Titolo: Niente storie,
favole e chimere
Fandom: Harry Potter
Personaggio/Coppia: Severus/Harry
Beta reader: kimbnr
Prompt: 072-Riparato per
FanFic100_ita, “stella polare” per fanworld
Rating: verde (per tutti)
Genere: introspettivo,
romantico, spaventosamente fluff
Avvertimenti: slash, relazione
adulto/minore
Conteggio
Parole:
557 (calcolatore)
Disclaimer: i personaggi
appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti legali. Questa
storia non ha nessuno scopo di lucro.
Riassunto: la stella polare
non è fissa, ma varia per la precessione terrestre. Ma se nemmeno la
stella dei navigatori è affidabile, cosa possiamo aspettarci dagli
uomini?
Note: il titolo è preso
da “Afferrare una stella” di Bennato. La storia è ambientata in un
ipotetico ottavo anno, senza però tenere conto del finale del settimo
libro.
La
storia
è stata pubblicata il 6/08/10 su Nocturne Alley e
Amaranth Tales e consta di tre parti.
Tabella: qui
Da quella sera
Piton non si ripresentò più alla Tana; Harry, dal canto suo, era sempre
più nervoso e pronto a scattare per quel chiarimento mancato.
Probabilmente quella fu la prima volta che Ron Weasley accolse con
gioia l'inizio della scuola: prima l'amico chiariva con il vecchio
pipistrello unto, prima lui e Hermione avrebbero ritrovato la pace.
“Senti amico,”
iniziò, lasciandosi cadere sul sedile del treno. “Stanotte recuperi il
mantello dell'invisibilità e scendi a parlare con il vecchio
pipistrello e chiarite questa faccenda.”
Un colpo di
tosse lo fece voltare. “Dicevo, scendi a parlare con il professor Piton e chiarite questa
faccenda.” ripeté, calcando particolarmente la voce su quel professor Piton. Il terrore per la
reazione di Hermione alle volte era veramente più forte del disgusto
per Piton.
Harry fissava
in silenzio la campagna scorrere fuori dal finestrino. Le parole e lo
sguardo che Severus gli aveva rivolto quella sera gli avevano dato di
che pensare per il resto dell'estate, oltre al materiale per tormentare
i suoi migliori amici, ormai stanchi di sentire le sfuriate del ragazzo
su quanto Piton fosse idiota, infantile o frustrato.
Il ragazzo
ancora non parlava e Ron si mise le mani nei capelli. “Amico,” riprese
esausto. Avrebbe volentieri preso a pugni il suo migliore amico in quel
momento, “ sai quanto mi costi dirlo, ma Piton sembra farti bene.
Sei... contento dopo essere stato da lui.”
“Non era come
credevo...”
“E chi mai lo
è.” riprese Ron con rinnovata forza, felice per aver ottenuto una
piccola reazione. “Le persone non sono punti fissi, Harry.”
Fuori dal loro
scompartimento si avvertiva lo sferragliare del carrello dei dolci e le
voci concitate dei ragazzi del primo anno. Harry ora fissava la punta
delle proprie scarpe, non sapendo cosa rispondere; era veramente lui
quello in errore in quella storia? Aveva veramente sottovalutato tanto
Piton?
Un nuovo colpo
di tosse portò l'attenzione dei due sull'unica ragazza del gruppo. “E'
strano che io lo dica,” intervenne Hermione, chiudendo il pesante tomo
sugli usi di un'erba che non aveva mai sentito nominare. “ma Ron ha
ragione. Ti aspetti veramente troppo dal professor Piton.”
Sia Ron che
Harry la fissarono come avesse sviluppato una seconda testa.
“Io mi aspetto
troppo da Piton?”
“Mi dai
ragione?”
La ragazza
sbuffò a quel comportamento. “Sì Ron, hai ragione, e sì Harry, tu
pretendi troppo da Piton.”
Non doveva
sembrare troppo convinto, visto come si addolcì l'espressione di
Hermione. “Harry,” mormorò, afferrandogli una mano, “quell'uomo sta
rischiando molto per te, non ti devi sorprendere se... beh, se è un po'
possessivo.”
Il ragazzo
strinse la mano dell'amica: non aveva pensato alla questione in questi
termini. Forse Piton non aveva tutti i torti nel definirlo un
marmocchio viziato che si affidava sempre all'aiuto degli altri: aveva
contato troppo sulla sua fermezza e durezza, dimenticando troppe volte
di dare un punto di riferimento sicuro a quell'uomo.
Un gufo
picchiettò sul finestrino del treno ed Hermione lo fece entrare,
ricevendo in cambio una dolorosa beccata, probabilmente per averlo
fatto aspettare. Harry lo riconobbe come uno dei più scontrosi della
scuola e gli sfilò titubante il messaggio dalla zampa.
“Stanotte, nel
mio ufficio.”
Il ragazzo
sorrise, mentre il treno fischiava su una curva. Conosceva benissimo la
calligrafia del mittente, e, se non aveva mal interpretato il leggero
tremolio, quella sera avrebbero chiarito ogni cosa.
Fuori la
campagna inglese sfilava veloce davanti loro occhi. Ancora qualche ora
e sarebbero tornati ad Hogwarts, a casa. |