Bael
Membro dal: 22/04/09
Nuovo recensore (20 recensioni)

S uvvia signori non verrete a dirmi che siete qui per leggere davvero qualcosa su di me!

Vi assicuro con assoluta convinzione che non è una gran cosa sapere chi c’è dietro le storie, la realtà è mille volte più noiosa degli artefici di una storia ben fatta.

Non riesco proprio a distogliervi? Va bene, signori, molto bene, proverò a dirvi qualcosa di me nel modo più idiota che conosco, o possibilmente raccontandovi qualcosa.

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I nnanzi tutto conviene che sappiate sin dall’inizio che esistono ambienti e luoghi dove gente di particolare spirito tratta di letteratura, di scrittura, di arte, qualche volta, di traduzioni, di umiltà, di scrittori.

Insomma luoghi piuttosto piacevoli dove semplicemente ascoltare, e di tanto in tanto formulare una mezza parola, finisce sempre per insegnarti qualcosa.

La differenza tra insegnante e maestro, diceva una volta una mia amica, è che l’insegnante è un intermediario che oscilla gongolante tra testo e studente. Il maestro invece ti regala un’esperienza senza dirti cosa farne, te la dà e spia la tua reazione, qualsiasi essa sia. Ebbene quei luoghi sono stati dei maestri.

Quali luoghi, vi chiederete. Be’ blog di scrittori più o meno in erba, finestre di msn, panchine nelle piazzette dove parlare con quel paio di amici particolarmente eccentrici. O soltanto i luoghi dove scruti, senza evidente motivo, una voce affine, particolarmente piacevole. E, infine, i libri.

In alcuni di questi ambienti, insomma, ho potuto ascoltare, o spiare, tanto favole, quanto insegnamenti tecnici.

Non che io sia per la tecnica impeccabile priva di un’impronta personale, ma mentirei dicendo di non aver imparato nulla come cantastorie, come persona, come lettore.

Ecco, uno dei punti puramente tecnici di queste lezioni tanto affascinanti era l’invettiva contro gli avverbi.

Almeno un paio di blog, e, credo, diversi libri che sconsigliano l’uso degli avverbi, esiliandoli senza pietà dalle pagine dei loro scritti.

Ottimi motivi, in realtà, per evitare accuratamente di scriverli, non ve li elenco neppure, ma ce ne sono di eccellenti.

Ebbene dopo aver controllato qualche mio scritto considerando di averci ficcato avverbi di tutti i tipi tra cui i temutissimi “avverbi di modo”, ho capito che ne avrei avuto compassione a esiliarli senza esitazione.

Così ho preso una decisione.

Sono uno scrittore di avverbi, e, signori miei, non credo che rinnegherò mai il novello tabù.

Eccomi qui su EFP per non cacciare nessuna forma della lingua che mi passerà per la riccioluta testa, e per trovare ai reietti un posto tale che una certa frase non sarebbe più la stessa privata di essi. Certamente.

E così il mio ospizio di avverbi, o semplicemente le mie siepi prive di potatura e di un discriminante labor lime potrebbero sembrare presuntuose o barocche. Ma non voletemene: sono il tipo che rincorre gli errori finché non ha prova certa per riconoscerli tali.

Un saluto a chi ha letto oggi la favola degli avverbi, e a chi forse leggerà quelle mie storie in fondo a questa pagina.

Se ne stanno lì, senza pretese se non quello di chiudervi in un sogno tanto breve.

FINE

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