Capitolo 5
“Cosa?” C-18
sgranò gli occhi chiari, osservando con un’espressione stupita il fratello.
Quest’ultimo aveva distolto lo sguardo, posandolo sulla linea dell’orizzonte,
lì dove doveva trovarsi il Dott. Calo.
“Ma sei sicuro
di ciò che dici? Io non sapevo niente di questo scienziato.” La bionda si
avvicinò al moro, che le sorrise,confortandola come solo lui sapeva fare.
“Sì. Nemmeno
io in effetti, ma ho le certezze. Io devo andare. Credo di aver capito dove si
trova. Ho un brutto presentimento. Sono davvero stufo di questi pazzi! Gliela
farò pagare cara! Scommetto che centra …” C-17 fu preso da un momento di
frenesia, e per poco non mandava tutto all’aria.
Era fin
troppo abituato a raccontarsi tutto e confidarsi con la gemella, ma in
quell’occasione decise che il meglio sarebbe stato proteggerla, e l’unico modo
era non immischiarla in quella faccenda. Non capiva cosa lo spingesse a tutto
questa eccessiva apprensione, restava comunque un cyborg spietato, ma nel
profondo dei suoi circuiti c’era qualcosa di umano che lentamente prendeva il
sopravvento.
“Che cosa
stavi per dire? Avanti parla.” C-18 arretrò velocemente e osservò il corvino
con sguardo serio, quello stesso di uno che ha già capito che c’è un intoppo e
vuole scoprirlo a tutti i costi. Non si sarebbe scansata di lì nemmeno con la
forza.
“C-18,
ascoltami. E’ una faccenda che devo risolvere da solo. Tu devi starne fuori.
Sono sicuro che ci saranno morti e sangue, tu hai preso le distanze da questo
mondo molto tempo fa. Vattene.” Si avvicinò alla gemella, che, sentendo
semplicemente il suo tocco sulle spalle, capì la determinazione e la sicurezza
che era inchiodata nell’animo di C-17.
Non l’aveva
mai visto così. Alzò gli occhi cerulei, che si incrociarono con quelli identici
del fratello cyborg. Anche lei era determinata, proprio come lui.
“No, io
voglio sapere tutto. Voglio aiutarti. Qualcosa mi dice che centro anche io e
non me ne starò fuori, come una buono a nulla. Abbiamo lottato sempre insieme
anche …” La giovane interruppe il suo discorso, e come un fulmine a ciel
sereno, qualcosa la illuminò. “Ho capito!” Esclamò con tono di voce deciso,
facendo intendere con un semplice sguardo a C-17 la sua scoperta.
Mannaggia, ha capito tutto. Mi
dispiace sorellina, ma devo farlo. C-17 si avvicinò alla bionda, con espressione risoluta e
sicura, che nel profondo celava una traccia di sofferenza, ma era un cyborg e
sapeva nascondere quei pochi sentimenti che aveva iniziato a sentire. Lei lo
guardò smarrita e spiazzata perché non capiva quali erano le intenzioni del
giovane che aveva dinanzi, per la prima volta nella sua vita.
Vide solo le
tenebre avvolgerla. Buio.
“C-17, Dove sei finito?” Si alzò da terra,
riprendendosi dalla batosta, che comunque
era stata modesta; l’unica pecca era che suo fratello l’aveva colpita nel
suo punto più debole e quindi era caduta svenuta. Si destò, e, dopo essersi ripresa, si osservò intorno, smarrita e triste.
Non capiva quel gesto e per un secondo pensò che C-17 non era tanto cambiato e
che forse pur di ottenere quel che voleva non si sarebbe fatto scrupoli a
colpirla e farle del male.
Questa
ipotesi la demoralizzò e mise in dubbio l’affetto e il legame che avevano. Però
sull’altro piatto della bilancia soggiaceva la consapevolezza che si sbaglia a
dubitare così, perché, da quel che aveva potuto intendere, lui non l’aveva
colpita a morte, bensì lievemente. Capì che il gemello si stava arrischiando in
un’avventura pericolosissima, e lei non era con lui. Questo la fece sentire
inutile, ma, essendo dotata di forza d’animo sorprendente, si alzò in piedi,
con i pugni serrati.
“Eh, no. 17,
anche io, quando prendo una decisione, non cambio parere facilmente e faccio di
tutto per ottenere quello che voglio. E quello che voglio è aiutarti in questa
nuova missione. Ti troverò anche se ciò significasse cercare in ogni angolo del
pianeta.” Sussurrò sicura di sé, e pronta a partire alla ricerca del gemello.
Chissà chi eravamo …
“Mi dispiace
18, ma mi saresti di impiccio ed è una faccenda che non ti riguarda. Hai
trovato la pace sulla Terra, adesso è il mio turno. E voglio farlo da solo.” Il
ragazzo dai capelli scuri camminava per un vialetto circondato da due fila di
alberi frondosi, pensò che doveva trattarsi di salici piangenti. “Tsk. Ad un
terrestre questa vista avrebbe arrecato nostalgia e chissà che altro. Io sono
solo un cyborg.” Bisbigliò atono; però nella sua voce egli stesso percepì un
lievissimo senso di angoscia. Si ricordò del Becker e il nome di quello
scienziato tornò a marchiargli a fuoco la mente. Affrettò il passo.
“Quarantacinque
chilometri a sud-est della città dell’ovest. Ne sono sicuro.” Prese la sua arma
preferita, una pistola calibro sessanta, e sparò ad uno scoiattolo che pensava
di trovare un amico nella sua persona. Il minuto esserino cadde per terra in
una pozza di sangue proporzionale alla sua grandezza, il pelo marroncino si
colorò di un intenso rosso, che secondi dopo divenne più scuro. Gli occhi
gelidi del cyborg lo osservarono, senza battere ciglio. “Anche gli umani fanno lo
stesso. Se non peggio. Stupido, io non ho amici, non ne voglio.”
Un essere
solitario e lontano dal consorzio umano. Chissà
chi eravamo …
Chiedo scusa per il
ritardo, ma ho avuto problemi e non ho potuto aggiornare prima … Ringrazio chi
mi recensisce J Rose, Salvo e Sadiko ;)
Spero che vi piaccia, un saluto, Fanny.