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Autore: mydarling    10/06/2012    1 recensioni
Questa storia parla di un licantropo, Victoria, che è obbligata dal suo subconscio di ritrarsi dalla sua natura Lupo e vivere il più possibile come una persona 'normale', anche se è la cosa più difficile del mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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secondo. TROPPE SENSAZIONI.

Alzai la testa dal collo del coyote. Fissai il ragazzo negli occhi.

Avanzai decisa verso di lui. Faceva fatica a respirare e il sangue gli zampillava dai graffi sulla coscia e sul torace, sapevo che non si sarebbe arrestato facilmente. Ringhiai scoraggiata dalla fragilità del corpo umano.
Sapevo che per aiutarlo dovevo trasformarmi in umana, era l'unico modo.
Ma anche se me ne ero andata 'temporaneamente', come dicevano i lupi del Branco, dovevo rispettare le loro leggi.
La prima, la più importante era 'non rivelare la vera natura di licantropo ad un umano, escluse rare occasioni di vita o di morte'.
Ciò che volevo fare implicava la violazione di questa legge.
Ero consumata dal desiderio di aiutarlo.
Non potevo guardarlo morire.
Mi aquattai dietro un cespuglio, il più vicino per non perdere tempo.
Mi concentrai. Sentivo il cuore pulsare sulle tempie, sul collo. E anche se gli animali non possono sudare, sentivo comunque quella sensazione.
Il dolore si propagò su tutto il corpo. Trattenei un urlo. I muscoli sembravano volersi lacerare o prendere fuoco.
Poi tutto finì. Ero a terra, nuda. Per Noi licantropi la nudità non era mai stato un problema, soprattutto quando io stavo ancora con il Branco.
Sì, sentivo la loro mancanza, ma non sarei tornata per ora.
Mi alzai dal cespuglio. Il ragazzo guardò la ragazza dagli occhi dorati e i capelli biondo-platino e dalla sua espressione vidi che aveva capito che ero il lupo.
Mossi un passo verso di lui. Il ragazzo cercò di indietreggiare ma una fitta lo lasciò senza fiato, facendolo ricadere sui gomiti. Studiai il suo volto: la mascella perfettamente cesellata e gli zigomi alti in un espressione agonizzante. Anche mentre si contorceva per il dolore era bellissimo: i muscoli si tendevano e si rilassavano rivelando la sua forza fisica. Aveva probabilmente la mia età: diciassette, forse diciotto anni. Ciocche castane dai riflessi dorati gli ricadevano disordinate ai lati del volto. Aveva un fisico asciutto ma robusto, ideale per affrontare una montagna, come del resto doveva avere appena fatto, visto che quella parte di territorio era accesibile soltanto attraverso un ripido e tortuoso sentiero. La cosa strana era: perché averlo fatto di notte?
Alle mie narici giungeva l'odore della paura che lo permeava e che stuzzicava il mio istinto di predatore, ma anche un aroma più debole: il profumo della primavera, delle gemme appena spuntate e della terra in disgelo. Un profumo colmo di speranza, delicato e invitante.
Lo raggiunsi e mi inginocchiai al suo fianco. Tutto il suo corpo fu scosso da un tremito. Feci per toccarlo ma esitai, sorpresa del mio stesso tremore: non avevo mai provato tanta paura prima di allora, tanta paura di vedere un essere umano morire. 
Un rantolo mi riportò alla realtà.
-Chi sei?- Il ragazzo mi scrutò. Aveva gli occhi del colore del muschio d'inverno, di una delicata sfumatura tra il verde e il grigio. Per un attimo mi lasciai catturare da quello sguardo, persa tra gli interrogativi che si facevano strada attraverso la sofferenza impressa nelle sue iridi.
Sollevai il braccio e me lo portai alla bocca, quindi affondai i denti nella pelle morbida dell'incavo del gomito e attesi fino a queando non sentii il sapore sel sangue sulla lingua. Poi gli porsi il braccio.
-Bevi. E' l'unica cosa che ti permetterà di sopravvivere- La mia voce era bassa ma decisa.
Lui tremò violentemente e scosse la testa.
-Devi assolutamente berlo- ringhiai mostrandogli i canini ancora affilati. Speravo che il ricordo di me sotto forma di lupo l'avrebbe indotto a sottomettersi, ma l'espressione sul suo volto non era di terrore. Al contrario, aveva gli occhi colmi di stupore. Sbattei le palpebre mentre cercavo di rimanere immobile. Il sangue mi colava lungo il braccio, cadendo in gocce scintillanti di colore scarlatto sul suolo ricoperto di foglie.
Un'improvvisa fitta di dolore lo costrinse a serrare le palpebre e gli disegnò una smorfia terribile sul viso. In quel preciso istante, gli premetti l'avambraccio contro le labbra socchiuse e una scossa elettrica mi bruciò la pelle, propagandosi ovunque. Ricacciai indietro un sospiro, sgomentata di fronte alle sensazioni sconosciuute che si catenavano in me. Il ragazzo si divincolò, ma io lo cinsi intorno alla schiena con l'altro braccio e lo tenni fermo mentre l'obbligavo a bere. Sentirlo così vicino mi fece ribollire il sangue nelle vene. Un brivido mi corse lungo la schiena quando lui sollevò le braccia per afferarmi, premendomi le dita contro la pelle. Il suo repspiro si fece subito più leggero e stabile.
Le mani mi tremarono per il forte desiderio di accarezzarlo. MI morsi le labbra e resistetti alla tentazione. Avanti, Victoria, puoi fare di meglio. Non è da te comportarti in questo modo.
Quando liberai il braccio dalla sua presa, si lasciò scappare un mugolio di disappunto. Non sapevo come far fronte al senso di perdita che provavo ora che i nostri corpi non si toccavano più.
  
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