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Autore: Dragonfly_7    23/03/2012    1 recensioni
La storia di una ragazza che ha perso la fiducia in se stessa, o che forse non l'ha mai avuta, ma che non lo ha mai dato a vedere. Dovrà prendere molte decisioni, e arriverà il momento in cui, stanca, si renderà conto di ciò che ha fatto a se stessa e cercherà di rimediare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPicOrmai era ufficiale. Lo sapeva praticamente tutto il quartiere grazie a mia mamma. A volte mi chiedevo perchè, quale bisogno ci fosse di sperperare i fatti miei in giro. Mi svegliai in orario, mi preparai e feci colazione con la massima tranquillità. I miei dormivano ancora, e non volevo svegliarli. Quando uscii di casa lui stava già lì con la sua macchina enorme. Un sorriso andò a crearsi sul mio viso.
- Spero di non averti fatto aspettare tanto, ma non sapevo di avere un tassista., dissi io in tutta sincerità. Infatti, non sapevo che ci fosse lui ad aspettarmi.
- Non sono il tuo tassista, voglio solo essere gentile con la mia ragazza., e sottolineò chiaramente le ultime due parole. Parlando con i miei genitori, mi avevano detto che lavorare con i ragazzi poteva essere solo un esperienza positiva in più nella mia vita e che non avevo nulla da perdere. Quindi informai Liam che avrei accettato la sua proposta. Mi disse che avrei cominciato il prima possibile.
Loro non avevano mai avuto voglia di studiare. Ero io quella che gli passava ogni genere di compito o risposta a scuola. La scuola dell'obbligo, specifichiamo. Appena finirino gli anni obbligatori, tutti e quattro non vollero sapere più nulla di libri e banchi, e con l'aiuto dei genitori aprirono un negozio. Vendevano tutta "roba strana" per la cosiddetta gente normale: maglie con ogni tipo di frase sopra, berretti di ogni genere e forma, oggetti bizzarri, ecc. Insomma era il tipico negozietto americano. Io passavo interi pomeriggi con loro lì. Li avevo aiutati qualche volta, ma niente di che. E poi io adoravo quanto loro l'America. Come non potevo, essendo per metà americana. Arrivammo che gli altri stavano già lì, ma non era ancora orario d'apertura. Per prima cosa mi diedero un calorosissimo benvenuto. Poi mi spiegarono alcune cose di base, ad esempio come trattare la gente e cose simili, e poi iniziammo a sistemare. L'unico posto in cui ci tenevano moltissimo all'ordine. Mi dissero di scegliere una maglietta del negozio, che avrei dovuto indossare, cosi che avrei fatto pubblicità nel posto stesso. Ero un po' nervosa, mi incoraggiavano molto. Praticamente non c'era un granchè da fare. Quando entrava qualcuno bisognava salutare, andargli in contro e aiutare se necessario, rispondere alle chiamate, andare alla cassa e fare il conto, insomma, nulla di troppo complicato per me.
Arrivò presto mezzogiorno, orario di chiusura, ma solo per un'ora. Se qualcuno però avesse avuto bisogno di qualcosa, poteva suonare il campanello e noi avremmo aperto e servito il cliente. Quel giorno non venne nessuno a disturbarci mentre pranzavamo. Dietro il bancone c'era una stanza dove tenevano un tavolo con tanti sgabelli uno sopra l'altro, un frigorifero, un microonde, una scrivania e una bacheca. Ci accomodammo al tavolo, e dal frigorifero iniziarono a cacciare affettato, salse, tonno, cose in scatola. Di certo non restammo a digiuno.
- Allora, che te ne pare finora?, mi chiese Niall. Mi aspettavo che me lo avrebbero chiesto prima o poi, come non potevano.
- Beh, non lo so..., dissi io un po' indecisa.
- Ve lo avevo io detto che non le sarebbe piaciuto!, disse Harry così sicuro di sè, ma non aveva capito proprio niente.
- Veramente mi è piaciuto tantissimo scemo! È che non so se sono stata abbastanza capace io., dissi spiegandomi meglio ora. Si misero tutti a rimprovere il povero Harry.
- Comunque, hai fatto un ottimo lavoro. Come avrai potuto vedere non c'è tantissimo da fare, poi siamo in quattro, anzi in cinque ora, quindi ancora meno fatica., mi disse Niall. Ero contenta di stare lì con loro. Zayn era accanto a me e mi teneva il braccio intorno alla vita. Dopo un po' si alzò per andare fuori a fumare. Aiutai i ragazzi a mettere un po' a posto e poi andai fuori anch'io. Finalmente un po' da soli. Lui era appoggiato al muro di fianco alla porta, quasi non lo avevo visto. Mi tirò a sè, stringendomi al suo corpo. Mentre continuava a fumare con una mano, con l'altra mi teneva. Mi guardava silenzioso, mentre io strizzavo gli occhi disturbati dalla luce del sole. Una volta terminata la sigaretta mi spostò un riccio dagli occhi e avvicinandosi lentamente mi baciò. Ero pazza di lui, di quella sua dolcezza. Con lui non serviva parlare, bastava guardarci.
- Sai che sono pazza di te?, confessai io.
- Non quanto io di te., rispose lui.
- E come puoi saperlo?, volli sapere io. Già, come poteva saperlo? A me era bastato aprire gli occhi alla realtà, togliere i prosciutti che vi avevo sopra, per rendermi conto di quanto legata fossi a lui. Era bastato un attimo, un suo gesto, una sua parola, per farmi capire cosa davvero provassi per lui.
- Lo so e basta., disse con la sua solita aria da ragazzo figo. Sorrisi a quell'affermazione. Magari era vero, magari era più pazzo lui di me, di quanto non lo fossi io di lui. Chissà. Lo guardavo, quasi incredula che davvero fosse mio. Mio? Avevo proprio detto mio? Stavo iniziando a bruciare letteralmente le tappe. Di solito procedevo con molta più cautela in situazioni del genere. Non che fossi capitata in molte di quelle situazioni ultimamente, ma negli anni precedenti purtroppo sì. Una ragazza facile all'amore, ecco cos'ero. Gentile e sempre disponibile, che si innamora con facilità, basta saperla prendere. Difetto? Se la trascuri con la stessa facilità con cui si è innamorata, si "disinnamora". Io volevo che una storia importante, un'amore vero, non diventasse mai abitudine, ma una continua scoperta l'uno dell'altra e con ciò una continua novità. Con Zayn sapevo di non avere questo problema, lo sapevo già. Il vantaggio del conoscerci già era enorme. Conoscevamo praticamente ogni cosa di noi.
- Ricordi il tuo primo bacio?, disse lui ad un tratto interrompendo i miei pensieri.
- Eh?, fu spontaneo quel "eh". Avevo capito benissimo, ma è sempre così, realizzo solo un momento dopo cosa mi viene detto., No scusa, cioè, sì, lo ricordo. Scemo, ovvio che lo ricordo, è stato con te!, e gli feci la faccia da "è scontato che lo sappia". Mica mi metteva alla prova? O forse sospettava che non fosse stato lui il mio primo bacio?
- Fu un proprio un bel bacio. Ricordo ancora che stavamo passeggiando al laghetto vicino scuola, e parlavamo di Samantha; aveva dato il suo primo bacio e lo aveva detto praticamente a tutti. Eravamo in seconda media.
- Già, lo interruppi io, e poi confessammo di non aver mai baciato nessuno, e non so come ci venne, anzi, ti venne, la strana idea che avremmo potuto sperimentare insieme l'esperienza del primo bacio, così che saremmo già stati pronti con altri ragazzi e ragazze., scoppiammo a ridere ricordandoci quanto eravamo piccoli e stupidi.
- Però non è stata una cattiva idea no?, disse lui con un tono abbastanza serio.
- In che senso?, non capivo.
- Se ricordi, fu allora che facemmo il patto, che avremmo fatto ogni cosa insieme per la prima volta, così da evitare figuracce con altri.
- Si ricordo
, continuavo a non capire.
- Quel patto è stato mantenuto poi, o sbaglio?, iniziai a capire a cosa alludesse. Beh, in effetti, aveva ragione, infatti mi limitai a sorridere ed annuire, ricordando come il tutto fosse accaduto.
- Tremavi, tremavo?
- Cosa?, ma perchè parlava in codice quel giorno? Non ero poi così sveglia come pensava, soprattutto se mi dava da pensare interrompendo continuamente i miei film mentali.
- Dico che tremavi, perchè avevi paura. Mi riferisco a quando è successo., ah! Non parlava affatto in codice, anzi, parlava ancora della stessa cosa. Non so se sia stato un bene o un male, ma so che quella volta successe e basta.,già, quella volta successe e basta. A me piaceva un ragazzo più grande di me. Avevo diciassette anni, appena compiuti, lui ventidue. Ci eravamo sentiti e visti solo qualche volta, ma piacevo anche io a lui. Così, un giorno, mentre Zayn mi veniva a prendere a scuola col motorino per tornare poi al loro negozio, mi vide con quel tizio e volle sapere. Io non avevo voglia di parlarne, e allora mi minacciò dicendo che se non glielo avessi raccontato mi avrebbe portata in un posto isolato e lasciata lì. Certamente scherzava, o almeno era ciò che credevo, perchè io non gli raccontai nulla, ma vidi il negozio passarmi di fianco e noi proseguire. Di certo non potevo dimenarmi, non volevo morire in un incidente, ci tenevo abbastanza alla mia vita. Si fermò a casa di Harry e Niall. Mi trascinò fino dentro al bagno dove mi rinchiuse. Io urlavo di farmi uscire, ma lui diceva che non c'era nulla da fare a meno che non avessi parlato. Dovetti rinunciare. Gli raccontai di quel ragazzo che mi piaceva, Alex, e finalmente andammo al negozio. Io stavo a fare i compiti e gli tenevo il broncio, mentre lui se la rideva dopo aver raccontato tutto anche agli altri. Dovetti aspettarlo anche quella sera, perchè mi serviva un passaggio e gli altri non potevano accompagnarmi. Invece di portarmi a casa, guidò fino al laghetto vicino la scuola. Era quasi buio e a me quel posto faceva venirei brividi. Andammo a sederci sotto una specie di pergolato che c'era lì a fianco. Zayn è sempre stato così, con sbalzi e cambi di umore improvvisi. In quel momento divenne serio. Mi disse che dovevo fare attenzione con quel "tipaccio", così lo chiamò, perchè poteva voler solo una cosa da me e che non era una persona seria quella. In effetti mi era sembrato strano che nessuno ancora mi avesse fatto la morale. Mi assorbii tutto il discorso abbastanza scocciata, ma consapevole che non avesse affatto torto. Ricordo che guardando il laghetto mi venne in mente il patto che alcuni anni prima avevamo fatto, e che glielo dissi. Allora lui mi guardò, io lo guardai, e scuotendo la testa gli dicevo che non potevamo onorare una promessa anche in quel caso. Ci guardammo ancora non convinti però. Si creò in un istante come un'attrazione tra me e lui, che si avvicinò per accarezzarmi.
- A cosa pensi?, chiese lui interrompendo ancora una volta i miei film mentali.
- A quando è successo..., dissi io sincera.
- Forse se non ti avessi baciata, non sarebbe successo....
Sì perchè si avvicinò talmente tanto che il mio cuore iniziò ad accelerare i battiti, fino a quando non andò in tachicardia perchè le sue labbra erano stampate sulle mie. Io, d'altro canto, non lo respinsi. Fu così che ad un tratto ci ritrovammo io sotto e lui sopra. Non scambiammo nessuna parola, se non un "sei sicura?" e un "sei sicuro?".
- È vero, tremavo, ed è vero anche che avevo paura. Vedi un po' te, stavi sopra di me e nessuno dei due sapeva cosa fare, come potevo non averne?, gli dissi io tornando alla realtà.
- Come darti torto, rispose solamente.
Non ricordo affatto come, ma la situazione si era talmente scaldata che ci spogliammo lentamente di ogni capo che avevamo addosso, fino al ritrovarci completamente nudi. Non credo che ce ne rendemmo davvero conto. Una volta in quello stato fu quasi automatico provarci, ed onorare quel vecchio patto. Eravamo entrambi curiosi di sapere cosa significasse, cosa si provasse nel fare quella cosa di cui tutti parlavano, ma che nessuno mai osava dirne il nome. Il ricordo del dolore scomparve presto, ma nel momento in cui lo provai, era vivo più che mai. Zayn mi guardava spaventato, ma sapevamo entrambi che era normale. Quella serata sembrava non passare mai, e per noi due andava bene così. Avevamo dimenticato il resto del mondo, c'eravamo solo io e lui. Ci stringevamo le mani, in silenzio, su quel legno freddo e umido, in una calda notte d'estate. Lui affondava in me, mentre teneva la testa nella mia spalla. Entrambi col respiro affannoso, non osavamo guardarci, quasi vergognandoci del piacere che provavamo. Un'esperienza unica, nuova, bella. Solamente dopo un po' mi guardò, baciandomi. Quasi non potevo crederci che la mia prima volta, per tenere fede ad una promessa, fosse stata col mio migliore amico. Certamente non fu solo la curiosità a spingerci a farlo, di questo ne ero certa. Tornando a casa, assaporavo il vento che mi scompigliava i capelli, abbracciata a lui sul suo motorino.
- Dovremmo tornare dentro, fra un po' riapriamo, disse lui poi riportandomi con la mente al presente. Mi stava osservando, anzi, più che osservare mi stava scrutando. Voleva capire a cosa stavo pensando. Ci baciammo un'ultima volta, come se farlo davanti ai ragazzi fosse un problema, quando non lo era.
- Piccioncini, che ne dite se sta sera andiamo a bere qualcosa dopo la chiusura?, chiese Liam solare più che mai.
- Sì andiamo, dissi io guardando Zayn, come se lo stessi pregando.
- Certo che andiamo!, rispose lui facendomi fare una giravolta su me stessa. La giornata passò veloce, la gente entrava ed usciva dal negozio, come se fosse un alimentari. Mi sorprese molto come cosa, ma non poteva che farmi piacere. Alla chiusura, dopo aver rimesso tutto al proprio posto e dato una piccola ripulita, fecero i conti. Svuotarono la cassa e misero il tutto in una cassetta che portavano con sè a casa, dove avevano la cassa-forte. Uno volta arrivati ad una certa cifra depositavano tutto su un conto. C'erano determinate regole da seguire per quanto riguardava i soldi, ed era giusto così. Chiuso il negozio, portammo i soldi a casa e ci preparammo. Volevo sorprendere un po' Zayn, quindi volli indossare un vestito estivo che arrivava alle ginocchia, molto sobrio. Stretto sopra, andava a disperdersi in bellissimi drappeggi nella parte inferiore. Quando mi vide non fece altro che apprezzare con un sorriso smagliante.
Il bar che scelsero, lo avevamo frequentato tantissime volte già, era "il nostro bar" per così dire. Il padrone ormai ci conosceva da anni. Ci divertimmo un sacco, e la serata non era che cominciata. Quando ci salutammo e salimmo nelle rispettive auto, Zayn non imboccò la strada per andare a casa.
- Guarda che dovevi andare a destra, dissi logicamente io.
- Per andare dove scusa?, come per andare dove?
- Per andare a casa?, domanda più che retorica.
- E chi ha detto che ti porto a casa?, rispose lui.
- E dove stiamo andando scusa?, dove voleva portarmi a quell'ora? Io avevo bisogno di dormire, era stata una giornata lunga anche per me.
- E dove, e come, e quando, e perchè? Ascolta un po' di musica e rilassati. Fidati di me., disse lui alzando il volume della radio. C'era ancora il CD che avevo fatto per il viaggio. Mi rilassai, sicura che non mi avrebbe certamente delusa. E poi ovunque saremmo andati andava bene per me, basta che c'era lui. Chiusi gli occhi e mi immersi in quella canzone di Steve Wonder, canticchiando qua e là. Sentii la sua mano unirsi alla mia. "Certo che mi fido, sciocco", pensai in quel momento e mi lasciai trasportare da quelle dolci note.
Con lui tutto il resto non contava, perchè per me un resto non c'era quando c'era lui accanto a me.
   
 
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