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Non
feci nemmeno in tempo a sistemarmi il tovagliolo sulle ginocchia, come
mi avevano insegnato a fare, che Sanji me lo strappò
letteralmente di mano, e con occhi adoranti provvide a risistemarmelo,
perfettamente piegato, sulle mie gambe, avvicinandomi di peso al tavolo
e lodando in maniera eccessiva la mia beltà. Mi avevano
sempre
detto che il rosso era un colore che mi donava moltissimo, ed in quel
momento, con le guance in fiamme, sperai che non tutti mi avessero
mentito spudoratamente nel corso degli anni. Mi calmai quando il cuoco
riservò lo stesso trattamento ad Elena e alle altre ragazze,
distogliendo da me l’attenzione generale. I suoi complimenti
riecheggiavano per tutta la sala, generando perplessità e
ribrezzo sui volti maschili. Descrivere, per esempio,
l’espressione di Law e Kidd era impossibile, non avevo mai
visto
tanto sdegno, schifo e disgusto su un’unica faccia. Il povero
Sanji rischiava di trovarsi sminuzzato e successivamente infilzato
dalle posate, a seguito di un perfetto attacco combinato delle due
supernove. Mi scappò un risolino a quel pensiero, che non
sfuggì ad occhi di falco. Ma perché
quell’uomo
doveva avere degli occhi così? Non avevo visto il suo
sguardo
spostarsi dal cuoco alla sottoscritta, eppure avevo percepito
chiaramente quelle gemme d’ambra posarsi su di me. Mi voltai
d’istinto verso di lui, e rimasi incatenata al suo sguardo.
Il
sorriso mi si cancellò dal volto, ed un’innata
paura
iniziò a farsi strada dentro di me. Quello che aveva detto
Hancock a Marineford era la pura verità, chiunque guardasse
quegli occhi, sarebbe rimasto bloccato dalla paura.
Ma al diavolo queste sciocchezze, era un uomo come un altro, un
semplice essere umano. Il fatto che girasse su una barca praticamente a
forma di bara, vivesse in un castello diroccato e si portasse dietro
un’enorme spada nera dall’elsa a croce, erano
semplici
dettagli. O forse no?
Fatto sta che non distolsi lo sguardo. Forse, anzi sicuramente, avrei
perso quel duello, ma almeno ci avevo tentato. Non potevo passare tutta
la serata a rabbrividire per colpa di quel capriccioso e super sexy
spadaccino dai baffetti alla D’Artagnan. Volevo godermi il
momento, non tremare di paura ogni tre secondi!
Mentre il nostro duello di sguardi imperversava, le lusinghe di Sanji
arrivarono alla dolce Nami, che lo ringraziò con un sensuale
cenno del capo, scostandosi poi i capelli dietro l’orecchio,
andando a scoprirsi il collo affusolato. Inutile dire che
ciò
provocò al povero cuoco una cospicua emorragia nasale,
prontamente arginata da Chopper con un tovagliolo.
«Nami mannaggia! Perché devi fare così
tutte le
volte? Lo sai che è sensibile a certe cose!»
rimproverò la renna, mentre la rossa ridacchiava ed il cuoco
si
crogiolava nella bellezza di quest’ultima.
Il mio duello personale con lo spadaccino andò in fumo, a
causa
di uno scoppio di risa generale. L’ilarità della
sala
strappò un sorriso persino allo scontroso Smoker, che
provvide
immediatamente a mascherarlo accendendosi i suoi amati sigari. Anche
Kidd si lasciò sfuggire una smorfia, vagamente somigliante
ad un
sorriso trattenuto.
Ma l’allegria del momento fu interrotta da Paulie, che rosso
in
viso si alzò di scatto, rovesciando a terra la sua sedia. I
pugni stretti ed i denti che digrignavano non promettevano nulla di
buono; sembrava sul punto di esplodere, e non era per niente un buon
segno.
Probabilmente non fui l’unica a pensarlo, visto che molti
commensali si irrigidirono alla vista del carpentiere furibondo.
Nemmeno il richiamo all’ordine di Iceburg sembrò
raggiungerlo, e non servì a fermare l’esplosione
imminente.
«Scostumata! Siete tutte delle svergognate! Non è
possibile che vi permettano di circolare così, siete
praticamente nude! Copritevi!» gridò il folle
falegname,
causando pochi secondi di silenzio totale. Ok che era un ragazzo
timido, però che diamine, un briciolo di contegno non
riusciva
ad averlo? Cosa avrebbe fatto se l’avessimo portato in una
discoteca, o peggio, in spiaggia? Non volevo nemmeno immaginarlo.
Ora se ne stava fermo, ritto al suo posto, sempre con i pugni tesi e i
denti stretti. Il rossore si era concentrato sulle gote, come a voler
sottolineare l’imbarazzo del momento. Fu la vecchia Kokoro a
spezzare il silenzio, ridendo di gusto, ed intimando al giovanotto di
sedersi e di non importunare le ragazze con queste sciocchezze
medievali. Quella donna era una forza della natura, assieme a Dadan ed
alla dottoressa Kureha, aveva già fatto sparire minimo
quattro
bottiglie di vino, e la cena tecnicamente non era ancora iniziata!
Potevano tranquillamente fare concorrenza al vecchio Barbabianca ed al
Rosso in fatto di liquori. E non dimentichiamoci poi del burbero
spadaccino dai capelli verdi, anch’esso estimatore di bevande
alcoliche. Decisamente, ci sarebbe stato da divertirsi quella sera, se
tutti fossero arrivati a fine pasto.
Quando Paulie si risedette composto ed imbarazzato, un nuovo attacco di
risa invase la sala, coinvolgendo tutti quanti. Persino Newgate rideva,
guardando i suoi figli con uno sguardo amorevole, che mi fece stare
male. Era lo stesso sguardo che aveva riservato ad Ace, quando si era
addormentato dopo l’abbuffata in onore della sua promozione a
comandante della seconda flotta.
Mi mancava essere guardata così, e non avrei mai
più
rivisto gli occhi bruni di mio padre assumere
quell’espressione,
potevo rivederlo solo nei miei ricordi, e la mia paura più
grande era che con il tempo, anche quelli svanissero.
Il vecchio imperatore si accorse del mio sguardo, e posò su
di
me il suo. Non avevo la forza per sopportare la sua pietà, e
tantomeno per sostenere un altro sguardo tanto profondo. Dopo tutto,
gli occhi di Mihawk e quelli di Barbabianca non erano così
diversi tra loro, solo che i primi ispiravano timore, i secondi affetto.
Tentai di distrarmi, cancellando quei tristi pensieri dalla mia mente,
non era quello il momento per rispolverare il passato, dovevo vivere il
presente!
Così mi concentrai sulla risata di Ace, che come una dolce
tortura, carezzava il mio cuore, simile ad una piccola mano rivestita
di velluto che accarezzasse l’anima. Era poi così
sciocco
essersi innamorate di un cartone? Di un personaggio inesistente?
Probabilmente si, ma ora quel personaggio era qui, accanto a me, in
carne ed ossa, come potevo rimanergli indifferente?
«Allora, Selene, come siamo dal vivo?» mi chiese
una voce
carezzevole alla mia destra. Mi voltai, perdendomi in un mare di
lentiggini. Era maledettamente vicino, e le calamite nere che aveva per
occhi, non aiutavano a migliorare la situazione. Il cuore perse il suo
battito regolare, iniziando una danza frenetica nel mio petto. Deglutii
a fatica, e cercai nella mia mente la risposta, anzi, la domanda,
perché avevo dimenticato cosa mi avesse appena chiesto.
«C-come scusa?» domandai imbarazzata, tingendo
nuovamente di rosso le mie gote.
Lui dal santo suo, sorrise, grattandosi la testa con la mano,
imbarazzato forse? No, sicuramente era stupito dalla mia reazione
idiota. Che figuraccia avevo appena fatto, mi stavo comportando come
una stupida ragazzina innamorata. E la cosa peggiore era che io mi
sentivo veramente una stupida ragazzina innamorata. Maledizione.
«Ti ho chiesto come ti sembriamo… Nella
realtà,
nella tua realtà insomma… Siamo come ci avevi
immaginato,
oppure abbiamo deluso le tue aspettative?» mi richiese
gentilmente.
«Siete esattamente come vi immaginavo, anche
caratterialmente.
È stranissimo vedervi qui in carne ed ossa, voi che fino a
ieri
eravate solamente dei… dei disegni o delle animazioni.
È
surreale, però… è molto bello vivere
questa
esperienza, è un sogno che si avvera!» risposi,
tentando
di non balbettare, di tenere la voce relativamente ferma e di non
esprimermi come se fossi una fanatica. Anche se ammetto che
l’idea di saltargli al collo gridandogli che era il
personaggio
più figo di tutta la storia, mi era passata per la testa. A
quanto pareva però, il filtro idee-azioni funzionava bene, a
differenza del suo compare pensieri-parole.
Ace mi sorrise, e per l’ennesima volta il mio folle muscolo
cardiaco smise di battere. Avevo ipotizzato di non sopravvivere alla
cena per la voracità dei miei vicini di posto, ma mai avrei
creduto di poter perire d’infarto a causa del sorriso di
quello
zolfanello.
Sorrisi di rimando, con le guance ormai perennemente scarlatte.
Ringraziai di cuore il caso, che volle far entrare in
quell’istante una schiera di camerieri, carichi di piatti e
vivande, che iniziarono a distribuire a tutta la tavola, distraendo
l’attenzione del mondo dalla sottoscritta.
I servizi furono un flusso continuo, eppure dopo una buona mezzora ero
riuscita ad addentare forse due bocconi di cibo. Il mio piatto infatti
era costantemente vittima di saccheggi; che fossero mani umane, di
fuoco o di gomma non lo sapevo mai con certezza, ma il cibo in ogni
caso spariva. Le risate erano incessanti, tra Ace che si strozzava con
il cibo, Rufy che si allungava ovunque per rubarlo e tutti gli altri
che tentavano di difendere il loro piatto come meglio potevano era
impossibile non divertirsi. Però, ahimè, io ed
Elena non
avevamo nessuna abilità speciale, non potevamo quindi
mettere a
guardia del piatto delle posate, come aveva fatto Kidd, e nemmeno
inserire il nostro piatto in una cupola inattaccabile. Con calci, pugni
e spade non ce la cavavamo per niente bene, le corde non le sapevamo
gestire e non eravamo nemmeno imperatrici pietrificanti o imperatori
con un’Haki talmente potente da scoraggiare persino il
fiammifero
Lupin dall’allungare il braccino.
L’unico che come me era vittima dei saccheggi del moro, era
la
fenice, che con l’esasperazione sul volto si ritrovava
più
volte ad inforchettare il piatto vuoto, ottenendo solo un alone di
bruciato sulla posata.
Ormai io mi ero rassegnata, ed aspettavo in grazia un attacco di
narcolessia collettivo dei tre furfanti, mentre Elena sembrava
più alterata.
La sua posizione, proprio a fianco di Rufy, le impediva di toccare
cibo, e fin qui niente di strano, ma cappello di paglia non sapeva i
rischi che si potevano correre rubando viveri dal piatto a quella
fanciulla. Elena infatti era una gran mangiona, il suo peccato era
certamente la gola, e guai a chi si frapponeva tra lei ed il cibo.
La cosa che più mi dava sui nervi però, era la
sua linea
impeccabile. Poteva mangiare tutto quello che voleva, senza mettere sui
fianchi un filo di grasso, mentre io ogni sgarro lo vedevo magicamente
comparire su pancia, cosce e glutei!
Mi faceva un’invidia nera, l’avevo anche
soprannominata
“pozzo senza fondo”, come Jewelry Bonney, proprio
per la
sua voracità sconfinata.
Iniziai ad allarmarmi quando la vidi cambiare impugnatura della
forchetta, ingoiai il prezioso boccone, scampato alla
voracità
della D, ma non riuscii comunque a fermarla in tempo.
Uno stridore che mi fece tremare i denti e drizzare la peluria
riempì la sala, procurando la stessa reazione a tutti.
Persino
Law e l’imperturbabile Mihawk strabuzzarono gli occhi a quel
suono. Per non parlare delle sceneggiate dei Mugiwara a riguardo. Non
c’era niente da fare, lo stridio della porcellana e
dell’acciaio faceva accapponare la pelle anche agli uomini
più pericolosi dell’universo di ONE PIECE.
Addirittura
l’ammiraglio Aokiji, che stava mangiucchiando pigramente,
mezzo
sdraiato sul tavolo, si rizzò a sedere rigido ed
infastidito.
Era bastato quel suono orribile per riportare calma e silenzio nella
sala, e la causa l’avevo di fronte.
Elena aveva letteralmente infilzato un dito di Rufy al suo piatto.
Cappello di paglia era immobile, con le guance piene di cibo e gli
occhi carichi di lacrime, tentando di non gridare prima di aver
deglutito, cosa che gli riuscì, ma con parecchie
difficoltà.
«Ora, te lo dico una sola volta… Rimetti le tue
manacce
nel mio piatto, e giuro che ti uso come tappeto elastico nel mio
giardino. Chiaro?» sibilò Elena, mantenendo la
presa sulla
forchetta. Somigliava maledettamente a Nami nelle sue incazzature
peggiori, e non fui l’unica a fare questo paragone; il povero
Chopper infatti attivò il Guard Point, tremando, mentre
Usopp
inscenava una morte apparente, guarnita di Ketchup. La tensione si
allentò solamente quando il povero Rufy si mise ad annuire
disperatamente, implorando Elena di lasciargli la mano, ormai gonfia.
Il silenzio era rotto solamente dai soffi e dai lamenti del capitano
dei Mugiwara, che agitava la mano forellata a destra e a sinistra.
Erano rimasti tutti stupiti dalla reazione di Elena, nessuno si
aspettava tanta violenza nel proteggere il proprio pasto. Non la
conoscevano proprio! Una volta aveva letteralmente ringhiato a mio
padre, che aveva tentato di rubarle l’ultima mozzarellina dal
piatto. Era stata una scena epica, da morire dal ridere.
Infatti anche nell’immensa tavolata, dopo il momento di
silenzio,
un nuovo scroscio di risate invase l’ambiente. La piccola
renna
mise due cerotti sul dito dolorante di Rufy, che guardava di traverso
l’imbarazzatissima ragazza.
Tra tutte le risate, quella di Ace era la più bella.
Così
graffiante e profonda, da farmi perdere l’ennesimo battito.
«Guarda che hai poco da ridere! Vale lo stesso discorso anche
per
te e il tuo caro nonnino! Giù le manacce dal mio
piatto!»
dissi, guardando il moro ed indicando il vecchio Marines, che
continuò a ridere di gusto. Ormai lo spavento se
l’erano
preso, grazie ad Elena, tanto valeva approfittarne per riuscire a
mangiare qual cosina!
Ace mi sorrise, rubandomi un altro battito cardiaco e facendomi
sprofondare nuovamente nella pece del suo sguardo. Le iridi oscure
sembravano brillare, come la vernice fresca; poteva
l’oscurità brillare, pur non emettendo luce? A
quanto
pareva si. Ma non era solo il colore e la profondità di
quegli
occhi a rapirmi, persino le ciglia erano perfette, e come pizzo nero
incorniciavano lo sguardo, carezzando gentilmente le lentiggini, ogni
volta che sbatteva le palpebre.
«Scusa, è l’abitudine… Non mi
capita spesso
di mangiare con accanto una ragazza… Sono cresciuto con
questo
vecchio ingordo e con Rufy, poi sulla nave di Barbabianca di ragazze
non ce ne sono molte. Abbiamo ananas ed uccellacci, ma poche
fanciulle!» mi disse, mantenendo lo sguardo incatenato al mio
e
continuando a sorridere sornione.
Risi anche io alla battuta su Marco, che effettivamente era coerente
con tutte le cattiverie che riuscivano a partorire le Fan del manga.
Non c’erano scuse che reggessero a difesa di
quell’acconciatura, era proprio orrenda.
Persino il vecchio imperatore rise, battendo un colpo sulla schiena
della fenice, che ringhiando stava per massacrare il compagno.
«A quanto pare è un vizio di famiglia saccheggiare
i
piatti altrui, vero viceammiraglio Garp?» dissi, voltandomi
verso
il marines, in modo da nascondere ad Ace il rossore che mi aveva
nuovamente invaso le guance.
«Bwahahahaha! Già, è proprio un vizio
di
famiglia!» affermò ridendo e sferrando un pugno in
testa
al nipote di fuoco.
«E porta rispetto a tuo nonno! Non sono un vecchio
ingordo!» aggiunse, lasciando Ace dolorante sulla sedia.
Risi ancora di gusto, avevo appena assistito di persona ad uno dei
famigerati pugni amorevoli di Garp l’eroe! Iniziai a
preoccuparmi
solo quando piccole scintille fosforescenti iniziarono a librarsi
nell’aria.
«Ace non ti azzardare!» gridai, voltandomi di
scatto verso
il moro, che con le mani unite ed il busto girato verso di me, stava
per incendiare dio solo sa cosa con le sue lucciole di fuoco.
Stranamente, oltre ogni mio pronostico, mi ascoltò,
spegnendo quelle scintille.
«Non ti avrei colpito, volevo solo strinare il
Vecchio…» mi disse, con un tono triste di scuse.
Mi
rammaricai immediatamente di aver gridato, e prontamente mi scusai,
giustificando la mia, più che fondata, paura che
nell’azione di “strinare il vecchio”
rimanessi
abbrustolita pure io, anche se non per sua diretta volontà.
Pugno di fuoco annuii, assicurandomi che non avrebbe più
tentando di incendiare qualcosa con me nei paraggi. Stavo per
ringraziarlo per il pensiero gentile, quando crollò con la
faccia sulle mie ginocchia.
Stavolta non mi spaventai, non ipotizzai nessuna morte improvvisa,
sapevo che era caduto vittima di uno dei suoi attacchi di narcolessia,
ma la cosa mi sconvolse comunque.
«Ci risiamo, eh!» disse la fenice, scuotendo la
testa con disappunto.
Intanto Elena si stava scusando in diecimila modi diversi con Rufy per
la sua reazione, ingozzandolo di cosciotti, che alternava alle sue
scuse.
Il mio corpo si era pietrificato invece, incapace di muovere un solo
muscolo e sentendo solamente il caldo respiro di Ace sulle mie gambe.
Nessun suono giungeva alle mie orecchie, se non il leggero respiro del
ragazzo, al quale posai distrattamente una mano sul capo, passando le
dita tra quei magnifici capelli corvini, forse più scuri dei
miei. Ringraziai il cielo che quella sera il moro indossasse
una
camicia; se fosse stato a petto nudo, dubito che sarei riuscita a non
svenire a quel contatto tanto intimo.
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Finalmente eccomi qui! E
finalmente la nostra Selene ed Ace sono un po' insieme! ^_^
sono più che consapevole che il capitolo è
chilometrico,
ma non riuscivo a tagliare nulla, e non volevo dividerlo!
così
ho suddiviso la cena in due, e questa è la prima parte! xD
avevo
sottovalutato i miei cari commensali nella valutazione di fare solo un
capitolo xD Comunque, parliamo della censura!! posso basarmi solo su
One Piece per ora, quindi mi limito a dire che secondo me è
una
sciocchezza. in italia devono capire che gli anime non sono cartoni
animati per bambini, e vanno trasmessi in certi orari e senza censure,
per non stravolgere la storia! io sinceramente penso che per un bambino
vedere il sangue nero/viola sia più sconvolgente che non
vederlo
rosso! a me personalmente fa molto più schifo xD
comunque non ci resta che confidare che in futuro gli anime vengano
doppiati da Mtv xD
niente, colgo l'occasione per ringraziare tutti i nuovi
lettori,
tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite, tra le
preferite e tra le ricordate! in più ringrazio di cuore
tutti
quelli che mi lasciano recensioni, che mi invogliano a scrivere sempre
di più, ed ammetto che mi danno idee fantastiche a volte,
ispirando scenette comiche e non! ^_^ grazie davvero, sono veramente
contentissima che questa storia vi piaccia così tanto!
ed ora...
I vostri Anime/Manga preferiti quali sono?
Baci baci, al
prossimo capitolo!!! (che prometto non
tarderà ^_^)
Immagini
e personaggi non sono di mia proprietà e non sono a scopo di
lucro
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