Scoperte.
La luce della piccola casetta di Londra usciva
a fiotti dalla
finestra e per la mano a Sirius mi fermai sulla soglia. L'uomo mi
guardò come se mi conoscesse da sempre, probabilmente aveva
incontrato mio padre. Con una leggera torsione delle labbra mi fece
segno che era lì, per riportarmi alla Tana, o ovunque io
volessi
una volta saputo tutto.
Entrammo in casa con le mie chiavi e mamma era seduta al tavolo della
cucina guardando delle foto. Si girò appena e quando vide
Sirius
si rabbuiò.
“Sirius Black, devo pensare che questa non sia una visita di
piacere, giusto?”, domandò sarcastica con un tono
di voce
che somigliava vagamente al mio. Sirius non parlò, si
limitò a lasciarmi la mano e a sorridermi. “Sono
qui fuori
se hai bisogno.”
Mi avvicinai a mia madre che si sporse per abbracciarmi. La fermai con
la mano tesa. “Voglio la verità su
papà.
Adesso.”
Gli occhi verdi di Margreth diventarono improvvisamente scuri e torvi,
pieni di tristezza e lacrime. Doveva essere dura per lei parlare di
papà dopo tanto tempo, passato per la maggior parte a
mentire.
Mi sedetti al tavolo tenendole comunque la mano, era sempre mia madre e
non me la sentivo di trattarla come uno zerbino.
“Tuo padre ed io siamo maghi.”, iniziò
lei. La prima
notizia mi lasciò esterreffatta, mamma aveva sempre detto di
essere Babbana ma adesso capivo come sapesse delle bellezze di
Hogwarts, come conoscesse molti dei genitori dei miei amici: erano
stati a scuola insieme.
“Facevamo parte dell'Ordine della Fenice, un esercito di
maghi
che combatteva il Signore Oscuro. Tuo padre, Dimitri Jackson, era la
persona più bella che avessi mai conosciuto. Mi innamorai di
lui
profondamente. Anni dopo il nostro diploma ad Hogwarts, quando
iniziammo a prendere parte attivamente alle missioni dell'Ordine, ci
sposammo e rimasi incinta di te. Dimitri era contento, era al settimo
cielo perché con la sua famiglia non era mai andato
d'accordo e
voleva crearne una in cui tutti avrebbero potuto sentirsi felici e a
casa. Nascesti, bella come il sole, i suoi occhi smeraldini e i capelli
lunghi e neri, eri la sua gioia.”
Mi passò una fotografia in cui c'eravamo noi due, Dimitri ed
io.
Ero ancora una neonata e stavo comodamente adagiata sulle sue braccia,
addormentata. I suoi occhi erano ridenti, era bello come lo ricordavo.
“Ma quella gioia non durò a lungo. Fu quando tu
avevi nove
anni che gli fu affidata una missione suicida.”, disse con
gli
occhi carichi di lacrime. Vedevo mia madre, la donna forte e giovane
che ogni anno mi accompagnava alla stazione, mi lasciava partire e poi
viveva sola per i mesi in cui ero a scuola, diventare debole, diventare
una donna sola quasi quanto mi sentivo io il più delle
volte.
“L'Ordine scelse lui per infiltrarsi tra i Mangiamorte, i
seguaci
di Colui-che-non-deve-essere-nominato, per spiare le mosse del loro
capo, per riferire tutto e per rischiare la vita, ogni giorno. Tu
crescevi a vista d'occhio e lui voleva solo proteggerci, a costo della
vita. Quando mi disse la missione che doveva compiere mi
scongiurò di trasferirci in un altro quartiere, dove nessuno
ci
aveva mai viste e dove sarei stata poco raggiungibile, cambiare nome se
fosse bastato, cambiare continente. Piena di egoismo e di tristezza
cambiai solo casa e ruppi la bacchetta, in modo che nessuno avrebbe mai
sospettato che fossi una strega.”
Un'altra foto che ritraeva lei e papà con la divisa di
Hogwarts, lei era una Corvonero, proprio come me.
“Dimitri mi sconsigliò di lasciarci senza
protezione e
sulla nostra nuova casa fece moltissimi incantesimi, per evitare che ci
trovassero se fosse successo qualcosa. L'idea non fu malvagia e
continuammo la nostra vita silenziosi, nell'ombra. Dimitri comunicava
con l'Ordine poche volte all'anno, riferendo i piani dei Magiamorte,
dopo la caduta del Signore Oscuro, ma... Dopo averti salutata sul treno
per Hogwarts, dopo che ci
lasciasti per andare alla tua scuola, tutto degenerò.
Papà fu scoperto e catturato dai Mangiamorte mentre stava
tornando da lavoro e io dovetti nascondermi nella base dell'Ordine fino
a nuovo avviso. Qualche tempo dopo, mentre tu passavi il Natale a
scuola con i tuoi amici, un gufo mi portò l'unica cosa che
mi
facesse capire cosa era successo. Un grosso medaglione con le nostre
foto racchiuse al suo interno. Era il segno che Dimitri non c'era
più e che eravamo sole.”, concluse scoppiando a
piangere.
Le notizie mi colpirono come un lampo, un fulmine a ciel sereno.
Sentivo il cuore spezzarsi e poi risanarsi, combattuta dal pensiero che
papà fosse un eroe ma che mi aveva sempre tenuto all'oscuro
della situazione. Avrei potuto aiutarli? Avrei potuto essere una figlia
migliore? A dieci anni non si capiscono certe cose, certe situazioni.
Mi sentivo ancora più sola e pregavo che dalla porta
entrasse
Fred e mi dicesse che era tutto uno scherzo, che era colpa sua con
quella sua faccia da cucciolo. Ma non successe.
“Perché siamo ancora in questa casa? Potrebbero
scoprirci!”, dissi tornando in me. Se papà era
stato
ucciso dai Mangiamorte, probabilmente cercavano anche mamma.
“Ho fatto l'Incanto Fidelius prima di rompere la bacchetta,
come i genitori di Harry, ma
stavolta mi sono fidata dell'uomo giusto. Arthur è il
Custode
Segreto.”
Capii perché mamma e Molly erano così legate,
l'amicizia
doveva essere nata quando Arthur era diventato il Custode Segreto e
adesso si era solidificata, con il tempo, per poter permettere a me di
vivere una vita tranquilla, lontana dai pericoli.
Mi alzai dalla sedia che era stata il mio piccolo angolo per la
mezz'ora precedente, mi avvicinai a mia madre a la strinsi a me, con
trasporto.
Quella sera non dormii affatto, passavo i minuti con lo sguardo rivolto
al soffitto a pensare a mio padre, poi una piccola nota che prima non
era chiara, un pezzo del mio puzzle interiore andò al suo
posto.
Dragan durante il Ballo del Ceppo non aveva sospettato che fossi una
Mezzosangue e probabilmente aveva chiesto in giro ma... Effettivamente
NON ero una Mezzosangue, lo sapevano tutti tranne me. Pensai a quanto
fossero stupide le etichette, anche se ero una Purosangue, adesso,
avrei continuato a comportarmi come sempre, sarei stata lo stesso al
fianco di Fred e George, di Ron, di Ginny e della mia piccola Hermione
che ogni giorno mi mandava un gufo. Era bello leggere lunghe lettere
ben scritte con la sua perfetta grafia, l'inchiostro mai sbavato, come
succedeva a metà di ogni frase nelle lettere dei gemelli.
Non arrivò mai un lettera di Fred solo, era sempre condivisa
con
George, e questo significava che il fratello si faceva sempre gli
affari suoi costringendolo a tenersi dentro quei piccoli momenti di
dolcezza che voleva esternare. Rimasi un po' delusa. Mi vergognavo a
scrivere che mi mancava quando anche George leggeva.
Un mese e mezzo dopo, quando nemmeno più un gufo arrivava,
mi
sentii sola più che mai. Avevo scoperto che mio padre era un
eroe morto per l'Ordine, per i nostri futuri, e non avevo nessuno a
confortarmi e a dirmi che tutto sarebbe andato bene, che non dovevo
vivere con la paranoia che mia madre fosse costantemente in pericolo e
senza una bacchetta.
Ero furibonda.
Quando arrivò il giorno di fare i bagagli e di andare alla
stazione mi sentii in dovere di abbracciare mia madre e di stringerla
più che potei. Poteva essere l'ultima volta che la vedevo,
anche
se non volevo pensare a quell'evenienza malevola. Con un balzo entrammo
nella colonna che conduceva alla banchina dell'Express. Mi guardai
attorno, non c'erano teste rosse, non c'era Harry, non c'era Hermione.
Caricammo il baule sul treno e anche Caligola si
tranquillizzò
nella sua gabbietta. Mamma mi sorrise e mi strinse a sé.
“Savannah!”, esclamò una voce familiare.
Quanto
avevo sognato di sentire il mio nome uscire da quelle labbra. Lo vidi
lontano, al fianco dei suoi genitori e di George. Sembrava cresciuto in
quel mese di distanza che mi era sembrato un eternità. I
capelli
rossi non erano più lunghi fino alle spalle ma corti,
probabilmente tagliati a causa del caldo estivo. Non feci in tempo a
staccarmi dall'abbraccio di mia madre che mi raggiunse di corsa
alzandomi da terra. Lo strinsi quanto più forte potei, era
bello
sentire di nuovo il suo profumo invadermi la pelle, il suo respiro
accarezzarmi le guance e le sue labbra giocare con le mie. Mi prese il
viso con vigore e mi premette le labbra forte sulle mie. Gli ero
mancata tanto quanto era mancato lui a me. Tuffai le mani nei suoi
capelli corti e rossi tirandoli un pochino.
“Se vuoi pelarmi, questo è il modo
giusto.”, sussurrò ancora premuto sulle mie
labbra.
“Te lo meriteresti per non avermi scritto in questo mese e
mezzo.”, lo rimproverai con gli occhi puntati nei suoi.
Mia madre era ancora al nostro fianco e stava guardando la scena
divertita. Ero certa che avrebbe approvato, era il figlio di Arthur,
alla fine.
“Io l'avevo detto che era il tuo fidanzatino.”,
esclamò con le braccia conserte al petto.
“Bhé
Arthur, sono certa che tuo figlio sarà un ottimo
marito.”
Mi accorsi troppo tardi che l'intera famiglia Weasley si era avvicinata
e stava ammirando la scena. Ginny aveva gli occhi diabolici, non mi
avrebbe dato tregua per tutto l'anno scolastico e pensai realmente
all'eventualità di chiudermi nella Torre di Corvonero fino
alla
fine degli studi. George parlottava con Ron e non sembravano avere
buone intenzioni.
“Cosa c'è? Adesso non si può nemmeno
essere normali?”, domandò Fred con un po' di
stizza.
“Bro, tu non sei mai stato normale! Ah, George questa non la
dimenticheremo facilmente.”, disse Ron dando di gomito al
fratello maggiore.
“Oh Savannah, Savannah, perché sei tu
Savannah?”,
esclamò il maggiore sorridendo e cominciando a recitare
nella
parte di Romeo.
“Piantatela razza di cretini.”, mi stizzii. Sorrisi
a mamma
e l'abbracciai per l'ultima volta prima di salire sul treno con la mano
di Fred a completare la mia.
Il viaggio in treno fu lungo quanto bastava per rendere partecipi i
miei amici delle scoperte che avevo fatto quell'estate. Hermione
passava ogni tanto dalla nostra cabina e mi rivolgeva sorrisi
piacevoli, prima di tornare da Ron ed Harry. Avevo una gran voglia di
andare nel vagone della mia amica e chiedere ad Harry di spedire a
Sirius una lettera di ringraziamento, per avermi fatto scoprire chi era
davvero mio padre.
George dopo qualche minuto sentì il bisogno di alzarsi e
muoversi per promuovere le loro nuove Merendine Marinare agli studenti
del primo anno. Si affacciò dalla porta dello scompartimento
poco dopo essersene andato. “Fred, non è che abbia
una
gran voglia di diventare zio.”, insinuò prima che
gli
puntassi la bacchetta addosso.
“Cosa ho detto?”
“Invece che diventare zio ti faccio diventare un barbagianni,
così farai il lavoro al posto di Errol!”, gridai
adirata
con la stretta di Fred che mi teneva calma.
George rise divertito. “Ah, Sav, sono certo che Dragan
apprezzerà la notizia.”
“Scappa. Scappa, George.”
Prima che potessi davvero correre e schiantarlo Fred mi tirò
a sé con le braccia e mi strinse.
“Lo sai che ha sempre voglia di scherzare.”,
sussurrò tranquillizzandomi con la sua voce.
“Ma perché non dici niente quando lo fa?”
“Perché se lui avesse la ragazza, farei lo stesso.
E poi
me la sta facendo pagare per averlo "disturbato" durante il Ballo del
Ceppo, proprio quando stava per baciare la sua dama.”, si
confidò. In quel momento sentii che per un verso o per
l'altro
erano sempre i miei due gemelli, uno mi baciava ma l'altro mi
rallegrava con i suoi scherzi. Decisi che non avrei più
attentato alla vita di George e che semplicemente gli avrei regalato
una sciarpa per farmi perdonare. Adorava le sciarpe.
“Torniamo a noi, dove eravamo rimasti?”, mi chiese
avvicinando il viso al mio proprio mentre il treno si fermava
bruscamente.
“Che schifo, George, fai qualcosa.”,
esclamò Ron entrando e afferrando la sua borsa lasciata sul
sedile.
“Non ci penso nemmeno, quella voleva trasformarmi in un
barbagianni!”, disse lui nascondendosi dietro al fratello
più alto.
“E presto lo farà anche con Ronnino
piccino.”,
sussurrò Fred impercettibilmente al mio orecchio facendomi
rabbrividire.
Passate le carrozze e il rientro ad Hogwarts aspettavamo in silenzio,
ognuno al proprio tavolo che Silente ci congedasse, quando una donna
minuta e con una voce di bambina parlò al posto suo. Il
vestito
rosa confetto le si adagiava sulle forme generose del corpo e si
chiudeva sul petto con dei minuscoli bottoncini di un rosa
più
intenso. Era tremendamente irritante e non ascoltai nemmeno mezza
parola che pronunciò. Pensai a quanto fosse difficile per
mia
madre stare sola a casa sapendomi lontana, fuori dalla sua protezione,
anche se era il contrario dato che non possedeva più una
bacchetta. Sospirai fin e puntai gli occhi sulle cornici alle spalle di
Dolores Umbridge, la donna in rosa, finché non smise di
blaterare cose sul Ministero e sui G.U.F.O. imminenti per noi del
quinto anno.
Oltre le teste dei miei compagni Corvonero vidi Fred di sfuggita. Stava
parlando con una bellissima ragazza dai capelli lunghi e scuri, da dove
mi trovavo si potevano notare i lineamenti delle guance e gli occhi
chiari, glaciali quasi. Doveva essere dell'anno dei gemelli dato che
molte volte li avevo visti passeggiare insieme o stare semplicemente a
chiacchierare nel parco di Hogwarts.
“Qualcuno ha il fumo che le esce dalle orecchie.”,
sussurrò Lisa al mio fianco sorridendo. Si sporse un pochino
per
osservare ciò che stavo guardando io. “Ooooh, la
piccola
Riddle. Savannah è gelosa.”, esclamò
ridacchiando.
Dopo quell'uscita avrei potuto schiantarla sul momento ma mi dissuase
la vista della mano della Riddle che si posava sul braccio del rosso.
Desiderai che sparisse all'istante. Era bella e avrebbe potuto
portarmelo via in ogni momento. Non avevo mai provato gelosia, per
nessuno. Quando ero piccola tenevo i giochi sempre per me e mi irritavo
se qualche bimbo li toccava, ma non poteva essere di certo vista come
gelosia, no?
Lisa mi diede una leggera gomitata, forse preoccupata del fatto che mi
avesse ferita con le sue parole. Gli occhi della mia amica, castani
profondi con venature color miele, mi guardarono dolcemente e mi
abbracciarono. Sentii il suo calore anche se non mi stava veramente
toccando. Decisi che era l'ora di andare a dormire.
“Me ne vado a dormire.”, dissi alzandomi dal tavolo
sotto lo sguardo delle mie compagne.
Con la faccia imbronciata cominciai a camminare verso il portone della
Sala Grande, a passi lunghi e ben distesi. Ascoltai solo il frastuono
che c'era nella mia testa, convinta che il mattino seguente sarebbe
stato fonte di un gran dolore alle tempie. I corridoi erano stranamente
silenziosi perché i ragazzi del primo anno erano ancora in
Sala
Grande per il banchetto e gli altri, probabilmente, stavano tutti
assieme a chiacchierare, a raccontarsi delle bellissime estati passate
con i familiari. Io? Io ero lontana anni luce da quel mondo. Fred
dov'era? Magari stava raccontando alla Riddle della sua bella estate
nel quartier generale dell'Ordine e aveva sicuramente tralasciato cosa
era successo tra di noi. Ne ero certa.
Prima che imboccassi il corridoio che portava alla Torre di Corvonero
vidi qualcosa di insolito: una merendina che svolazzava su e
giù, da un lato all'altro della parete. Mi avvicinai e mi
accorsi immediatamente che non era una semplice "merendina", ma una
Merendina Marinara, più specificatamente un Pasticcetto
Svenevole. Sapevo che era la firma di qualcuno.
“Esci, so che sei qui in giro. C'è la tua firma su
quel dolce.”, dissi con un tono irritato.
Saltò fuori dal retro di una colonna con la sua tunica nera
con
lo stemma di Grifondoro sul petto. Sorrise malandrino e si
avvicinò con la bacchetta ancora alzata.
“Dovevo fermare la tua avanzata da carrarmato in qualche
maniera.”, disse con la voce tenue. Aveva imparato a parlare
con
me come si parla con un gatto, piano e dolcemente, per permettergli di
fare le fusa. Continuò ad avvicinarsi anche quando era a
pochi
metri da me. Mi scansai un po'.
“Che ti prende? Sei più suscettibile di un
Ippogrifo.”
“Niente di che, sono stanca.”, mentii
spudoratamente.
“Oh no, non usare queste scuse con me. Tutte le volte che
Ginny
rompe le scatole e si offende per qualcosa usa testuali parole "Fred,
non rompere, sono stanca.". Perciò, che ti prende?”
“Non ho niente! Te lo giuro!”, esclamai roteando
gli occhi.
Fred fece uno sguardo che solo lui poteva fare, scrutatore con un
sopracciglio alzato.
“Quindi se adesso mi avvicino e ti do la buonanotte come si
deve,
non ti scanserai per qualche strano motivo da femmina?”,
domandò accigliato. Scossi la testa. Sapeva farmi tornare il
buon umore con qualche parola, nemmeno con delle battute o degli
scherzi, ma parlandomi come fossi ancora solo una sua amica. Si
avvicinò velocemente, poggiandomi una mano dietro la nuca e
stringendomi. Un leggero bacio della buonanotte e tutto si
calmò, i miei tormenti interiori, i miei pensieri strani e
il
mio piede di guerra tornarono al loro posto.
“Ah, Sav.”, esclamò mentre si dirigeva
verso la sua
torre. “Smetti di cruciare con gli occhi Crystal Riddle solo
perché mi
sta vicino. Non è una minaccia.”
Avvampai nell'istante in cui pronunciò quelle parole,
lasciandomi a bocca aperta mentre se ne andava ridendo.
Corsero i mesi, corse il tempo, corsero i giorni e le ore di lezione
sempre più veloci. Niente che potesse essere degno di nota
accadde, tranne che Harry era stato in punizione dalla Umbridge
più tempo del previsto. Quella donna era Satana in persona e
spesso sentivo Fred e George chiamarla così. Quel pomeriggio
di
fine Ottobre mi misi il mantello pesante, pronta per andare ad
Hogsmeade accompagnata da Lisa. Avrei incontrato i gemelli davanti a
Mielandia, ma mi aspettavo che fossero in ritardo, come al solito.
Con il cappello di lana bianca calato sui capelli mi sentivo al caldo,
sfidavo il freddo invernale che ormai era alle porte. Lisa, dopo
qualche minuto, entrò dentro il negozio di dolciumi
perché non riusciva a resistere all'odore delle mele
caramellate
o alle altre leccornie. Sospirai aspettando in silenzio e scaldandomi
con le braccia.
In fondo alla strada comparve un gruppetto di persone sorridenti e
capii che in mezzo a loro c'era il diretto interessato dei miei
pensieri omicidi. Oltre ad avermi fatto aspettare venti minuti al
freddo pungente, si era anche preso la briga di farsi la scorta di
amichetti. Avrei urlato quel giorno, me lo sentivo.
Mi resi conto, ben presto, che non c'era tanto da preoccuparsi. Il
corteo di amici erano in realtà George e la bella Crystal
Riddle, ma la cosa che mi lasciò allibita fu il
comportamento
della ragazza. Non era attaccata a lui, non ci provava come mi ero
immaginata in quelle settimane, ma anzi, stava ben lontana e per la
mano ad uno splendido ragazzo coperto da un mantello nero. Si
avvicinarono un po' e inquadrai il tipo: Oliver Baston. Aveva finito
gli studi l'anno prima, ex Portiere dei Grifondoro, simpatico e alla
mano ma sempre concentrato sul Quiddich. Si tenevano stretti e un
sorriso mi si delineò sulle labbra, mi diedi della cretina
molte
volte quel giorno.
Fred mi vide, rilassata e sorridente per la prima volta da quella
giornata in mezzo alle spighe, e si avvicinò, congedandosi
dal
gruppo. Notai lo sguardo di Crystal quando il rosso mi
stampò un
breve bacio sulla fronte.
“Tutto qui?”, domandai irritata. Non mi bastavano
più i piccoli gesti. Fred ghignò, ormai
consapevole che
stavo diventando come lui, dipendente.
“Solo perché sei tu.”. Con il sorriso
posò le
sue labbra sulle mie e mi aggrappai letteralmente al suo collo.
“Che visione orrenda.”, esclamò George.
“Prendetevi una camera.”
“Tutta invidia, moscerino.”, sorrisi beffarda.
George
rimase allibito, poche volte in vita mia l'avevo appellato con dei nomi
a dir poco osceni, e meno che mai con quel tono beffardo.
“Tu! Cos'hai fatto alla vera Savannah? Chi è
questa?”, domandò puntando il dito verso suo
fratello. Si
ritrasse leggermente come se fosse sul punto di scappare. Fred lo prese
per un braccio e confabulò qualcosa, sicuramente uno scherzo
da
fare, oggetti da vendere o il prezzo a cui farli, così feci
l'errore di non preoccuparmi.
“Savannah! Spostati!”, esclamò una voce
alle mie
spalle. Riconobbi Crystal Riddle riparata dietro il muro di Mielandia.
Feci in tempo ad avanzare di qualche passo che due Caccabombe si
schiantarono nel posto in cui mi trovavo in precedenza. L'odore acre e
il coloraccio tinsero la neve.
Con gli occhi notai i due colpevoli che stavano cercando una via di
fuga.
“Wingardium Leviosa!”. Non fu solo la mia voce a
pronunciare l'incantesimo, ma anche quella della ragazza che mi aveva
"salvato" dal danno più puzzolente della storia. Crystal,
con i
suoi occhi estremamente azzurri, impugnava la sua bacchetta e l'agitava
per far levitare George. Costrinsi Fred a restare qualche secondo al
contrario, le gambe rivolte verso il cielo e la testa vicino alla mia.
“Che dici, Crystal, quanto li lasciamo appesi
così?”, domandai alla mia compagna che ormai si
trovava
nettamente dalla mia parte e non era una rilevante minaccia. Oliver
guardava i gemelli in aria con la bocca piegata in una smorfia.
Probabilmente aveva capito che non era il caso di far arrabbiare una
donna armata di bacchetta. La ragazza mora sorrise e capii che alla
fine non eravamo tanto diverse. Aveva un ragazzo bello, come il mio,
due occhi che sfondavano il buio, come i gatti e forse molto
più
belli dei miei, e lunghi capelli neri, come i miei, era forte ed
intraprendente a primo impatto e simpatica. Pur non conoscendomi mi
aveva aiutata.
“Io dico che qualche minuto al contrario possa
bastare.”
“Savannah, ti prego, fallo per me, per te, giuro che ti offro
da bere.”, pregò Fred con le mani giunte.
“Già, vi offre da bere a tutte e due!”,
ribattè George roteando su se stesso. Mi facevano un po'
pena in
quelle condizioni, così tanto che con un cenno delle
sopracciglia avvertii Crystal di seguire la mia pantomima.
“Quindi vorreste scendere?”
“Sicuramente!”
“Oh bhé.”, esclamò Crystal
lasciando cadere
la bacchetta sotto al mantello. George fu il primo a cadere a terra,
seguito a ruota dal fratello.
“Avevamo chiesto di scendere, non di precipitare!”,
disse
Fred massaggiandosi la schiena, proprio nel punto in cui aveva toccato
terra.
“Non avevi specificato.”, sussurrai compiaciuta
della punizione inflittagli per lo scherzo.
“Siete infime, cattive, avete il demonio dentro. Oliver!
Scappa
finché sei in tempo!”, disse George spolverandosi
i
vestiti dalla neve. Fred rise e controllò la situazione.
“Guardale, prima Savannah la odiava e adesso fanno amicizia,
che
creature strane, le donne.”. Oliver, rimasto in silenzio per
la
maggior parte della scena, si aprì in un sorriso
abbracciando
Crystal.
“Qualcuno ha imparato a non sfidare le nemiche-amiche, a
quanto
sembra.”, disse Oliver. Il sorriso si tramutò in
risata
quando notò che i gemelli erano imbrattati di cacca,
precisamente quella che era uscita dalle Caccabombe di poco prima.
“Vi si è rivoltato contro!”, rise il
ragazzo
indicando i pantaloni dei due. Fred riservò al fratello
un'occhiata ammonitrice ed esclamò: “Io te l'avevo
detto
che era una cattiva idea, idiota!”
“Ma l'hai avuta tu, che c'entro io!”,
ribattè George alzandosi e puntando il dito magro contro il
gemello.
“Se tu non mi avessi convinto a farle uno scherzo, non
saremmo pieni di cacca!”
“E se tu non avessi avuto la brillante idea della Pozione
Invecchiante, la barba mi sarebbe già cresciuta da un
po'!”
“Cosa c'entra adesso la Pozione Invecchiante?”,
chiese Fred interpretando gli sguardi interrogativi di tutti.
“C'entrano sempre gli sbagli dell'altro nelle
litigate.”, si difese il gemello incrociando le braccia al
petto.
“Ooooookay ragazzi, adesso basta o dirò ad
Angelina che
quest'anno non dovreste stare in squadra.”,
osservò Oliver
sorridendo. Crystal rideva al mio fianco. La sua risata era dolce e mi
contagiò quando Oliver tentò di mettere pace al
litigio
dei due gemelli intromettendosi e aprendo le braccia in mezzo a loro
per tenerli distanti. Quando Fred e George litigavano, cosa non troppo
rara, finiva sempre con qualche bernoccolo o in infermeria da Madama
Cips. Con un piccolo incantesimo i pantaloni dei due tornarono puliti e
si placarono gli animi diabolici che avevano preso a litigare. Con il
sorriso sulle labbra mi rivolsi ai due.
“Non dovevate andare da Zonko?”
Fred si illuminò e scoccò un'occhiata al
fratello. George
drizzò la testa come un cane quando sente il fischio del
padrone. “Se arrivi prima di me all'Emporio, giuro che non ti
prendo più in giro quando ti sbaciucchi con la tua
fidanzata.”, esclamò George con la bacchetta
sempre in
mano. Fred sorrise e cominciò a correre.
“Mangia la neve, fratello.”
Guardai Crystal con una faccia che probabilmente somigliava a quella di
mia madre, o di Molly. “Sono ancora dei bambini.”
Lei
sorrise e si unì a me nella passeggiata verso l'Emporio,
chiudendo la mano in quella del suo fidanzato.
Angolo autrice:
Si svela il mistero del padre di Sav e finalmente la ragazza
è al corrente di quanto eroe sia il suo babbino <3
I fratelli di Fred lo prendono in giro, per la prima volta è
lui che viene deriso!
Ho poco da dire su questo capitolo, soprattutto perché sono
momentaneamente scossa per il terremoto, ho una paura folle e spero che
tutte voi, ragazze dell'Emilia che leggete, stiate bene. Fatemi sapere
se avete due minuti e spero vi sia piaciuto.
Il personaggio di Crystal Riddle è di Santa Vio da
Petralcina che ha gentilmente acconsentito a farmela usare come
complottatrice contro i gemelli.
Crystal è la protagonista della fict: Tinto di Rosso che
potete trovare qui sotto.
Un bacio. Taiga.
Tinto
di Rosso.
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