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Autore: IoNarrante    18/09/2012    3 recensioni
One Shot che partecipa al Destiel!Day indetto dalla pagina Le migliori citazioni di Supernatural
Piove. Dean monta la guardia all'ingresso di una grotta, nel Purgatorio, e ricorda. Ricorda una sera di quattro anni fa, ma purtroppo il senso del tempo lo ha abbandonato. Ci sarà qualcuno per lui che lo aiuterà a ricordare.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Ottava stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Wings of an angel'
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Timeless

Betato da Nes_sie

Dean aveva perso il senso del tempo da quando era finito in quel fottuto buco per colpa di Dick mangiolepersonecomebigné Roman. Il Purgatorio era un posto inospitale, una crosta di mondo ultraterreno che non meritava nemmeno di esistere.

Per non parlare delle creature che vi abitavano.
Il sole non sorgeva mai, Dean ne ricordava solo vagamente la forma e il tepore.
Lì c’era soltanto il buio, il freddo e la paura.
E c’era Cas.
Dean contemplò il volto rilassato dell’amico che si era sdraiato sul terreno sabbioso di quella grotta, riposandosi quel tanto che gli avrebbe permesso di montare il turno di guardia successivo. Aveva gli occhi chiusi ma lui sapeva che non stava dormendo.
Perché gli angeli non ne hanno bisogno.
Aveva gli occhi chiusi però. Dean aveva notato che da quando gli era mancata qualche rotella, il suo bell’angelo sulla spalla aveva cominciato ad acquisire dei comportamenti più umani, quasi come se la pazzia li avesse in qualche modo avvicinati.
La pazzia è una forma di normalità.
Ora Dean non sapeva se Cas avesse finalmente rimosso o meno quella scopa nel culo che si ostinava a portarsi dietro, fatto sta che da quando si erano ritrovati le cose erano andate decisamente meglio.
Fino all’esplosione di quel fottuto Leviatano.
Il cacciatore fissò lo sguardo fuori dalla porta, stringendo tra le mani un paletto di legno appuntito che si era ricavato da un vecchio albero. Dovevano arrangiarsi con ciò che potevano, anche se lì intorno dimoravano esseri sconosciuti persino ad uno di mestiere come il Winchester.
Pioveva.
Pioggia era un eufemismo. Lì in Purgatorio non si riusciva nemmeno a vedere il cielo e ciò che cadeva giù da quel gregge di nuvole nere e minacciose non era altro che acido. Se n’era reso conto quando la sua giacca di pelle aveva cominciato a scolorire in più punti.
Da allora, quando sentivano dei tuoni in lontananza, cercavano sempre un riparo fino a quando quella specie di pioggia acida non avrebbe smesso.
Ma ciò che lo innervosiva di più era il non sapere che giorno fosse.
Non che quando si trovava sulla Terra fosse tipo da controllare ogni giorno il calendario, oppure l’orologio, ma gli mancava lo scorrere del tempo. Lì dov’era rimasto intrappolato, non c’era l'alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte.
Si rendeva conto a mala pena di dover dormire, ma solo a causa della stanchezza.
Era davvero frustrante per un essere umano.
Castiel si mosse e gli diede le spalle, attirando la sua attenzione.
Dean non sapeva se anche l’angelo si sentisse come lui. Vivere per millenni aveva i suoi vantaggi. Per Castiel, i giorni diventavano solo una manciata di minuti nella sua quotidianità. Il cacciatore a volte lo invidiava, perché lui non aveva mai avuto quell’ingenuità tipica dei bambini.
Forse solo prima della morte di Mary, quando la sua vita era normale.
Sbuffò annoiato da quel ticchettare delle gocce acide sulle rocce ormai quasi completamente bruciate da quello strano liquido. Aveva provato in tutti i modi ad evadere, a cercare una scappatoia per ritornare da suo fratello, nel suo mondo, da tutto ciò che rimaneva della sua famiglia.
Eppure non ci era riuscito. Sembrava quasi impossibile fuggire da quel fottuto buco puzzolente ed ora capiva perché Dick e compagnia bella si fossero aggrappati con ferocia al corpo di Castiel quando lui li voleva rispedire indietro.
Era quasi peggio dell’Inferno qui.
Quasi.
Dean ancora rabbrividiva al ricordo di quando era stato trascinato giù dai Cerberi, di tutte le torture che aveva dovuto subire ed infliggere a causa di Alastair. E poi si ricordò di Castiel.
Il cacciatore sorrise tra sé.
Era imbarazzante quanto ogni sua memoria fosse legata a filo doppio a quel culetto piumato del suo angelo. Davvero troppe coincidenze li avevano tenuti insieme. Castiel che lo salvava dall’inferno, regalandogli una bella cicatrice che non si sarebbe mai potuto dimenticare ed ora erano ancora insieme, dopo che si erano reciprocamente traditi, insultati, picchiati a volte.
Però erano rimasti.
«Certo, non saprò distinguere tra il Martedì e il Giovedì in questo fottuto buco del cazzo, ma non potrò mai dimenticarmi il giorno che ci siamo conosciuti,» smozzicò, tra sé e sé.
Era più che altro un pensiero espresso ad alta voce, non aveva alcuna intenzione di coinvolgere l’angelo in quella melensa rimembranza da ragazzetta sfigata del liceo.
E no! Ci mancava solo che Dean Winchester cominciasse a ricordare.
Come poteva dimenticarlo?
Era appena resuscitato dopo essere morto e mezzo divorato dalle fiamme di Lucifero, dopo aver pensato di essere spacciato e si era messo alla ricerca disperata di suo fratello. Come avrebbe fatto anche dopo essere riuscito ad evadere – a qualsiasi costo – da quel posto di merda. E poi c’era stato Bobby e quel vecchio capanno abbandonato.
Di quell’assurda giornata, Dean ricordava unicamente gli occhi blu di Castiel.
Era forse uno dei più vividi ricordi che conservasse dell’angelo, anche più del trench che aveva gelosamente conservato nella sua Impala, quando credeva fosse morto, ma che non avrebbe mai ammesso davanti a nessuno – nemmeno sotto minaccia di morte.
Gli sguardi di Castiel gli erano entrati dentro e ormai non poteva fare altro che ammetterlo a sé stesso. Quel fottuto moccioso piumato gli aveva tirato un bruttissimo scherzo sparendo per tutto quel tempo e poi salvando suo fratello, accollandosi la pazzia made in Lucifero.
Lo aveva odiato in quei giorni, sognato, aveva desiderato allo stesso tempo di spaccargli la faccia e di stringerlo a sé perché nonostante tutto era come un fratello per lui.
«Lo ricordo anche io, Dean,» lo sorprese la voce dell’angelo, ancora con la schiena rivolta verso il cacciatore.
Stupido iper-udito piumoso.
«Cosa?» mentì, tossendo e tornando a rigirarsi tra le mani quel paletto di legno improvvisato. «Non ti seguo, Cas.»
L’angelo non rispose e Dean si sentì un emerito idiota. C’era davvero bisogno di tutta quella pantomima? In fondo erano soltanto lui e l’angelo, non c’era nessun altro escludendo l’ora di creature che dimoravano in quel buco dimenticato da Dio.
Il cacciatore si passò una mano dietro la nuca, massaggiandosi il collo e grugnendo. Odiava quei silenzi, soprattutto quando sapeva alla perfezione di essere dalla parte del torto. Anche se non poteva vederli, era più che sicuro che l’angelo avesse spalancato quegli occhioni blu.
Il desiderio recondito di specchiarvici ebbe come il sopravvento.
«Davvero?» smozzicò infine, scollando le parole ad una ad una dal palato.
Castiel continuò a rimanere immobile, così il cacciatore si sentì lievemente preso per il culo. Era raro da parte sua esporsi in quel modo, soprattutto di fronte a quel moccioso che non sapeva neppure da quale verso infilarsi un maglione.
Al dritto, Cas, la vedi la cucitura?
Sì, Dean. Ho capito.
Era questo che aveva imparato ad apprezzare di Castiel. Oh no, lui non era sciocco ma solo un po’ sprovveduto. Bastava indirizzarlo dalla parte giusta, tutto qui.
Questo compito, sin dal primo giorno, se l’era accollato lui quasi senza rendersene conto.
Dean allora si alzò e lo raggiunse, inginocchiandosi vicino a lui e posando una mano su quel trench ormai logoro. Aveva bisogno di vedere quegli occhi, di trovare delle conferme che non sapeva neppure di dover cercare.
Da quando aveva perso il senso del tempo, non aveva più punti di riferimento.
«Cas?» mormorò a bassa voce.
Come se l’angelo gli avesse letto nella mente, si alzò a sedere ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso. Anche se le sue rotelle facevano ancora cilecca, l’angelo non aveva perso quel suo vizio caratteristico di invadere l’altrui fisicità.
Dean spalancò lo sguardo ritrovandosi ad annegare dentro quel blu eterno.
I comportamenti di Castiel lo annientavano, soprattutto quando erano così istintivi e senza alcun preavviso. Ma soprattutto odiava dover ammettere che ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Gli piaceva.
‘Ecco, è di questo colore che mi immagino il Paradiso’ pensò egoisticamente. Era diventato l’ospite fisso di Crowley ed ora aveva vinto anche un viaggio di sola andata verso il Purgatorio.
A casa di Cas, invece, non ci era mai stato.
«Mi ricordo di te, Dean,» pronunciò l’angelo, con quella voce roca che ogni volta gli faceva venire i brividi sottopelle.
Ma i brividi questa volta li ebbe per ben altri motivi.
Si lasciò cadere all’indietro, con il sedere su quella terra polverosa dal colore indefinibile, e cominciò a ridere. Per sdrammatizzare, è così che faceva.
«Certo, Cas. Sei guarito,» disse, riferendosi al periodo di quando si faceva chiamare Emmanuel. «Cazzo,» sospirò, strofinandosi gli occhi con due dita. «Chissà quanto tempo è passato. Mi sento un vecchio.»
Lo faceva innervosire il non sapere che giorno fosse, in che momento della giornata si trovasse, se ci fosse il sole o la luna in cielo, da quanto tempo lui e Cas si conoscevano…
«Quattro anni,» disse l’angelo, col tono monocorde tipico del Soldato di Dio.
«Come?» chiese Dean confuso.
Castiel abbassò lo sguardo e il cacciatore per un attimo si sentì smarrito. Odiava quando quelle folte ciglia nere coprivano il blu dell’iride, facendogli intravedere unicamente delle pagliuzze color acquamarina.
«Oggi è il 18 Settembre 2012 e sono passati quattro anni da quando ti ho conosciuto,» soffiò.
Una sensazione di completezza cominciò a diffondersi attraverso le membra del cacciatore, donandogli sollievo e tranquillità. Erano passati soltanto tre mesi da quando erano stati rinchiusi lì da Dick fottutocazzone Roman, pensava peggio.
«Come fai a sapere che giorno è oggi?» gli chiese d’improvviso.
Il più delle volte credeva che Castiel si rendesse a mala pena conto di dove fosse, soprattutto quando il suo cervello flippava e tirava fuori la storia delle api.
Castiel allora alzò di nuovo lo sguardo e il cuore di Dean fece un tuffo carpiato all’indietro, degno della medaglia d’oro alle Olimpiadi.
In quel momento la sua mente registrava soltanto una cosa: blu.
«Io sono l’angelo del Giovedì, Dean,» spiegò il suo amico piumato. «Riesco a percepire quando è il mio giorno e da lì tengo il conto del tempo che passa.»
Furbo il cosino alato.
«Figo,» commentò il cacciatore, sopprimendo gli innumerevoli pensieri che gli saettavano nella mente. Almeno uno di loro aveva il buon senso di fare delle tacche sul proprio bastone immaginario.
«Già,» sentenziò l’angelo.
«È una sorta di anniversario, allora.»
Dean si pentì quasi subito di quello che aveva detto, anzi, si sarebbe volentieri preso la lingua a morsi o fatto mangiare la testa da un Leviatano.
Castiel inclinò la testa da un lato e lo fissò confuso.
Dio come odiava quel moccioso.
Il cacciatore mise subito le mani avanti, e non soltanto nel senso metaforico del termine. «È una specie di festa,» si affrettò a spiegare. L’angelo era sempre più confuso.
«Perché?» domandò unicamente.
Perché? Perché? Perché?
Odiava dover rispondere a quei “perché?” tipici dei bambini.
«Beh,» tentennò, cercando le parole adatte. «Diciamo che è un modo per ricordarsi dei bei tempi andati. Del passato, insomma.»
Castiel annuì. «Capisco,» mormorò. «Come per il sacro vincolo del matrimonio.»
Per poco Dean non si strozzò con la sua stessa saliva. Odiava profondamente la schiettezza di quel moccioso piumato.
«Sì, una specie. Solo che io e te non siamo mica sposati,» precisò.
«Gli angeli non possono sposarsi, Dean.»
Ma perché diavolo erano finiti col parlare del matrimonio?
«Comunque,» tergiversò, tornando a torturare il paletto di legno che aveva in mano. «Torno a montare la guardia, tu riposati. Ti chiamo quando è il tuo turno.»
Si alzò e si diresse verso il nudo pezzo di roccia che aveva accolto il suo sedere fino a poco prima. Fuori ancora pioveva e Dean sospirò. Anche se aveva riacquistato il senso del tempo, doveva ancora capire come fare per uscire di lì.
Di una cosa era certo, avrebbe fatto di tutto per fuggire. Insieme a Castiel.
«Dean?» lo chiamò l’angelo, voltandosi su un fianco.
«Sì, Cas?» disse lui, sorpreso.
Video l’angelo spalancare quei grandi occhi azzurri, occhi che lo avrebbero inghiottito un giorno o l’altro.
«Buon anniversario, Dean.» e si accucciò al suolo.
Il cacciatore rimase a fissare il corpo del suo amico avvolto in quel logoro trench, mentre un sorriso gli si dipingeva in volto.
Sì, ora era davvero sicuro che avrebbero lasciato quel buco puzzolente.
Insieme.


Piccolo esperimento fluff-angst destiel per il Destiel!Day indetto dalla pagina Le migliori citazioni di Supernatural.
Spero siate arrivati "vivi" fino alla fine e devo dire che mi sono divertita parecchio a destreggiarmi - o incappare più che altro - nel prompt "Sto annegando nei tuoi occhi e mi piace".
Mi è uscita fuori questa roba, perdonatemi! xD
Conto di fare, prima o poi, una Destiel!Week, mi organizzo, non vi preoccupate.

Detto ciò, carry on!
Shippate Destiel tutta la vita ù_ù
Baci, Marty.
 
 
   
 
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