Amarilli,
mia bella,
Non
credi, o del mio cor dolce desio,
D'esser
tu l'amor mio?
Credilo
pur, e se timor t'assale,
Dubitar
non ti vale.
Aprimi
il petto e vedrai scritto in core:
Amarilli,
Amarilli, Amarilli è il mio amore.
*
<
Nec diu nec noctu
licet
Iudices
quiescant >
*
7.
Buio.
Mal.
Di. Testa.
Ci
aveva messo un po' a capirlo, che quel trambusto di suoni e colori era
dentro di lui.
I
suoni erano tamburi. I colori rosso vermiglio, arancio acceso, viola.
Aprì
gli occhi, e invece era tutto nero. Una fitta gli trapassò
la testa come un laccio di fuoco. Come la sferza della frusta che un
migliaio di volte aveva usato. Ricordava che una volta, entrando nella
sua stanza, sua madre lo aveva guardato.
-
Che cosa è questa, Claude?
-
Niente, Maman. Solo una cosa che mi serve, ogni tanto.
Sua
madre, che si chiamava Luz, ed era una donna per certi versi ben
più strana di lui, lo aveva guardato coi suoi occhi di
ghiaccio. Era stata una donna bellissima, e lo sarebbe stata ancora
adesso se un tempo tanto tiranno quanto ingannatore non l'avesse
ghermita già da tanti, tantissimi anni.
-
Solo una cosa che mi serve, Maman.
Ed
era vero. Aveva cominciato a frustarsi quando aveva poco più
di dieci anni. Un giorno, tornando da un gioco violento con certi
ragazzini di strada, aveva scoperto che il sangue può essere
grandemente piacevole. Era rimasto a fissare nello specchio il rivolo
purpureo che scendeva dal suo ginocchio. E ricordava ancora adesso di
aver pensato che nulla è più puro del sangue,
più bello e immacolato del sottile fiume di ferro vitale che
attraversa ognuno di no.
E
adesso, tutto quel sangue, lo sentiva come coagulato alla testa.
Provò a muovere un braccio: ne era incapace.
Provò a muoverne un altro. Niente.
Doveva
essere incatenato da qualche oscura parte. Il Capitano Phoebus. Quel maledetto,
pensò. E poi, subito dopo, ma perché non mi ha
ucciso? In fin dei conti sono ancora una persona importante. Non
penserà davvero che io stia ... che non mi cerchino ... che
non ...
Ma
di nuovo una fitta gli trapassò la testa. Esmeralda ...
faceva male ... dove avranno messo Esmeralda?
E
con la spalla dette un altro strattone. Sentì soltanto
qualcosa di freddo che gli lacerava le carni. E rumor di catene. Ma
dove mai erano finiti?
-
Esmeralda? - fece con la voce ancora impastata.
-
Esmeralda?
Gli
rispose solo l'eco.
-
Esmeralda!
E
adesso nella sua voce c'era come una nota di panico. Come la prima
volta che aveva fatto sfilare la sferza sulla sua schiena. E sentendo
il sibilo, in aria, aveva chiuso gli occhi. Ma adesso, dove diavolo era
Esmeralda?
Idiota. Sei soltanto un idiota.
Chi
sei?
La tua vocina interiore. E tu
sei soltanto un imbecille. Lei si fidava di te, e tu, tu, caro Giudice,
che cosa hai fatto? Non sei riuscito neanche a proteggerla. Lei si
fidava di te, e tu l'hai portata a morte certa, nelle braccia di quel
disgraziato!
Il
Giudice pensò al capitano, alla neanche troppo celata
lascivia con cui guardava la zingara. Possibile che avesse fatto tutto
questo solo per impossessarsi di lei? Che avesse intuito l'amore che lo
legava a quella donna-demonio, e che avesse preferito far fuori il suo
rivale?
-
Oh, ma andiamo, questo è ridicolo! - borbottò
all'aria nera, d'intorno. E stavolta gli venne un capogiro,
perché aveva parlato troppo forte. Si sentiva davvero
debolissimo, quasi al limite della consunzione.
Ma
da quanto tempo sono qui? Da quanto tempo non mi danno da bere?
Aguzzando
l'orecchio sentì come il rumore di una goccia stillante.
Sentiva umido dietro la schiena. Doveva essere in un sotterraneo.
-
Ma da quanto tempo sono qui? Fuori è giorno o notte? E il
sole? Dov'è finito il sole?
Piegando
la testa sotto una nuova fitta, si accorse che qualcosa di bagnato gli
attraversava una guancia.
-
E' sangue? Quando mi hanno colpito ...
Ma
non sentiva dolore alla fronte. Non sentiva il bruciore del taglio, no
... si rifiutò di pensare che quella fosse una lacrima.
-
Che cosa ho fatto di male, per essere qui?
E
nel fulgore della notte una voce, una voce dolcissima rispose.
- Tutte le cose dunque che volete
che gli uomini vi facciano, anche voi dovete similmente farle loro.
Matteo 7.12, mi pare. Ma tu dovresti conoscerlo.
-
Chi sei? - fece lui, scattando in piedi. Ma aveva dimenticato di aver
le catene. Il movimento gli valse solo un'insostenibile dolore e uno
strappo lancinante alla spalla. Tornò a sedere mordendosi a
sangue il labbro pur di non gemere.
-
Chi sono? - sorrise la voce. E anche se lui sapeva che una voce non sorride, che
tutto intorno a lui era buio, una speranza nacque nel suo cuore.
-
Sei Esmeralda? Sei incatenata con me?
Sentì
un rumore di catene, poi di passi. Se era anche lei incatenata, lo era
più liberamente. Poteva muoversi, cosa che a lui non era
data di fare.
La
voce rise, di nuovo.
-
No, caro. Non sono affatto incatenata. Vedi? Mi poso muovere.
Claude
sentì un movimento veloce, e poi qualcosa che era accanto a
lui. Era morbida. Era gentile, come Esmeralda. Però non era
lei, era sicuro.
Un
refolo di capelli leggeri come il vento gli sfiorò la
guancia.
-
La tua Esmeralda è al sicuro, tu non temere, caro Giudice.
-
E tu? E tu allora chi sei?
La
voce rise.
-
Una che si è stancata di sentirti fare tante domande. Non
sei affatto prigioniero di Phoebus, se questo ti consola. E adesso - e
qui i capelli scomparvero - Adesso avrei ben altro da fare.
-
No! Aspetta! Non te ne andare?
La
donna doveva già essersi allontanata quel tanto che bastava
per farla tornare indietro.
-
Non lasciarmi qui solo, ti prego! Dimmi almeno dov'è
Esmeralda!
La
voce fece come un breve sospiro.
-
La ami molto, non è vero?
Il
silenzio avvolse la mente del Giudice. Non doveva parlare con estranei.
Con gente che potrebbe averla
già uccisa.
-
Voglio sapere dove è Esmeralda!
Fece,
cercando di raggranellare nella voce tutta quel po' di
autorità che gli restava. Non era molto facile essendo
completamente incatenato, spalle al muro fetido, a terra. E poi,
neanche un minuto prima, quella lacrima ... pregò,
stringendo gli occhi, che nessuno dovesse mai accorgersi che lui, lui,
proprio lui, aveva pianto.
-
Vedo che ti interessi di lei. Allora è vero quello che
dicono. Bene, almeno - e qui la voce rise - vedremo di essere un po'
più clementi. Ma adesso scusa, devo andare. Magari dopo
tornerò a farti bello. Ci sono un sacco di cose da fare,
oggi, e poi tu sarai processato. Non vorrai mica presentati male al tuo
processo,. vero Giudice?
Claude
sbatté le palpebre, e poi, nel martellare delle sue tempie
vide quella che era l'evidenza.
Uno
scherzo. Era solamente uno scherzo.
-
Non penso proprio, caro il mio Giudice - fece la voce. E poi lui
sentì il cigolio di una serratura che si apriva.
-
No! Aspetta ...
Ma
la porta si era già richiusa. Neanche una lama di luce era
riuscita a bucare il nero intorno a lui.
Chiuse
gli occhi. Ora la goccia, da qualche parte laggiù dentro il
buio, era il suo nome.
Esmeralda.
Luce,
capelli, vento e sole.
Amore.
Esmeralda.
Gioia,
fulgore, penitenza.
Strazio.
Esmeralda.
Cosa
ti ho fatto?
Perché siamo qui?
Chiuse
gli occhi, il dolore alla testa ronzava come un alveare. Aveva sete,
tra poco non avrebbe più avuto la forza di pensare. Ma un
ultimo pensiero, ancora, e ancora ...
Esmeralda.
Amore
mio.
Perdonami.
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