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Autore: mavi    04/01/2007    7 recensioni
Cercava di prendere l’inchiostro ma, purtroppo per lei, la boccetta era di poco più distante e così era chiaro non ce l’avrebbe mai fatta.
Draco inclinò leggermente la testa, quando la vide ritornare seduta compostamente sulla sedia e prendere un grosso respiro.
“Madama Pince?”
Aveva una voce ansiosa e leggermente… stridula.
“Madama Pince, la prego, avrei bisogno di una mano."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come al solito ringrazio tutti e per rispondere alle vostre domane

Come al solito ringrazio tutti  per rispondere alle vostre domane.. be’ leggete questo capitolo, abbastanza sostanzioso… ;)




12 cap

12 cap.

 

Nella Sala Comune, davanti ad un camino ormai quasi spento, una persona giocherellava con qualche tappo di Burrobirra, probabilmente corretta, entrata ad Hogwarst illegalmente.

Hermione entrò silenziosa, o almeno tentò, perché non appena il buco nel ritratto si chiuse alle sue palle, un preoccupato ed arrabbiato Ron si voltò a guardarla. 

Ron, da quanto tempo non lo vedeva.

La loro Sala Comune, i colori rosso e oro, il fuoco, i divani, tutto era meraviglioso per lei in quel momento, anche la faccia scura del suo amico. 

“Dove sei stata? Ma dico sei impazzita?! Ginny mi ha detto di non venirti a cercare, e io non so per quale assurda ragione le ho dato retta!”

La prese per una mano e la trascinò senza tanti complimenti su di un divano. Ron si sedette davanti a lei e aspettava una sua riposta, che fu molto diversa da quella che si aspettava, perché Hermione scoppio a ridere.

“Ron, ti prego, non fare quella faccia” disse tra le risate.

Rideva di cuore, felice, ma non rideva di lui. Corrugò la fronte e la guardò preoccupato.

“Hermione, stai bene?”

“Sto.. sto benissimo, Ron” si raddrizzò sul divano e, asciugandosi dagli occhi le lacrime, prese un profondo respiro.

“Ron… io vedo.”

Non sapeva come altro dirglielo, erano inutili i giri di parole e così andò dritta al punto. Lo vide sgranare gli occhi e poi guardarla allucinato, ma non fece in tempo a dire altro perché un pesante rumore di passi la distrasse.

Ginny stava scendendo, senza riguardo per nessuno dei dormienti, le scale del dormitorio femminile. Era in pigiama, con i capelli scarmigliati e col fiato corto.

Quando Hermione la vide non c’era bisogno che dicesse niente, i suoi occhi le ponevano una sola domanda.

“Che bel pigiama turchese, Ginny. E’nuovo?” le chiese sorridente.

La rossa aprì la bocca senza trovare niente da dire, la felicita traspirava da ogni suo respiro e sguardo. I suoi occhi si fecero lucidi e poi correndo l’abbracciò forte. Hermione ricambiò con calore l’abbraccio e rise.

“O mio dio Hermione! Tu.. tu… davvero! Era vero, non era un inganno! Io… giuro che non lo insulterò per una settimana, lo giuro!”

“Una settimana? Non ti sembra un po’ pochino?” rispose fintamente perplessa e offesa.

“Va bene, dieci giorni. M se fa l’idiota come al solito non so se mi tratterrò.”

Hermione scoppiò a ridere nuovamente e fu seguita a ruota da una felicissima Ginny, che si era da poco allontanata da lei.

Intanto, tra risate e promesse senza senso, un povero Ronald Weasley non ci stava capendo nulla. Si alzò di scatto e afferrò Hermione per un braccio che subito smise di ridere e si voltò a guardarlo, ancora con il sorriso sulle labbra.

“Hermione tu… vedi? Ma come è possibile? I Medimaghi hanno detto che…”

“Siediti Ron, ho una storia da raccontarti.”

Il ragazzo, stralunato e corrucciato, si fece guidare fino alla poltroncina più vicina e si concentrò sulle parole della ragazza.

Diceva cose assurde.

Hermione-diceva-cosa-assurde. Parlava felice e raccontava di pozioni, di incontri, di patti, di Malfoy!

No, tutto questo non l’avrebbe retto…

“Ron?! Ron dai non fare così, non ho finito!”

Il ragazzo si era abbandonato contro lo schienale della poltrona con gli occhi sbarrati. Forse non era il caso di dirgli anche della sua relazione con Draco…

 

 

 

Si allontanò dai bagni femminili, dove era stato trascinato dentro, inaspettatamente, da una più che allegra Hermione, diretto alla  Sala Grande. Una sostanziosa  coazione era  proprio  quello che gli  serviva, in quel momento.

Aveva consigliato alla sua ragazza  di essere paziente e, a fine colazione, di non perderlo d’occhio. Voltò l’angolo che lo inseriva direttamente  nel corridoio principale ma fu  fermato  da una voce.

“E’ da un po’ che ti vedo strano, ma questo proprio…”

Si voltò e vide Blaise che scuoteva la testa, fintamente sconsolato.

“Ah ah ah… divertente. Tu invece, Zabini, cosa ci fai da queste parti?”

Il Serpeverde alzò le spalle e si accostò a lui, quindi ripresero a camminare.

“Sto uscendo, in questo momento, dall’aula di Difesa…” lasciò volontariamente la frase in sospeso.

“E perché?”

“La Waag voleva chiacchierare un po’…”

“Chiacchierare? Zabini spiegati meglio.”

“Mi ha chiamato perché voleva chiarire alcuni punti poco chiari del mio ultimo compito, in realtà dal compito abbiamo parlato poco. Era più interessata a sapere come ti comporti con me, con gli altri Serpeverde…”

“Cosa?” si era fermato alzando un sopracciglio.

“Già. Credo si aspettasse un qualcosa come una confessione disperata di un povero, debole, sottomesso al cattivo tiranno.”

“Il tiranno sarei io?” si puntò l’indice contro il petto e ghignò.

Zabini continuò a camminare e lui lo raggiunse. Il ragazzo sorrideva ironicamente.

“Quella è matta” considerò il moro.

“Te lo dico da un sacco di tempo, io. Tu cosa le hai detto?”

“Be’ le ho detto che sicuramente sei un ragazzo vivace, un po’egoista, arrogante, spaccone, viziato…”

Blaise sembrava star riflettendo su cosa altro aggiungere, ma non lo fece continuare.

Grazie, Blaise. Sicuramente questo mi aiuterà a risultarle più simpatico.”

“Ma aspetta, le ho fatto anche capire che si poteva togliere dalla testa l’idea di te come tiranno di Serpeverde… esclusi Tiger e Goyle.”

“Ti ha creduto?”

“Non lo so, ma le ho spiegato un po’ come funzionano le cose nella nostra Casa. L’amicizia di massa che regna a Grifondoro non appartiene al nostro mondo. Tra noi ci sono scambi di favori, interessi comuni. Vedessi che faccia quando le ho parlato della Squadra d’Inquisizione.”

“Come sei arrivato a parlare della squadra d’Inquisizione?!”

“Be’ non mi ricordo, ma sai parlando parlando…”

“Le hai anche detto che io ne facevo parte?”

“Certo! E’stata la prima cosa che ha voluto sapere.”

Draco sospirò.

“Io vado, ci vediamo” Zabini sia allontanò a passo svelto.

“Ciao.”

Non fece nemmeno mezzo metro che ancora una volta i suoi pensieri furono interrotti.

“Malfoy, aspetta!”

Draco continuò a camminare, le mani nelle tasche e un espressione d’indifferenza stampata in volto.

“Che c’è?”

Un ragazzo moro, più basso di lui e con lo stemma di Serpeverde lo affiancò. Il Prefetto del quinto anno.

“Ci sono i ragazzini del primo che fanno storie, ogni ora esce una cosa nuova. Prima la Sala Comune sempre occupata, ora i dormitori. Bisogna parlarci.”

“E non lo puoi fare tu?”

“Sì… ci ho provato, ma non ascoltano. Sono indisciplinati! E Piton ha detto di non volerne sapere niente di queste futili ciance. Sono sicuro invece che a te daranno retta.”

“Non potrebbero fare diversamente, d’altronde.”

“Appunto. Sai come prenderli.”
Le minacce a bacchetta spianta erano sempre le più efficaci.

“Sì però io ora non posso e-”

“Non ho finito. C’è anche il problema con i Grifondoro, con la parola d’ordine per la Sala Comune, e poi tra il primo e il  secondo anno le cose stanno precipitando. Litigano in continuazione, rivendicano cose, e quindi bisognerà chiarire anche questa situazione perché potrebbe essere nociva alla Cas-”

Draco arrestò il passo, vicino a loro qualche altro studente camminava indisturbato.

“Fermati. Non dire un’altra parola. Perché di tutte queste cose me ne dovrei occupare solo io? Vai dagli altri Prefetti o dal nostro Caposcuola, che fa questa gente tutto il giorno?!”

“Io sono andato, ma sono loro a dirmi divenire da te. Dicono che tu sai.”

Io so? Bene… Da oggi non so più niente.”

“Cosa? Che vuoi dire? Come facciamo con i primini?!”

“Non lo so.”

“Ma…”

“Niente ma. Addio Higgs.”

Lo salutò con la mano e aspettò che il ragazzo se ne andasse. Dopo pochi secondi, con una smorfia contrariata,  David Higgs sparì su per la scale del terzo piano.

Stava per andare via, ma incontrò due occhi neri che lo fissavano intensamente, probabilmente già da parecchio tempo.

“Professoressa Waag.”

Linda Waag, a pochi metri dalla sua aula di Difesa, le braccia incrociate e un’ espressione vagamente insoddisfatta, gli rispose con un cenno del capo.

“E’ dura essere un Prefetto, vero signor Malfoy?”

“Ha la sua dose di responsabilità.”

“Me l’ha detto, il suo amico Blaise, che lei è una sorta di punto di riferimento per la sua Casa” disse misurando bene le parole, con una certa riluttanza.

Draco alzò le spalle.

“Sono del sesto anno. Per i più piccoli, assieme a quelli del settimo, tutti noi lo siamo. Sarà questo…”

La finta modestia era un’arma che doveva essere usata bene e in maniera strategica.

“Zabini ritiene il contrario. Mi ha detto che anche negli anni precedenti la situazione non era diversa.”

“Come mai le interessa tanto, professoressa, sapere questo genere di cose? Potrei pensare che lei stia… indagando su di me?”

“Oh no. E’ solo che ci tengo a conoscere bene i miei alunni. Trovo sia importante sapere in quale ambiente trascorrono le loro giornate e come si organizzano tra di loro. La scuola è una piccola comunità, semplicemente il riflesso ovattato di quello che c’è fuori.

“E’ qui che un bambino impara a comportarsi, a interagire con gli altri, a decidere cosa fare della propria vita. La maggior parte delle volte, il ruolo rivestito nell’ ambientazione scolastica, è quello che poi una persona occuperà per il resto dei suoi anni…”

“D’accordissimo con lei. Anche mio padre lo dice spesso.”

La vide trasalire e irrigidirsi.

“Ora devo andare, il dovere chiama. Buon proseguimento di giornata, professoressa.”

La oltrepassò senza aspettare altro.

Le parole possono essere carezze, come anche lame. Sono armi inesauribili al nostro arco che bisogna solo saper usare, al momento giusto e nel modo giusto.

 

Il soffitto della Sala Grande rispecchiava un perfetto cielo, che variava dalle sfumature del celeste all’azzurrino. Gli studenti della scuola di Hogwarst erano impegnati su piatti e vassoi e, quella mattina, una studentessa Grifondoro era particolarmente felice.

“E così Hermione, ora ci vedi?” chiese sbalordito Seamus Finningan.

“Già” rispose felice e imbarazzata per tutta l’attenzione che si era concentrata su di lei.

“Hai seguito una cura dei Medimaghi del San Mungo?” chiese Dean Thomas a ruota.

“Emh… più o meno.”

Si voltò verso Ron che era piuttosto contrariato per la storia del patto con Malfoy, e gli sorrise. Ron le sorrise di risposta e poi continuò la sua colazione. Lui non si fidava di Draco, era nervoso per quello che lei avrebbe dovuto fare e aveva detto di voler sapere tutto, ma lei gli aveva chiaramente spiegato che non avrebbe potuto dirgli niente. Era nel patto da rispettare.

Vide, dalla tavola dei Serpeverde, Draco alzarsi e andare via.

Si alzò anche lei.

“Io vado Ron, ci vediamo a lezione.”

“Aspetta, ti devi vedere con Malfoy per quella cosa?” parlò sommessamente e con circospezione, lei annuì.

“Voglio venire anch’io!” si alzò in piedi deciso. Hermione gli pose le mani sulle spalle e fece pressione per farlo risedere.

“Ron te l’ho già detto, non ti preoccupare. So badare a me stessa, e poi sono al sicuro…”

“Con Malfoy? Certo!”

“Shhhh! Ma sei impazzito?! Non gridare! Ora vado, e non tentare di seguirmi!”

Uscì dalla Sala Grande a gran passi e scorse la figura del suo ragazzo all’angolo delle scale per i sotterranei, lui scomparì velocemente di sotto e lei lo seguì.

I sotterranei di Hogwarst erano sempre più bui e più freddi del resto del castello, sembrava che lì il tempo si fosse fermato a gennaio.

In giro non c’era nessuno. Hermione aveva fatto qualche passo in direzione del corridoio che l’avrebbe portata alla vecchia aula di Pozioni, quando una voce famigliare giunse alle sue orecchie.

“Salve Granger.”

Si voltò. Draco era di fronte a lei, il solito ghigno come suo personale saluto, le braccia incrociate e il mento all’ in su.

“Malfoy.”

“Di qua” si voltò e iniziò a camminare nella direzione opposta a quella presa da lei prima, lo seguì incuriosita e con qualche passo lo affiancò.

“Dove è che andiamo?”

“Dove possiamo parlare in pace e comodamente.”

“Non mi hai salutato…”

“Un po’ di pazienza” le disse ridacchiando.

Dopo poco si fermarono, non sapeva dove si trovassero dato che quei luoghi bui e tetri sembravano tutti gli stessi, ma notò che davanti a loro una lastra di marmo bianca si distingueva da resto della parete.

“Copriti  le orecchie.”
“Cosa…? Stiamo entrando nella Sala Comune dei Serpeverde?”

“Sì. E ora, per favore…” fece un gesto eloquente indicando le sue orecchie.

“Ma… ma non è pericoloso? E se mi vede qualcuno?”

“A quest’ora sono tutti in Sala Grande, e poi non ti preoccupare, non sono uno stupido” rispose non nascondendo un po’ d’impazienza.

“Okay.”

Si mise le mani sulle orecchie, sentì la voce di Draco pronunciare veloce la parola d’ordine ma non riuscì a capire cosa fosse. La lastra di marmo si spostò e lasciò loro libero il passaggio.

Proprio sepolti vivi…

Le sfuggì questo pensiero prima di poterlo fermare. Be’ il gusto di Serpeverde però era indubbiamente discutibile…

La Sala Comune era deserta, come si aspettavano. Mentre continuavano a camminare Hermione si guardava intorno attentamente. La sala era molto spaziosa, i divani erano in pelle nera, un grande camino troneggiava davanti ad essi, i tavolini erano sparsi un po’ ovunque e vi erano insoliti riflessi verdi.

“Il lago! Questa è la luce che filtra dal lago, vero?”

“Sì” rispose senza emozione alcuna lui.

“L’avevo letto su “Storia di Hogwarts” che la vostra Sala Comune è costruita sotto al lago!” 

Ora Hermione si guardava intorno ancora più entusiasta, benché quella stanza fosse tenebrosa per un certo verso, possedeva anche una bellezza affascinante.

“Che stupidi, Ron ed Harry non l’avevano neppure notato!”

Ops…

 Si morse il labbro e si cucì la bocca all’istante.

“Come scusa? Che c’entrano Potter e Weasley, ora?” le chiese voltandosi a guardarla.

“Ehm… no. Dicevo che Ron ed Harry non hanno mai letto la storia di Hogwarts… e quindi non lo sapevano.”

Draco alzò le sopracciglia, trasmettendo così tutto il suo interesse per quella conversazione.

“ Andiamo nei dormitori, qui siamo troppo a rischio.”

La camera di Draco era molto semplice, molto simile alle loro in realtà, solo con colori diversi. Vi erano quattro baldacchini con coperte e tende verde smeraldo, un tappeto tondo al centro della stanza e scarpe, camice e calzini erano sparsi un po’ ovunque.

Entrando, Draco dovette spostare con il piede un gruppo di vestiti ammucchiati davanti alla porta.

“Quegli stupidi Elfi non sono ancora passati!”

“Gli Elfi non sono stupidi, e vanno rispettati in quanto creature proprio come noi!”

Il Serpeverde inorridì al sol pensiero di essere come un Elfo, o comunque di essere paragonato ad una di quella sciocche bestiacce, tuttavia non replicò, sapeva che era una battaglia persa in partenza.

Hermione intanto si guardava in giro scetticamente, tutto quel disordine proprio non andava.

“Con chi dividi la stanza?”

“Vincent, Gregory e Blaise.”

“E’ un porcile.”

“Esagerata…” disse con superficialità sedendosi sul suo letto.

“E’ quello il tuo letto?” disse Hermione raggiungendolo.

Il letto di Draco era il secondo sul lato destro e, come tutti gli altri, sfatto.

“Sì.”

Le fece segno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui. Hermione seguì il suo consiglio.

La osservò, era un po’ tesa forse? Sogghignò e poi avvicinò il viso al collo della ragazza. Le diede un delicato bacio sulla pelle bianca e tenera, poi salendo la baciò ancora sulla mascella e infine all’angolo della bocca.

Sentiva la sua pelle rabbrividire di piacere al suo passaggio e alla fine fu lei a fare l’ultima mossa, congiungendo le proprie labbra, carnose e rosate, alle sue.

Si concessero un lungo bacio prima di allontanarsi e tornare a guardarsi negli occhi.

“Ti è piaciuto come saluto?”

Hermione alzò l’angolo della bocca in un sorriso.

“Sei preoccupata?”

“Un po’…”

“Non dovresti.”

“Allora, Draco, cos’è? Cosa devo fare per te?”

“O una cosa molto semplice. Devi indagare.”

“Indagare?”

“Sì. Vedi, più tempo passa e più la Waag diventa sospetta. Nella tua Casa c’è un ragazzino del quarto anno, Matt Vertigo, che pare sia imparentato proprio con la nostra cara professoressa. Voglio che parli un po’ con lui, senza destare sospetti, in modo da carpire informazioni su questa donna. Ma non le solite banalità come da dove viene  o che sangue ha, che ci metto la mano sul fuoco è sporco, voglio che mi porti informazioni più importanti e dettagliate. Tutto quello che può aver a che fare con me e la mia famiglia… Voglio capire perché ha questo atteggiamento rancoroso nei miei confronti. Non è una cosa normale, ne sono certo.”

Parlando, Draco non si era minimamente accorto del cambiamento di umore della sua ragazza, che ora fissava il pavimento scura in viso.

La guardò, restando qualche secondo in silenzio, ma interpretò male il suo comportamento.

“Non è una cosa difficile. Capisci che per me sarebbe difficile avvicinare un Grifondoro, se non impossibile, senza una bacchetta in mano, ma per te sarà semplice. Parlaci, fattelo amico e dimmi cosa vuole la Waag da me.”

Parlaci, fattelo amico, è un sangue sporco…

Si alzò facendo il verso alle sue parole.

“Comunque va bene, se è tutto… Vedrò cosa posso fare. Ora puoi portarmi fuori di qui, per favore?” parlò con distacco.

“Cos’hai? Non mi sembra di starti chiedendo qualcosa di impossibile o di particolarmente terribile.”

“No, no. Infatti. Ma non ti è mai passato per la testa che, magari, le potresti semplicemente stare antipatico? Il fatto che tu appartenga ad una antica famiglia magica, purosangue, non significa che tutti ti debbano venerare.”

“Se sono giunto a certe conclusioni non è certo per fantasie mie. Sono più che convinto che ci sia qualcosa sotto. E dato che mi ha dato una S ad un compito di Difesa con solo due errori di distrazione e che non perde occasioni per mettermi in difficoltà, o per lanciarmi battutine non gradite, credo di avere il diritto di indagare su questa persona. Tu, invece, che problemi hai, Hermione?”

Si era alzato anche lui in piedi e la guardava aspettando una risposta.

“E’ che ci sono delle cose tra noi che, mi rendo conto, non potranno mai cambiare. Sono differenze troppo profonde…”

“E’ perché ho fatto commenti sul sangue di quel ragazzo? Se ti riferisci a quello, sì. Certe cose non potranno mai cambiare.”

Hermione iniziò a camminare verso la porta, si sentiva ferita e non aveva più voglia di restare in quella stanza. Quel discorso era bollente, troppo rischioso per loro.

“Bene” si limitò a dire.

“Devi cercare di capire.”

A qualche centimetro dalla porta la sua voce la bloccò.

“Davvero, cosa?” chiese con sarcasmo.

Draco si risedette sul letto sospirando.

“Per me è così, io sono stato cresciuto con questa visione della vita e non credo ci sia niente che mi possa far cambiare idea.”

“Non è vero, si può cambiare!” si voltò a guardarlo negli occhi.

“Ho i miei dubbi, non dopo diciassette anni. E comunque… io non voglio. Perché dovrei? Per me è giusto così” nelle sue parole tornò l’aria di superiorità e sfrontatezza.

“E’ questa la verità, tu non vuoi.”

Si guardarono in silenzio e poi Hermione parlò di nuovo, inquieta.

“Allora anch’io sono una Sangue Sporco, Draco?”

 “Sì, lo sei.”

Sentì gli occhi bruciare e un forte dolore all’altezza del petto, come una lama che la trafiggeva con sempre più ferocia. Si girò, stava per spalancare la porta e andare via ma una mano si posò sulla sua, bloccandola sul metallo freddo della maniglia.

“Lo sei ma non mi importa, anche se questo vale sol per te.”

Lui era dietro di lei, sentiva la sua voce bassa a pochi centimetri dal suo orecchio.

“Dobbiamo per forza affrontare questi discorsi?”

“Non possiamo non farlo. Come vedi, anche se proviamo ad ignorarli, alla fine saltano fuori.”

Lo sentì sospirare stancamente.

“Non ti fa schifo toccare una Sporca Mezzosangue?”

“Direi di no.”

“Quello che dici non ha logica.”

Si era voltata.

“Forse.”

La baciò, ponendo così fine a quel discorso. Andava sempre a finire così…

Piano la trascinò vero il suo letto, Hermione si fece guidare ancora sotto l’effetto dei suoi baci delle sue mani.

“Allora, credi di essere capace di fare quello che ti ho chiesto?” le disse stendendola sul materasso e posizionandosi sopra di lei, dedicandosi al suo colletto perfettamente chiuso dalla cravatta rosso e oro.

Hermione sorrise furbescamente pensando a tutte le volte che in quegli anni, insieme a Ron ed Harry,  si erano imbarcati in indagini e supposizioni da far invidia al F.B.I.

Peccato che se lo avesse detto a Draco non avrebbe capito di cosa stesse parlando…

“Certo.”

Era giusto riuscito ad allentare la cravatta della ragazza, e ad intrufolarsi con la labbra tra la pelle calda, quando sentirono il rumore della maniglia che si abbassava e si alzava più volte.

Si bloccarono all’istante guardando con terrore in quella direzione. Una calcio dall’esterno venne sferrato alla porta, seguito da una imprecazione.

Si alzarono velocemente.

Draco provò ad acconciarsi i capelli, spettinati impudentemente e con grande piacere dalla ragazza che ora lo guardava spiazzata e impaurita.

Le fece segno di nascondersi sotto il letto e, benché Hermione non ne sembrò molto felice, seguì il suo consiglio.

Si avviò verso la porta, passandosi una mano tra capelli ancora una volta, e girò con uno scatto veloce la chiave. Subito la porta si aprì, mostrando un Blaise piuttosto infuriato con la bacchetta in mano, pronto a scagliare un Alohamora.

“Si può sapere perché ti chiudi in camera?! La stanza è anche mia, ti vorrei ricordare.”

Balise entrò spavaldamente nella camera e, dopo aver guardato fuori per controllare che non ci fosse nessun altro, Draco richiuse la porta, girando di nuovo la serratura.

L’altro Serpeverde si voltò a guardarlo interrogativamente.

“Che stai combinando?!”

Il biondo sembrò non dargli ascolto e, dirigendosi verso il suo letto, parlò all’aria.

“Puoi uscire.”

“Non devo uscire” rispose insicuro.

“Non a te.”

Si sedette sul letto e, allungando una mano verso il basso, alzò le coperte smeraldine che arrivavano a sfiorare terra.

“Non c’è pericolo.”

Hermione, ancora titubante e per niente felice di essere stata nascosta sotto un letto, dato che in genere quella era la parte del ragazzo della situazione, strisciò fuori facendo forza sui gomiti.

Guardò Draco pensierosa e poi si voltò verso Zabini, che aveva iniziato a ridere come un ossesso  steso sul suo letto.

Si alzò e si spazzolò i vestiti contrariata, intanto Draco aspettava offeso che il suo compagno la smettesse di ridere.

“Basta Zabini, hai riso anche troppo. Che sei venuto a fare, piuttosto?”

Balise Zabini, ancora con il fiatone per le troppe risate, si mise a sedere sul letto, guardando maliziosamente tutti e due. La Granger aveva una cipiglio di disappunto mai visto prima, in piedi vicino al letto con le braccia conserte. Draco era seduto non molto elegantemente sul baldacchino sfatto e lo guardava, come al suo solito, con fredda indifferenza.

“Devo prendere i libri, capisco che voi siete troppo indaffarati per pensare anche alla scuola… ma c’è lezione” abbandonò il materasso e si apprestò riempire la sua borsa con i libri depositati ai piedi del letto.

“Granger, ho visto Weasly piuttosto ansioso…”

Draco la guardò di sbieco e lei sospirò.

“Sarà preoccupato perché sa che ti dovevo vedere.”

“Come?”

“Be’ ho dovuto spiegargli come ho fatto a riavere la vista, non potevo ingannarlo.”

“Già, se lo incontrò allora dovrò rassicurarlo…” continuò Zabini con voce maliziosa.

“Non aprire bocca, Zabini” gli rispose minacciosamente.

“Lo sa, fa così solo per stuzzicarti” le rispose Draco.

“Perché, invece, lui sa?!”

Il ragazzo aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo a dire una parola che già  Blaise aveva preso a parlare.

“Ho notato che si comportava in maniera strana, e mi sono iniziato a preoccupare seriamente quando ho visto che rifiutava tutte le attenzioni di Pansy …”

Hermione sorrise di compiacimento.

“Una notte l’ho seguito durante le sue consuete escursioni notturne, e mi sono fatto raccontare tutto…”

“Mai a farsi i fatti propri” lo interruppe Draco.

“E tu gliel’hai detto?” chiese alquanto stupita dalla facilità con cui Draco aveva messo al corrente altri del loro segreto.

Zabini sembrò leggerle nei pensieri infatti rispose con uno strano sorrisetto.

“O no, non è stato così semplice farlo confessare. Ma, in quanto suo fidato compagno,  ero al corrente di  interessanti episodi…”

Hermione alzò un sopracciglio e Draco, molto spicciolamente e riservando uno sguardo truce tutto per Zabini, la illuminò.

“Mi ha minacciato.”

Hermione fece segno di aver compreso con il capo e nel frattempo Draco si era alzato.

La spinse delicatamente per un fianco verso la porta, camminandole affianco.

“Come è la situazione di là?”

“Ancora tranquilla. Prima venendo ho incontrato solo un gruppo di primini, ma niente di ché. Però dovete sbrigarvi se volete uscire senza essere visti.”

Draco aprì la porta e fece passare avanti la ragazza, che salutò Zabini con un segno della mano.

“Perfetto. Ci vediamo dopo” disse lui prima di andare via.

 

 

  
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