Nuovo capitolo
Nuovo capitolo ^_^ Come
preannunciato, avrà un finale drammatico, anche se è talmente breve che non
riuscirete ad affezionarvi ai miei due protagonisti.
Ringrazio tantissimo
Fuuma per la recensione che mi ha lasciato. Grazie, grazie, grazie. Mi hai
fatto un piacere immenso. Spero apprezzerai anche questo e i prossimi capitoli.
Per il resto buona lettura a tutti.
II.
[Kemi; Ventuno Novembre 2006,
18.58]
Il tempo è sempre lo stesso in
ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna
di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento
proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un
unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era una gelida
sera di Novembre, avvolta nella neve e nella prospettiva di intangibilità delle
cose. Erano soltanto le sette, ma così a Nord, oltre la linea del circolo polare
artico, era notte già da molte ore.
Eija guardò distrattamente
l’orologio analogico del cruscotto che luccicava rosso nella densità del buio
quasi totale che respirava. Erano le sei e cinquantotto. Pensava che quella
coltre nera perenne lo infastidiva molto, lo metteva in agitazione ed impigriva
le sue giornate. Entro qualche settimana non ci sarebbe stato nemmeno più un
abbaglio del giorno lontano nei ricordi, la notte avrebbe inghiottito col suo
buio qualsiasi momento della vita quotidiana. Sarebbe andato a dormire col buio
e si sarebbe svegliato col buio. Avrebbe preso il treno al buio fino ad
Helsinki, avrebbe trascorso le poche ore di luce del Sud in università, e poi se
ne sarebbe tornato a casa per venire di nuovo assorbito dall’oscurità
dell’inverno.
Odiava la notte con tutto se
stesso. Non la notte, in generale. Ogni tanto credeva che la notte, in un'altra
parte del mondo, potesse anche essere bella, poetica, luccicante, affascinante
con le sue stelle, i suoi silenzi, le sue desolazioni interiori e la sua idea di
infinita eternità disegnata nel tessuto della volta celeste. Quelle erano
probabilmente notti serene. Erano le notti che uno vedeva se abitava a Parigi, o
a Roma, o a Stoccolma, o in qualsiasi posto immerso nella civiltà e più o meno
inclinato sulla superficie terrestre rispetto al piano dell’eclittica. Ma Kemi
era una pozza vuota. Era in cima al mondo eppure non vedeva niente. La sua
altezza latitudinale stordiva chiunque. Per questo odiava la notte artica –
perché in inverno conquistava tutto, stendendo un sottile velo di oblio sulle
cose del mondo, e d’estate trasmigrava a Sud, lasciandolo perpetuamente in balia
della luce accecante.
Päivi continuava a cambiare
canzone. Per quanto alzasse il volume del lettore cd non riusciva mai a tenersi
abbastanza sveglio. E poi anche lui cominciava ad essere insofferente ed
irrequieto per tutto quel nulla a cui andavano incontro. Non si ricordava cosa
ci facesse in macchina col suo migliore amico. Aveva bevuto? Sì. Vodka. Per
scaldasi. Perché quel Ventuno Novembre, alle sette di sera, a Kemi faceva già
così freddo, che uno doveva trovare dei rimedi alternativi per non dimenticarsi
di vivere e chiudersi tutto il giorno nel buio tenue della propria casa. Eija
non aveva bevuto vodka. Non aveva bevuto proprio nulla a casa di quel loro
amico, doveva guidare in mezzo ad una bufera di neve.
“Sai Eija, sono un po’ felice.”
“Perché?” Rispose Eija voltando
appena la testa nella sua direzione. “Nii, katu on jässää.”
Stavano uscendo dalla zona
d’ombra per rientrare finalmente nella città, che era almeno un po’ più sicura e
calda rispetto al vuoto desolato del deserto di ghiaccio. Il buio gli
trasmetteva sonnolenza e sentiva il volante scivolare assieme alle ruote sulla
lastra di ghiaccio in cui la strada si era trasformata.
“Domani prendiamo il nostro
treno e ce ne andiamo al sole disperato! È qualcosa di meraviglioso. Promettimi
che a Dicembre passiamo una settimana nell’Oceano Pacifico. Tutto questo freddo
mi ha scavato un solco dentro. Potrei morire assiderato.”
“Päivi, sei ubriaco!” Rise.
Päivi lo faceva sempre ridere nella maniera buffa in cui si ubriacava diventando
rubicondo in faccia ed ancora più gioviale.
“Oh, lo so che succede anche a
te. Ti svegli la mattina, scosti le tende dalla finestra ed è ancora così buio
che non puoi vedere nemmeno il tuo giardino morto. I lampioni sono distanti.
Guarda la neve come danza stranamente sul tuo parabrezza! Attento, Ei –!“
Eija non ricordava che in quel
punto della carreggiata ci fosse una curva. Qualcosa di accecante abbagliò la
sua vista per un secondo, prima di dileguarsi in una sfumatura da sogno. Fu un
istante panico, sospeso nel vuoto, come se entrambi si fossero trasformati in
quei fiocchi di neve danzante e si fossero cristallizzati in fantasie surreali,
cadendo nella stessa maniera caotica, imprevedibile, precipitosa. L’attimo era
atroce. Non ebbe nemmeno il tempo di trasformasi in consapevolezza. Un rumore di
sterzo riempì i loro cuori con la forza di mille campane. Ma la strada, Eija
l’aveva detto, era ghiacciata. Anche se non era lui ad essere ubriaco, intuiva
quella corsa frenetica con la stessa percezione distorta di Päivi. Uno schianto
fragoroso, due, tre, si abbatterono su di lui, trafiggendolo di orrore e di una
sofferenza così insopportabile da togliergli il fiato. Sentì la violenza di un
frammento di vetro gelido penetrargli il petto ed il cuore sospinto con forza al
centro della cassa toracica aggrovigliata, frantumata, distrutta. In un ultimo
abbaglio di lucidità capì che doveva trattenere il respiro, perché quando
l’avesse lasciato andare avrebbe cominciato ad essere ricoperto dalla neve che
continuava a cadere. Prima di scivolare nel sonno obliatico, vide il parabrezza
completamente ricoperto di sangue e gli occhi di Päivi sbarrati, bianchi, già
vuoti. Päivi era stato felice, un momento prima. Non poteva credere che la morte
sopraggiungesse così inaspettatamente, così improvvisamente per una persona
felice. Ora cosa restava?
Avrebbero giaciuto così,
giovani, muti, inermi, spezzati, coperti da un soffice strato candido di quiete,
sotto l’imperscrutabile notte artica che aveva odiato, in quell’ora qualsiasi di
un qualsiasi giorno di Novembre che con molta tristezza cancellava ogni loro
traccia di vita.
[Frammenti]
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Katu on jässää: la strada è ghiacciata
Sapete, ho una venerazione per il Finlandese, e mi
piacerebbe studiarlo seriamente... a parte queste cose senza senso, ringrazio
tutti quelli che leggono. Baci ^_^
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