secondo.
TROPPE
SENSAZIONI.
Alzai la testa dal collo del coyote. Fissai il ragazzo negli occhi.
Avanzai decisa verso
di lui. Faceva fatica a respirare e il sangue gli zampillava dai
graffi sulla coscia e sul torace, sapevo che non si sarebbe arrestato
facilmente. Ringhiai scoraggiata dalla fragilità del corpo
umano.
Sapevo che per
aiutarlo dovevo trasformarmi in umana, era l'unico modo.
Ma anche se me ne ero
andata 'temporaneamente', come dicevano i lupi del
Branco, dovevo rispettare le loro leggi.
La prima, la
più importante era 'non rivelare la vera natura di
licantropo ad un umano, escluse rare occasioni di vita o di morte'.
Ciò che
volevo fare implicava la violazione di questa legge.
Ero consumata dal
desiderio di aiutarlo.
Non
potevo guardarlo morire.
Mi aquattai dietro un
cespuglio, il più vicino per non perdere tempo.
Mi concentrai. Sentivo
il cuore pulsare sulle tempie, sul collo. E anche se gli animali non
possono sudare, sentivo comunque quella sensazione.
Il dolore si
propagò su tutto il corpo. Trattenei un urlo. I muscoli
sembravano volersi lacerare o prendere fuoco.
Poi tutto
finì. Ero a terra, nuda. Per Noi licantropi la
nudità non era mai stato un problema, soprattutto quando io
stavo ancora con il Branco.
Sì, sentivo
la loro mancanza, ma non sarei tornata per ora.
Mi alzai dal
cespuglio. Il ragazzo guardò la ragazza dagli occhi dorati e
i capelli biondo-platino e dalla sua espressione vidi che aveva capito
che ero il lupo.
Mossi un passo verso
di lui. Il
ragazzo cercò di indietreggiare ma una fitta lo
lasciò
senza fiato, facendolo ricadere sui gomiti. Studiai il suo volto: la
mascella perfettamente cesellata e gli zigomi alti in un espressione
agonizzante. Anche mentre si contorceva per il dolore era bellissimo: i
muscoli si tendevano e si rilassavano rivelando la sua forza fisica.
Aveva probabilmente la mia età: diciassette, forse diciotto
anni. Ciocche castane dai riflessi dorati gli ricadevano disordinate ai
lati del volto. Aveva un fisico asciutto ma robusto, ideale per
affrontare una montagna, come del resto doveva avere appena fatto,
visto che quella parte di territorio era accesibile soltanto attraverso
un ripido e tortuoso sentiero. La cosa strana era: perché
averlo fatto di notte?
Alle mie narici
giungeva l'odore della paura che lo permeava e che stuzzicava il mio
istinto di predatore, ma anche un aroma più debole: il
profumo della primavera, delle gemme appena spuntate e della terra in
disgelo. Un profumo colmo di speranza, delicato e invitante.
Lo raggiunsi e mi
inginocchiai al suo fianco. Tutto il suo corpo fu
scosso da un tremito. Feci per toccarlo ma esitai, sorpresa del mio
stesso tremore: non avevo mai provato tanta paura prima di allora,
tanta paura di vedere un essere umano morire.
Un rantolo mi
riportò alla realtà.
-Chi sei?- Il ragazzo
mi scrutò. Aveva gli occhi del colore del muschio d'inverno,
di una delicata sfumatura tra il verde e il grigio. Per un attimo mi
lasciai catturare da quello sguardo, persa tra gli interrogativi che si
facevano strada attraverso la sofferenza impressa nelle sue iridi.
Sollevai il braccio e
me lo portai alla bocca, quindi affondai i denti nella pelle morbida
dell'incavo del gomito e attesi fino a queando non sentii il sapore sel
sangue sulla lingua. Poi gli porsi il braccio.
-Bevi. E' l'unica cosa che ti
permetterà di sopravvivere- La mia voce era
bassa ma decisa.
Lui tremò
violentemente e scosse la testa.
-Devi assolutamente berlo-
ringhiai mostrandogli i canini ancora affilati. Speravo che il ricordo
di me sotto forma di lupo l'avrebbe indotto a sottomettersi, ma
l'espressione sul suo volto non era di terrore. Al contrario, aveva gli
occhi colmi di stupore. Sbattei le palpebre mentre cercavo di rimanere
immobile. Il sangue mi colava lungo il braccio, cadendo in gocce
scintillanti di colore scarlatto sul suolo ricoperto di foglie.
Un'improvvisa fitta di
dolore lo costrinse a serrare le palpebre e gli disegnò una
smorfia terribile sul viso. In quel preciso istante, gli premetti
l'avambraccio contro le labbra socchiuse e una scossa elettrica mi
bruciò la pelle, propagandosi ovunque. Ricacciai indietro un
sospiro, sgomentata di fronte alle sensazioni sconosciuute che si
catenavano in me. Il ragazzo si divincolò, ma io lo cinsi
intorno alla schiena con l'altro braccio e lo tenni fermo mentre
l'obbligavo a bere. Sentirlo così vicino mi fece ribollire
il sangue nelle vene. Un brivido mi corse lungo la schiena quando lui
sollevò le braccia per afferarmi, premendomi le dita contro
la pelle. Il suo repspiro si fece subito più leggero e
stabile.
Le mani mi tremarono
per il forte desiderio di accarezzarlo. MI morsi le labbra e resistetti
alla tentazione. Avanti,
Victoria, puoi fare di meglio. Non è da te comportarti in
questo modo.
Quando liberai il
braccio dalla sua presa, si lasciò scappare un mugolio di
disappunto. Non sapevo come far fronte al senso di perdita che provavo
ora che i nostri corpi non si toccavano più.
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