HL2
HOGWARTS LEGEND
[Part #2: Lullabye for
a Stormy Night]
Black
is the kiss, the touch of the serpent sun
It
ain't the mark or the scar that makes you run
And
run,
And
run,
And
run
My
Chemical Romance, Thank you for the venom
Pansy Parkinson aveva l’aspetto
stravolto di chi ha passato la giornata a potare un Tranello del
Diavolo
particolarmente infernale.
Gli occhi brillavano e le guance
erano accese come se fosse stata preda di una febbre altissima.
Hermione vide
il suo sguardo oltrepassare, impaziente, Draco Malfoy, per poi frugare,
frenetico, alle sue spalle, alla ricerca dell’ombra di
Zabini.
Per la verità, la Caposcuola
Slytherin
doveva sapere benissimo che Zabini non aveva nessun motivo valido per
trovarsi
lì in quel momento, ma la remota possibilità che
potesse succedere, bastava ad
accenderla, come un fiammifero, di una vampata destinata a spegnersi
presto in
un fumo soffocante di zolfo.
Per colpa di quel giovane demonio che
camminava un passo davanti a lei.
Gli effetti di un Filtro d’Amore,
intensi e dolorosi, disorientamento e
sofferenza che trovavano senso e causa solo nell’esistenza di
una persona;
desideri oscuri e dolcezza travolgente, sogni che erano come sangue che
spandeva goccia a goccia da una vena recisa.
E lui le avrebbe inflitto tutto questo solo
per averla.
Ma, del resto, che cosa aveva creduto?
Che lui non avrebbe usato una qualsiasi
scorciatoia, quel viottolo
sepolto nella boscaglia che serve per prendere l’avversario
alla schiena?
Avvelenare i pozzi e bruciarsi
città alle spalle.
Nessun espediente era troppo basso per una
persona che conosceva a
memoria ogni termine dei patti a cui era sceso con se stesso.
Draco fissava Pansy, tranquillo,
troppo indifferente per essere veramente divertito. Aveva avuto la sua
vendetta
perché fosse chiaro – a se stesso non meno che
agli altri – che non avrebbe mai
lasciata impunita una colpa nei suoi confronti. La Viola
di Slytherin aveva
accumulato abbastanza debiti di quella natura, da riuscire a saldarli
solo nel
lungo periodo. Tuttavia la sua sofferenza non lo toccava: non era una
benda da
applicare alla ferita della loro storia finita o del duplice tradimento
di
un’amicizia.
Era solo una voce da depennare
sul libro nero per poi non pensarci più.
- Che cosa ti succede? -
La precedeva di un passo e pur
non guardandola direttamente, la sua voce era sicura nel porle quella
domanda,
tanto da spingerla a domandarsi se il suo intuito fosse davvero
un’estensione
di quello che provava per lei.
Draco Malfoy non era una persona
sensibile, non nella comune accezione del termine, ma il suo istinto
aveva
qualcosa di disturbante, quando sembrava che la violenza di
un’emozione potesse
rompere anche l’argine del suo corpo e giungere fino a lui,
per quanto lei
potesse sforzarsi di mantenerla nei confini
dell’autocontrollo.
Aveva un’inclinazione naturale
per avvertire all’istante qualsiasi turbamento nella
serenità altrui, ed era infallibile
nel riconoscere un momento di debolezza, quel punto vulnerabile in cui
scavare,
il tallone in cui spezzare la punta di una freccia; il nervo scoperto
con
precisione chirurgica, su cui battere fino al tracollo dei nervi.
- Nulla -
- Stai mentendo –
Pansy aveva voltato loro le
spalle e non poteva sentire i loro discorsi né la sicurezza
del suo tono. Si
era allontanata da loro come ci si allontana da una palude infetta.
Questo non le dispiaceva,
nonostante i suoi pensieri volgessero, rapidi, verso la tempesta,
desiderava
poter restare sola con lui.
A litigare, a tacere, ma sola,
insieme con lui.
Lui che aspettava in silenzio
l’eventualità che volesse comunicargli qualcosa.
Non voleva sapere se per Pansy
aveva avuto gli stessi silenzi e le stesse attese, quando
l’amore artificiale
del filtro gli era entrato in circolo.
Probabilmente no, Pansy lo amava
e lottava da anni per averlo: chi gli aveva inflitto la condanna, gli
aveva
anche dato la grazia.
Non era stato lo stesso, quando
aveva sospettato di amare lei, Hermione, quando il dolore e una rabbia
inimmaginabile avevano consumato la sua resistenza.
Aveva sofferto.
Inciampare in quel pensiero la
costrinse ad aggrapparsi alla sua mano per non cadere, o forse per
trascinarlo
con sé mentre cadeva.
Draco intrecciò le dita alle sue
e ricambiò la sua stretta con la forza che, senza parole,
gli aveva chiesto. Si
fermò di colpo, cosicché lei gli finì
addosso e per un lungo, estatico attimo,
si appoggiò al suo fianco e alla sua spalla,
sentì il suo sospiro come
un’estensione del proprio.
- Nemmeno un minuto fa, sembrava
volessi vedermi morto – disse lui e, voltando il capo,
sfiorò con le labbra quella
testa abbandonata contro la sua spalla – Adesso mi sei di
nuovo …affezionata? -
Hermione ebbe quasi l’impulso di
ridere: quando credeva di doverla trattare con circospezione, si
rivolgeva a
lei sempre in quel tono estremamente educato, ai limiti della
formalità e i
suoi eufemismi diventavano tali fino all’esasperazione.
- Già -
Lui sospirò ancora e riprese a
camminare, adeguando il passo al suo. Erano soli, così lei
si avvinghiò al suo
braccio e gli appoggiò la guancia sotto la spalla.
- Sì, - mormorò lui, in tono
basso e decisamente soddisfatto - sei molto affettuosa. Qualcuno ti ha
già
fatto notare i tuoi squilibri mentali o sono il primo anche
in questo? -
La voce strascicata e cerimoniosa
le fece vibrare le spalle di una risatina silenziosa, nondimeno si
sentì in
dovere di dargli un pizzicotto, visto che la sua frase era doppiamente
oltraggiosa.
- No, non sei decisamente il primo
- rispose, parodiando il suo tono
e trascinando le parole in maniera esagerata – Ron mi dice in
continuazione che
sono pazza, ultimamente più del solito. Hai idea del motivo?
-
- E’ superfluo farti notare che
Weasley con le donne non ci sa davvero fare – rispose lui,
con sufficienza –
Non bisogna dirti che sei pazza: bisogna trattarti come tale senza
fartelo
capire –
Questa volta si guadagnò un pugno
sul bicipite e scoppiò a ridere. Scesero una rampa di scale
fino al
pianerottolo del primo piano; Draco si voltò e le
posò le mani intorno alla
vita, aiutandola a saltare l’ultimo gradino.
Le sue mani le scivolarono sui fianchi,
mentre la traeva a sé, poi l’abbracciò
e chinò la testa verso il suo collo.
Labbra fresche e tenere
l’accarezzarono sotto l’orecchio, ma la delicatezza
di quel gesto era
largamente bilanciata dalla sfacciataggine di una mano che risaliva,
disinvolta, sotto la sua gonna.
Lei l’allontanò, strattonandogli
il polso – Malfoy! C’è mezza scuola in
giro stanotte! –
Ebbe come risposta un’altra
risata sommessa, lui tirò indietro il viso per guardarla, un
braccio che le
cingeva ancora la vita, se c’era qualcosa che aveva sempre il
potere di
divertirlo era vedere la sua espressione scandalizzata.
- Andiamo a sbrigare in fretta
questa seccatura, mia pudibonda Caposcuola – le disse
– Così dopo potremo stare
un po’ in un posto dove non
c’è mezza
scuola in giro -
- Quando ci saremo sbrigati sarò
stanchissima – mormorò lei.
- Allora vorrà dire che quando ti
riporterò al tuo dormitorio sarai distrutta -
Soffice e tentatrice, la sua voce
era glassa da raccogliere con le dita sulla superficie di un dolce, era
solo
l’avvisaglia di quanto sarebbe successo dopo.
Quando si chinò per baciarla,
chiuse gli occhi e gli porse le labbra aspettandosi il seguito
appassionato di
quella promessa. Il bacio vellutato che le toccò la guancia
la colse
completamente di sorpresa e, senza pensare, girò il viso per
inseguire il suo,
alla cieca: labbra, pelle serica, le ciglia che l’avevano
sfiorata. Lui le
racchiuse il volto tra due mani e le premette un altro bacio, casto,
sulla
fronte.
- Questo per dimostrare che tu
con le donne ci sai fare? – tentò di scherzare
lei. La voce rauca le cedette
prima di riuscire a completare la frase.
Lui rise, piano, le mani ancora
sul suo viso.
Aveva tanta luce negli occhi da
rischiarare anche una notte di incubi e lei sentì male alla
gola, la stretta
della tenerezza talmente violenta da inumidirle le palpebre.
- Non è una fortuna che, in caso
contrario, io possa sempre chiedere una consulenza a Paciock? -
***
Looking for the victim
Shivering in bed
Searching out fear in the gathering gloom
The Cure, Lullaby
Nella Sala d’Ingresso, c’era una
grossa confusione di professori, Capiscuola, Prefetti, studenti e
fantasmi e
custode. I quadri ci mettevano del loro, facendo domande ad alta voce e
allungando il collo dalle loro cornici per capire cosa stesse
succedendo.
La Professoressa McGranitt
era vestita di tutto punto nonostante l’ora, mentre il
piccolo Professor
Vitiuos aveva l’aria sconsolata di chi è stato
interrotto durante la parte
migliore del sonno. La Vicepreside
spostò lo sguardo da Malfoy a Hermione senza che
sul suo volto si registrasse una sola increspatura. Probabilmente aveva
rimosso
all’istante la sola idea che loro due stessero scendendo la
medesima rampa di
scale senza insultarsi,
pensò
Hermione; al contrario di Severus Piton, i cui occhi scuri e freddi
come
cubetti di fango ghiacciato, si soffermarono su di lei, malevoli.
- Credi che Piton sospetti
qualcosa? – domandò sottovoce a Draco, senza
guardarlo.
- Solo perché ti ha appena
accoltellata con gli occhi? – fece lui, di rimando
– No, è solo geloso: del resto
tu gli hai dichiarato il tuo amore e adesso vai in giro con un altro
–
La superò per raggiungere il
direttore della sua Casa, lasciandola a mordersi le labbra per
trattenere una
risata. Hermione si premette il dorso della mano sulla bocca, emettendo
qualche
artistico colpo di tosse che le valse un’occhiata poco
convinta della McGranitt
e un’energica battuta sulle spalle da parte di Ron.
- Va meglio? – le domandò il
ragazzo, serafico.
- Grazie, Ron – disse lei,
ironica.
Lui le diede un ultimo colpo in
mezzo alle scapole – E’ sempre un piacere
–
Padma Patil e Anthony Goldstein
erano occupati a sedare una piccola rivolta tra gli allievi di
Ravenclaw che
non volevano saperne di tornare nel loro dormitorio. Ragazzini del
primo e del
secondo anno, letteralmente terrorizzati, correvano ad ammucchiarsi
dietro le
spalle del Professor Vitious, con il solo risultato di rischiare di
schiacciarlo. Quelli più grandi stavano mantenendo la calma,
ma non per questo
sembravano maggiormente disposti a mostrarsi ragionevoli.
Padma Patil aveva l’atteggiamento
combattivo di chi si prepara a rimboccarsi le maniche e prendere i
bambini per
la collottola, rimandandoli di sopra a calci; Anthony cercava di
mettere ordine
con la sua voce calma e i modi pacati e decisi, senza, in
verità, raggiungere
più risultati della collega. Dal suo fianco, Tess si
sbracciò all’indirizzo di
Hermione come se la rivedesse dopo dieci anni o giù di
lì.
- Signorina Granger, sei in
ritardo, mi meraviglio di te - disse la Vicepreside
in tono secco e, senza aspettare che
lei si scusasse, proseguì – Sembra che sia sorto
un problema nel dormitorio di
Ravenclaw … -
- Ehi, Capogranger! –
Tess indossava il mantello della
divisa, chiudendo il colletto sulla gola con una mano; sotto
l’orlo inferiore
spuntavano pantofoline dai tacchi alti, di vernice e piume turchesi,
molto
femminili e perfettamente intonate alla vestaglia di seta finissima che
si
intravedeva tra le falde del mantello.
- Non abbiamo ancora prove che
sia in realtà successo qualcosa. Tuttavia se dovessimo
capire che è così, la
situazione si prospetterebbe alquanto difficile -
La Professoressa McGranitt
stava parlando, e Hermione sollevò le sopraciglia e
roteò gli occhi per segnalare a Tess di fare silenzio. Ron,
approfittando di un
momento in cui la McGranitt
non stava guardando dalla loro parte, fece un gesto molto eloquente
sollevando
le palme al cielo e strabuzzando gli occhi. Per prima cosa Hermione
pensò che
gli avessero scagliato a tradimento una Maledizione Cruciatus, poi
comprese che
stava domandandosi quando diavolo la professoressa si sarebbe decisa a
dire
cosa stava succedendo e, allo stesso tempo, stava chiedendo lumi a
Hermione.
Lei però era troppo occupata a zittire Tess.
La
Vicepreside non parve
notare tutto quel tramestio, ma le sue narici fremettero.
- In ogni caso il Preside vuole
che si faccia una perlustrazione dell’intero Castello, dalle
soffitte ai
sotterranei -
- Capogranger! Hai saputo la
novità? –
Inutile, Tess non aveva
intenzione di desistere.
- Vi darò istruzioni su chi e
cosa cercare – continuò la McGranitt
– State all’erta e comunicate via fantasma -
Di qualsiasi cosa si trattasse,
non doveva avere lasciato strascichi eccessivi, a giudicare dalla
disinvoltura
delle Blue Ladies. Jalice Love, per la verità sembrava molto
pallida, ma stava
rimediando largamente al problema passandosi di nascosto il rossetto e
una
buona mano di rosa naturale sulle
guance; Reese Hewitt teneva un braccio intorno alle spalle di Jalice,
con aria
incoraggiante e protettiva.
- A questo punto è il caso di dirvi
cosa sta succedendo – la McGranitt
guardò i ragazzi radunati intorno a lei e
un’espressione di autentica preoccupazione le
attraversò il volto; abbassò la
voce nell’evidente sforzo di comunicare la cosa in modo
delicato.
- E’ possibile che qualcuno si
sia introdotto nella nostra scuola – riprese a bassa voce
– Ma non allarmatevi
prima del dovuto –
A giudicare dalle facce, la gente
che aveva intorno non doveva considerare la cosa esattamente un inedito
storico.
- Capogranger, è una cosa
terribilmente eccitante! -
- E’ possibile che … - la McGranitt
prese un
respiro.
Tess sprizzava eccitazione da
tutti i pori.
- C’è pazzo con
l’ascia che gira intorno al nostro dormitorio!
–
***
So
many
Bright
lights to cast a shadow
But
can I speak?
Well
is it hard understanding
I'm
incomplete
My
Chemical Romance,
Famous Last Words
Testimone d’eccezione era stata
Jalice Love. Reese Hewitt era arrivata in un secondo momento e Tess era
intervenuta insieme a mezzo dormitorio Ravenclaw richiamato dalle urla
disperate delle sue amiche.
Era andata più o meno così:
Jalice e Reese erano uscite dal dormitorio per andarsene a fare la loro
toilette in un più ampio e accogliente bagno riservato ai
Prefetti o ai
Capiscuola – le parole d’ordine ovviamente non
erano un problema, visto che
anche i pivelli del primo conoscevano quelle dei bagni riservati
– solo che,
poco fuori del loro dormitorio, avevano sentito un rumore strano.
Avevano
acceso le bacchette e avevano visto una porta aprirsi lentamente
e…
E adesso tutti si ritrovavano a
ricostruire la situazione in base ai ricordi di Jalice.
Hermione pensò che peggio di così
non poteva andare.
- Quell’attrezzo con un bastone e
una cosa tagliente in cima è un’ascia, vero? -
Evidentemente si sbagliava.
- Beh, anche una lancia è fatta
così – osservò Reese Hewitt, piena di
buon senso – Ma dovrei controllare -
Poteva andare peggio.
- Oh, - Jalice si guardò intorno,
con aria delusa – Forse, dopotutto, era un pazzo con la
lancia -
- L’ho intravisto anche io. Ma mi
è sembrato che avesse un uncino
–
aggiunse Reese, timidamente, poi si affrettò a rassicurare
l’amica – Non per
contraddirti, tesoro. Vedrai che sicuramente
era un’ascia o una lancia –
Era un incubo, e per nessun
motivo che riguardasse pazzi con l’ascia, la lancia e simili
quisquilie.
- Tesoro, - Jalice strinse
affettuosamente la mano dell’amica – se anche
dovesse risultare che era un
uncino, non mi offenderei -
La verità era che non si riusciva
assolutamente a venire a capo di quella faccenda. Da quel poco che si
sapeva
con sicurezza, verso le undici e mezza, Radio Strega Network e Radio
Strega
Rock e Radio Dimensione Strega, avevano allarmato la popolazione in
merito a
un’evasione da Azkaban: sembrava che un pazzo maniaco,
condannato in passato
per una serie di efferati delitti, fosse di nuovo in circolazione.
Gli Slytherin, a quel punto del
racconto, si erano guardati, speranzosi, chiedendosi quale fosse il
fortunato
trai loro parenti.
- Malfoy, secondo me è tua zia –
disse, in tono esperto, un pupetto ridicolmente piccolo,
introdottosi clandestinamente nella saletta dei
Caposcuola, dove si stava cercando di fare il punto della situazione.
Malfoy lo fissò, stupito e
infastidito: difficilmente qualcuno gli si rivolgeva direttamente,
specialmente
trai più piccoli.
- Ci conosciamo? - domandò,
freddo.
- Rosier, primo anno –
Rosier. Un’antichissima, onorata,
famiglia di purosangue che aveva fornito ad Azkaban il suo doveroso
tributo di
presenze.
Malfoy si rilassò all’istante,
poi considerò quanto aveva detto e scosse il capo, dubbioso.
I suoi parenti –
che da soli avevano fornito un valido pretesto per tenere aperte, e col
personale a pieni ranghi, le patrie galere – erano evasi da
parecchio tempo.
Nonostante il Mondo Magico preferisse glissare sugli aspetti meno
gradevoli
della sua cronaca nera, la notizia che la famiglia
Black-Malfoy-Lestrange aveva
felicemente tagliato la corda, si era sparsa già alla fine
del quinto anno.
Causando al rampollo, rimasto in
quel di Hogwarts, non pochi problemi, tanto per chiosare.
- Non è lei? – bisbigliò il piccolo
Rosier – Cioè, non voglio dire che tua zia
è una pazza che se ne va in giro ad
ammazzare gente, secondo me è solo una patriota
… -
-
E’ già evasa da tempo. Inoltre hanno
detto che si tratta di un maschio –
disse Malfoy.
Rosier annuì – Giusto – disse,
assorbendo quella confutazione che poteva mettere un punto fermo alla
faccenda.
- Fuori! -
Hermione Granger si erse in tutta
la sua altezza davanti a quel soldo di cacio e gli indicò la
porta – Non è
prudente che i più piccoli stiano in giro, con quello che
sta succedendo, trova
immediatamente qualcuno che ti accompagni in Sala Grande -
Rosier la guardò in cagnesco,
aveva capelli lisci e neri come spaghetti, limpidi occhioni azzurro
chiaro,e un
visetto, nemmeno troppo pulito, che lei avrebbe trovato adorabile, se
non
avesse avuto stampato sopra un ringhio da mettere spavento anche a una
tigre
inferocita.
– Stai attenta, Caposcuola
Mezzosangue – abbaiò – Sono piccolo, ma
sono anche potente e incavolato -
Prima che riuscisse ad aggiungere
altro, Malfoy si alzò e gli indicò la porta verso
la quale lo accompagnò,
assicurandosi che uscisse – Qui sono ammessi solo i
Caposcuola – disse – Torna
immediatamente di sotto e rimani in Sala Grande. Se scopro che mi hai
disobbedito te ne pentirai. Chiaro? -
Quello che complicava le cose in
maniera spropositata, era che ciascuno raccontava una storia diversa.
Padma
Patil era talmente esausta che poco prima aveva mandato a chiamare la
sorella e
le aveva rifilato una cravatta di Ravenclaw. Adesso come Caposcuola di
Ravenclaw
c’era effettivamente una Padma Patil (l’altra si
era eclissata per fumare), ma
nessuno sapeva se fosse quella giusta.
Hermione pensò che bastava
sventolarle sotto il naso un gustoso pettegolezzo e la sua comare
Lavanda, per
vederle gettare la maschera.
Tuttavia era troppo indaffarata
per farlo: insieme a Anthony Goldstein stava rimettendo insieme, con
pazienza,
pezzi diversi di storia di almeno due dozzine di ragazzi di Ravenclaw
del primo
e del secondo anno.
Il maniaco era un tizio alto. No,
era basso, replicava un altro.
Aveva
il naso adunco e i capelli unti. No, quello era Piton,
che era andato a controllare che diavolo fosse tutto quel
chiasso che arrivava fino ai sotterranei.
Il fantomatico pazzo, insomma,
aveva un uncino al posto della mano. No, aveva delle lame
al posto delle dita. Aveva una bacchetta in mano e sembrava
sul punto di scagliare qualche Avada Kedavra a casaccio. No, no, quello
era
ancora Piton.
Portava una maschera bianca
davanti alla faccia. No, la maschera era traforata. Aveva un vestito
nero
veramente brutto e un mantello nero, che, se possibile, era ancora
più brutto.
No, quello era sempre Piton, che
era
nero anche in faccia, a voler essere pignoli…
- Jalice – Anthony sembrava
distrutto – Per favore, puoi ripetermi com’era
vestito il maniaco? -
Se la stava interrogando per
cercare di mettere ordine in quel caos, pensò Hermione,
Anthony doveva essere
davvero disperato.
- Beh – Jalice parve lievemente
perplessa, come se non si fosse aspettata una domanda così
ovvia – Esattamente
come si presume debba essere vestito un maniaco -
- Vale a dire? -
- Male –
Appunto.
Per sicurezza tutti i dormitori
erano stati evacuati e gli studenti si stavano godendo una romantica
nottata a
far finta di dormire sotto le stelle della Sala Grande, come succedeva
ogni
volta che un pazzo assassino scappava da Azkaban, con gli occhi
socchiusi, le
orecchie e le antenne tese, modello Spioscopio di ultima generazione,
pronte a
captare ogni parola degli insegnanti o dei Capiscuola di guardia, e a
dividerla, fraternamente, con il resto del corpo studentesco.
Pansy Parkinson, era ancora alla
ricerca di Zabini, così affidò gli studenti
più giovani a un Prefetto di
Slytherin, Elinor Nott, una rossa snella e nervosa, sorella di Theodore
Nott
che al momento non era reperibile, ma che sicuramente era da qualche
parte a
osservare la luna.
Nott non era mai stato un tipo
propriamente normale, però ultimamente, dopo la rischiata
espulsione per via di
un duello che aveva coinvolto lui e Malfoy - ma la cui
responsabilità si erano
dovuti addossare soltanto Nott e lei, Pansy, che gli aveva fatto da
secondo –
aveva cominciato seriamente a dare i numeri.
Tanto per cominciare Gregory
Goyle sosteneva di averlo visto appollaiato sul bastioni
dell’ala est mentre
urlava verso la luna. Vincet Tiger, con un tono pesante come il piombo,
aveva
detto che in realtà Nott non stava urlando, ma ululando; e che subito dopo era corso da
lui per chiedergli di
controllare se gli fossero spuntati peli in faccia.
Adesso, Tiger non era sicuramente
tipo da rispondere con cortesia a un tizio che pretendeva gli si
facesse la
conta dei peli, così gli aveva mollato un cazzotto. Quello
allora si era messo
a guaire per il dolore.
Poi aveva cercato di mordere
Goyle.
La Caposcuola
Pansy
Parkinson, stava pensando a queste cose poco piacevoli, quando
inciampò in un
bimbo alto più o meno come due mele impilate.
- Di che Casa sei? – domandò,
aguzzando la vista nella penombra della Sala Grande, dove gli
insegnanti
sorvegliavano il riposo apparente e forzato dei loro allievi.
- Slytherin – bisbigliò quello –
Rosier -
Pansy gli diede una lieve
scrollata alla spalla – Allora vai dai tuoi compagni
–
Quello la guardò andare via e
un’espressione determinata si disegnò sul suo
visetto da monello - Non prima di
averla fatta pagare a quella Caposcuola insolente –
borbottò, sgattaiolando
verso la porta.
***
- Ron, vieni con noi? -
Da sempre, Anthony Goldstein,
aveva la posizione, tacitamente assegnatagli, di coordinatore delle
attività
dei Capiscuola. Era l’unico ad avere il carattere adatto:
Hermione Granger, per
esempio, era troppo rigorosa e autoritaria e qualcuno avrebbe finito
per
strozzarla, mentre Padma Patil aveva decisamente altri interessi; Draco
Malfoy
avrebbe probabilmente inviato Ron Weasley di ronda nelle fogne un
giorno sì e
l’altro pure, quindi era fuori discussione, e Weasley avrebbe
ricambiato con
gli interessi di un’occhiatina alla Foresta Proibita, settore
Centauri, quindi
era fuori discussione pure lui. L’unico altro candidato
adatto era Ernie
Macmillan, che insieme a Anthony era forse il solo che per un motivo o
per
l’altro non aveva smesso di rivolgersi la parola con uno dei
colleghi – fattore
da non sottovalutare per via delle necessarie comunicazioni riguardo le
attività – ma il pacioso e solenne Caposcuola di
Hufflepuff non aveva
aspirazioni del genere.
Al momento Anthony stava
organizzando la squadra che avrebbe effettuato una perlustrazione nei
dintorni
della Torre di Ravenclaw.
- Certo, sono dei vostri –
rispose Ron, di buon grado.
- Malfoy, tu cosa fai? -
Malfoy scrollò le spalle e fece
per andarsene – No, devo tornare nei sotterranei –
Weasley tossì – Vigliacco –
Ci fu un attimo di silenzio
completo, in cui Anthony Goldstein investì Ron con
un’occhiata irosa, che andò
del tutto sprecata, poiché l’altro era troppo
occupato a trattenere lo sguardo
di Malfoy, con quel solito atteggiamento che avevano dalla prima volta
che si
erano visti: quando sembrava che ne sarebbe andato della vita di chi
avesse
abbassato gli occhi per primo.
Draco Malfoy si limitò piegare la
testa da un lato e sulle sue labbra apparve una specie di sorriso,
quasi quello
che aveva davanti agli occhi fosse qualcosa di incredibilmente
divertente per
un motivo noto soltanto a lui.
Per un attimo Hermione vide un
bambino sottile, con un ghigno di rabbia sul viso, stringere i pugni le
guance
chiazzate di rosa per l’ira, pronto a saltare al collo di chi
aveva davanti; al
suo posto, poi, apparve un ragazzino ugualmente magro col il viso
infiammato da
una rabbia che esplodeva dentro di lui senza trovare sfogo esterno.
Infine entrambi disparvero,
lasciando il giovane uomo controllato, i suoi occhi amari e irridenti,
le ombre
che si avvicendavano sul suo viso, così rapide che era
impossibile indovinarne
la forma.
Tre gradi diversi di vita, tre
gradi di dominio sulle proprie apparenze, tre gradi
d’orgoglio.
- Vuoi andare tu a perlustrare il
sotterraneo, Weasley? - la sua voce era dolce come il miele, come
sapeva essere
solo quando il morso delle sue parole gocciolava veleno –
Poco fa mi hanno
mandato a dire che anche lì è stato visto
qualcosa di strano. Vuoi accomodarti?
-
Ronald Weasley sollevò il mento,
risoluto – Certo che posso farlo, se è necessario
– replicò, brusco.
Di nuovo il fremito di un sorriso
sulle labbra di Malfoy, Hermione scorse, inquieta, il bagliore che gli
attraversò gli occhi, un fulmine su cielo già
illividito dalla tempesta.
- Accomodati, Weasley – un aperto
sorriso sbocciò sulla bocca di Malfoy – Il
sotterraneo è pericoloso per chi non
lo conosce: rischi di perdere la strada o di finire in un trabocchetto.
Ma chi
sono io per ostacolare il coraggio Gryffindor? -
Ecco cos’era quel lampo nei suoi
occhi.
- Oppure preferisci che ti
accompagni? -
La gentilezza impalpabile della
sua voce era la sottigliezza di una ragnatela, vischiosa, la trappola
nemmeno
del tutto invisibile in cui un insetto attende paziente la propria
fine.
Hermione, quel tono di voce, lo
conosceva bene.
- Cercate di non fare gli idioti
– intervenne, dura – Non abbiamo tempo da perdere
con queste cose -
Ron la guardò, rabbuiato. Draco
invece la gratificò con uno sguardo singolare, che
somigliava alla malizia.
Lei comprese, oscuramente, che
col suo intervento, aveva salvato Ron da qualche strano incidente.
Conoscendo
Draco, sarebbe stato da lui fare affidamento sull’ostinazione
di Ron in modo da
averlo tra le grinfie, mentre si trovavano da soli nel sotterraneo.
Tre diversi stadi di pericolo.
Malfoy aveva imparato a
controllare le proprie reazioni, non il proprio odio.
Adesso comprendeva anche quello
sguardo: si era aspettato un suo intervento, quindi non era troppo
arrabbiato
perché lei gli aveva rovinato il divertimento.
Senza aggiungere altro, Malfoy
voltò loro le spalle e si allontanò lungo il
corridoio, il serpente tornava
nella sua tana sprofondata nelle viscere del castello. Hermione
fissò la sua
schiena rigida e poi la faccia di Ron, nera di rabbia.
Sospirò e seguì gli altri verso
le scale che li avrebbero condotti verso le Torri dell’ala
ovest. Ron aveva le
mani contratte e una smorfia che non sarebbe sparita tanto presto; e
non appena
lei cercò di incrociare il suo sguardo, si girò
dall’altra parte. Indispettita,
Hermione voltò la testa verso la fila di strette finestre
alla sua sinistra.
Il cielo era così nero e pesto
che tutto l’esterno sembrava coperto da una colata di vernice
scura, né una
stella né un raggio di luna a romperne
l’uniformità; ma ad un tratto, una luce
livida e il rumore di una scarica di energia ferirono il cielo,
rivelando
coaguli di nuvole gonfie e livide. L’attimo di silenzio
sospeso, in cui le
pietre del castello sembrarono trattenere il fiato, sembrò
infinito e, allo
stesso tempo, troppo breve. Poi esplose il tuono e una pioggia
torrenziale
cominciò a riversarsi dal cielo.
Non fu graduale, piuttosto sembrò
che lassù si fosse squarciata la parete di una diga,
lasciando cadere sulla
terra cascate incontrollate di un’acqua nera e fredda come lo
sconforto di un
demonio, di quelli che, in definitiva, alla Grande Ribellione nemmeno
ci
avevano creduto, ma che per indolenza o opportunismo, o forse sperando
in un
nuovo Miracolo Celeste, avevano votato per un partito fino ad allora
relegato
all’opposizione senza speranza.
Accidenti, pensò Hermione, era
davvero una notte buia e tempestosa.
***
Little
child, be not afraid
The
rain pounds harsh against the glass
Like
an unwanted stranger
There
is no danger
I
am here tonight
- Caposcuola Mezzosangue -
Quel bisbiglio proveniva da
dietro un angolo del corridoio; tuttavia, quando Hermione si
girò, non vide
nessuno. Il richiamo si ripeté e lei, con una smorfia di
disappunto si fermò.
Le mani sui fianchi e l’espressione contrariata,
allungò una mano nell’ombra
per afferrare un braccio magrolino. Lo scricciolo era decisamente
più veloce
dei suoi riflessi allenati da Prefetto e Caposcuola perché
lo rivide, parecchio
più lontano di quanto si sarebbe aspettata, che la guardava
e ridacchiava.
- Rosier, vero? – ringhiò lei
puntando l’indice ai propri piedi – Qui!
-
Il bambino le mostrò un largo
ghigno insolente.
Lei proruppe in un’esclamazione
irritata che riuscì solo a farlo ridere di più
– Devi tornare di sotto! – lo
sgridò lei – In questo momento ho altro di cui
occuparmi che non di giocare a
nascondino con un bimbo indisponente! –
- Non sono un bimbo! – gridò lui,
stringendo i pugni, ugualmente infuriato.
- Oh, va bene, Signor Rosier, fammi
la cortesia di andartene in Sala Grande o
giuro che … -
- Hermione, perché stai gridando?
–
A giudicare dal rumore pesante e
cadenzato dei passi, Ron stava correndo verso di lei a tutta
velocità. Tutto il
disappunto era scomparso quando si fermò davanti a lei,
sostituito da
un’espressione allarmata che le avrebbe strappato un sorriso
se non fosse stata
arrabbiata con lui e con quella miniatura di peste che aveva davanti.
- Va tutto bene, Ron – rispose,
impaziente – Solo che Mister
Rosier
si rifiuta di raggiungere i suoi compagni in Sala Grande. Voi andate
pure
avanti, io vi raggiungo subito –
- Ma… - Ron era titubante. Spostò
lo sguardo da lei al piccolo, poi dovette decidere che dopotutto quel
cosino
non doveva essere particolarmente nocivo.
- Mister Rosier – disse,
spalancando un sogghigno per la verità abbastanza amabile.
Rosier gli rivolse
un’occhiataccia da sotto in su - da molto
sotto a molto in su, visto che,
considerata l’altezza di Ron, forse gli arrivava al fianco
– ma così feroce che
Ron smise all’istante di ridere e sollevò un
sopraciglio, incredulo.
- Beh – sentenziò – Ti lascio con
questo campione, Hermione. Ma eravamo così piccoli noi,
quando eravamo al primo
anno? -
Se ne andò alla svelta, ridendo,
e lasciando Rosier letteralmente fumante di rabbia a dare in
escandescenze
battendo i piedi sul pavimento.
- Andiamo di sotto – Hermione
tese tranquillamente una mano per acciuffarlo, ma ancora una volta
doveva aver
calcolato male le distanze perché la spalla scarna del
ragazzino non era là
dove aveva pensato che fosse.
- Vacci da sola, se ne hai tanta
voglia –
Hermione trasse un profondo
respiro e alla fine esplose - Accidenti, ma lo vuoi capire che non ho
tempo da
perdere? Parlerò col Direttore della tua Casa e da domani
sei in punizione! -
Riuscì a stento a terminare la
frase perché un altro boato percosse le nuvole, lo schianto
fu così violento
che per un istante temette di essersi sbagliata sulla sua natura e che,
in
realtà, il pavimento di pietra sotto i suoi piedi stesse
andando in pezzi.
Il piccolo Rosier se ne stava
finalmente zitto, con le braccia magre strette intorno al corpo, ma gli
occhi
azzurri che le restituirono lo sguardo avevano l’indefesso
orgoglio di prima.
Il cipiglio di Hermione si
ammorbidì – Niente punizione, va bene? Ma adesso
lascia che ti accompagni in
Sala Grande. E’ pericoloso stare in giro: hai sentito cosa
sta succedendo,
vero? –
Il ragazzino la guardò – Già.
Quanto chiasso – disse, con sufficienza.
Sembrava scettico e per niente
impaurito, sicuramente l’idea di un pazzo armato in giro per
il Castello lo
preoccupava molto meno del temporale. Infatti, quando credeva che lei
non se ne
accorgesse, rivolgeva occhiate apprensive alla finestra, come temendo
che, da
un momento all’altro, l’impeto del vento che
sferzava i vetri d’acqua
torrenziale, potesse sfondare le finestre.
Little
child
Be
not afraid
Though
thunder explodes
And
lightning flash
Illuminates
your tearstained face
I
am here tonight
Vienna
Teng, Lullabye for a
Stormy Night
Un altro fulmine disegnò la sua
silenziosa cicatrice sulle nuvole, illuminando il visino inquieto di
Rosier,
che si irrigidì percettibilmente, in attesa. Approfittando
di quel momento di
distrazione, prima che il tuono percuotesse l’aria, Hermione
riuscì finalmente
ad afferrargli il polso.
Almeno credeva che fosse così, ma
ancora una volta lui era stato più veloce e lei era riuscita
solo a sfiorarlo:
se il suo aspetto era fragile ed emaciato, al tatto era addirittura
inconsistente e aveva la pelle gelata. Istintivamente, lei gli si
inginocchiò
davanti, frapponendosi tra lui e la finestra sulla quale
l’acqua scorreva a
torrenti.
Il tuono finalmente riversò tutto
il suo fragore sul castello, ma Hermione vide che questa volta, il viso
del
bimbo non era atterrito. Aveva invece un’espressione
tranquillissima e i grandi
occhi la guardavano intenti, così luminosi nella luce scarsa
del corridoio.
Il suo aspetto era abbastanza
selvatico, pensò Hermione: i capelli neri spiovevano
dappertutto sul visetto
bianchissimo, lisci come filo bagnato; sotto la frangia un paio di
sopraciglia
nerissime e oblique sormontavano occhi azzurro chiaro, enormi sul
faccino
sottile e così limpidi e luminosi da sembrare cristalli
bagnati; sulla guancia
destra aveva uno sbaffo di sudiciume, e sotto un ciuffo di capelli neri
qualcosa che sembrava una ferita rimarginata.
- Qualcuno ti ha fatto male? –
domandò lei, improvvisamente allarmata.
Rosier scosse il capo – No, è
successo molto tempo fa – disse.
Lei allungò una
mano ma, mentre faceva per toccargli il viso, il ragazzino
indietreggiò.
Hermione guardò la propria mano, vuota, dove prima
c’era il suo polso esile e
poi guardò di nuovo lui.
- Anche l’altra Caposcuola è
stata gentile con me -
Hermione inarcò un sopraciglio –
Hanna Abbott? – domandò – Pansy
Parkinson? –
- La Caposcuola Mezzosangue
– disse lui, che chiaramente preferiva fare
l’insolente invece di rispondere,
infatti le rivolse un sorriso sfrontato mentre indugiava su quel
termine scortese
– La fidanzata dell’altro Caposcuola, quello
antipatico e strafottente, che
infastidisce sempre tutti –
- Oh – le guance di Hermione si
imporporarono di dispetto – Devo andare – disse in
fretta, alzandosi e
slacciandosi, nel contempo, il
colletto del mantello – Adesso tu resta qui e non ti muovere,
chiaro? –
- Ma … -
- Zitto. Hai capito che puoi
essere un pericolo? -
Soffocando le sue proteste con
un’occhiataccia, lei gli buttò addosso il proprio
mantello e si rialzò.
- Non ti muovere da qui -
- Non lo voglio il mantello di
una Mezzosangue! – ringhiò lui.
Hermione sbuffò una mezza risata,
andandosene – Vorrà dire che domattina me lo
ridarai – concluse, poi all’ultimo
istante si girò – Come ti chiami? -
Quello ci pensò un istante di
troppo, sempre imbronciato, poi quando lei stava per andarsene rispose.
- Hartemius Rosier –
- Hartemius? –
Lui la fulminò con
un’occhiataccia, evidentemente imbarazzato da quel nome
pomposo – Harry –
disse, arrabbiato.
A quel punto lei scoppiò
francamente a ridere – E non ti imbarazza chiamarti come
Harry Potter? –
Lo aveva detto per farlo
infuriare, ma, inaspettatamente, Hartemius Rosier, il visetto pallido
che
spuntava dal groviglio nero del mantello, piegò la testa
verso una spalla e le
rivolse un ampio sogghigno sarcastico, assolutamente irresistibile.
- Oh no – sussurrò – E’ lui
che
si chiama come me -
Hermione rise.
- Resta qui e se senti qualcosa
di strano, nasconditi, va bene? -
Poi corse via.
***
Nei pressi della Torre di
Ravenclaw c’era un gran trambusto. Nel momento in cui
Hermione stava svoltando
per uno corridoio, nei pressi del quale era nascosto
l’accesso segreto al
dormitorio, un fracasso terrificante stava facendo concorrenza ai tuoni
–
ampiamente surclassandoli – e un coro di strilli femminili
stava svegliando
anche i morti.
Quelli dei cimiteri australiani,
per l’esattezza.
- E’ lì che l’ho visto! -
- Anche io! – strillò un’altra
voce terrorizzata – E aveva l’ascia! E’ così grossa! –
Il tono di Jalice Love era così
impressionato che un qualsiasi maniaco si sarebbe sentito estremamente
fiero
delle dimensioni della propria ascia.
- Stai indietro Jalice! – quella
era la voce di Tess, decisamente, – Ci penso io! -
- Oh no! –
Hermione, la bacchetta stretta
nella destra, aumentò il ritmo della corsa.
- Mi si è rotto un tacco! -
Se il problema era quello, dopotutto,
poteva anche rallentare.
- Reducto! -
Una voce regale, ruggì
quell’incantesimo al quale fecero
seguito urla ancora più alte che, tuttavia, sembravano di
protesta più che di
terrore.
- Ron quello era solo un
lampadario! – protestò Padma Patil
- Scusate –
Altro schianto che somigliava
sinistramente al suono di un muro che si sgretolava.
- Accidenti …il soffitto. E
adesso Gazza chi lo sente? -
- Scusate – ripeté la voce di
Ron.
- Perché Weasley è il nostro Re –
L’ultima voce che aveva parlato,
fredda e sarcastica, convinse Hermione che, davvero, era il caso di
affrettarsi.
- Malfoy chiudi il becco! -
- Altrimenti cosa mi fai? Mi fai
cadere addosso un lampadario?
–
- Bada piuttosto alla voragine
che hai fatto sul pavimento! -
Ecco, per l’appunto.
Il corridoio in cui sbucò avrebbe
indotto un triste senso di déjà-vu nelle Squadre
per la
Pulizia Magica alle
quali era toccato mettere in ordine quello che restava del Dipartimento
dei
Misteri. Qualche mente superiore aveva con estrema furbizia fatto
cadere le torce
e adesso l’illuminazione era solo quella di un paio di
volenterose bacchette,
ma visto che quella di Reese era momentaneamente impiegata per
esaminare il suo
tacco rotto, la situazione da quel punto di vista era alquanto
infelice. Sul
pavimento c’era un cratere di discrete dimensioni col suo
gradevole pendant sul soffitto,
dove prima c’era
il lampadario. Da un lato c’erano pezzi di legno, che
potevano appartenere
indistintamente a un armadietto, a una scultura o a una grossa sedia,
ma che in
ogni caso erano destinati a giacere in un ripostiglio per
l’eternità a rendere
più scomodi gli appuntamenti delle coppiette.
Quando Tess la vide arrivare, le
spalancò un sorriso di benvenuto, stile incontro in una sala
da tè del centro.
- Ciao, Capogranger! -
- Tess – disse lei, col fiato
corto – che cosa ci fate
voi qui? – e
con un gesto deciso del mento indicò anche Jalice e Reese.
- Non riuscivano a individuare il
punto esatto dell’avvistamento – spiegò
Tess – Così hanno chiesto a Jalice e
Reese di indicarglielo –
Erano tutte e tre in delicate
vestagliette di raso e seta pastello, le gambe nude e il mantello nero
sulle
spalle, perfette (tacco a parte), truccate e sorridenti.
Hermione si chiese se, dopotutto,
non fossero supereroine sotto mentite spoglie.
- Gli altri stanno decidendo cosa
fare – spiegò Tess.
A giudicare dalle discussioni,
non sembravano essere giunti a grandi risultati. Ron e Malfoy si
urlavano
ancora addosso indicando il buco sul soffitto e quello sul pavimento.
Anthony
Goldstein e Padma Patil stavano parlando con Hannah Abbott che, a un
certo
punto, si girò per correre via, dicendo – Vado a
chiamare gli insegnanti -
Hermione si diresse verso Ron e
Draco, a passo di marcia e parecchio arrabbiata.
- Ma vi sembra il momento di
litigare? -
Era una domanda retorica, ma naturalmente,
per precauzione, aveva pronta la risposta. Quello che non si aspettava
era che
entrambi si girassero verso di lei e cominciassero a urlare in
simultanea.
- Dove dannazione sei stata? -
- Mi allontano un attimo ed ecco
che sparisci e per giunta senza avvertire!
–
- Avevi detto che arrivavi
subito! -
- Donna, ti pare il momento di
andartene in giro da sola? –
Con somma indignazione di
Hermione, Ron non insorse in sua difesa davanti al tono un tantino
maschilista
di Draco, ma, se il suo intero patrimonio genetico non gli avesse
ingiunto a
gran voce di fermarsi, probabilmente avrebbe anche applaudito.
Li fissò, oltraggiata, poi girò
sui tacchi e li mandò a quel paese, decidendo che dopotutto
era meglio piantarli
lì a decidere di chi fosse il buco
più grosso.
- Anthony – esclamò, rivolgendosi
all’unica persona ragionevole che c’era nei paraggi
– Allora, dov’è? -
Anthony indicò davanti a sé con
un cenno del capo – Precisamente, lì dentro -
Esisteva un luogo di intrighi e
arcani, dimora di spettri del passato e dolorose memorie, dove si erano
consumate trame contorte, iniziative audaci e azioni suicide; in quei
luoghi si
erano compiuti efferati delitti, lì si era deciso il destino
di intere
generazioni, si erano orditi complotti e lì avevano avuto
inizio eventi
destinati a influire sulla distruzione o la salvezza del Mondo Magico.
Lo aveva compreso per primo il
Fondatore che, come in una metafora ispirata, aveva celato in quel
luogo
avvolto dal mistero l’accesso della sua Camera dei Segreti;
lo aveva compreso
il suo Erede, Tom Marvolo Riddle che, essendo lo studente brillante che
tutti
gli Slytherin ricordavano (altro che
Black & Potter), era andato proprio lì a cercarne
l’accesso al Sacrario che
gli avrebbe restituito la sua Eredità.
Hermione Granger seguì la
direzione indicata da Anthony Goldstein e spalancò gli
occhi.
Un attimo di silenzio.
- Un bagno delle femmine? -
***
Little
child
Be
not afraid
The
wind makes creatures of our trees
And
the branches to hands
They're
not real, understand
And
I am here tonight
Vienna
Teng, Lullabye for a
Stormy Night
Beh, il bagno delle femmine era
sempre stato punto di incontri abbastanza imprevedibili e non sempre
piacevoli.
Una volta, per esempio, lei ci aveva trovato un troll con la clava (ed
era
stata salvata da due troll con la bacchetta); in un altro celebre
frangente, un
Leggendario Signore del Male ci aveva portato a pascolare un Basilisco.
Quindi
non era troppo irragionevole supporre che in un altro bagno si fosse
nascosto
un pazzo maniaco scappato da Azkaban.
Che fosse un mitomane?
- Di che cosa è armato? – domandò
Hermione, ansiosa.
- Ascia – disse, laconico,
Anthony – anche se Reese continua a sostenere che forse
è un uncino -
- Un’ascia grossa
– specificò Jalice Love dietro le loro spalle.
Qualcosa si agitò dietro la porta
del bagno delle femmine: forse il maniaco stava esprimendo tutto il suo
compiacimento.
Immediatamente otto bacchette si
puntarono in quella direzione e Ron Weasley mosse un passo avanti, di
conseguenza, tutti i Ravenclaw presenti, sollevarono uno sguardo
preoccupato
verso l’alto, in corrispondenza del loro dormitorio.
All’improvviso, dall’altro lato
del corridoio, avvolto nella più fitta oscurità,
si intuì un movimento.
- Chi è là? – ruggì Ron.
- Sono il maniaco – parodiò una
voce in falsetto.
- Taci, Malfoy –
Oddio, ecco che ricominciavano,
ma non erano occupati a confrontare il diametro dei rispettivi buchi?
- Non è niente – disse Padma,
aguzzando la vista.
- Se è uscito siamo nei guai –
disse Anthony – Anche se …come avrebbe potuto con
noi tutto il tempo qui fuori?
–
- Forse c’è un’altra uscita –
ipotizzò Ron.
- Come no, – commentò Malfoy – lo
scarico del gabinetto -
- Malfoy, per quanto è vero Merlino,
io prima o poi … -
- Abbiamo solo un modo per
scoprirlo – esclamò Hermione, più che
altro nell’intento di distrarre Ron – Al
mio tre apriamo quella porta! –
- Sono con te Capogranger – disse
Tess liberandosi tranquillamente dei tacchi con un calcio. A piedi nudi
si
mosse verso l’amica.
- No! – strillò Reese, terrorizzata,
zoppicando in avanti per via del tacco rotto – Non aprite
quella porta! –
Jalice la seguì, tenendola per un
braccio – Per favore – supplicò
– Aspettate! -
Ron Weasley avanzò di qualche
passo e si affiancò a Hermione Granger, si guardarono poi
lui disse – Stai
dietro di me. Sei pronta? –
- Sì, ma non starò dietro
di te – rispose lei, sfrontata.
Poi si sorrisero, sorriso virile: sarebbe stato di una pignoleria
imperdonabile
rilevare che uno dei due era una femmina.
Scambio di coraggiosi convenevoli
Gryffindor, di quelli che avrebbero reso fiero un sergente istruttore
dell’Accademia Auror.
Draco Malfoy li fissò, poi
commentò, acido, rivolto ai Ravenclaw – Sarete
fortunati se vi ritroverete
almeno con delle macerie del vostro
dormitorio –
Il suo sarcasmo da manuale andò
completamente sprecato: i Ravenclaw, al momento, erano fin troppo
propensi a
condividere quel tipo di preoccupazione, infatti Ron Weasley stava
cominciando
a contare.
O a dare i numeri, che dir si
voglia.
- Uno, due … -
- Tre! –
La porta del bagno si spalancò e
Jalice urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre una
figura alta ed
emaciata, avvolta in abiti laceri, emergeva
dall’oscurità. Nella luce
scarsissima, si intravide una faccia distorta e occhi vuoti, il
riflesso di una
bacchetta illuminata balenò per un attimo sulla lama di una
grossa ascia.
- Oddio è lui! - disse Reese, con
un singhiozzo. Cercò di tirare via Jalice, ma la ragazza,
impietrita, guardava
l’uomo con gli occhi sbarrati colmi di panico. La sua paura
era così intensa che
sembrava irradiarsi tutto intorno a lei, gli occhi erano spalancati e
vitrei e
le gambe tremavano. Stava aggrappata a Reese, che aveva anche lei il
viso
congelato dal terrore.
Il maniaco sollevò il braccio
sinistro: invece della mano aveva un uncino che scintillò,
sinistro, alla luce
di un fulmine che per un attimo, illuminò a giorno il
corridoio.
- Sembra Potter – commentò
qualcuno di molto prevedibile.
- Stupeficium –
- Stupeficium –
- Stupeficium! –
- Stupido imbecille! –
urlò Ron rivolto a Malfoy.
Il maniaco, nel mentre, non
sembrava per nulla toccato dalla pioggia di Schiantesimi che gli era
finita
addosso. Imperturbabile, mosse un altro passo avanti.
- Qualcosa non va – Draco Malfoy
sembrava aver perso tutta la voglia di fare lo spiritoso. Rivolse
un’occhiata
preoccupata all’espressione combattiva della sua ragazza, la
quale non staccava
gli occhi dalla figura emaciata che continuava ad avanzare, lenta e
barcollante,
verso di loro.
Hermione era pallida, ma la mano
che stringeva la bacchetta aveva una fermezza che Malfoy aveva visto
raramente
anche negli adulti, i suoi occhi scuri non abbandonavano
l’obiettivo nemmeno
per un istante, sembrava che quasi non battesse le palpebre. Incurante
della
propria incolumità, quasi nemmeno possedesse un corpo da
ferire, teneva la
guardia alta e se indietreggiava era soltanto per cercare un punto
migliore da
cui prendere la mira.
Jalice urlò ancora e Draco, con
un’imprecazione sulle labbra, procedette verso Hermione,
deciso, in caso di
necessità, ad afferrarla e portarla via a costo di
Schiantarla.
Poi col maniaco se la sarebbero
potuta anche vedere gli eroi di professione.
Loro, intanto, sarebbero stati in
salvo.
Prima che potesse raggiungerla
Hermione sollevò la bacchetta – Incarceramus
–
Quella variante della formula lui
non l’aveva mai sentita, così vide, con stupore
misto a dispetto e ammirazione,
un getto di luce uscire dalla bacchetta di Hermione e poi scindersi in
anelli
di luce rossa che raggiunsero la figura del maniaco e la circondarono,
ancorandogli saldamente le braccia al corpo.
L’uomo o quello che era emise un
urlo e allargò le braccia forzando gli anelli che
però non parvero cedere né
allargarsi di un millimetro. Sulle labbra di Hermione si dipinse,
lento, un
sorriso trionfante.
- Non funzionerà – singhiozzò
Jalice, con la voce appena udibile.
Fu solo un attimo, poi gli anelli
di luce, semplicemente, scomparvero.
- Non è possibile! – gridò
Hermione, incredula e per un istante parve perdere il suo sangue
freddo.
Immediatamente però puntò di nuovo la bacchetta,
mentre intorno a lei
ricominciavano a piovere Schiantesimi.
- Impedimenta -
Anche questa volta, l’incantesimo
aveva una precisione millimetrica e colpì l’uomo
alle ginocchia.
Anche questa volta non sortì
alcun effetto.
- Tess, rimanete indietro –
Anthony si parò di fronte alla ragazza e superò
anche Padma, ponendosi tra loro
e la prima linea – Jalice, Reese, allontanatevi
-
Tess, ignorando l’ordine, andò
verso le amiche e afferrò Jalice per un braccio, nel
tentativo di farla
arretrare. Quella però sembrava radicata al suolo e, con il
viso estraniato in
un incubo, fissava l’uomo e l’ascia affilata che
brandiva.
- Schiantesimi al mio tre –
Ron Weasley diede quell’ordine e
sollevò la bacchetta all’altezza della testa. Il
viso concentrato, gli occhi
blu rannuvolati dalla tensione, con due passi delle gambe lunghissime
si portò
a pochissima distanza dall’individuo.
Senza perdere d’occhio la
situazione, Draco si spostò accanto a Hermione e
calcolò velocemente il tempo che
gli sarebbe occorso per trascinarla via.
- Uno – disse Weasley.
Poi accaddero contemporaneamente
molte cose. L’uomo, invece di muoversi col solito passo
barcollante, parve
volare letteralmente in avanti verso di loro. Jalice Love si
accasciò al suolo,
svenuta. Tess e Reese furono velocissime ad afferrarla per le spalle e
a
trascinarla via.
Scartando precipitosamente di
lato, Malfoy alzò la bacchetta mentre, nella sua mente,
un’altra formula si
sostituiva a quella dello Schiantesimo.
Hermione si girò verso di lui e i
loro occhi si incontrarono e lui lesse, insieme alla preoccupazione che
l’aveva
spinta a cercarlo, anche la consapevolezza di quello che lui stava per
fare.
Poi il corpo dell’uomo cadde a
peso morto in terra e Ronald Weasley emise un urlo di raccapriccio.
Improvvisamente non era più una
figura umana, ma aveva lunghe zampe e un corpo grosso e peloso.
- Un ragno? – esclamò una delle
ragazze, forse Padma, sbalordita.
- Fatevi indietro! –
urlò una voce inaspettata, e, quello che prima
era un ragno, cambiò di nuovo.
Uno spirare di vento gelido e
putrescente, e ancora il lampo che illuminava il cielo livido e il
fragore di
un tuono, poi la figura si erse dal pavimento, alta, avvolta in
cenciosi strati
di stoffa incolore. Una mano putrida e coperta di pelle squamosa si
fece spazio
tra i lembi del lacero mantello e si sollevò verso di loro,
lucida, biancastra,
come una mano di cadavere rimasta troppo tempo esposta
all’umidità.
All’improvviso un’ondata di
sconforto, fredda come era freddo il respiro della creatura,
dilagò intorno a
loro, seppellendo le loro speranze di riuscita. Sarebbero morti
lì, prima che
qualcuno potesse arrivare a salvarli.
Poi, tenue come la ragione nel
panico, Hermione riuscì ad afferrare il filo di un pensiero.
Si slanciò in
avanti, schivando la mano di Draco che cercava di trattenerla. Spinse
via
Harry, lontano dal Dissennatore e subito dopo si ritrovò a
guardare gli occhi
neri e freddi della professoressa McGranitt – Signorina
Granger - proferì
quella, fredda – Mi hai estremamente
delusa: andarsene in quel modo in giro per ripostigli e aule
– le narici della
donna fremettero, prima di esprimere la sua condanna finale –
Consegnami il tuo
distintivo: sei espulsa e in
più sei bocciata in
tutte le materie -
Era talmente reale che per un
attimo le prese un colpo. Poi, furibonda e rossa in faccia come un
pomodoro
troppo maturo, Hermione sollevò la bacchetta.
- Riddikulus! -
La professoressa McGranitt la
fissò, perplessa, poi barcollò, inciampando nella
lunga gonna scozzese.
- Riddikulus –
ringhiò di nuovo Hermione e poi gettò indietro la
testa e urlò – Harry
James Potter,
giuro che avrò la tua testa
prima
dell’alba! -
Ron e Harry la superarono per
affrontare il Molliccio e lei vacillò. Era il momento che
Draco stava
aspettando: tese entrambe le braccia per circondarle la vita e la
tirò
indietro.
- Sta’ giù, - disse, brusco,
posandole una mano sulla testa mentre sopra di loro volavano lampi di
luce –
Hai fatto la tua parte, adesso levati dalla linea di tiro -
- Malfoy, che ti salta in mente? Lasciami!
-
La perentorietà di quell’ordine
non lo toccò minimamente: accentuò la stretta del
braccio intorno alla sua vita
per prevenire prevedibili gesti di ribellione e la trascinò
via, recalcitrante.
A un certo punto lei, però, riuscì a respingerlo,
ma inciampò a cadde sulle
ginocchia. Rialzandosi si trovò davanti una gonna scozzese e
poi un maglione
verde fuori moda e poi, due occhi scuri freddi e pungenti circondati da
occhiali squadrati.
- Riddikulus –
strillò.
La professoressa McGranitt deviò
l’incantesimo con un movimento automatico della bacchetta.
- Signorina Granger – disse,
stupefatta – Che cosa stai facendo?
-
***
Harry Potter aveva salvato la
situazione. Era incredibile: per quanto potesse essere un guaio
ambulante, se
il complesso dell’eroe non avesse fatto la sua parte, forse,
trascinati
dall’idea del maniaco, avrebbero impiegato ore prima di
accorgersi che si
trattava di un Molliccio, combattendo con la paura di avere davanti un
pazzo
per di più invulnerabile. Naturalmente anche Jalice aveva
contribuito, perdendo
i sensi e smettendola di proiettare il suo terrore sul Molliccio, per
il resto
dell’anno scolastico Malfoy avrebbe sostenuto che era stato
tutto merito suo.
Adesso le Blue Ladies erano probabilmente assiepate davanti a qualche
specchio per
controllare se l’intonaco teneva oppure se era il caso di
dare un ritocco.
Invece, Blaise Zabini che, grazie
al grosso ascendente che aveva sulla Caposcuola Parkinson, non era
sicuramente
obbligato a restare relegato insieme agli altri, si era recato sulla
scena del
crimine per raccogliere notizie di prima mano.
- Visto che c’era Potter, questa
sarà ricordata come la Grande
Battaglia del Bagno delle Femmine? –
domandò.
- C’è una forte probabilità –
rispose Malfoy, annoiato.
- La
Torre di Ravenclaw è ancora
tutta intera? –
- Stranamente, sì –
Attimo di pausa, poi Zabini
aggiunse.
- A proposito, quel poveretto
scappato da Azkaban lo hanno trovato -
- Dove? –
- Daphne mi ha
detto che lo hanno preso nemmeno
una mezz’ora fa vicino Hogsmeade. Era solo un ex Mangiamorte
che voleva tentare
di abbattere Potter -
La significativa scelta del
termine non sfuggì a Malfoy che annuì, concorde.
Entrambi dedicarono un minuto di
silenzio commosso all’ennesimo Caduto per la Causa.
- Come al solito, – disse Zabini,
malinconico, - si rivela una missione suicida -
Draco annuì ancora, ugualmente scoraggiato.
La sua ragazza, che qualche
minuto prima aveva cercato di assassinare la Direttrice
della sua
Casa, adesso sedeva, distrutta, sul pavimento, con Piattola Weasley
accanto,
spuntata col medesimo tempismo di Potter, che le teneva la mano e
cercava di
consolarla.
Aveva detto che avrebbe ammazzato
Potter e aveva cercato di ammazzare la McGranitt.
Altro che consolarla, Draco
l’avrebbe sposata.
Per il resto c’era solo da
chiedersi quando avrebbero fatto la loro comparsa i giornalisti della
Gazzetta
del Profeta. Potter a breve sarebbe stato convocato
nell’ufficio del Preside,
dove avrebbe rilasciato una deposizione che sarebbe stata conservata
negli
Annali dell’Eroismo lasciando cadere qua e là,
casualmente, il nome del Signore
Oscuro pronunciato per esteso.
Poi Gryffindor avrebbe avuto
qualche miliardo di punti o giù di lì, la Coppa
del Quidditch e la Coppa delle Case, tanto
per
gradire, e tutta la scuola avrebbe festeggiato: era sempre
così quando Potter
salvava la situazione. Tranne che al quarto anno, naturalmente,
perché, visto
che c’era Diggory da seppellire, la cosa sarebbe parsa di
cattivo gusto. In
quel caso però Potter si era portato a casa anche la Coppa
del Tremaghi.
Decisamente inacidito da quei pensieri,
Malfoy si avvicinò a Anthony Goldstein che, insieme a Padma
Patil, stava
spiegando a Hannah Abbott e Ernie Macmillan, che cosa era successo.
- Questa sera siamo rimasti ore a
raccontarci storie del terrore al Club – stava dicendo
– Quando le ragazze sono
uscite dalle Torre, il Molliccio nel bagno si è trasformato
in un maniaco. Lo
avevano detto, che era la cosa che le spaventava di
più… -
Padma aveva l’aria di una che
desidera ardentemente avere la propria gemella presente per poter
lasciare la
controfigura e imboscarsi da qualche parte a fumare. Non in un bagno,
per una
volta.
- Già, - commentò – e tutti
quelli che si sono affacciati per vedere, quando loro si sono messe a
urlare,
avevano la testa piena di tutte quelle storie che avevano appena
ascoltato per
radio sul pazzo scappato da Azkaban –
- Che come ogni volta, finisce
qui – Draco Malfoy rise, sarcastico, e gettò
un’occhiata a Potter – Che
coincidenza –
- Tutti si sono fatti prendere
dal panico per questa storia del maniaco e così il Molliccio
ha preso quella
forma – continuò Padma – Era per questo
che ognuno dava una versione diversa:
ognuno l’ha visto esattamente
nel
modo in cui immaginava fosse un pazzo maniaco -
- E nel modo in cui immaginava
dovesse essere vestito – mormorò Anthony -
Benedetta Jalice, aveva ragione lei
–
- Beh, - intervenne Ron con
espressione pensierosa – Allora Piton c’era sul
serio, oppure era sempre il
Molliccio? –
- No, Weasley - intervenne una
voce gelida alle loro spalle – C’ero davvero -
Dall’altro lato del corridoio
Hermione Granger si copriva la faccia con la mano desiderando solo di
avere al
più presto una buona scusa per andarsene.
A impiccarsi nel bagno di
Mirtilla oppure a buttarsi dalla Torre di Astronomia, per esempio, ma
era
sempre aperta a nuove proposte purché, al momento,
contemplassero il suicidio.
- Hermione, calmati – le disse
Ginny, spazientita – Non è successo niente
–
- Ho cercato di uccidere la McGranitt!
-
- Non è che Malfoy … -
- Ginny, non essere ridicola -
- Scusa, era tanto per dire –
Hermione tiro su col naso e fissò
il vuoto con gli occhi sbarrati, poi dopo un poco parve riaversi e
sollevò lo
sguardo verso l’amica.
Ginny aveva l’aria di una che
desidera fumare, così disperatamente da essere disposta a
dividere
fraternamente il bagno con un Molliccio.
- Ma non ti avevamo detto di
trattenere Harry nel dormitorio?-
L’altra alzò le spalle – Sai
com’è fatto: si è messo a strillare che
Tu-Sai-Chi aveva ucciso i suoi genitori
e poi è schizzato via a tutta velocità -
Ginny aveva una gran faccia
tosta, di quelle contro le quali si poteva sbriciolare anche il
granito, così
sostenne il suo sguardo con estrema disinvoltura.
- Ci ho provato -
Hermione stava per risponderle
che beh, non c’era decisamente riuscita, quando comprese che
l’amica intendeva
nell’accezione gergale nonché letterale
dell’ espressione.
- Merlino, Ginny… - esclamò
esasperata – Ti avevamo chiesto di trattenerlo non di
obbligarlo a scappare –
Nel mentre, Draco Malfoy aveva
deciso che la nostalgica rimpatriata tra Potter e un Dissennatore
meritava una
deroga alla regola dell’ostentata indifferenza, in vista di
opportuni
festeggiamenti.
Così, bellamente incurante del
fatto che era passata l’alba e che tutti avevano avuto una
nottata a dir poco
spossante, si era avvicinato al
Ragazzo-Sopravvissuto-Alla-Toilette-Delle-Femmine
e poi si era immobilizzato, con gli occhi dilatati per il terrore e le
labbra
socchiuse.
- Un Di.. Di.. Dissennatore! -
Il suo talento interpretativo era
da sempre notevole, gli istinti omicidi che scatenava pure.
Harry gli rivolse un’occhiata
raggelante – Taci, Malfoy –
- Potty – naturalmente non ancora
domo, Malfoy gli rivolse un sorriso accattivante –
Però fai progressi. Questa
volta non sei svenuto, almeno -
Così dicendo si portò le mani
alla gola, strabuzzò gli occhi e fece finta di accasciarsi
per terra.
Harry strinse gli occhi verdi in
due fessure gelide – Come è successo a te quando
ti sei mascherato da
Dissennatore e ti sei beccato il mio Patronus? –
Il sorriso di Malfoy perse un
poco di smalto – No, come è successo a te quando
hai visto quelli veri e sei
caduto dalla scopa -
Uno pari e Pluffa al centro.
Deprimente.
Forse comportarsi come imbecilli
poteva essere un modo per smaltire lo stress. Alla
luce di questo, si poteva ragionevolmente
dedurre che Malfoy e Potter ne avessero accumulato parecchio e che le
operazioni di smaltimento richiedessero da anni buona parte del loro
tempo e tutta
la loro applicazione.
Di quel passo, dopo aver esaurito
tutti i loro dissidi dei tredici e dei dodici anni, probabilmente si
sarebbero
ritrovati a rinfacciarsi la faccenda dell’uovo di drago o la
trappola del duello
del primo anno: tanto per celebrare il periodo in cui la loro
maturazione
mentale si era inesorabilmente arrestata.
- Potter, non mi sei piaciuto
dalla prima volta che ti ho visto sul maledetto treno della scuola -
Ecco, appunto.
Intorno a loro c’era il solito
capannello di spettatori perplessi, Hermione e Ginny li stavano
guardando con
delle facce addirittura schifate.
- Professore, Potter mi rompe i Bolidi –
parodiò Ginny, spalancando la
bocca in uno sberleffo sprezzante – Professoressa, Malfoy fa
il Dissennatore -
- Idioti – borbottò Hermione,
alzandosi.
La
Pluffa era in mano
Gryffindor e in campo Slytherin.
- Sentiamo, Malfoy, che forma
prenderebbe il tuo Molliccio? Il Boccino d’Oro? Deve
spaventarti parecchio da
come te ne tieni alla larga –
- No, Potter – a giudicare dal
tono serafico, la parata Slytherin si preannunciava efficace
– Prenderebbe la
forma di te che hai perso la verginità: praticamente il
Primo Segno dell’Apocalisse
-
Le guance di Ginny si chiazzarono
di rosso – Andiamocene – disse – Sono
stufa –
- Che razza di deficienti –
borbottò Hermione, preparandosi a seguirla.
- Malfoy! – stava dicendo Harry,
a voce bassa e minacciosa – Giuro che un giorno io
… -
- Vai con le minacce – disse
Ginny - Ma sentilo, l’uomo coi calderoni e i controcalderoni
–
- Ridicolo. Andiamocene, Gin –
- Già, tanto sono così maturi che
tra poco finiranno da qualche parte a misurarsi la bacchetta magica -
Mentre le due ragazze si allontanavano
lungo il corridoio, il piccolo professor Vitious e Piton stavano
cercando di
decidere cosa farne del Molliccio.
Hermione aveva sentito, di
sfuggita, che per il momento intendevano lasciarlo nel bagno
– opportunamente
segnalato - per vedere se poteva tornare utile in futuro, magari per
tenere
qualche lezione. Stava pensando che poteva trattarsi di una buona idea,
quando
una mano le afferrò il braccio, costringendola a fermarsi.
Era Draco. Ginny proseguì, con
discrezione, lasciandoli soli.
- Hai finito di dare sfoggio di
intelligenza? – sbottò Hermione.
Lui la guardò, indispettito – Non
sono stato io a cominciare –
La sua faccia tosta era
addirittura scandalosa – Come
non sei
stato tu a cominciare? E chi ha nominato per primo i Dissennatori?
–
- Beh – non si chiamava Draco
Malfoy senza un motivo, in fondo, - Lui non era certo obbligato a
rispondermi,
no? -
Hermione alzò le mani al cielo
per non stringergliele intorno a collo, poi gli voltò le
spalle e ricominciò a
percorrere il corridoio a passo marziale.
- Dove stai andando? – fece lui, in
tono decisamente contrariato, standole dietro senza nessuna
difficoltà.
- A fare quello che tu dovresti
fare. Invece di metterti a
litigare a bella posta per delle stupidaggini –
esclamò lei, infuriata,
fermandosi e puntandogli un dito contro il petto – Vado a
recuperare uno dei
tuoi e lo riporto vicino al dormitorio di Slytherin –
- Ma di chi parli? –
- Di Hartemius Rosier, l’ho
lasciato in un corridoio qui vicino ed è rimasto al freddo
tutta la notte! –
- Aspetta un attimo –
Mentre lei si voltava per
andarsene, Draco le afferrò il polso, costringendola a
girarsi di nuovo. Lo
sguardo con cui ricambiò quello di lui aveva la
perentorietà di un ordine che
non andava disatteso.
- Lasciami andare, dopo parleremo
-
Draco Malfoy socchiuse gli occhi
e il suo volto perse immediatamente ogni espressione, tuttavia non
accennò a
recepire il tono di avvertimento nelle sue parole. Al contrario, la
stretta
intorno al suo polso aveva la gentilezza che soltanto lui sapeva dare a
una
minaccia: le aveva messo in chiaro più di una volta che non
avrebbe preso
ordini da lei e provocarlo su quel punto poteva portare a una serie di
conseguenze, non tutte piacevoli.
Inciampare in uno scontro di
volontà era inevitabile, per quanto accuratamente potessero
cercare di
evitarlo. Ancora si giravano intorno, circospetti, emozioni e coltelli
in mezzo
ai denti, fiere costrette a condividere lo stesso territorio: ogni
giorno era
conquistare e perdere un palmo di terreno.
Hermione strappò il polso dalla
sua presa e gli voltò le spalle.
Draco fece per inseguirla, ma una
voce dal timbro profondo e tetro lo fermò.
- Rosier, ha detto? -
Malfoy si voltò, incredulo,
riconoscendo a stento quella voce. In sette anni, forse era la terza
volta che
sentiva parlare il Barone Sanguinario.
Rimase ad ascoltarlo a lungo, nel
corridoio che andava lentamente sgombrandosi, mentre Vitious e la McGranitt
mettevano una
segnalazione di stelline rosse intorno alla porta del bagno delle
ragazze.
Infine, comprese che doveva andare a cercare Hermione.
***
If I'm so wrong
How
can you listen all
night long?
My Chemical Romance, Disenchanted
- Sapevo che saremmo arrivati a
questo punto -
La voce aveva una freddezza che
si avvicinava più alla noia che non alla collera e questo
faceva male.
Ma lui sapeva benissimo a che
cosa andava incontro: il dolore a distanza di sicurezza e maledizione a
Potter
che lo aveva costretto a pensarci.
- Vorrei sapere che cosa speri di
ottenere, tutte le volte, quando litighi coi miei amici. Desideri per
caso che
io prenda una posizione? -
Una vena di disprezzo, di quelle
da recidere con una lama e poi cauterizzare.
Lui non rispose, si limitò a
guardare i raggi del sole che piovevano dalla finestra direttamente sui
suoi
capelli castani, lasciando striature di miele scuro, dolci come quelle
che lei
aveva negli occhi.
Ma non in quel momento; adesso i
suoi occhi erano duri e freddi.
Non ripose, non avrebbe detto una
parola, era lì per ascoltare ed era l’unica cosa
che avrebbe fatto.
Attaccato al metaforico tronco di
un albero, avrebbe atteso che le frecce gli si conficcassero nella
carne,
convergendo lentamente verso i punti vitali, fino a che
l’ultima non gli
avrebbe trafitto l’anima.
- Ma non è soltanto questo. Posso
sapere che cosa stavi per fare quando stavamo affrontando quello che
credevamo
un malato di mente? -
Lei si voltò, la furia fredda sul
suo volto era pietra contro cui avrebbe voluto infrangere una carezza.
- Una Maledizione senza Perdono? E’
con l’assassinio che ti hanno insegnato a reagire? Avresti
torturato o ucciso
uno sconosciuto, senza nemmeno valutare le circostanze, soltanto
perché non sai
come gestire una situazione? Forse l’avresti fatto per me? -
Lui attese, sapeva che quello era
soltanto l’inizio.
- E’ questo che hai tu da offrirmi?
-
Sì, era questo.
Senza Perdono né sconti sulla pena,
e quella era una promessa: una
prigione che avrebbe avuto le sbarre più tenaci che fosse
riuscito a costruirle
intorno.
Poi le sevizie delle emozioni e dei sogni.
Avrebbe salvaguardato ciò che era
suo a qualsiasi costo e, per Dio, lei
era sua.
- E che altro? Il tuo nome è
rovinato, la tua reputazione non esiste più, se mai ne hai
avuta una. Perché
credi che abbia cercato di condurre la nostra storia con più
discrezione
possibile? Non capisci che il tuo comportamento mi mette in imbarazzo?
Ron mi
ha sempre offerto rispettabilità, invece -
C’era disprezzo nelle sue parole
e da qualche parte, vicino alle costole, lui sentì la prima
fitta. I polsi e la
gola - sentieri di vene che stabilivano
quale sangue dovesse prendere la via del cuore e quale sangue, nero e
sporco e
usato, dovesse essere gettato via - gli dolevano
già da un pezzo, dal
momento in cui aveva incrociato i suoi occhi a aveva letto quello che
era
andato a cercarvi.
- E’ stato tutto un errore -
Adesso lei aveva distolto lo
sguardo e fissava il vuoto, come se anche il solo guardarlo le
provocasse un
fastidio intollerabile.
- Non si può semplicemente dire
che siamo diversi. Tu rappresenti tutto quello che io odio e disprezzo
a questo
mondo. Siamo onesti, Malfoy, tu sei un intollerante, un arrogante che
non può
nemmeno permettersi di esserlo. Sei cresciuto con una
mentalità così gretta e
meschina che soltanto ascoltare le tue parole mi disturba -
Un’altra pausa, un’altra fitta,
questa volta vicino al diaframma.
- E poi, diciamocelo, Malfoy –
lei si voltò di nuovo a guardarlo e adesso al suo posto
c’era una ragazzina con
i denti troppo grossi placcati di pezzetti di metallo – Tu
ricordi che cosa mi
hai fatto per tutti questi anni? Gli insulti, le umiliazioni; quando mi
hai
trattata come se non fossi nemmeno degna essere uno straccio con cui
pulirti le
scarpe? -
Lui chinò il capo.
- Tu, al mio posto, avresti
dimenticato? -
No, sapeva benissimo che non
sarebbe mai stato capace di dimenticarlo o di perdonare. Doveva
dargliene atto:
nessuno poteva obbligarla a farlo.
- C’è dell’altro – riprese
lei.
Questa volta quella nota che si
addolciva nella sua voce, l’espressione trasognata che le
colse sul viso di
giovane donna, prima che lei chiudesse gli occhi come per trattenere
un’immagine troppo dolce che rischiava di fuggire via, gli
annunciarono la
freccia più dolorosa, quella avvelenata.
- E’ …è Harry –
sussurrò lei, e
il suo tono aveva una tenerezza che faceva più male di un
coltello
incandescente conficcato nella carne - Lo sai bene anche tu. In fondo,
lo hai
sempre saputo -
Le sue guance erano imporporate,
di quel rossore adorato che aveva creduto soltanto le sue carezze
potessero
accendere.
E’ Harry, in fondo, lo hai sempre
saputo.
Era così che gli sarebbe apparsa
al momento di perderla? Cosparsa dell’oro intenso di un
autunno dalla bellezza
infinita?
Dolorosamente bella e distante, la
combattente senza paura alcuna e l’innamorata fedele; il
ricordo della ragazza dolce
e dell’amante arrendevole.
La guardò e ruppe il voto di
silenzio che si era imposto.
Nessuna agonia o dibattersi nel
dubbio: in quel caso, almeno, conosceva la risposta.
- Io amo te – disse, con
semplicità.
Gli occhi di lei erano bronzo e
lava fredda.
- Non me ne importa niente -
L’ultima freccia, quella che
trapassava l’anima.
Lui sollevò la bacchetta e la
fissò per un ultimo istante.
- Riddikulus
–
***
You open my heart with a sapphire skeleton key
I
ache to taste your breath on my skin
Say
you love me
Darling
Violetta, Say
you love me
- Proprio te cercavo! -
Dalla fila di alte finestre a
feritoia entrava tanta di quella luce che lei fu costretta a ripararsi
gli
occhi con una mano.
In alto, dietro i vetri piombati,
nuvole grigio chiaro, unica memoria della tempesta notturna, correvano
disperdendosi
su un cielo di smalto azzurro, limpido e caldo sullo sfondo di alberi
dalle
foglie d’oro e di rubino e di bronzo, che ancora stillavano
acqua piovana,
frusciando dolcemente nel vento.
Draco non le rispose, ma lo vide
accelerare il passo. Lei si fermò, meravigliata, guardandolo
correrle incontro;
quando fu a un passo da lei, sollevò le braccia e le
spalancò.
- Draco? -
Lei gli passò le braccia intorno
alla vita, mentre l’impeto del suo abbraccio la sollevava un
poco da terra. Gli
appoggiò la guancia al petto e ricambiò con
uguale slancio quella stretta
appassionata di cui non conosceva né arrivava a intuire il
motivo. Sentì la sua
mano sulla nuca, poi sulle spalle e di nuovo sulla testa, trai capelli.
Lo
sentì deglutire a fatica e, alzando lo sguardo, vide che
aveva gli occhi chiusi
e l’espressione assorta, a stento controllata, quasi temesse
i fiumi di parole
che avrebbero potuto rompere gli argini e colargli sul viso.
- Ti stavo cercando – gli ripeté,
mentre lui abbassava il viso verso il suo – Quel ragazzino
della tua Casa deve
essere tornato al vostro dormitorio, visto che non riesco a trovarlo.
Ti
dispiacerebbe andare a recuperare il mio mantello? Stanotte…
-
Silenzio e oro.
Il sole era così dolce e forte da
intorpidire, sidro caldo e miele che cadeva giù dal cielo in
un torrente
accecante che le appesantiva le palpebre costringendola a chiudere gli
occhi.
Lei poteva sentirlo pioverle
addosso, dappertutto; coprirla e accarezzarle la pelle delle braccia
che stringeva
intorno al collo di lui, il viso arrossato, e poi scorrerle veloce
dentro le
vene. Era polvere di seta trai capelli che erano raggi pallidi sotto le
sue
dita, sulle labbra e nel bacio che lei stava ricambiando con tutto
quello che
aveva da dare.
I suoi baci erano un silenzio
infinito che copriva il rumore del mondo.
- Che cosa ti succede? – gli
sussurrò sulle labbra.
Lui aveva il respiro leggermente
affannoso e gli occhi chiusi, ancora disperso lungo le strade assolate
dove
aveva voluto condurla. Quando li riaprì e la
guardò, lei pensò che la pioggia
all’alba doveva avere la stessa purezza.
Gli prese una mano e se la portò
al viso: era fredda e docile tra le sue dita. Se la fece scivolare tra
il collo
e la spalla, dove la pelle era più calda, coprendola con la
propria e
premendola contro di sé per scaldarla.
- Quando hai le mani così fredde
sei sempre nervoso – continuò - Non hai fatto
qualcosa di stupido, vero? -
Lui inarcò un sopraciglio, poi
scosse il capo – No. Almeno, non che io sappia –
Hermione gli restituì lo sguardo, poco
convinta.
- Avevi detto che volevi parlarmi
-
Parole formali e tono
circospetto; l’espressione del ragazzo adesso era neutra, gli
occhi però avevano
un scintillio febbrile.
Hermione piegò ancora la testa
verso la spalla, premendo la guancia contro la mano appena tiepida e
immota ancora
posata sul suo collo. Lo osservò, le avvisaglie
d’ansia che cercava di
nascondere, le tracce di stanchezza sotto gli occhi, dove la il pallore
della
carnagione cedeva a una sfumatura d’ombra, attraente richiamo
alla trasparenza
degli occhi e alle ciglia scurissime.
- Riguardo quello che è successo
di sopra – esordì lei, lentamente –
Quando era chiaro che la situazione si
stava complicando… -
Il braccio che le teneva intorno
alla vita si irrigidì di riflesso. La tensione che emanava
dal corpo del
ragazzo era percettibile e lei penso che l’avrebbe sentita
addosso anche se non
fossero stati abbracciati.
- Sarebbe stupido da parte mia cercare
di giudicare quello che può passare per la testa di una
persona, quando è sotto
pressione e sente il pericolo. Ma esistono sono soluzioni meno
drastiche, non…
irreversibili – sceglieva accuratamente le parole e il tono
che stava usando
era gentile e uniforme. Eppure lo sguardo di lui si faceva sempre
più
diffidente, la piega vicino alla sua bocca aveva qualcosa di amaro.
Lei la toccò con la punta di un
dito, fino a che non vide la tensione cedere alla carezza leggera e
allora alzò
di nuovo gli occhi nei suoi.
- Non rendermi le cose troppo
difficili – concluse.
Non c’era bisogno di aggiungere
altro, non quando lei aveva ancora la mano sul suo viso e gli occhi
scuri
avevano screziature di bronzo dorato, profonde e dolci, mentre
trattenevano con
fermezza i suoi.
- Eviterò di metterti di fronte
cose che non puoi tollerare -
Compromesso.
Non il primo, nemmeno l’ultimo.
Le spalle di lui parvero
rilasciarsi di colpo, curvarsi come se il peso della stanchezza che
portava
addosso si fosse assestato diversamente, obbligandolo a cercare un
nuovo
equilibrio. L’istante successivo era tornato normale, il
braccio che le
circondava la vita la teneva senza imprigionarla, i lineamenti del suo
viso
sembravano aver perso rigidità e distacco.
- Draco devi andare a dormire –
gli disse, preoccupata - Abbiamo tutti bisogno di riposare -
Malfoy crollò il capo e prima che
lei cominciasse con le domande, disse – Vieni, con me, devo
portarti in un
posto –
Incurante delle sue proteste la
condusse al terzo piano e si tirò di lato, educatamente, per
invitarla a
entrare, quando giunsero a destinazione.
And
I hope that you'll know
That
nature is so
This
same rain that draws you near me
Falls
on rivers and land
And
forests and sand
Makes
the beautiful world that you see
In
the morning
- La
Sala dei Trofei? – domandò
Hermione, entrando da una delle doppie porte –
Perché siamo venuti qui? -
Senza una parola lui la condusse
verso una bacheca di cristallo, scintillate di targhe e piastre e
medaglie
d’oro e d’argento, nella luce quieta della mattina
autunnale.
La sala dei Trofei dava sempre
quella sensazione di sospensione temporale, come trovarsi
contemporaneamente in
più epoche di Hogwarts, dove non c’erano adulti
né morti, e il tempo era il
medesimo per tutti coloro di cui era serbata traccia e memoria, tra le
coppe e
le statue, i trofei e gli albi. Fotografie e iscrizioni che congelavano
un’intera
esistenza in suo frammento, consegnandolo, per sempre, a una memoria
infinita.
La targa nella bacheca davanti ai
suoi occhi, quella ai cui piedi giaceva il suo mantello ripiegato,
recava
inciso il nome di Hartemius Rosier, primo anno Slytherin, vincitore di
un
torneo di Scacchi Magici, datato 1976, più di
vent’anni prima.
Una notte di ottobre, durante uno
dei peggiori temporali che Hogwarts potesse ricordare, Rosier era
uscito dal
suo dormitorio per seguire e osservare i Capiscuola. Lo faceva sempre,
anche di
nascosto, era sempre alle loro calcagna, senza curarsi di dare
fastidio. Da
bravo carattere Slytherin, aveva molta ambizione e voleva arrivare ad
avere
quel distintivo sulla sua divisa, un giorno: essere
l’autorità all’interno
della sua Casa e della scuola, la sua volontà seconda solo a
quella dei
docenti.
La mattina seguente lo avevano
trovato ai piedi di una rampa di scale. Forse spaventato dal temporale,
aveva
messo un piede in fallo e cadendo aveva battuto la testa.
Di un’altra vita, che aveva incrociato
quella di Hartemius Rosier, c’era testimonianza su un albo
alla fine del quale
avrebbero trovato spazio, come nel suo gemello che si trovava nella
saletta dei
Capiscuola, anche lei e il ragazzo che la stava tenendo per mano.
La Caposcuola Mezzosangue, la fidanzata dell’altro Caposcuola,
quello antipatico e strafottente che
infastidisce sempre tutti.
Sotto l’anno 1976, l’albo dei
Capiscuola, in corrispondenza del blasone del Gryffindor, portava i
nomi di
Lily Evans e di James Potter.
Mi
chiamo Hartemius, Harry.
Harry.
L’oro delle targhe e lo
scintillio del cristallo si confusero davanti ai suoi occhi e lei
chinò il
capo, lasciando che i capelli le cadessero intorno al viso,
riparandolo. Rimase
immobile, le spalle rigide e i pugni contratti, cercando di assimilare
il
racconto del Barone Sanguinario e misurandolo con quello che lei stessa
aveva
sentito.
E’ lui che si chiama come me.
Occhi azzurri come cristalli,
così ironici sul visino da monello.
Dita bianche e rapide raccolsero
le lacrime che avevano cominciato a scenderle dagli occhi. Una mano
sulla sua
schiena la guidò in un abbraccio che cancellò le
ultime tracce del suo ritegno
e la fece scoppiare in un pianto dirotto.
- Non c’è nulla da piangere –
disse, esasperato, Draco Malfoy – E’ già
morto! E’ successo vent’anni fa! –
A lui, per la verità, sembrava
un’affermazione piena di buon senso, ma lei non doveva
pensarla allo stesso
modo perché emise un verso di protesta e pianse ancora
più forte. Malfoy
sospirò e scosse il capo, tenendola contro di sé
e sperando che non arrivasse
nessuno: se qualcuno li avesse visti, come minimo avrebbe pensato che
lei stava
piangendo per colpa sua.
Come si faceva smettere di
piangere una ragazza?
Con la Maledizione Imperius?
Purtroppo era pronto a
scommettere che lei l’avrebbe considerata una soluzione
troppo drastica, di quelle che gli
aveva
suggerito, con tatto, di evitare.
- E’ uno spirito che vive a
Hogwarts: lo rivedrai – disse, quasi a caso, poi si accorse,
con stupore, che lei
si calmava un poco, così le appoggiò il mento sui
capelli e aggiunse – Devi
solo aspettare la prossima notte buia e tempestosa -
Everything's
fine in the morning
The
rain will be gone in the morning
But
I'll still be here in the morning
Vienna
Teng, Lullabye for a
Stormy Night
Fine
“Era una notte che faceva spavento,
veramente scantusa”
Andrea Camilleri, Il Birraio di Preston
*
“Era una notte buia e
tempestosa”
Snoopy di
Charles Schulz
*
It was a dark
and stormy night; the rain fell
in torrents, except at occasional intervals, when it was checked by a
violent
gust of wind which swept up the streets (for it is in London that our
scene
lies), rattling along the housetops, and fiercely agitating the scanty
flame of
the lamps that struggled against the darkness.
Edward
Bulwer-Lytton, Paul Clifford.
*******************************************************************
E anche questa è terminata. Spero
vi sia piaciuta pure la seconda parte
^_^
Care fanciulle, e caro fanciullo,
naturalmente, per ora ci congediamo
di nuovo, speriamo per un tempo breve. Sto scrivendo un’altra
storia, la cui
sorte è attualmente nelle mani dei Fondatori (che vengono
tirati giù un giorno
sì e l’altro pure), se riesco a terminarla
decentemente la pubblicherò quanto
prima.
Questa storia è come sempre
dedicata alla mia Opalix, alla mia
Chiaretta e alla mia Euridice e questa volta, con tantissimi auguri di
buon
compleanno al tizio di Euridice che si chiama come Tiger. Auguri Pazzo
con
l’Ascia! Hai visto che ti ho fatto ben figurare?
Grazie a:
Janet Mourfaaill (ancora si sta tenendo Skate
Hell! ^.^), Maty e Fex,
ovviamente Pacey il Lupo Mannaro (consigliami sempre caldamente di
cancellare
certe diciture terrificanti, adesso dici
“improcrastinabile”), Wherena
(arrivata la mia e-mail? Ancora grazie), Lady Eowyn, Sakura_Kinomoto,
pippimag,
Opalix (evviva Max!), quella raffinata (mica tanto, in ultima
analisi!), Emily
Doe (impari anche a cucinare il sushi?), Claheaven (il Boss
è Gryffindor???) , Briseide
(ciao!! Grazie ^^), Merryluna (vero! Quella dell’arsenico per
tingere di verde
la carta da parati ^^), White_Tifa, Julietta (ehi!! ^_^), Bea_chan e
sorella
(siete voi le sorelline Black, vero? Un bacio), Kit_05 (e chi se le
dimentica
le cinque-sei pagine? ^.^ Lavanda inserita!), Chiaras, Venus (un bacio
anche a
te!), Vanessa (aggiornato a distanza di una settimana come al solito,
ho fatto
abbastanza presto, no? ^^), Carol87(ma ciao!! Che bello rivederti
qui!), nevr8ika
(carina che sei sempre, grazie), Valermione, Mica26 (sinceramente e
umilmente
grazie: il più bel complimento che chiunque ami scrivere si
possa mai sentire
rivolgere), Bad_Devil, Lunachan62, SweetSin, Lady Tsepesh (magari Zeus
mi rende
meno sconclusionata :DD), Minami 77 (il tizio del videonoleggio ha
guardato
anche te con aria di commiserazione?:D), Eleni (mi hai fatto ridere
un’ora
buona, tu sei matta!!), Mya, ranokkia, Silvereye (abbastanza in fretta
da non
dover ricorrere alla minacce? ^^), Ilaria_Davita (che mi ha fatto fare
il
pianterello arrivata l’e-mail? L’altra matta sta
bene?), Contessa (grazie davvero!),
JulyChan (ma ciao bella! Ancora per il seguito di OS non so, ho una
mezza idea
per una storiella non troppo lunga, ma prima ne devo finire
un’altra ^.^’, poi
vediamo…), Raod Kamelot, Jacklin (grazie!), MCat (arrivata
la mia e-mail con le
informazioni che mi chiedevi? In caso contrario te la rimando ^^), Xe
(per il
seguito di OS ancora ho solo un’ideuzza, per la
verità sono troppo affezionata
a questi personaggi per lasciarli perdere del tutto, quindi quando
avrò finito
la storia che sto scrivendo, forse butto giù qualcosina ^^)
e Alewen.
Grazie a tutti!
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