Dean
aveva perso il senso del tempo da quando era finito in quel fottuto
buco per
colpa di Dick mangiolepersonecomebigné Roman.
Il Purgatorio era un posto inospitale, una crosta di mondo ultraterreno
che non
meritava nemmeno di esistere.
Per
non parlare delle creature che vi abitavano.
Il
sole non sorgeva mai, Dean ne ricordava solo vagamente la forma e il
tepore.
Lì
c’era soltanto il buio, il freddo e la paura.
E
c’era Cas.
Dean
contemplò il volto rilassato dell’amico che si era sdraiato sul terreno
sabbioso di quella grotta, riposandosi quel tanto che gli avrebbe
permesso di
montare il turno di guardia successivo. Aveva gli occhi chiusi ma lui
sapeva
che non stava dormendo.
Perché
gli angeli non ne hanno bisogno.
Aveva
gli occhi chiusi però. Dean aveva notato che da quando gli era mancata
qualche
rotella, il suo bell’angelo sulla spalla aveva cominciato ad acquisire
dei
comportamenti più umani, quasi come se la pazzia li avesse in qualche
modo
avvicinati.
La
pazzia è una forma di
normalità.
Ora
Dean non sapeva se Cas avesse finalmente rimosso o meno quella scopa
nel culo
che si ostinava a portarsi dietro, fatto sta che da quando si erano
ritrovati
le cose erano andate decisamente meglio.
Fino
all’esplosione di quel fottuto Leviatano.
Il
cacciatore fissò lo sguardo fuori dalla porta, stringendo tra le mani
un
paletto di legno appuntito che si era ricavato da un vecchio albero.
Dovevano
arrangiarsi con ciò che potevano, anche se lì intorno dimoravano esseri
sconosciuti persino ad uno di mestiere come il Winchester.
Pioveva.
Pioggia
era un eufemismo. Lì in Purgatorio non si riusciva nemmeno a vedere il
cielo e
ciò che cadeva giù da quel gregge di nuvole nere e minacciose non era
altro che
acido. Se n’era reso conto quando la sua giacca di pelle aveva
cominciato a
scolorire in più punti.
Da
allora, quando sentivano dei tuoni in lontananza, cercavano sempre un
riparo
fino a quando quella specie di pioggia acida non avrebbe smesso.
Ma
ciò che lo innervosiva di più era il non sapere che giorno fosse.
Non
che quando si trovava sulla Terra fosse tipo da controllare ogni giorno
il
calendario, oppure l’orologio, ma gli mancava lo scorrere del tempo. Lì
dov’era
rimasto intrappolato, non c’era l'alternarsi delle stagioni, del giorno
e della
notte.
Si
rendeva conto a mala pena di dover dormire, ma solo a causa della
stanchezza.
Era
davvero frustrante per un essere umano.
Castiel
si mosse e gli diede le spalle, attirando la sua attenzione.
Dean
non sapeva se anche l’angelo si sentisse come lui. Vivere per millenni
aveva i
suoi vantaggi. Per Castiel, i giorni diventavano solo una manciata di
minuti
nella sua quotidianità. Il cacciatore a volte lo invidiava, perché lui
non
aveva mai avuto quell’ingenuità tipica dei bambini.
Forse
solo prima della morte di Mary, quando la sua vita era normale.
Sbuffò
annoiato da quel ticchettare delle gocce acide sulle rocce ormai quasi
completamente bruciate da quello strano liquido. Aveva provato in tutti
i modi
ad evadere, a cercare una scappatoia per ritornare da suo fratello, nel
suo
mondo, da tutto ciò che rimaneva della sua famiglia.
Eppure
non ci era riuscito. Sembrava quasi impossibile fuggire da quel fottuto
buco
puzzolente ed ora capiva perché Dick e compagnia bella si fossero
aggrappati
con ferocia al corpo di Castiel quando lui li voleva rispedire indietro.
Era
quasi peggio dell’Inferno qui.
Quasi.
Dean
ancora rabbrividiva al ricordo di quando era stato trascinato giù dai
Cerberi,
di tutte le torture che aveva dovuto subire ed infliggere a causa di
Alastair.
E poi si ricordò di Castiel.
Il
cacciatore sorrise tra sé.
Era
imbarazzante quanto ogni sua memoria fosse legata a filo doppio a quel
culetto
piumato del suo angelo. Davvero troppe coincidenze li avevano tenuti
insieme.
Castiel che lo salvava dall’inferno, regalandogli una bella cicatrice
che non
si sarebbe mai potuto dimenticare ed ora erano ancora insieme, dopo che
si
erano reciprocamente traditi, insultati, picchiati a volte.
Però
erano rimasti.
«Certo,
non
saprò distinguere tra il Martedì e il Giovedì in questo fottuto buco
del cazzo,
ma non potrò mai dimenticarmi il giorno che ci siamo conosciuti,»
smozzicò,
tra sé e sé.
Era
più che altro un pensiero espresso ad alta voce, non aveva alcuna
intenzione di
coinvolgere l’angelo in quella melensa rimembranza da ragazzetta
sfigata del
liceo.
E
no! Ci mancava solo che Dean Winchester cominciasse a ricordare.
Come
poteva dimenticarlo?
Era
appena resuscitato dopo essere morto e mezzo divorato dalle fiamme di
Lucifero,
dopo aver pensato di essere spacciato e si era messo alla ricerca
disperata di
suo fratello. Come avrebbe fatto anche dopo essere riuscito ad evadere
– a
qualsiasi costo – da quel posto di merda. E poi c’era stato Bobby e
quel
vecchio capanno abbandonato.
Di
quell’assurda giornata, Dean ricordava unicamente gli occhi blu di
Castiel.
Era
forse uno dei più vividi ricordi che conservasse dell’angelo, anche più
del
trench che aveva gelosamente conservato nella sua Impala, quando
credeva fosse
morto, ma che non avrebbe mai ammesso davanti a nessuno – nemmeno sotto
minaccia di morte.
Gli
sguardi di Castiel gli erano entrati dentro e ormai non poteva fare
altro che
ammetterlo a sé stesso. Quel fottuto moccioso piumato gli aveva tirato
un
bruttissimo scherzo sparendo per tutto quel tempo e poi salvando suo
fratello,
accollandosi la pazzia made in Lucifero.
Lo
aveva odiato in quei giorni, sognato, aveva desiderato allo stesso
tempo di
spaccargli la faccia e di stringerlo a sé perché nonostante tutto era
come un
fratello per lui.
«Lo
ricordo
anche io, Dean,»
lo sorprese la voce dell’angelo, ancora con la schiena rivolta verso il
cacciatore.
Stupido
iper-udito piumoso.
«Cosa?»
mentì,
tossendo e tornando a rigirarsi tra le mani quel paletto di legno
improvvisato.
«Non
ti seguo, Cas.»
L’angelo
non rispose e Dean si sentì un emerito idiota. C’era davvero bisogno di
tutta
quella pantomima? In fondo erano soltanto lui e l’angelo, non c’era
nessun
altro escludendo l’ora di creature che dimoravano in quel buco
dimenticato da
Dio.
Il
cacciatore si passò una mano dietro la nuca, massaggiandosi il collo e
grugnendo. Odiava quei silenzi, soprattutto quando sapeva alla
perfezione di
essere dalla parte del torto. Anche se non poteva vederli, era più che
sicuro
che l’angelo avesse spalancato quegli occhioni blu.
Il
desiderio recondito di specchiarvici ebbe come il sopravvento.
«Davvero?»
smozzicò
infine, scollando le parole ad una ad una dal palato.
Castiel
continuò a rimanere immobile, così il cacciatore si sentì lievemente
preso per
il culo. Era raro da parte sua esporsi in quel modo, soprattutto di
fronte a
quel moccioso che non sapeva neppure da quale verso infilarsi un
maglione.
Al
dritto, Cas, la vedi la
cucitura?
Sì,
Dean. Ho capito.
Era
questo che aveva imparato ad apprezzare di Castiel. Oh no, lui non era
sciocco
ma solo un po’ sprovveduto. Bastava indirizzarlo dalla parte giusta,
tutto qui.
Questo
compito, sin dal primo giorno, se l’era accollato lui quasi senza
rendersene
conto.
Dean
allora si alzò e lo raggiunse, inginocchiandosi vicino a lui e posando
una mano
su quel trench ormai logoro. Aveva bisogno di vedere quegli occhi, di
trovare
delle conferme che non sapeva neppure di dover cercare.
Da
quando aveva perso il senso del tempo, non aveva più punti di
riferimento.
«Cas?»
mormorò a
bassa voce.
Come
se l’angelo gli avesse letto nella mente, si alzò a sedere ritrovandosi
a pochi
centimetri dal suo viso. Anche se le sue rotelle facevano ancora
cilecca,
l’angelo non aveva perso quel suo vizio caratteristico di invadere
l’altrui
fisicità.
Dean
spalancò lo sguardo ritrovandosi ad annegare dentro quel blu eterno.
I
comportamenti di Castiel lo annientavano, soprattutto quando erano così
istintivi e senza alcun preavviso. Ma soprattutto odiava dover
ammettere che
ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Gli
piaceva.
‘Ecco,
è di questo colore che mi immagino il Paradiso’ pensò egoisticamente.
Era
diventato l’ospite fisso di Crowley ed ora aveva vinto anche un viaggio
di sola
andata verso il Purgatorio.
A
casa di Cas, invece, non ci era mai stato.
«Mi
ricordo di
te, Dean,»
pronunciò l’angelo, con quella voce roca che ogni volta gli faceva
venire i
brividi sottopelle.
Ma
i brividi questa volta li ebbe per ben altri motivi.
Si
lasciò cadere all’indietro, con il sedere su quella terra polverosa dal
colore
indefinibile, e cominciò a ridere. Per sdrammatizzare, è così che
faceva.
«Certo,
Cas.
Sei guarito,»
disse, riferendosi al periodo di quando si faceva chiamare Emmanuel.
«Cazzo,»
sospirò,
strofinandosi gli occhi con due dita. «Chissà quanto tempo è passato.
Mi sento un vecchio.»
Lo
faceva innervosire il non sapere che giorno fosse, in che momento della
giornata si trovasse, se ci fosse il sole o la luna in cielo, da quanto
tempo lui
e Cas si conoscevano…
«Quattro
anni,» disse
l’angelo, col tono monocorde tipico del Soldato
di Dio.
«Come?»
chiese Dean
confuso.
Castiel
abbassò lo sguardo e il cacciatore per un attimo si sentì smarrito.
Odiava
quando quelle folte ciglia nere coprivano il blu dell’iride, facendogli
intravedere unicamente delle pagliuzze color acquamarina.
«Oggi è il
18
Settembre 2012 e sono passati quattro anni da quando ti ho conosciuto,»
soffiò.
Una
sensazione di completezza cominciò a diffondersi attraverso le membra
del
cacciatore, donandogli sollievo e tranquillità. Erano passati soltanto
tre mesi
da quando erano stati rinchiusi lì da Dick fottutocazzone
Roman, pensava peggio.
«Come fai
a
sapere che giorno è oggi?»
gli chiese d’improvviso.
Il
più delle volte credeva che Castiel si rendesse a mala pena conto di
dove
fosse, soprattutto quando il suo cervello flippava
e tirava fuori la storia delle api.
Castiel
allora alzò di nuovo lo sguardo e il cuore di Dean fece un tuffo
carpiato
all’indietro, degno della medaglia d’oro alle Olimpiadi.
In
quel momento la sua mente registrava soltanto una cosa: blu.
«Io sono
l’angelo del Giovedì, Dean,»
spiegò il suo amico piumato. «Riesco
a percepire quando è il mio giorno e da lì tengo il conto del tempo che
passa.»
Furbo
il cosino alato.
«Figo,»
commentò il
cacciatore, sopprimendo gli innumerevoli pensieri che gli saettavano
nella
mente. Almeno uno di loro aveva il buon senso di fare delle tacche sul
proprio
bastone immaginario.
«Già,»
sentenziò
l’angelo.
«È una
sorta
di anniversario, allora.»
Dean
si pentì quasi subito di quello che aveva detto, anzi, si sarebbe
volentieri
preso la lingua a morsi o fatto mangiare la testa da un Leviatano.
Castiel
inclinò la testa da un lato e lo fissò confuso.
Dio
come odiava quel moccioso.
Il
cacciatore mise subito le mani avanti, e non soltanto nel senso
metaforico del
termine. «È
una specie di festa,»
si affrettò a spiegare. L’angelo era sempre più confuso.
«Perché?»
domandò
unicamente.
Perché?
Perché? Perché?
Odiava
dover rispondere a quei “perché?” tipici dei bambini.
«Beh,»
tentennò,
cercando le parole adatte. «Diciamo
che è un modo per ricordarsi dei bei tempi andati. Del passato,
insomma.»
Castiel
annuì. «Capisco,» mormorò. «Come per il
sacro vincolo del matrimonio.»
Per
poco Dean non si strozzò con la sua stessa saliva. Odiava profondamente
la
schiettezza di quel moccioso piumato.
«Sì, una
specie. Solo che io e te non siamo mica sposati,» precisò.
«Gli
angeli
non possono sposarsi, Dean.»
Ma
perché diavolo erano finiti col parlare del matrimonio?
«Comunque,»
tergiversò,
tornando a torturare il paletto di legno che aveva in mano. «Torno a
montare la guardia, tu riposati. Ti chiamo quando è il tuo turno.»
Si
alzò e si diresse verso il nudo pezzo di roccia che aveva accolto il
suo sedere
fino a poco prima. Fuori ancora pioveva e Dean sospirò. Anche se aveva
riacquistato il senso del tempo, doveva ancora capire come fare per
uscire di
lì.
Di
una cosa era certo, avrebbe fatto di tutto per fuggire. Insieme a
Castiel.
«Dean?» lo
chiamò
l’angelo, voltandosi su un fianco.
«Sì, Cas?»
disse lui,
sorpreso.
Video
l’angelo spalancare quei grandi occhi azzurri, occhi che lo avrebbero
inghiottito un giorno o l’altro.
«Buon
anniversario,
Dean.»
e si accucciò al suolo.
Il
cacciatore rimase a fissare il corpo del suo amico avvolto in quel
logoro
trench, mentre un sorriso gli si dipingeva in volto.
Sì,
ora era davvero sicuro che avrebbero lasciato quel buco puzzolente.
Insieme.
Piccolo esperimento fluff-angst destiel per il Destiel!Day indetto
dalla pagina Le
migliori citazioni di Supernatural.
Spero siate arrivati "vivi" fino alla fine e devo dire che mi sono
divertita parecchio a destreggiarmi - o incappare più che altro - nel
prompt "Sto annegando nei tuoi occhi e mi piace".
Mi è uscita fuori questa roba, perdonatemi! xD
Conto di fare, prima o poi, una Destiel!Week, mi organizzo, non vi
preoccupate.
Detto ciò, carry on!
Shippate Destiel tutta la vita ù_ù
Baci, Marty.
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