Mamma
mi ricordava sempre che il mio naso, assolutamente inutile nel riconoscere o meno
un cibo scaduto, era invece perfetto per scovare le bugie.
Lo
diceva arrossendo appena, per quando l’anno prima aveva tentato di coprire
delle rose arrivate per posta da un corteggiatore.
Lo
ricordava con il volto pallido, con in segno duro delle mie parole quando aveva
provato a giustificare la fuga di mio padre.
Le
bugie hanno un odore dolciastro di zucchero sciolto per il mio naso.
Qualcosa
che non posso non notare e che scovo con una facilità quasi allarmante.
Immagino
sia normale per una bugiarda patologica come me.
L’aria
in casa mia, in quei giorni, aveva esattamente quell’odore.
Impregnava
le stanze, copriva l’odore dei pasti, si infilava nel letto.
Probabilmente
perché ne ero pregna, fino all’ultima cellula del mio corpo.
“Lori?”
Mi voltai
sorridendo.
Con
Vale era sempre così, mi veniva da ridere anche prima di voltarmi.
E non
solo perché ero sicura di vederle addosso il suo pigiama preferito, quello con
le paperelle gialle.
“dio,
ho una fame allucinante, perché non prepari da mangiare?”.
Arricciò
il labbro inferiore a cucchiaino, nella speranza di intenerirmi
Sarebbe
bastato ancora meno.
“certo,
dammi un attimo”, mi tirai su dall’anglo di pavimento dove avevo buttato il
contenuto di un paio di cassetti.
Nella
speranza di creare un ordine approssimativo nel caos perfetto delle mie
giornate.
Vale
abitava a casa mia da meno di 24 ore e già ero nel panico di quando sarebbe
andata via, piuttosto di preoccuparmi di come avrei fatto a tenere in piedi la
situazione.
Aveva
dormito con me nel letto grande, chiusa a riccio tranne per la mano destra,
stretta alla maglietta del mio pigiama.
Ma
senza sfiorarmi.
A me
andava bene così.
Non
avevo neanche fatto il mio solito incubo.
“il
pranzo”, mi ricordò a voce bassa, per rispetto ai miei pensieri.
Le
passai accanto trascinandola per un polso, tirandola in spalla come una bambola
di pezza per percorrere a cavalluccio i pochi metri del corridoio fino alla
cucina.
Con
lei che rideva contro la mia schiena mentre toccava di sfuggita uno scaccia
pensieri appeso alla porta per il gusto di sentirne il suono.
Piccoli
pezzi di vetro contro conchiglie colorate.
Il
rumore cattivo del campanello cambiò di poco i nostri giochi, mentre, sempre
avvinghiata alle mie spalle mi avvicinavo di corsa alla porta, aprendola di
scatto.
Il
sorriso teso di Martina scomparve immediatamente sulla soglia.
…
Sistemai
la pentola piena d’acqua sul fuoco mentre Martina e Vale accomodate sugli
sgabelli dietro la penisola aspettavano il pranzo.
“mi
dispiace per ieri Martina …”, le labbra di Vale incespicarono su una scusa, “è
stata una giornata strana e non ci siamo nemmeno presentate”.
Martina
continuò ad osservarla in silenzio.
“ti
immaginavo un po’ diversa ...” improvvisò Vale imbarazzata.
“tipo
come?”, Martina giocava con il coltello lasciandolo sbattere contro il piatto,
in un gesto nervoso che non le riconoscevo.
“un
po’ più alta” arrischiò Vale, pentendosi immediatamente nel sospiro rassegnato.
“Lori
ha l’abitudine di circondarsi di persona basse”, le ricordò indicandola col
mento, “perché io sarei dovuta uscire dagli schemi?”
La
loro altezza semplice che contrastava con le mie misure alterate.
“non
saprei … non ci ha mai presentate, supponevo ci fosse qualcosa di speciale in
te per farmi attendere tanto prima di conoscerti”.
Urtai
la padella con forza contro la piastra del fornello senza girarmi.
Un
avvertimento di che Martina riconobbe senza incertezze.
“credo
sia stata semplice dimenticanza”.
Lasciai
il sugo amalgamarsi al soffritto e al tonno sfumato con il vino bianco mentre
tagliavo le olive nere in pezzi grossolani.
I
gesti concentrati delle ragazze dietro di me producevano un rumore troppo lieve
per essere reale, mentre, ostinatamente, prestavo tutta la mia attenzione ai
fornelli.
Una
mano troppo piccola si poggiò sul mio braccio.
I
capelli di Martina scivolarono su di me con docilità, tentando di frenarmi.
“Vale
… per favore getta la pasta in acqua tra due minuti esatti, devo fare vedere
una cosa a Martina in camera mia ok?”
…
“perché
non mi hai detto di lei?”
Lo
sguardo di Martina era molto più quanto riuscissi a sopportare, fissai lo
spigolo appuntito della porta accostata cercando di trovarlo interessante.
“prima
o poi sarebbe successo” mormorai a labbra strette.
“certo!
Come i terremoti le inondazioni e il pagamento delle tasse”
Osservai
il suo ciuffo sollevarsi in uno sbuffo spazientito ed ironico.
“c’è
poco da fare la spiritosa”, commentai fingendo fastidio.
C’era
solo tenerezza davanti a me, come di una bambina confusa che spera di non
perdere il proprio animale di peluche.
Immaginai
di essere un conoglietto viola con gli occhi a bottone.
“non
volevo fare una battuta, Lori”
La sua
voce era triste.
Lo
sguardo, basso e molto più scuro scivolava sul letto sfatto dietro di noi.
Le mie
cuciture tirarono di più.
“è
solo un’amica” ammisi a mezza bocca.
“lo
sa?”
Un interrogativo
a troppi punti.
Sapere di me e di te.
Della mia vita che scorre su due binari
troppo vicini.
Che vengo a letto con te mentre sogno i
suoi capelli sul cuscino.
“no,
non lo sa”.
Si accorse
della rudezza di quattro parole scarne.
Dell’insensibilità
forse.
Del
brandello di imbottitura che sfuggiva da un angolo scucito.
Si guardò
intorno cercando un appiglio, scivolando tra i miei libri sgualciti, sui fogli scarabocchiati
e le penne masticate.
Solo alla
fine venne a cercare un sostegno nei miei occhi.
“e non
voglio che lo sappia, per ora”.
Inghiottì
silenziosamente il boccone amaro.
N.D.A.
Lo so
che non aggiorno da un tempo decisamente irritante.
Ma
tanno succedendo tante cose nella mia vita e Lei … Lei sa di Vale, forse senza
rendersi conto realmente di quello che è lei per me.
Altrimenti
ne avrebbe decisamente più paura.
Dio solo
sa cosa ne pensa di tutta questa storia.
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