fui colpita dalla luce dei raggi solari che mi annunciavano che ci eravamo allontanati del tutto dalle nuvole grigie che caratterizzavano New York. Mi affacciai e, sospirando, vidi in lontananza quella che riconobbi la mia città: Montreal. Allacciai velocemente la cintura di sicurezza mentre, chiudendo gli occhi, ripensavo a tutto quel tempo che avevo passato lontana da quel posto in cui ero cresciuta. Montreal, con quegli alberi, quei parchi, quei laghi, quei palazzi, quei quartieri, quelle scuole…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Finn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rachel Berry

 

Mi svegliai a causa dei raggi solari che filtravano dalle tende rosso porpora semichiuse. Mi stiracchiai per almeno cinque minuti, perché erano mesi che non dormivo così beatamente come quella notte, nonostante l’ora in cui mi ero addormentata. Mi sentivo leggera, e quasi felice di trovarmi a Montreal. In qualche modo ero tornata in quella che credevo fosse la mia prigione, senza rendermi conto che in realtà era il paradiso. Scossi la testa sorridendo, per poi voltarmi verso l’orologio. Sgranai gli occhi quando mi accorsi che segnava le 11:30. Cercai le mie ciabatte e mi affrettai a scendere. Odiavo alzarmi per ultima in casa di altri, pur essendo a casa del mio migliore amico. Scendendo le scale mi accorsi che la casa era stranamente silenziosa, ma le camere erano tutte sistemate e inondate dalla luce solare. Trovai un bigliettino appoggiato al tavolo della cucina che diceva “Mi dispiace lasciarti dormire come un angioletto ma io e Blaine dobbiamo passare al bar a sistemare delle noiose faccende burocratiche. Ci vediamo per pranzo. Kurt.” Sorrisi e mi misi all’opera per prepararmi un caffè. Adoravo berne uno appena sveglia, ma ci misi un po’ più del previsto dato che non avevo idea di dove fosse l’occorrente. Dopo averlo bevuto, optai per una doccia rigenerante, perché avevo bisogno di staccare dai pensieri e rilassarmi. Mi diressi velocemente al piano di sopra e, dopo essermi spogliata in fretta, mi gettai sotto l’acqua calda e socchiusi gli occhi per almeno un’oretta. Non riuscii però ad allontanare i pensieri. Pensai alla mia vita in quei tre anni, ai miei amici, al figlio che aspettavo e a come avrei affrontato tutta la mia vita. In fondo, mi resi conto solo allora, non avevo un posto dove andare, né un lavoro, né dei soldi per far crescere un bambino. Spalancai gli occhi spaventata da quella prospettiva e decisi che era meglio uscire dalla doccia, perché improvvisamente avevo una sensazione di smarrimento addosso. Mi avvolsi nel morbido asciugamano color pesca e pettinai i capelli bagnati, per poi legarli in uno chignon alto per non farli sgocciolare a terra. Avevo intenzione di andare a fare due passi, per godermi l’aria pulita di Montreal e i suoi paesaggi mozzafiato, perciò decisi di indossare un paio di jeans chiari stretti, una camicetta bianca leggera, che rimaneva stretta fin sotto il seno e morbida dalla pancia fino ai fianchi e delle ballerine sempre bianche con un simbolo dorato. Stavo per iniziare a vestirmi, quando sentii il mio iPhone squillare. Mi affrettai a raggiungere il comodino e lessi il nome sul display. Spalancai la bocca trattenendo un urlo, mentre le mie mani tremavano e mi chiedevo se rispondere o meno. Sullo schermo lampeggiava il nome di Finn.
<< Pronto? >> Tentennai. Respirai profondamente, sperando che non avesse sbagliato numero, che quella chiamata fosse diretta realmente a me e che non avrebbe attaccato.
<< Ehi, sono Finn. >> Trattenni una risata, sorridendo. Che idiota. Era davvero convinto che avrei cancellato il suo numero? << Scusami se ti disturbo… Io, emh… Ho saputo che sei qui, a Montreal. E mi chiedevo se ti andasse di pranzare insieme. >> Ripetei lentamente ogni singola parola nella mia mente e pregai che non fosse solo uno scherzo.
<< Emh, ok. Dove… Dove ci vediamo? >> Guardai l’orologio, erano le 12:15 e avevo una voglia pazzesca di scendere in strada ed iniziare a correre.
<< Ti va fra mezz’ora al lago? >>
<< Ok, a dopo. >> Un brivido percorse tutto il mio corpo. Attaccai e poggiai l’iPhone sul letto. Avevo un’agitazione dentro, un senso di malinconia e allo stesso tempo di eccitazione che mi impediva di fare qualsiasi cosa. Da casa di Kurt, avevo scoperto il giorno prima, il parco distava all’incirca quindici minuti, perciò avevo il tempo necessario per vestirmi e sistemare i capelli. Dopo essermi infilata velocemente i jeans e la camicia, sciolsi i capelli e passai il phone un paio di volte, inumidendoli, per poi lasciarli asciugare naturalmente. Afferrai una borsetta marrone e ci infilai il portafoglio, mentre afferravo l’iPhone per avvertire Kurt. “Sono a pranzo fuori. Xoxo Rach.” Mi richiusi la porta alle spalle e scesi in strada, camminando velocemente perché non vedevo l’ora di rivedere Finn. Ero allo stesso tempo eccitata e spaventata. Era lui il motivo per cui ero tornata, su questo non avevo dubbi, anche se non volevo ammetterlo perché non sapevo più niente di lui. Ma quella chiamata, quel suo volermi rivedere, mi davano una speranza in più. Arrivai al lago in perfetto orario, e notai che Finn era già lì ad aspettarmi. Mi fermai, respirai, socchiusi gli occhi e li riaprii, decidendomi finalmente a raggiungerlo.
<< Ciao Finn. >> Si voltò a guardarmi. Teneva le mani in tasca, e aveva quell’espressione imbarazzata di chi non sa mai cosa dire, né cosa fare.
<< Ciao Rach. >> Mantenemmo una certa distanza, né un abbraccio, né un cenno, né un sorriso. Ci girammo a fissare il lago, il sole che lo illuminava, le foglie che si spostavano per il vento, i bambini che giocavano, il traffico che ci circondava. << Bentornata. >> Rabbrividii. Mi era mancato tutto di lui. Il suo sorriso, le sue mani, il suo corpo, la sua voce.
<< Mi è mancato tutto questo. Il lago, Montreal, i ragazzi… >> E poi mi sei mancato tu, avrei voluto dirgli. Ma le parole mi morivano in bocca. Non era quello ciò che mi ero immaginata, non era quella la situazione che volevo, quell’indifferenza che separava i nostri corpi e ci impediva di avvicinarci. Mi guardò e in silenzio ci dirigemmo verso una tavola calda, quella che aveva segnato la nostra adolescenza. Ordinammo solo della pizza e due Coca-Cole, per poi sederci ad un tavolo esterno da cui, in lontananza, si scorgeva il parco in cui ci eravamo incontrati.
<< Perché sei tornata? >> disse improvvisamente, rompendo il silenzio tra di noi. Lo fissai terrorizzata da quella domanda e dal tono della sua voce, in cui colsi una nota di amarezza e forse di odio.
<< Io… Non lo so. >> Sorseggiai della Coca, aspettando che dicesse qualcosa, il suo sguardo abbassato, l’espressione ferita.
<< Tre mesi fa, quando ci siamo visti… Rachel, ho sbagliato. Abbiamo sbagliato. >> Lo guardai, e in quel momento il respiro e le parole mi morirono in gola. Avrei voluto alzarmi, fare le valigie e tornare esattamente da dove ero venuta, ma non avevo più la forza di fare nulla. Non riuscivo nemmeno a disperarmi, a piangere. Avrei voluto morire lì, in quel posto, in quell’istante.
<< M-mi hai voluto vedere per dirmi questo? Perché potevi dirmelo anche per telefono, invece di farmi arrivare fin qui, Finn. >> Feci per alzarmi, ma la sua mano sul mio polso mi bloccò e non riuscii a liberarmi. << Cosa vuoi da me? Mi raggiungi a New York dopo anni che non ci vediamo, dici di amarmi, vieni a letto con me, mi lasci con un sms e ora pretendi anche che io ti dica “Si hai ragione” ? >> Allontanai il piatto, con l’intera pizza, perché improvvisamente mi era passato l’appetito. Trattenni difficilmente le lacrime e mi sforzai di rimanere calma e lucida, anche se l’unica cosa che volevo fare era scappare.
<< Finn, amore! >> Notai l’espressione allo stesso tempo scioccata e imbarazzata del ragazzo di fronte a me e mi voltai per capire cosa stava succedendo. Una ragazza mora, dagli occhi azzurri come il cielo, si diresse velocemente verso il nostro tavolo, guardando sorridente Finn. Gli stampò un leggero bacio sulle labbra e spostò poi il suo sguardo su di me.
<< Lei è… è Rachel. >> Mi sorrise, e dopo avermi teso la mano, tornò a fissare quello che ora capivo era il suo ragazzo.
<< Amore, alle 14:00 ho le prove dell’abito, stasera però ceniamo insieme, vero? >> Notai le labbra di Finn stendersi appena per formare un sorriso, e dopo averle stampato un bacio sulla guancia annuì dolcemente e le strinse la mano.
<< Ci vediamo stasera. >> Disse guardando prima lei e poi, con la coda dell’occhio, accennando uno sguardo a me. Dopo avermi nuovamente salutata si affrettò ad abbandonare quel posto e a dirigersi verso un negozio di abiti da sposa. Scossi la testa, rendendomi conto di come ero stato stupida ad illudermi e a tornare per lui. << Era questo che cercavo di dirti, prima. Fra 3 settimane mi sposo, Rachel. >> E il mondo mi crollò addosso. 

  
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