Cherline
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«Guardati Aspasia.
Questa sei tu. Tutta questa sei tu, senza resti.
Tu sei il tuo corpo e il tuo corpo è te.
Anche quella che chiamano anima non è altro che un tatto interiore, l'insieme delle percezioni della vita del tuo corpo, la sua voce oscura e inascoltata che si manifesta alla coscenza.
Non dimenticarlo mai.
»
E mai come in quell'istante Aspasia seppe chi era.
Lo sapeva perfettamente, con esattezza anatomica: era paralizzata dalla testa al bacino, ma le braccia e le mani erano libere.
E allora muovi le mani! Picchia con quelle, graffia con quelle!
Rimani pure prigioniera con la parte prigioniera di te, ma sii libera con quella libera.

Aspasia colpiva, ma la presa su di lei non si allentava.
Le sue mani continuavano a picchiare, le unghie a graffiare. Poi una zampata le sfibbiò la mantella e un'altra le straccio il corpetto. La sua nudità di dentro proruppe di fuori.
Ma io non mi vergogno! Non ho vergogna, io. Che tutta Milano mi veda!
Che si specchiasse pure, la città, nella sua nudità.
Non era forse l'Italia rappresentata come una donna fiera e vigorosa a seno scoperto?
Fiera come l'Italia nelle rappresentazioni patriottiche, a seno scoperto, ora Aspasia era come si sentiva: vulnerabile, vulnerabile e forte.
Come un mondo prima della sua rovina. E presa in quell'apertura, si sentì nuovamente libera.
Libera come le sue braccia e le sue mani e libera di colpire, colpiva.

Una stotia Romantica | Antonio Scurati

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