12 cap.
Nella Sala Comune, davanti ad un camino ormai quasi spento,
una persona giocherellava con qualche tappo di Burrobirra, probabilmente
corretta, entrata ad Hogwarst illegalmente.
Hermione entrò silenziosa, o almeno tentò, perché non appena
il buco nel ritratto si chiuse alle sue palle, un preoccupato ed arrabbiato Ron
si voltò a guardarla.
Ron, da quanto tempo non lo vedeva.
La loro Sala Comune, i colori rosso e oro, il fuoco, i
divani, tutto era meraviglioso per lei in quel momento, anche la faccia scura
del suo amico.
“Dove sei stata? Ma dico sei impazzita?! Ginny mi ha detto
di non venirti a cercare, e io non so per quale assurda ragione le ho dato
retta!”
La prese per una mano e la trascinò senza tanti complimenti
su di un divano. Ron si sedette davanti a lei e aspettava una sua riposta, che
fu molto diversa da quella che si aspettava, perché Hermione scoppio a ridere.
“Ron, ti prego, non fare quella faccia” disse tra le risate.
Rideva di cuore, felice, ma non rideva di lui. Corrugò la
fronte e la guardò preoccupato.
“Hermione, stai bene?”
“Sto.. sto benissimo, Ron” si raddrizzò sul divano e,
asciugandosi dagli occhi le lacrime, prese un profondo respiro.
“Ron… io vedo.”
Non sapeva come altro dirglielo, erano inutili i giri di
parole e così andò dritta al punto. Lo vide sgranare gli occhi e poi guardarla
allucinato, ma non fece in tempo a dire altro perché un pesante rumore di passi
la distrasse.
Ginny stava scendendo, senza riguardo per nessuno dei
dormienti, le scale del dormitorio femminile. Era in pigiama, con i capelli
scarmigliati e col fiato corto.
Quando Hermione la vide non c’era bisogno che dicesse
niente, i suoi occhi le ponevano una sola domanda.
“Che bel pigiama turchese, Ginny. E’nuovo?” le chiese
sorridente.
La rossa aprì la bocca senza trovare niente da dire, la
felicita traspirava da ogni suo respiro e sguardo. I suoi occhi si fecero
lucidi e poi correndo l’abbracciò forte. Hermione ricambiò con calore
l’abbraccio e rise.
“O mio dio Hermione! Tu.. tu… davvero! Era vero, non era un
inganno! Io… giuro che non lo insulterò per una settimana, lo giuro!”
“Una settimana? Non ti sembra un po’ pochino?” rispose
fintamente perplessa e offesa.
“Va bene, dieci giorni. M se fa l’idiota come al solito non
so se mi tratterrò.”
Hermione scoppiò a ridere nuovamente e fu seguita a ruota da
una felicissima Ginny, che si era da poco allontanata da lei.
Intanto, tra risate e promesse senza senso, un povero Ronald
Weasley non ci stava capendo nulla. Si alzò di scatto e afferrò Hermione per un
braccio che subito smise di ridere e si voltò a guardarlo, ancora con il
sorriso sulle labbra.
“Hermione tu… vedi? Ma come è possibile? I Medimaghi hanno
detto che…”
“Siediti Ron, ho una storia da raccontarti.”
Il ragazzo, stralunato e corrucciato, si fece guidare fino
alla poltroncina più vicina e si concentrò sulle parole della ragazza.
Diceva cose assurde.
Hermione-diceva-cosa-assurde. Parlava felice e raccontava di
pozioni, di incontri, di patti, di Malfoy!
No, tutto questo non l’avrebbe retto…
“Ron?! Ron dai non fare così, non ho finito!”
Il ragazzo si era abbandonato contro lo schienale della
poltrona con gli occhi sbarrati. Forse non era il caso di dirgli anche della
sua relazione con Draco…
Si allontanò dai bagni femminili, dove era stato trascinato
dentro, inaspettatamente, da una più che allegra Hermione, diretto alla Sala
Grande. Una sostanziosa coazione era proprio quello che gli serviva, in
quel momento.
Aveva consigliato alla sua ragazza di essere paziente e, a
fine colazione, di non perderlo d’occhio. Voltò l’angolo che lo inseriva direttamente
nel corridoio principale ma fu fermato da una voce.
“E’ da un po’ che ti vedo strano, ma questo proprio…”
Si voltò e vide Blaise che scuoteva la testa, fintamente
sconsolato.
“Ah ah ah… divertente. Tu invece, Zabini, cosa ci fai da
queste parti?”
Il Serpeverde alzò le spalle e si accostò a lui, quindi
ripresero a camminare.
“Sto uscendo, in questo momento, dall’aula di Difesa…”
lasciò volontariamente la frase in sospeso.
“E perché?”
“La Waag voleva chiacchierare un po’…”
“Chiacchierare? Zabini spiegati meglio.”
“Mi ha chiamato perché voleva chiarire alcuni punti poco
chiari del mio ultimo compito, in realtà dal compito abbiamo parlato poco. Era
più interessata a sapere come ti comporti con me, con gli altri Serpeverde…”
“Cosa?” si era fermato alzando un sopracciglio.
“Già. Credo si aspettasse un qualcosa come una confessione
disperata di un povero, debole, sottomesso al cattivo tiranno.”
“Il tiranno sarei io?” si puntò l’indice contro il petto e
ghignò.
Zabini continuò a camminare e lui lo raggiunse. Il ragazzo
sorrideva ironicamente.
“Quella è matta” considerò il moro.
“Te lo dico da un sacco di tempo, io. Tu cosa le hai detto?”
“Be’ le ho detto che sicuramente sei un ragazzo vivace, un
po’egoista, arrogante, spaccone, viziato…”
Blaise sembrava star riflettendo su cosa altro aggiungere,
ma non lo fece continuare.
“Grazie, Blaise. Sicuramente questo mi aiuterà a
risultarle più simpatico.”
“Ma aspetta, le ho fatto anche capire che si poteva togliere
dalla testa l’idea di te come tiranno di Serpeverde… esclusi Tiger e Goyle.”
“Ti ha creduto?”
“Non lo so, ma le ho spiegato un po’ come funzionano le cose
nella nostra Casa. L’amicizia di massa che regna a Grifondoro non appartiene al
nostro mondo. Tra noi ci sono scambi di favori, interessi comuni. Vedessi che
faccia quando le ho parlato della Squadra d’Inquisizione.”
“Come sei arrivato a parlare della squadra d’Inquisizione?!”
“Be’ non mi ricordo, ma sai parlando parlando…”
“Le hai anche detto che io ne facevo parte?”
“Certo! E’stata la prima cosa che ha voluto sapere.”
Draco sospirò.
“Io vado, ci vediamo” Zabini sia allontanò a passo svelto.
“Ciao.”
Non fece nemmeno mezzo metro che ancora una volta i suoi
pensieri furono interrotti.
“Malfoy, aspetta!”
Draco continuò a camminare, le mani nelle tasche e un
espressione d’indifferenza stampata in volto.
“Che c’è?”
Un ragazzo moro, più basso di lui e con lo stemma di
Serpeverde lo affiancò. Il Prefetto del quinto anno.
“Ci sono i ragazzini del primo che fanno storie, ogni ora
esce una cosa nuova. Prima la Sala Comune sempre occupata, ora i dormitori.
Bisogna parlarci.”
“E non lo puoi fare tu?”
“Sì… ci ho provato, ma non ascoltano. Sono indisciplinati! E
Piton ha detto di non volerne sapere niente di queste futili ciance.
Sono sicuro invece che a te daranno retta.”
“Non potrebbero fare diversamente, d’altronde.”
“Appunto. Sai come prenderli.”
Le minacce a bacchetta spianta erano sempre le più efficaci.
“Sì però io ora non posso e-”
“Non ho finito. C’è anche il problema con i Grifondoro, con
la parola d’ordine per la Sala Comune, e poi tra il primo e il secondo anno le
cose stanno precipitando. Litigano in continuazione, rivendicano cose, e quindi
bisognerà chiarire anche questa situazione perché potrebbe essere nociva alla
Cas-”
Draco arrestò il passo, vicino a loro qualche altro studente
camminava indisturbato.
“Fermati. Non dire un’altra parola. Perché di tutte queste
cose me ne dovrei occupare solo io? Vai dagli altri Prefetti o dal nostro
Caposcuola, che fa questa gente tutto il giorno?!”
“Io sono andato, ma sono loro a dirmi divenire da te. Dicono
che tu sai.”
“Io so? Bene… Da oggi non so più niente.”
“Cosa? Che vuoi dire? Come facciamo con i primini?!”
“Non lo so.”
“Ma…”
“Niente ma. Addio Higgs.”
Lo salutò con la mano e aspettò che il ragazzo se ne andasse.
Dopo pochi secondi, con una smorfia contrariata, David Higgs sparì su per la
scale del terzo piano.
Stava per andare via, ma incontrò due occhi neri che lo
fissavano intensamente, probabilmente già da parecchio tempo.
“Professoressa Waag.”
Linda Waag, a pochi metri dalla sua aula di Difesa, le
braccia incrociate e un’ espressione vagamente insoddisfatta, gli rispose con
un cenno del capo.
“E’ dura essere un Prefetto, vero signor Malfoy?”
“Ha la sua dose di responsabilità.”
“Me l’ha detto, il suo amico Blaise, che lei è una sorta di
punto di riferimento per la sua Casa” disse misurando bene le parole, con una
certa riluttanza.
Draco alzò le spalle.
“Sono del sesto anno. Per i più piccoli, assieme a quelli
del settimo, tutti noi lo siamo. Sarà questo…”
La finta modestia era un’arma che doveva essere usata bene e
in maniera strategica.
“Zabini ritiene il contrario. Mi ha detto che anche negli
anni precedenti la situazione non era diversa.”
“Come mai le interessa tanto, professoressa, sapere questo
genere di cose? Potrei pensare che lei stia… indagando su di me?”
“Oh no. E’ solo che ci tengo a conoscere bene i miei alunni.
Trovo sia importante sapere in quale ambiente trascorrono le loro giornate e
come si organizzano tra di loro. La scuola è una piccola comunità,
semplicemente il riflesso ovattato di quello che c’è fuori.
“E’ qui che un bambino impara a comportarsi, a interagire
con gli altri, a decidere cosa fare della propria vita. La maggior parte delle
volte, il ruolo rivestito nell’ ambientazione scolastica, è quello che poi una
persona occuperà per il resto dei suoi anni…”
“D’accordissimo con lei. Anche mio padre lo dice spesso.”
La vide trasalire e irrigidirsi.
“Ora devo andare, il dovere chiama. Buon proseguimento di
giornata, professoressa.”
La oltrepassò senza aspettare altro.
Le parole possono essere carezze, come anche lame. Sono armi
inesauribili al nostro arco che bisogna solo saper usare, al momento giusto e
nel modo giusto.
Il soffitto della Sala Grande rispecchiava un perfetto cielo,
che variava dalle sfumature del celeste all’azzurrino. Gli studenti della
scuola di Hogwarst erano impegnati su piatti e vassoi e, quella mattina, una
studentessa Grifondoro era particolarmente felice.
“E così Hermione, ora ci vedi?” chiese sbalordito Seamus
Finningan.
“Già” rispose felice e imbarazzata per tutta l’attenzione
che si era concentrata su di lei.
“Hai seguito una cura dei Medimaghi del San Mungo?” chiese
Dean Thomas a ruota.
“Emh… più o meno.”
Si voltò verso Ron che era piuttosto contrariato per la
storia del patto con Malfoy, e gli sorrise. Ron le sorrise di risposta e poi
continuò la sua colazione. Lui non si fidava di Draco, era nervoso per quello
che lei avrebbe dovuto fare e aveva detto di voler sapere tutto, ma lei gli
aveva chiaramente spiegato che non avrebbe potuto dirgli niente. Era nel patto
da rispettare.
Vide, dalla tavola dei Serpeverde, Draco alzarsi e andare
via.
Si alzò anche lei.
“Io vado Ron, ci vediamo a lezione.”
“Aspetta, ti devi vedere con Malfoy per quella cosa?” parlò sommessamente
e con circospezione, lei annuì.
“Voglio venire anch’io!” si alzò in piedi deciso. Hermione
gli pose le mani sulle spalle e fece pressione per farlo risedere.
“Ron te l’ho già detto, non ti preoccupare. So badare a me
stessa, e poi sono al sicuro…”
“Con Malfoy? Certo!”
“Shhhh! Ma sei impazzito?! Non gridare! Ora vado, e non
tentare di seguirmi!”
Uscì dalla Sala Grande a gran passi e scorse la figura del
suo ragazzo all’angolo delle scale per i sotterranei, lui scomparì velocemente
di sotto e lei lo seguì.
I sotterranei di Hogwarst erano sempre più bui e più freddi
del resto del castello, sembrava che lì il tempo si fosse fermato a gennaio.
In giro non c’era nessuno. Hermione aveva fatto qualche
passo in direzione del corridoio che l’avrebbe portata alla vecchia aula di
Pozioni, quando una voce famigliare giunse alle sue orecchie.
“Salve Granger.”
Si voltò. Draco era di fronte a lei, il solito ghigno come
suo personale saluto, le braccia incrociate e il mento all’ in su.
“Malfoy.”
“Di qua” si voltò e iniziò a camminare nella direzione
opposta a quella presa da lei prima, lo seguì incuriosita e con qualche passo
lo affiancò.
“Dove è che andiamo?”
“Dove possiamo parlare in pace e comodamente.”
“Non mi hai salutato…”
“Un po’ di pazienza” le disse ridacchiando.
Dopo poco si fermarono, non sapeva dove si trovassero dato
che quei luoghi bui e tetri sembravano tutti gli stessi, ma notò che davanti a
loro una lastra di marmo bianca si distingueva da resto della parete.
“Copriti le orecchie.”
“Cosa…? Stiamo entrando nella Sala Comune dei Serpeverde?”
“Sì. E ora, per favore…” fece un gesto eloquente indicando
le sue orecchie.
“Ma… ma non è pericoloso? E se mi vede qualcuno?”
“A quest’ora sono tutti in Sala Grande, e poi non ti
preoccupare, non sono uno stupido” rispose non nascondendo un po’ d’impazienza.
“Okay.”
Si mise le mani sulle orecchie, sentì la voce di Draco
pronunciare veloce la parola d’ordine ma non riuscì a capire cosa fosse. La
lastra di marmo si spostò e lasciò loro libero il passaggio.
Proprio sepolti vivi…
Le sfuggì questo pensiero prima di poterlo fermare. Be’ il
gusto di Serpeverde però era indubbiamente discutibile…
La Sala Comune era deserta, come si aspettavano. Mentre
continuavano a camminare Hermione si guardava intorno attentamente. La sala era
molto spaziosa, i divani erano in pelle nera, un grande camino troneggiava
davanti ad essi, i tavolini erano sparsi un po’ ovunque e vi erano insoliti
riflessi verdi.
“Il lago! Questa è la luce che filtra dal lago, vero?”
“Sì” rispose senza emozione alcuna lui.
“L’avevo letto su “Storia di Hogwarts” che la vostra Sala
Comune è costruita sotto al lago!”
Ora Hermione si guardava intorno ancora più entusiasta,
benché quella stanza fosse tenebrosa per un certo verso, possedeva anche una
bellezza affascinante.
“Che stupidi, Ron ed Harry non l’avevano neppure notato!”
Ops…
Si morse il labbro e si cucì la bocca all’istante.
“Come scusa? Che c’entrano Potter e Weasley, ora?” le chiese
voltandosi a guardarla.
“Ehm… no. Dicevo che Ron ed Harry non hanno mai letto la
storia di Hogwarts… e quindi non lo sapevano.”
Draco alzò le sopracciglia, trasmettendo così tutto il suo
interesse per quella conversazione.
“ Andiamo nei dormitori, qui siamo troppo a rischio.”
La camera di Draco era molto semplice, molto simile alle
loro in realtà, solo con colori diversi. Vi erano quattro baldacchini con
coperte e tende verde smeraldo, un tappeto tondo al centro della stanza e
scarpe, camice e calzini erano sparsi un po’ ovunque.
Entrando, Draco dovette spostare con il piede un gruppo di
vestiti ammucchiati davanti alla porta.
“Quegli stupidi Elfi non sono ancora passati!”
“Gli Elfi non sono stupidi, e vanno rispettati in quanto
creature proprio come noi!”
Il Serpeverde inorridì al sol pensiero di essere come un
Elfo, o comunque di essere paragonato ad una di quella sciocche bestiacce, tuttavia
non replicò, sapeva che era una battaglia persa in partenza.
Hermione intanto si guardava in giro scetticamente, tutto
quel disordine proprio non andava.
“Con chi dividi la stanza?”
“Vincent, Gregory e Blaise.”
“E’ un porcile.”
“Esagerata…” disse con superficialità sedendosi sul suo
letto.
“E’ quello il tuo letto?” disse Hermione raggiungendolo.
Il letto di Draco era il secondo sul lato destro e, come
tutti gli altri, sfatto.
“Sì.”
Le fece segno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui. Hermione
seguì il suo consiglio.
La osservò, era un po’ tesa forse? Sogghignò e poi avvicinò
il viso al collo della ragazza. Le diede un delicato bacio sulla pelle bianca e
tenera, poi salendo la baciò ancora sulla mascella e infine all’angolo della
bocca.
Sentiva la sua pelle rabbrividire di piacere al suo
passaggio e alla fine fu lei a fare l’ultima mossa, congiungendo le proprie
labbra, carnose e rosate, alle sue.
Si concessero un lungo bacio prima di allontanarsi e tornare
a guardarsi negli occhi.
“Ti è piaciuto come saluto?”
Hermione alzò l’angolo della bocca in un sorriso.
“Sei preoccupata?”
“Un po’…”
“Non dovresti.”
“Allora, Draco, cos’è? Cosa devo fare per te?”
“O una cosa molto semplice. Devi indagare.”
“Indagare?”
“Sì. Vedi, più tempo passa e più la Waag diventa sospetta.
Nella tua Casa c’è un ragazzino del quarto anno, Matt Vertigo, che pare sia
imparentato proprio con la nostra cara professoressa. Voglio che parli
un po’ con lui, senza destare sospetti, in modo da carpire informazioni su
questa donna. Ma non le solite banalità come da dove viene o che sangue ha,
che ci metto la mano sul fuoco è sporco, voglio che mi porti informazioni
più importanti e dettagliate. Tutto quello che può aver a che fare con me e la
mia famiglia… Voglio capire perché ha questo atteggiamento rancoroso nei miei
confronti. Non è una cosa normale, ne sono certo.”
Parlando, Draco non si era minimamente accorto del
cambiamento di umore della sua ragazza, che ora fissava il pavimento scura in
viso.
La guardò, restando qualche secondo in silenzio, ma
interpretò male il suo comportamento.
“Non è una cosa difficile. Capisci che per me sarebbe
difficile avvicinare un Grifondoro, se non impossibile, senza una bacchetta in
mano, ma per te sarà semplice. Parlaci, fattelo amico e dimmi cosa vuole la
Waag da me.”
“Parlaci, fattelo amico, è un sangue sporco…”
Si alzò facendo il verso alle sue parole.
“Comunque va bene, se è tutto… Vedrò cosa posso fare. Ora
puoi portarmi fuori di qui, per favore?” parlò con distacco.
“Cos’hai? Non mi sembra di starti chiedendo qualcosa di
impossibile o di particolarmente terribile.”
“No, no. Infatti. Ma non ti è mai passato per la testa che,
magari, le potresti semplicemente stare antipatico? Il fatto che tu appartenga
ad una antica famiglia magica, purosangue, non significa che tutti ti debbano
venerare.”
“Se sono giunto a certe conclusioni non è certo per fantasie
mie. Sono più che convinto che ci sia qualcosa sotto. E dato che mi ha dato una
S ad un compito di Difesa con solo due errori di distrazione e che non perde
occasioni per mettermi in difficoltà, o per lanciarmi battutine non gradite,
credo di avere il diritto di indagare su questa persona. Tu, invece, che
problemi hai, Hermione?”
Si era alzato anche lui in piedi e la guardava aspettando
una risposta.
“E’ che ci sono delle cose tra noi che, mi rendo conto, non
potranno mai cambiare. Sono differenze troppo profonde…”
“E’ perché ho fatto commenti sul sangue di quel ragazzo? Se
ti riferisci a quello, sì. Certe cose non potranno mai cambiare.”
Hermione iniziò a camminare verso la porta, si sentiva ferita
e non aveva più voglia di restare in quella stanza. Quel discorso era bollente,
troppo rischioso per loro.
“Bene” si limitò a dire.
“Devi cercare di capire.”
A qualche centimetro dalla porta la sua voce la bloccò.
“Davvero, cosa?” chiese con
sarcasmo.
Draco si risedette sul letto
sospirando.
“Per me è così, io sono stato cresciuto
con questa visione della vita e non credo ci sia niente che mi possa far
cambiare idea.”
“Non è vero, si può cambiare!” si
voltò a guardarlo negli occhi.
“Ho i miei dubbi, non dopo
diciassette anni. E comunque… io non voglio. Perché dovrei? Per me è giusto
così” nelle sue parole tornò l’aria di superiorità e sfrontatezza.
“E’ questa la verità, tu non
vuoi.”
Si guardarono in silenzio e poi
Hermione parlò di nuovo, inquieta.
“Allora anch’io sono una Sangue
Sporco, Draco?”
“Sì, lo sei.”
Sentì gli occhi bruciare e un
forte dolore all’altezza del petto, come una lama che la trafiggeva con sempre
più ferocia. Si girò, stava per spalancare la porta e andare via ma una mano si
posò sulla sua, bloccandola sul metallo freddo della maniglia.
“Lo sei ma non mi importa, anche
se questo vale sol per te.”
Lui era dietro di lei, sentiva la
sua voce bassa a pochi centimetri dal suo orecchio.
“Dobbiamo per forza affrontare
questi discorsi?”
“Non possiamo non farlo. Come
vedi, anche se proviamo ad ignorarli, alla fine saltano fuori.”
Lo sentì sospirare stancamente.
“Non ti fa schifo toccare una
Sporca Mezzosangue?”
“Direi di no.”
“Quello che dici non ha logica.”
Si era voltata.
“Forse.”
La baciò, ponendo così fine a
quel discorso. Andava sempre a finire così…
Piano la trascinò vero il suo
letto, Hermione si fece guidare ancora sotto l’effetto dei suoi baci delle sue
mani.
“Allora, credi di essere capace
di fare quello che ti ho chiesto?” le disse stendendola sul materasso e
posizionandosi sopra di lei, dedicandosi al suo colletto perfettamente chiuso dalla
cravatta rosso e oro.
Hermione sorrise furbescamente
pensando a tutte le volte che in quegli anni, insieme a Ron ed Harry, si erano
imbarcati in indagini e supposizioni da far invidia al F.B.I.
Peccato che se lo avesse detto a
Draco non avrebbe capito di cosa stesse parlando…
“Certo.”
Era giusto riuscito ad allentare la cravatta della ragazza,
e ad intrufolarsi con la labbra tra la pelle calda, quando sentirono il rumore
della maniglia che si abbassava e si alzava più volte.
Si bloccarono all’istante guardando con terrore in quella
direzione. Una calcio dall’esterno venne sferrato alla porta, seguito da una
imprecazione.
Si alzarono velocemente.
Draco provò ad acconciarsi i capelli, spettinati
impudentemente e con grande piacere dalla ragazza che ora lo guardava spiazzata
e impaurita.
Le fece segno di nascondersi sotto il letto e, benché
Hermione non ne sembrò molto felice, seguì il suo consiglio.
Si avviò verso la porta, passandosi una mano tra capelli
ancora una volta, e girò con uno scatto veloce la chiave. Subito la porta si
aprì, mostrando un Blaise piuttosto infuriato con la bacchetta in mano, pronto
a scagliare un Alohamora.
“Si può sapere perché ti chiudi in camera?! La stanza è
anche mia, ti vorrei ricordare.”
Balise entrò spavaldamente nella camera e, dopo aver
guardato fuori per controllare che non ci fosse nessun altro, Draco richiuse la
porta, girando di nuovo la serratura.
L’altro Serpeverde si voltò a guardarlo interrogativamente.
“Che stai combinando?!”
Il biondo sembrò non dargli ascolto e, dirigendosi verso il
suo letto, parlò all’aria.
“Puoi uscire.”
“Non devo uscire” rispose insicuro.
“Non a te.”
Si sedette sul letto e, allungando una mano verso il basso,
alzò le coperte smeraldine che arrivavano a sfiorare terra.
“Non c’è pericolo.”
Hermione, ancora titubante e per niente felice di essere
stata nascosta sotto un letto, dato che in genere quella era la parte del
ragazzo della situazione, strisciò fuori facendo forza sui gomiti.
Guardò Draco pensierosa e poi si voltò verso Zabini, che
aveva iniziato a ridere come un ossesso steso sul suo letto.
Si alzò e si spazzolò i vestiti contrariata, intanto Draco
aspettava offeso che il suo compagno la smettesse di ridere.
“Basta Zabini, hai riso anche troppo. Che sei venuto a fare,
piuttosto?”
Balise Zabini, ancora con il fiatone per le troppe risate,
si mise a sedere sul letto, guardando maliziosamente tutti e due. La Granger
aveva una cipiglio di disappunto mai visto prima, in piedi vicino al letto con
le braccia conserte. Draco era seduto non molto elegantemente sul baldacchino
sfatto e lo guardava, come al suo solito, con fredda indifferenza.
“Devo prendere i libri, capisco che voi siete troppo
indaffarati per pensare anche alla scuola… ma c’è lezione” abbandonò il
materasso e si apprestò riempire la sua borsa con i libri depositati ai piedi
del letto.
“Granger, ho visto Weasly piuttosto ansioso…”
Draco la guardò di sbieco e lei sospirò.
“Sarà preoccupato perché sa che ti dovevo vedere.”
“Come?”
“Be’ ho dovuto spiegargli come ho fatto a riavere la vista,
non potevo ingannarlo.”
“Già, se lo incontrò allora dovrò rassicurarlo…” continuò
Zabini con voce maliziosa.
“Non aprire bocca, Zabini” gli rispose minacciosamente.
“Lo sa, fa così solo per stuzzicarti” le rispose Draco.
“Perché, invece, lui sa?!”
Il ragazzo aprì la bocca per rispondere, ma non fece in
tempo a dire una parola che già Blaise aveva preso a parlare.
“Ho notato che si comportava in maniera strana, e mi sono
iniziato a preoccupare seriamente quando ho visto che rifiutava tutte le
attenzioni di Pansy …”
Hermione sorrise di compiacimento.
“Una notte l’ho seguito durante le sue consuete escursioni
notturne, e mi sono fatto raccontare tutto…”
“Mai a farsi i fatti propri” lo interruppe Draco.
“E tu gliel’hai detto?” chiese alquanto stupita dalla facilità
con cui Draco aveva messo al corrente altri del loro segreto.
Zabini sembrò leggerle nei pensieri infatti rispose con uno
strano sorrisetto.
“O no, non è stato così semplice farlo confessare. Ma, in
quanto suo fidato compagno, ero al corrente di interessanti episodi…”
Hermione alzò un sopracciglio e Draco, molto spicciolamente
e riservando uno sguardo truce tutto per Zabini, la illuminò.
“Mi ha minacciato.”
Hermione fece segno di aver compreso con il capo e nel
frattempo Draco si era alzato.
La spinse delicatamente per un fianco verso la porta,
camminandole affianco.
“Come è la situazione di là?”
“Ancora tranquilla. Prima venendo ho incontrato solo un
gruppo di primini, ma niente di ché. Però dovete sbrigarvi se volete uscire
senza essere visti.”
Draco aprì la porta e fece passare avanti la ragazza, che
salutò Zabini con un segno della mano.
“Perfetto. Ci vediamo dopo” disse lui prima di andare via.