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Autore: Love_in_idleness    12/12/2006    2 recensioni
C'è una sola cosa che accomuna tutti gli uomini in tutto il mondo - il Tempo. Probabilmente, in un angolo del pianeta, nello stesso istante, un’amicizia nasce ed un’altra si spezza; qualcuno porta il lutto, qualcuno ricomincia a vivere; qualcuno muore, qualcuno nasce; qualcuno si innamora, qualcuno si dimentica la passione; qualcuno vive incubi abissali, qualcuno contempla un paesaggio nell’assoluta solitudine. *AVVERTENZA* - la storia è formata da one-shot slegate tra loro. Solo il capitolo II è drammatico e il capitolo X shonen-ai.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nuovo capitolo

Nuovo capitolo ^_^ Come preannunciato, avrà un finale drammatico, anche se è talmente breve che non riuscirete ad affezionarvi ai miei due protagonisti.

Ringrazio tantissimo Fuuma per la recensione che mi ha lasciato. Grazie, grazie, grazie. Mi hai fatto un piacere immenso. Spero apprezzerai anche questo e i prossimi capitoli. Per il resto buona lettura a tutti.

 

II.

[Kemi; Ventuno Novembre 2006, 18.58]

 

Il tempo è sempre lo stesso in ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era una gelida sera di Novembre, avvolta nella neve e nella prospettiva di intangibilità delle cose. Erano soltanto le sette, ma così a Nord, oltre la linea del circolo polare artico, era notte già da molte ore.

Eija guardò distrattamente l’orologio analogico del cruscotto che luccicava rosso nella densità del buio quasi totale che respirava. Erano le sei e cinquantotto. Pensava che quella coltre nera perenne lo infastidiva molto, lo metteva in agitazione ed impigriva le sue giornate. Entro qualche settimana non ci sarebbe stato nemmeno più un abbaglio del giorno lontano nei ricordi, la notte avrebbe inghiottito col suo buio qualsiasi momento della vita quotidiana. Sarebbe andato a dormire col buio e si sarebbe svegliato col buio. Avrebbe preso il treno al buio fino ad Helsinki, avrebbe trascorso le poche ore di luce del Sud in università, e poi se ne sarebbe tornato a casa per venire di nuovo assorbito dall’oscurità dell’inverno.

Odiava la notte con tutto se stesso. Non la notte, in generale. Ogni tanto credeva che la notte, in un'altra parte del mondo, potesse anche essere bella, poetica, luccicante, affascinante con le sue stelle, i suoi silenzi, le sue desolazioni interiori e la sua idea di infinita eternità disegnata nel tessuto della volta celeste. Quelle erano probabilmente notti serene. Erano le notti che uno vedeva se abitava a Parigi, o a Roma, o a Stoccolma, o in qualsiasi posto immerso nella civiltà e più o meno inclinato sulla superficie terrestre rispetto al piano dell’eclittica. Ma Kemi era una pozza vuota. Era in cima al mondo eppure non vedeva niente. La sua altezza latitudinale stordiva chiunque. Per questo odiava la notte artica – perché in inverno conquistava tutto, stendendo un sottile velo di oblio sulle cose del mondo, e d’estate trasmigrava a Sud, lasciandolo perpetuamente in balia della luce accecante.

Päivi continuava a cambiare canzone. Per quanto alzasse il volume del lettore cd non riusciva mai a tenersi abbastanza sveglio. E poi anche lui cominciava ad essere insofferente ed irrequieto per tutto quel nulla a cui andavano incontro. Non si ricordava cosa ci facesse in macchina col suo migliore amico. Aveva bevuto? Sì. Vodka. Per scaldasi. Perché quel Ventuno Novembre, alle sette di sera, a Kemi faceva già così freddo, che uno doveva trovare dei rimedi alternativi per non dimenticarsi di vivere e chiudersi tutto il giorno nel buio tenue della propria casa. Eija non aveva bevuto vodka. Non aveva bevuto proprio nulla a casa di quel loro amico, doveva guidare in mezzo ad una bufera di neve.

“Sai Eija, sono un po’ felice.”

“Perché?” Rispose Eija voltando appena la testa nella sua direzione. “Nii, katu on jässää.”

Stavano uscendo dalla zona d’ombra per rientrare finalmente nella città, che era almeno un po’ più sicura e calda rispetto al vuoto desolato del deserto di ghiaccio. Il buio gli trasmetteva sonnolenza e sentiva il volante scivolare assieme alle ruote sulla lastra di ghiaccio in cui la strada si era trasformata.

“Domani prendiamo il nostro treno e ce ne andiamo al sole disperato! È qualcosa di meraviglioso. Promettimi che a Dicembre passiamo una settimana nell’Oceano Pacifico. Tutto questo freddo mi ha scavato un solco dentro. Potrei morire assiderato.”

“Päivi, sei ubriaco!” Rise. Päivi lo faceva sempre ridere nella maniera buffa in cui si ubriacava diventando rubicondo in faccia ed ancora più gioviale.

“Oh, lo so che succede anche a te. Ti svegli la mattina, scosti le tende dalla finestra ed è ancora così buio che non puoi vedere nemmeno il tuo giardino morto. I lampioni sono distanti. Guarda la neve come danza stranamente sul tuo parabrezza! Attento, Ei –!“

Eija non ricordava che in quel punto della carreggiata ci fosse una curva. Qualcosa di accecante abbagliò la sua vista per un secondo, prima di dileguarsi in una sfumatura da sogno. Fu un istante panico, sospeso nel vuoto, come se entrambi si fossero trasformati in quei fiocchi di neve danzante e si fossero cristallizzati in fantasie surreali, cadendo nella stessa maniera caotica, imprevedibile, precipitosa. L’attimo era atroce. Non ebbe nemmeno il tempo di trasformasi in consapevolezza. Un rumore di sterzo riempì i loro cuori con la forza di mille campane. Ma la strada, Eija l’aveva detto, era ghiacciata. Anche se non era lui ad essere ubriaco, intuiva quella corsa frenetica con la stessa percezione distorta di Päivi. Uno schianto fragoroso, due, tre, si abbatterono su di lui, trafiggendolo di orrore e di una sofferenza così insopportabile da togliergli il fiato. Sentì la violenza di un frammento di vetro gelido penetrargli il petto ed il cuore sospinto con forza al centro della cassa toracica aggrovigliata, frantumata, distrutta. In un ultimo abbaglio di lucidità capì che doveva trattenere il respiro, perché quando l’avesse lasciato andare avrebbe cominciato ad essere ricoperto dalla neve che continuava a cadere. Prima di scivolare nel sonno obliatico, vide il parabrezza completamente ricoperto di sangue e gli occhi di Päivi sbarrati, bianchi, già vuoti. Päivi era stato felice, un momento prima. Non poteva credere che la morte sopraggiungesse così inaspettatamente, così improvvisamente per una persona felice. Ora cosa restava?

Avrebbero giaciuto così, giovani, muti, inermi, spezzati, coperti da un soffice strato candido di quiete, sotto l’imperscrutabile notte artica che aveva odiato, in quell’ora qualsiasi di un qualsiasi giorno di Novembre che con molta tristezza cancellava ogni loro traccia di vita.

 

 

[Frammenti]

___

 

Katu on jässää: la strada è ghiacciata

 

Sapete, ho una venerazione per il Finlandese, e mi piacerebbe studiarlo seriamente... a parte queste cose senza senso, ringrazio tutti quelli che leggono. Baci ^_^

   
 
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