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Autore: sberio    23/03/2012    1 recensioni
Una Bella fisioterapista ed un Edward suo paziente alle prese con un problema di amnesia. Riuscira' lui a ricordare la loro breve ma intensa storia d'amore?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Il mio nuovo lavoro, a dispetto di ogni previsione, cominciava veramente a piacermi. All’inizio credevo che avrei dovuto affrontare ricchi pomposi che mi avrebbero trattata come un semplice inserviente di rango inferiore, invece mi accorgevo ogni giorno che si trattava per la maggiorparte di persone sole, che avevano bisogno di un po’ di contatto umano e di parlare con qualcuno.

Molti di essi erano in eta’ avanzata e avevo avuto l’impressione che le loro famiglie avessero trovato molto comodo parcheggiarli in quella struttura, che per quanto fosse elegante e confortevole, sempre di una casa di cura si trattava, anziche’ accudirli a casa.
In tutto questo c’era poi la questione Edward. Gia’, perche’ da quel giorno in cui l’avevo nuovamente rivisto anche se per pochi istanti, non riuscivo a togliermi dalla testa quell’espressione tanto afflitta che cosi’ mal si addiceva ad un viso tanto bello.
Volevo rivederlo, di questo ne ero certa, ma non avevo la benche’ minima idea di come fare ad avvicinarlo. Volevo ovviamente che il tutto avvenisse in modo casuale, l’ultima cose era dargli l’impressione di essere spiato da una perfetta sconosciuta che avrebbe potuto benissimo scambiare per una mitomane nei suoi confronti.
Si ma, come fare? la sua porta era sempre chiusa e raramente usciva da quella stanza se non sempre accompagnato da qualche infermiera e per brevi tragitti.
Alla fine pensai che forse la soluzione piu’ ovvia era anche la piu’ semplice: bussare alla sua stanza e salutarlo in nome di quelle poche parole che ci eravamo scambiati qualche settimana prima....chissa’ se si fosse ricordato di me?
Alla fine pensai che in fondo non avevo molto da perdere, gli avrei raccontato la verita’, che ero stata assunta da poco in clinica e che erano stati degli altri pazienti a parlarmi di lui e a indicarmi dove fosse la sua camera e che pertanto avevo pensato di passare a fargli un saluto.
Si, il mio ragionamento non faceva una grinza.
Profondamente convinta della bonta’ delle mie intenzioni, un pomeriggio, al termine di una seduta terapeutica, mi ritrovai per i corridoi del reparto di ortopedia dopo aver riaccompagnato una mia paziente nella sua camera.
Decisi che quella poteva essere l’occasione propizia per mettere in atto il mio semplice piano.
Mi avvicinai alla camera numero cinque, feci un profondo respiro e provai a bussare.
Attesi qualche secondo: nessuna risposta. Forse Edward stava dormendo oppure....un brivido percorse la mia schiena...forse era stato dimesso e io avevo perso l’occasione di rivederlo.
Piuttosto agitata da questa nuova ipotesi che si era fatta strada nella mia mente, non ci pensai due volte e provai ad aprire la porta della camera per accertarmi se ci fosse ancora qualcuno ad occuparla.
La camera era vuota.
Senti’ una  forte sensazione di angoscia e il mio sguardo comincio’ a vagare all’interno della stanza come a cercare il minimo indizio che le mie paure non fossero reali.
Mi accorsi allora che il letto era disfatto, vidi sulla scrivania di fronte delle riviste e altri oggetti personali.
Qualcuno occupava ancora quella camera. Questo pensiero mi genero’un’enorme ondata di sollievo che lascio’ subito dopo il posto ad una sempre piu’ crescente curiosita’.
Quelle dovevano essere le cose di Edward. Quasi mossa da un coraggio sempre piu’ crescente, entrai nella stanza avendo cura di richiudere la porta alle mie spalle. Non volevo certo che qualcuno passando notasse la mia presenza. Come l’avrei giustificata?
Mi avviciani al letto, le lenzuola erano spiegate e spostate verso un lato. Sopra al cuscino c’era un pigiama perfettamente stirato e piegato.
Gurdai verso la scrivania, c’erano alcune riviste e alcuni giornali perfettamente impilati. Diedi loro una rapida occhiata, sembravano per lo piu’ giornali e riviste di economia e finanza, ma dal loro aspetto direi che non erano mai stati aperti ne’ tantomeno letti.
Vicino ai giornali vidi una scatola colorata, una scatola di cioccolatini....erano i cioccolatini che gli avevo regalato io la prima volta che ci eravamo incontrati. Forse aveva tenuto la scatola per ricordo?
Mossi la mano e alzai il coperchio della scatola. I cioccolatini erano perfettamente allineati al loro posto, non ne mancava neanche uno.
Che strano pensai, forse non gli piace la cioccolata oppure non ha gradito il regalo...ma in quest’ultimo caso perche’ tenerli ancora qui? Avrebbe potuto benissimo buttarli via o regalarli.
Il mistero si infittiva.
Mi spostai nella stanza fino a ritrovarmi di fronte alla cabina armadio. Aprii la porta e ne sbirciai il contenuto. C’erano pochi vestiti, un paio di jeans appesi, un paio di t-shirt piegate su di uno scaffale  e un paio di scarpe Nike.
Tornai verso il letto, vidi che sul comodino c’era un piccolo block notes con affianco una penna. Lo presi in mano e iniziai a sfogliarlo.
Le pagine erano piene di una scrittura molto elegante e ordinata, sembravano appunti riguardanti le varie attivita’ giornaliere.

15 Aprile
- ore 10.00
          visita radiologica
- ore 12.00
          pranzo
-ore 16.00
          seduta con dott.Cullen
-ore 20.00
          cena

 

E cosi’ via per le pagine successive. Un semplice ma dettagliato elenco delle attivita’ quotidiane. Mi accorsi subito di quanto fossero frequenti le sedute con il dott. Cullen, il famoso neurologo, quasi una ogni giorno, sicuramente inerenti alla questione della sua memoria, stando a cio’ che si vociferava in giro.
Mi ero fatta totalmente prendere dalla curiosita’ e dalla voglia di scoprire qualcosa in piu’ su questo ragazzo dalle poche cose che erano sparpagliate in giro, da aver totalmente perso la nozione del tempo.
Mi ripresi solo qundo senti’ una voce provenire dal corridoio pericolosamente vicina alla porta della camera.
“Eccoci qua sig. Masen. Siamo arrivati” era la voce dell’infermiera e a quanto pare stava riportando Edward in camera.
Il panico mi assali’ in quel momento, la porta stava per aprirsi, come avrei giustificato la mia presenza in quella stanza? sarei stata sicuramente licenziata su due piedi e non solo avrei causato grossi problemi ad Angela che mi aveva caldamente raccomandata, Edward avrebbe pensato che fossi veramente una mitomane pronta a perseguitarlo!
Agii d’istinto e l’unica cosa sensata che mi venne in mente fu nascondermi. Gia’ ma dove?
La porta della camera comincio’ ad aprirsi e in un attimo io mi fiondai dentro l’armadio.
In quel momento mi immobilizzai, come una statua, per la paura che qualcuno potesse accorgersi della mia presenza.
La porta dell’armadio era socchiusa quel tanto che mi potesse permettere di vedere cosa stava accadendo all’esterno  senza che si accorgessero della mia presenza.
Vidi entrare l’infermiera mentre spingeva la sedia a rotelle su cui era seduto Edward.
Lo aiuto’ ad alzarsi e a sedersi sul letto. Poi gli chiese se aveva bisogno di aiuto per cambiare il pigiama.
“No grazie, faccio da solo” rispose lui con tono del tutto neutro.
“Bene, come preferisce” disse lei alquanto delusa “allora io vado. Se ha bisogno di qualunque cosa non esiti a chiamarmi” e usci’ dalla camera portandosi dietro la sedia a rotelle.
Che gatta morta- dissi tra me e me mentre continuavo a guardare Edward dalla fessura della porta.
Lui si mise a sedere su di un lato del letto con le gambe rivolte al pavimento. L’armadio era praticamente di fronte a lui e io con esso. Alzo’ lo sguardo e fisso’ le porte dell’armadio per alcuni istanti, io mi senti’ come se riuscisse a trapassare il legno della porta e mi vedesse, in piedi di fronte a lui.
Poi distolse  lo sguardo, si giro’ verso il cuscino, prese il pigiama perfettamente ripiegato, se lo porto’ sulle gambe e comincio’ quindi a sbottonare quello che aveva indosso.
Oddio- pensai- si sta spogliando! Se prima avevo avuto paura di essere scoperta, adesso smisi di respirare, un po’ perche’ non si accorgesse di me, un po’ per l’emozione che sentivo crescermi dentro.
Senza alcuna fretta, sbottono’ tutti i bottoni del pigiama e al termine si sfilo’ la giacca. Rimase con indosso una semplice t-shirt bianca, molto aderente....che lasciava poco all’immaginazione. Si intravedevano i pettorali perfettamente scolpiti, il fisico tonico e asciutto, senza neanche un filo di grasso...doveva essere un amante dello sport.
Ma quel poco che la maglietta potesse in qualche modo celare, divento’ improvvisamente reale ed evidente quando lui con un unico gesto se la tolse.
Era praticamente nudo dalla cintola in su ed era davanti a me.
Potevano i miei occhi sopportare tanta perfezione? Cominciai a sentire caldo...tanto caldo.
Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, indosso’ la maglietta pulita e a seguire la giacca del pigiama pulito, avendo cura di richiuderne tutti i bottoni.
Mi sentii un po’ meglio. Credevo che il peggio fosse passato quando invece mi accorsi che il peggio doveva ancora venire. Edward si mise in piedi, sorreggendosi al letto con una mano e spostando il peso del corpo sulla gamba senza gesso. Partendo dai fianchi inizio’ a abbassarsi i pantaloni.
Mio Dio- pensai in quell’istante- fa che non sia vero....sta..sta..per rimanere in mutande!
Ovviamente avrei potuto girarmi dall’altra parte o chiudere semplicemente gli occhi ma...chi l’avrebbe fatto al posto mio? non ero certo fatta di legno!
Con molta cautela si levo’ i pantaloni, rimanendo in slip e anche in questo caso non c’era bisogno di immaginare niente...era tutto molto evidente!
Pregai che non decidesse di togliere anche quelli....non sarei stata in grado di reggere oltre!
Come se in qualche modo avesse sentito le mie preghiere, Edward prese i pantaloni puliti dal letto e lentamente ricomincio’ a vestirsi.
Quando termino’, si sedette nuovamente sul letto per poi sdraiarsi con la testa rivolta verso il soffitto.
Rimase immobile in quella posizione e io feci lo stesso dentro l’armadio.
Passarono circa 15 minuti, per tutto questo tempo Edward non si era mosso di un millimetro. Mi accorsi allora che aveva gli occhi chiusi e che il suo petto si alzava e abbassava in modo regolare gia’ da un po’, molto probabilmente stava dormendo. Quello era il momento propizio per andarmene.
Aprii lentamente la porta dell’ armadio, facendo attenzione a non fare il minimo rumore.
Una persona dotata di un certo buonsenso  sarebbe sgattaiolata subito fuori da quella stanza, ma pensai, una persona con un po’ di buonsensoprobabilmente non ci sarebba mai entrata.
Decisi allora di azzardare un’ultima cosa. Mi avvicinai al letto per guardarlo mentre dormiva.
Finalmente vidi un’espressione serena e rilassata su quel volto a me tanto caro.
Era perfetto in ogni dettaglio, i capelli ramati un po’ ribelli erano scompigliati. Un ricciolo gli ricadeva da sopra la fronte fin sugli occhi. Come guidata da un desiderio incontrollato di toccarlo, allungai la mano verso quel ricciolo e lo scostai dietro l’orecchio.
Quel mio lieve tocco lo fece muovere. Io mi immobilizai all’istante mentre lui si giro’ lievemente su di un fianco dandomi le spalle e fu allora che senti’ il suo sospiro
“Mmhh Bella” mormoro’
Mi senti’ attraversare da una scossa elettrica: era il mio nome che aveva appena pronunciato ?
O forse stava semplicemente sognando qualcosa di bello....
Mi resi conto che era arrivato il momento di andarmene, anche se a malincuore, sarei rimasta ore a guardarlo dormire.
Mi avvicinai alla porta della camera, guardai fuori dal corridoio e dopo essermi accertata che non ci fosse nessuno sgusciai fuori dalla stanza.
Fui costretta mio malgrado a fermarmi un attimo lungo il corridoio. Con la schiena appoggiata alla parete dovevo dare modo al mio povero cuore di riprendere fiato, tanto mi batteva furiosamente nel petto!
 
 

  
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