Immobili,
si guardavano negli occhi. Sasuke-kun non lasciava lo sguardo azzurro
di mio figlio, e Naruto a sua volta sembrava pronto a rispondere alle
aspettative di Sasuke-kun. Quali erano dunque queste aspettative?
Volevo chiedere, parlare, ma fui anticipato.
“Teme,”
disse Naruto, il fiato già corto
“perché sei venuto qua?”
“Non
è chiaro? Voglio parlare con te. Smettila di scappare e
accampare scuse.”
“Non
abbiamo niente da dirci.” Abbassò la testa nel
dirlo, e qualsiasi persona avrebbe capito all’istante quanto
quelle parole fossero piene di falsità.
“Naruto,”
lo chiamai e quasi sussultò, perso nei suoi pensieri
“Sasuke-kun è venuto appositamente per te. Ascolta
quello che ha da dirti, non credi sia meglio?”
Scosse la
testa, strizzando le palpebre.
“No…
va tutto bene papà, credimi.”
“Da
quando in qua menti così spudoratamente, dobe?”
Provocazione.
Ecco cos’era quella. Conosceva bene Naruto, per sapere che il
metodo più efficace per farlo reagire era quello di
provocarlo.
“Non
è una menzogna!”
“Ah
no?” sogghignò, per poi rilasciare un amaro
stiramento di labbra. “Io è proprio questo che
vedo.”
Naruto divenne
teso, troppo teso. Istintivamente portai la mano sulla sua spalla,
massaggiandogliela un po’.
“Ehi,”
lo chiamai piano, sorridendogli “va tutto bene.”
Naruto mi
guardò, e vederlo così privo di difese, con
quegli occhi acquosi, mi strinse il petto in una morsa.
“Papà,
io-”
Un cellulare.
Sasuke-kun si
lasciò scappare un sospiro nervoso e con un gesto di stizza
rispose alla chiamata.
“Pronto?”
sibilò, mentre potevo sentire a pelle Naruto rilassarsi.
“Adesso?
Capito. Sì, arrivo.”
Richiuse il
cellulare, lanciandoci uno sguardo un poco dispiaciuto.
“Devo
tornare a casa. Dobe, dopocena risolveremo questa faccenda.”
“Cosa?”
pronunciò, guardandolo spaesato.
“Ci
vediamo alle ventuno e trenta al parco di venerdì. Sempre
che per lei non sia un problema, Namika-”
“Minato.”
Dissi di getto, guadagnandomi uno stiramento di labbra che collegai
subito a un sorriso riconoscente.
“Minato-san.
La ringrazio, e scusi il disturbo.”
S’inchinò,
e feci altrettanto. Si diede una sistemata ai vestiti e ci
oltrepassò, rivolgendo uno sguardo penetrante, oserei dire,
a mio figlio.
Andai ad
aprirgli la porta, salutandolo, e quando Sasuke-kun ci
lasciò, sentii un piccolo tonfo. Mi girai, e la cartella di
Naruto era a terra mentre lui si teneva una mano sulla fronte, esausto.
“Perché?
Io… perché? Non doveva venire, non volevo
vederlo… è stato uno sbaglio, perché
non lo capisce e basta?!”
Tentai di
calmarlo, avvicinandomi e racchiudendolo in un abbraccio.
“Naruto,
va tutto bene. Mi senti? Sono qui. Sasuke-kun vuole solo parlarti,
chiarire.”
Si
aggrappò alla mia maglia e avvertii dei singhiozzi stroncati
sul nascere contro la stoffa.
“Tesoro.”
Dissi, chiudendo gli occhi e sentendo il suo battito contro il mio.
Quant’è che non lo chiamavo così?
Ultimamente mi rispondeva dicendomi che era grande ormai e che lo
mettevo in imbarazzo. Ora invece ebbi solo un lamento a fare eco alla
mia parola. Lo strinsi più forte, intenzionato a non
lasciarlo andare.
“Tieni,”
dissi, porgendogli la tazza con il tè “va
meglio?”
Annuì,
chiudendo gli occhi arrossati.
Non saprei
dire quanti minuti rimanemmo abbracciati all’ingresso, so
solo che dopo poco scoppiò a piangere, mormorando che gli
dispiaceva per il suo comportamento. Ora siamo seduti sul divano e
fortunatamente sembra essersi calmato almeno un po’.
“Papà,”
Sussurrò, facendomi girare lo sguardo verso di lui.
“cosa ti ha detto Sasuke?”
Sorrisi,
accarezzandogli la testa.
“Era
venuto a cercarti. Mi ha detto che voleva parlarti e che avrebbe
chiarito ogni cosa con te. Oh, già, mi ha anche avvertito
della verifica di matematica…”
Sbuffò,
posando la tazza metà piena sul tavolino.
“Quel
teme…”
“Beh,
è solamente diligente. Educato, anche. Mi piace.”
Proclamai, sincero.
Naruto mi
rivolse due occhi azzurri stupiti.
“Sul
serio?”
“Sì.
L’ho riconosciuto appena si è presentato, sai?
Sasuke Uchiha. Non è il ragazzo che hai baciato durante il
gioco della bottiglia?”
Naruto
sussultò, assumendo un’espressione quasi
imbarazzata, che sfociò nel giro di pochi secondi in una
seccata e poi rassegnata.
“Già.”
“Che
cos’è successo tra di voi? Venerdì,
giusto?”
Si morse un
labbro, abbassando il capo.
“Non
voglio costringerti a raccontarmelo,” lo rassicurai,
accarezzandogli la gamba “vorrei solo vederti sorridere come
sempre. Se hai bisogno di parlarne, io ci sono, ok? Chissà,
potrei essere un buon papà in questo caso.”
Lui
ridacchiò, addolcendosi.
“Sei
sempre un buon papà. Il migliore. Grazie.”
Preso in
contropiede, temetti di imbarazzarmi io questa volta. Con Naruto e
Kushina era sempre così. Bastava un loro complimento, una
frase carina, ed ecco che Minato Namikaze andava nel pallone, indeciso
su come comportarsi.
“Venerdì
sono uscito con quelli di classe mia.” Cominciò a
parlare, e quasi non mi accorsi che aveva deciso di raccontarmi tutto.
“Scorreva tranquilla la giornata,
finché… non è successa una cosa. Una
cosa molto particolare, che mi ha lasciato stupito e con una voglia di
scappare che faccio fatica persino a spiegare.”
Naruto, occhi
accessi e sguardo determinato, stava tornando quello di sempre.
C’erano delle sfumature di timore che contornavano le sue
parole, vero, però potevo avvertire quella sensazione calda
e accogliente che mio figlio mi donava ogni volta con la sua sola
presenza, stavolta ancora più forte. Lo ascoltai in
silenzio. Sentii ogni minima cosa avesse da dirmi, senza mai
interromperlo. E, potei affermare con tutta la sicurezza possibile che
mai avrei pensato di vederlo così emozionato. Non era un
semplice racconto il suo. Assolutamente no. Direi più un
momento fondamentale della sua adolescenza, l’aver appurato
che un confine esiste, e averlo ormai inesorabilmente passato. Mio
figlio aveva scoperto cosa volesse dire affrontare una vera prova.
“Ehi,
Naruto! Hai intenzione di passare tutto il pomeriggio a fissare quei
videogiochi?”
“Senti
chi parla!” rispose, dandogli una spinta “Sempre
meglio che fissare, con la bava alla bocca oltretutto, le gambe di
quelle ragazze che sono appena passate!”
“Maledetto!”
Kiba lo agguantò per il collo, simulando un soffocamento. Le
risa dei due contagiavano il gruppo, mentre il giorno ormai si stava
concludendo.
“Naruto,”
lo chiamò Sakura, con sguardo rassegnato “lascia
stare quella vetrina e muoviti. Andiamo a prendere un gelato.”
Il
biondo esultò, liberandosi della stretta
dell’amico, fino a giungere vicino alla ragazza.
“Sakura-chan,
posso offrirtelo io?”
“Nemmeno
per sogno. Me lo pago da sola, a meno che non me l’offra
Sasuke-kun.” Disse l’ultimo pezzo a bassa voce,
rivolgendo una piccola occhiata al ragazzo che camminava dietro di
loro, imbarazzata.
Naruto
sbuffò, contrariato.
“Aspetterai
in eterno allora, il teme non è tipo da gesti
galanti.” Borbottò, per poi tapparsi la bocca per
l’eresia appena detta di fronte a Sakura, che, irata, gli
regalò un pugno in testa.
“Quante
storie.” Pronunciò neutro Shikamaru, sbadigliando
subito dopo.
“Oh,
amico, te la sei proprio cercata!” disse Kiba, ridacchiando.
Naruto
lo guardò, massaggiandosi il capo, per poi indicare Sakura
senza farsi notare dagli altri.
“Mi
chiedo cosa ci trovi in uno come il teme.”
Sussurrò a Kiba, riportandosi al suo fianco.
“Beh,
è ricco. Ha bei voti a scuola, è bravo negli
sport. Ha un bel portamento ed eccelle in tutto quello che fa. Ti serve
altro?”
“No.”
piagnucolò, sospirando “grazie per il conforto,
eh.”
L’altro
ridacchiò ancora, dandogli una pacca sulla spalla.
“Fossi
in te, la lascerei stare. Andiamo, è una cotta la tua! A
dirla tutta, manco so com’è iniziata, sai? Voglio
dire, ti picchia sempre, cosa ci trovi in lei?”
Naruto
inclinò la testa di lato, rallentando inconsciamente il
passo.
“Uhm…
è carina. Ha un bel sorriso, e poi-”
Naruto
avvertì quella che doveva essere una persona cozzare contro
la sua schiena, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Ancora
poco e ti fermavi. Dobe.”
Si
girò, ritrovando Sasuke a due passi da lui.
“E
allora sorpassami e non venirmi addosso, teme!”
Kiba
sospirò, abituato a quei battibecchi.
“Non
vorrei interrompervi,” disse Shikamaru, indicando gli altri
avanti a loro “ma se non ci rimettiamo in cammino, ci
lasceranno qui.”
Naruto
strinse gli occhi, lanciando uno sguardo irato al moro.
“Kiba,
Shikamaru, andiamo!”
Afferrò
entrambi per un braccio, cominciando quasi a correre, ricevendo
contemporaneamente una risata e una protesta.
“Io,”
pensò Naruto, i denti che torturavano le labbra
“quello lì lo detesto.”
Eccomi
**
Allora, ho
pensato, invece di fare raccontare tutto a Naruto, di proporvi la
vicenda in terza persona, così capirete meglio e
scorrerà di più. Quando il flashback
sarà finito, torneremo alla narrazione in prima persona di
Minato, e riprenderò dal bellissimo Namikaze che ha appena
ascoltato la vicenda, a lui ovviamente raccontata dal punto di vista
del figlio. Ok, saranno più di tre capitoli XD
Un bacio,
grazie a tutti, spero che il seguito vi piaccia ^^
N.B. grazie per le
bellissime recensioni ** ho risposto ad altre di storie un
po’ più vecchie in questi giorni, poi
passerò alle vostre ><
Grazie davvero!
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