Cap
6
Per
un'intera vita era stato accompagnato dalla sua fantasia. Era stata
una parte fondamentale di lui, era quell'elemento indispensabile che
lo aveva sostenuto e che lo aveva sempre fatto andare avanti.
Sopravvivere
per lui sarebbe stato impensabile se non avesse avuto la
consapevolezza che era proprio la sua fantasia che lo manteneva in
vita, lo portava a ideare, e a creare poi concretamente, cose sempre
nuove, sempre diverse, e sempre grandiose.
Ogni
suo bizzarro progetto era stato realizzato, qualsiasi pazzia gli
fosse mai venuta in mente di fare l'aveva fatta, senza mai
preoccuparsi di non avere l'età giusta per farla.
La
soddisfazione che ne conseguiva lo ripagava di ogni sforzo compiuto.
Con
una lentezza esasperante, però, strati su strati di
immaginazione si erano andati accumulando nel fondo del suo cervello,
e adesso li poteva sentire mentre marcivano, si decomponevano,
diventando sempre più grigi.
Avere
una tale immaginazione, troppo fervida e senza limiti, si stava
infine rivelando una condanna.
Ne
era diventato schiavo, quello che faceva non gli bastava mai. Lo
aveva trasformato, lentamente lo uccideva come la peggiore delle
droghe.
L'emozione
può giocare degli scherzi orribili, e non è soltanto
una frase retorica. Bisogna però imparare a controllarla,
bisogna fuggire dal mondo onirico che ognuno crea nella sua testa e
ricominciare a vivere nel mondo reale, dove non penetra la luce.
Non
è poi così difficile, basta volerlo.
Le
dita gli si contorcevano e tremavano violentemente come devastate
dall'artrite, il respiro gli si faceva più corto come dopo una
lunga corsa, i piedi avanzavano per forza di inerzia, il cuore perdeva
un battito a ogni passo.
Era
come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo, talmente forte da
riattivargli la sensibilità da lungo tempo perduta.
Un
male inspiegabile quanto inaspettato aveva preso a rodergli il petto
con inaudita ferocia.
Aveva
provato una sensazione del tutto nuova. Si era sentito crollare
addosso qualcosa e non ne comprendeva il motivo, sapeva solo che
faceva male. Temeva di aver fatto qualcosa di stupido senza essersene
accorto.
Guardò
Baljeet e Isabella che danzavano insieme e quel dolore si tramutò
in una vera e propria morsa allo stomaco.
“Che
mi sta succedendo?” si chiese, sconvolto e spaventato.
Aveva
detto che non riusciva a figurarseli insieme. Aveva mentito. In
realtà, era bastato che Ginger glielo facesse appena notare
perché la sua immaginazione partisse a razzo.
Riusciva
chiaramente a visualizzarli nella sua mente.
Riusciva
a vedere lui. Adulto, alto, superbo nel suo incedere. Teneva Isabella
per la vita con fare possessivo e si beava del sorriso che lei
riservava solo a lui.
Riusciva
a vedere lei. Le sue curve da donna fatta, i suoi capelli fluenti e
luminosi, il puntino rosso al centro della fronte. Rideva,
gioiva come se nella sua vita non esistesse altro.
E
lui dov'era in tutto ciò?
All'angolo
di una pista da ballo, a osservare con distacco forzato la loro
perfetta felicità.
Quando
la sua fantasia si sarebbe verificata -perché, presto o tardi,
si sarebbe verificata- lui, eterno pazzo smemorato, avrebbe
dovuto rimanere in quell'angolo, alla disperata ricerca di qualcosa
da inventare. Qualcosa che magari gli avrebbe procurato una gioia, ma
comunque sempre una gioia temporanea. Nessuno sarebbe più
stato lì a chiedergli che cosa stesse facendo.
E
ciò avrebbe automaticamente reso inutili tutti i suoi sforzi.
Provava
qualcosa che non si sarebbe sognato mai e poi mai di provare,
qualcosa di sconosciuto che non riusciva a capire. E si rese conto
con incredulità che, seppur in maniera più lieve, aveva
provato la stessa cosa quando aveva visto Ferb e Isabella bere il tè
e ridere insieme senza coinvolgerlo.
Un'incredibile
parola si stava insinuando forzatamente dentro la sua testolina
triangolare, una parola che sarebbe tornata presto a tormentarlo.
Gelosia?
Era
assurdo, così assurdo che non riusciva a sollevarsi sotto il
peso di quella assurdità, lo schiacciava inesorabilmente.
Quella
nullità di Baljeet Tjinder!
Era
spuntato dal vuoto siderale e, con quel gesto insignificante, aveva
trionfato dove nessuno era mai riuscito.
Era
riuscito a guadagnarsi il suo odio.
Sì,
perché Phineas in quel momento sapeva di odiarlo, lo odiava a
morte.
Perché
quello non sembrava più un semplice ballo, non era una cosa
innocente.
Lui
era perverso e gliel'aveva portata via. Non la stava più
lasciando, la teneva stretta senza avere nessun diritto di farlo. Le
sue dita in qualche modo la insudiciavano, la violavano.
Era
lui che avrebbe dovuto ballare con lei, era a lui che
lei avrebbe dovuto rivolgere i suoi migliori sorrisi, la sua
riconoscenza. Nessuno aveva il diritto di prendersi ciò che
spettava a lui, tanto meno quella mezza tacca di Baljeet.
Voleva
che lei scappasse, che lo raggiungesse, ma la musica non accennava a
scemare e lui riusciva a scorgere soltanto i suoi capelli che
volavano in aria. Non la vedeva in viso, e la sua fantasia gliela
fece immaginare terribilmente felice.
“Devo
andare a riprendermela. E devo prendere Baljeet a pugni...”
Questo
pensiero lo spaventò e lo riscosse. Quello non era lui.
Baljeet era un suo amico. Come poteva odiarlo?
Si
rese conto che, qualunque cosa avesse potuto dire o fare, niente
avrebbe potuto cambiare il fatto che era stato lui a
consegnargli Isabella nelle sue mani.
Si
sentì l'ultimo dei vermi.
Non
poteva tornare indietro.
La
musica non era ancora finita, era assordante, ossessiva.
Con
un groppo al cuore, girò i tacchi e se ne andò via,
allontanandosi dalla vista, per lui insopportabile, di quella coppia
felice.
Non
guardava dove stava andando, urtava tutti e non si fermava a chiedere
scusa a nessuno. Poi andò a sbattere contro qualcuno che,
istintivamente, lo afferrò per le braccia inducendolo a
fermarsi. Era Ferb.
Gli
rivolse uno sguardo disperato e si liberò dalla sua presa,
ancora non riusciva a capire perché sentisse il bisogno di
allontanarsi. Da tutto, anche da lui.
Doveva
schiarirsi la mente, doveva scoprire quello che gli stava succedendo.
Ferb
lo guardò stranito, ma come al solito non disse niente.
Lui
uscì dalla pista facendosi largo tra tutti i suoi amici che
cercavano di trattenerlo lì e gli facevano i complimenti e gli
ripetevano quanto fosse bella e divertente quella festa.
Phineas
non riusciva a sentirsene fiero, anzi non gliene importava più
niente.
Si
sedette per terra e si prese la testa tra le mani.
Che
cos'aveva provato quando Ginger gli aveva detto di Isabella e
Baljeet?
Terrore,
puro e semplice terrore.
Eppure
non aveva senso, non gli era mai capitato.
“Che
mi sta succedendo?” si chiese di nuovo.
Tentò
di calmarsi, non era da lui andare in crisi in quel modo, non si
riconosceva più.
Soltanto
una volta gli era successo qualcosa di simile, ed era stato quella
volta in cui era rimasto bloccato su quell'isola deserta e non sapeva
più come andarsene.
Quella
volta si era ridotto a scavare ridicolmente nella sabbia in cerca di
minerali per aggiustare un aereo.
Ma
nemmeno in quell'occasione aveva sentito il suo cuore battere a quel
ritmo accelerato, troppo veloce per essere una cosa normale.
“Dovrei
costruire una macchina che mi aiuti a capire il mio stesso pensiero.”
si disse.
Poi
si sentì improvvisamente ridicolo per quello che gli era
saltato in mente e si mise a ridere.
Si
fece paura da solo quando si accorse di quanto la sua risata
risultasse isterica.
Si
rialzò e prese a vagare alla cieca, sentiva che, camminando,
le sue idee avrebbero potuto andarglisi chiarendo. Non sapeva più
dove stesse andando, si inoltrò in una via sconosciuta e non
sentì né l'appello di Ferb né il richiamo della
ragazzina che gli correva dietro cercando di raggiungerlo.
Quella
sera dentro di lui c'era un conflitto che gli impediva di sentire
quello che gli accadeva intorno. Lui non era una persona passionale,
quindi cercava sempre di razionalizzare tutto.
Convinto
che solo così potesse aiutarsi, cercò di riepilogare
tutto quello che era successo e che provava, a freddo nella sua
mente.
Che
cosa l'aveva portato a organizzare quella festa per Isabella?
Lei
si era spezzata un braccio cadendo dalle scale di casa sua e da quel
momento sembrava che non fosse più interessata alle cose che
lui faceva. Dunque, lo scopo della festa doveva essere...
Farti
notare da lei? Lo provocò una vocetta inaspettatamente
cattiva dentro la sua testa.
“Calma”
si disse “Non è questo... è solo che volevo fare
una cosa carina per lei, tutto qui.”
Ma
perché, qual era il motivo per cui lo aveva voluto
fare? Non era certo colpa sua se era caduta...
O
magari sì? Lo rimbeccò quella maligna voce,
sorprendendolo di nuovo.
“Perché
dovrebbe?” si difese “Io non ho fatto niente...”
Ripensò
al momento in cui era successo, tentò di ricordare ogni
singolo dettaglio.
Era
entrato lì e aveva visto lei e Ferb abbracciati... lei si era
staccata come se si sentisse colpevole di qualcosa, era corsa
via, gli era passata vicino, la rivide chiaramente mentre gli
sfrecciava accanto... piangeva... non aveva visto il gradino... ed
era caduta...
“Frena,
frena un secondo, genio.” si disse. Si era forse degnato di
chiederle il motivo per cui fosse corsa via? Le aveva chiesto perché
stesse piangendo? E poi, si era domandato perché stesse
abbracciando suo fratello? In che momento della sua vita era, cosa
provava, perché avrebbe dovuto sentirsi così fragile da
volere un conforto proprio da lui?
Nella
sua testa rivide suo fratello che, pur avendo un cuore spezzato,
portava un mazzo di fiori a Isabella. Era stato Ferb a portarglielo.
Lui non le aveva portato niente, non si era preoccupato di farla
sentire meglio.
“Però
abbiamo confezionato insieme le fasce.” ricordò “Abbiamo
passato un intero pomeriggio... a fare... una cosa che avevo deciso
io... per l'ennesima volta!”
E
il giorno successivo, aveva forse considerato il fatto che,
costruendo quella pista da pattinaggio, che era stata il suo pallino,
si sarebbe ritrovato con una cosa fichissima ma che lei non avrebbe
potuto nemmeno provare?
E
te ne sei addirittura offeso! Lo rimproverò quella che
ormai riconosceva come la voce della propria coscienza.
“Ma
ci ho riflettuto dopo, quando Candace me lo ha fatto notare.”
protestò. Aveva sempre bisogno che qualcuno glielo facesse
notare, non ce la faceva a farlo da solo.
Ed
era quello il motivo per cui aveva organizzato la festa, perché
voleva rimediare al suo errore di averla trascurata. “Ma ci
sono riuscito?”
Si
riscosse un attimo dai suoi pensieri, si guardò intorno e si
spaventò, perché non sapeva dove si trovasse. La via
era terribilmente buia, non riusciva a leggerne il nome dalla
targhetta fissa sul muro. Vide a una breve lontananza un lampione e
ci andò di sotto, come una falena, cercando la luce. Vi si
appoggiò con la schiena e ricominciò da dove aveva
interrotto.
Ecco
che nella sua mente tornò a farsi vivido il momento in cui era
sopraggiunto Baljeet. Il suo aspetto si trasfigurò. Gli sembrò
più bello e il suo sguardo era illuminato dall'affetto che
doveva provare per Isabella. Come aveva potuto non vederlo?
“Mi
faresti ballare con la tua dama?” gli aveva chiesto in modo
innocente. E lui gliel'aveva concessa. Come un idiota.
Ma
Isabella ne era forse stata contenta? Lui le aveva chiesto se
volesse ballare con Baljeet?
No,
no, non l'aveva fatto. Si era soltanto fatto da parte, lasciandogli
campo libero. Non aveva sentito pericolo, non si era preoccupato di
niente, non ci aveva visto nulla di male.
E
allora, perché quando Ginger ti ha detto quali erano le sue
intenzioni, ti sei sentito così idiota?
In
quel momento, Isabella, che pure avrebbe dovuto ballare tutta la
notte con lui, era insieme a Baljeet, a un altro ragazzo, un ragazzo
che non era lui e che poteva benissimo decidere di tenersela
stretta e di non concederla più a nessun altro.
Gli
venne una specie di crampo allo stomaco mentre li rivedeva ballare
insieme e risentiva la voce di Ginger “Sono fatti l'uno per
l'altra...”.
Perché
stai avendo questa reazione?
Riprese la voce nella sua testa, che ora sembrava un'entità
completamente estranea al suo io. Te lo dico io cosa ti
succede, la ragione per tutto questo è più semplice di
quanto tu creda. Il vero motivo per cui hai organizzato la festa, per
cui ti sei sentito in difetto nei confronti di lei, per cui ti sei
sentito escluso quando prendeva il tè con Ferb e sembrava che
se la intendessero
così bene, e per cui adesso ti dà tanto fastidio
pensare che sia con un altro che sai che ha un interesse romantico
nei suoi confronti, è una sola.
Tu
sei geloso di
Isabella. E se sei geloso...
Gli
tornò in mente Ferb che guardava le foto di Vanessa. Gli era
sembrato così stupido. Solo adesso lo capiva. Ferb era geloso
di Vanessa, invidiava il suo nuovo ragazzo. E se è
geloso...
Poi
pensò a Candace. Tante volte lei aveva dimostrato di essere
gelosa di Jéremy. E se è gelosa...
-Se
uno è geloso, significa per forza che è innamorato?-
disse senza accorgersi che aveva parlato ad alta voce, dunque senza
aspettarsi che gli avrebbero risposto.
-Ovviamente!-
disse qualcuno da qualche parte di fronte a lui.
Phineas
saltò su per la sorpresa interrompendo il suo flusso di
pensieri.
Sotto
la luce del lampione al quale stava appoggiato, avanzò una
figura snella.
La
riconobbe solo quando la vide bene.
-Isabella!-
gridò. Aveva fatto tanto per fermare i battiti accelerati del
proprio cuore e ora questo birichino ripartiva come un assolo di
batteria.
-Che
ci fai qui?- si accorse di balbettare e si impose di smetterla
subito.
-Stavo
cercando te.- disse lei con una luce particolarissima negli occhi
blu. Non gli erano mai sembrati così grandi, profondi e
lucenti.
“Mi
ha sentito!” formulò la sua mente “Ma certo che mi
ha sentito, mi ha anche risposto!”
Lei
gli andò decisa incontro, era decisamente troppo vicina...
Lui
non seppe cosa dirle. Era stato beccato!
Aprì
la bocca per buttare lì una frase casuale, ma lei fu più
veloce di lui.
-Ti
ho intravisto da lontano mentre lasciavi la festa e ti ho seguito.-
disse -Che cosa stai facendo... qui da solo?-
-Riflettevo.-
rispose lui con estrema sincerità.
-Riflettevi
su cosa?- gli chiese, ma poi, senza dargli il tempo di rispondere,
aggiunse: -La festa è di là, non hai sentito che Ferb
ti ha chiamato?-
-No.
- ammise lui -No, non l'ho sentito.-
-Ora
sta cantando, lo hanno praticamente costretto.- Isabella rise
mostrando i suoi dentini lucenti.
Phineas
sentì la domanda sfuggirgli di bocca prima che potesse
realizzarne il senso: -Senti, ma non stavi ballando con Baljeet?-
-L'ho
scaricato.- disse subito lei -Così impara a pestarmi i piedi.-
-Ma
lui... pensavo che...- cominciò Phineas, bloccandosi perché
stava balbettando ancora -In realtà, non sono sicuro di cosa
pensassi.- disse cercando di non farsi tremare la voce.
Isabella
capì cosa volesse dire e scosse con decisione la testa.
Lui
tirò un lieve sospiro, sollevato. Non aveva ancora messo in
discussione quello che provava per lei, prima di quella sera, ma
sentì che, in fondo, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Si
trattava pur sempre di Isabella, la sua migliore amica! Avrebbe
dovuto averne paura?
-Phineas,
vogliamo tornare indietro?- ruppe il breve silenzio che s'era creato
-Ci stiamo perdendo il meglio.-
-Isabella,
però... se torniamo, voglio che tu... mi prometta che...-
esitò, non era sicuro di cosa volesse promesso.
-Che
cosa?- lo incalzò lei.
-Che
per il resto di questa serata, ballerai soltanto insieme a me.- disse
guardandola fisso.
Lei
sembrò sorpresa, batté le palpebre e inghiottì a
vuoto, ma subito dopo sorrise, seppur di un sorriso incerto.
-Phineas,
io ballerei insieme a te per tutta la mia vita...- disse in un
sussurro. Era una frase così audace, ma l'aveva detta
abbassando lo sguardo e facendo un piccolissimo passo indietro. Dirla
doveva esserle costato un coraggio enorme.
Si
sentì tanto intenerito nel vedere, sotto la luce elettrica
gialla, le sue guance che si imporporavano e capì che si
trattava di un momento importante, tanto aspettato, tanto desiderato.
Capì che avrebbe dato tutto ciò che possedeva perché
condividesse con lei quel momento.
Adesso
non aveva più dubbi, perché gliel'aveva detto lei.
“Perché non me lo ha detto prima?” si chiese.
Avrebbe dovuto chiedersi perché invece non l'avesse capito da
sé.
Era
sempre stata lì, sotto ai suoi occhi... ogni singolo giorno,
per tutta l'estate...
“Che
cosa stai facendo?”
Già,
che cosa stava facendo? Che cosa aveva fatto, fino a quel momento?
La
sua coscienza tornò a farsi sentire ma ora, inaspettatamente,
anziché criticarlo lo incoraggiava. Puoi recuperare,
non sei del tutto senza speranza.
“So
quello che sto per fare.” si disse.
Le
toccò il braccio, il destro, quello sano, e l'attirò a
sé con dolcezza.
Le
punte dei loro nasi arrivarono a sfiorarsi.
Lasciò
che fosse lei a consumare gli ultimi centimetri che li stavano
separando.
Fu
il suo primo bacio, eppure gli sembrò che fosse tremendamente
familiare, era come se, in un lontanissimo passato, sepolto e
dimenticato per qualche oscura ragione, tutto questo fosse già
successo.
Si
stupì di essere cambiato così tanto in così poco
tempo. Un momento prima era solo un egoista che pensava soltanto alle
sue invenzioni, un momento dopo si ritrovava a fare ciò che
solo poche ore prima aveva considerato tanto stupido. Ora sì
che si sentiva intrappolato nella stessa ragnatela di sentimenti in
cui da tempo si trovavano i suoi fratelli.
Sembrava
che Isabella non si volesse staccare più, aveva gli occhi
chiusi e prolungò il contatto delle loro labbra anche quando
lui cercò di disimpegnarsi, mettendogli la mano dietro la nuca
e avvicinando di più le loro facce, in un gesto di possesso
quasi prepotente.
Però,
scoprì che non sembrava essere affatto una perdita di tempo,
come aveva creduto. Era una sensazione incredibilmente dolce e si
sentì fortunato di essere lui quello che lei stava baciando,
lui e non Baljeet, né Ferb, né nessun altro.
Chiuse
gli occhi anche lui e la lasciò fare. Non voleva definire
quello che provava, non ancora, voleva solo godersi quell'attimo di
perfezione.
Alla
fine, anche lei dovette riprendere fiato.
-Vuoi
ancora tornare alla festa?- le chiese in tono incerto.
Lei
non aveva ancora tolto la mano dalla sua nuca, ma a lui non
dispiaceva, gliela stava accarezzando. Era così morbida!
Annuì
ma poi disse: -Non adesso...- gli poggiò la testa nel petto e
lui sentì l'impulso di stringerla forte. La sentì
abbandonarsi completamente a quell'abbraccio e non poté fare a
meno di sorridere. Lentamente, si abbassarono e si sedettero per
terra, lui era sempre con la schiena contro il lampione, ma così
poté sostenerla meglio. Si ritrovò a sfiorare con le
dita il fiorellino che lui stesso le aveva messo in testa.
-Grazie,
Phineas.- sussurrò lei.
-Per
che cosa?- le chiese, giocando con i suoi capelli.
-Per
tutto questo... per essere così meraviglioso...-
Quello
era un complimento che non si aspettava. Non pensava di meritarlo.
Aver fatto quella cosa per lei non avrebbe dovuto sembrargli niente
di straordinario, in confronto a ciò che faceva ogni giorno.
Eppure, al contrario, gli sembrava che per tutta l'estate non avesse
fatto niente di straordinario, in confronto a ciò che aveva
fatto quella sera.
-...E
per avermi fatto capire che mi sbagliavo su di te.- continuò
Isabella.
-Perché,
cos'era che pensavi di me?- si spaventò.
-Pensavo
che ti importasse solo delle tue invenzioni... e che di me non ti
importasse nulla.-
Non
sapeva come risponderle. Non era bravo a esprimere i propri
sentimenti, ma non credeva di averle dato un segnale completamente
opposto. Da quanto tempo pensava questo di lui? Da quanto tempo stava
aspettando che si accorgesse di lei?
-Oh,
Dio... scusami...- mormorò togliendo la mano dalla sua testa.
-Non
importa più, a questo punto, perché so che non è
vero.- disse lei sollevandosi e guardandolo dritto in viso.
-Allora
non c'è di che.- disse lui abbassandosi a riceverla.
Poi
si rialzarono, lui la sosteneva ancora, timoroso che potesse
crollargli tra le braccia per l'emozione. Lei gli strinse forte la
mano e lo guardò intimidita come se lui potesse obbiettare
qualcosa. Le sorrise incoraggiante, sembrava tutto così
semplice, quei gesti gli venivano spontanei. Non parlarono durante il
tragitto, ma nessuno dei due aveva veramente voglia di ritornare alla
festa. Sembrò che ci impiegassero una vita, ma era bello
camminare insieme, era bello avere ritrovato e rafforzato quella
complicità che nei giorni precedenti gli era tanto mancata.
La
canzone di Ferb era finita, se l'erano persa, il gruppo aveva fatto
una pausa e adesso i ragazzi ballavano la solita, immancabile musica
latinoamericana. Sembravano degli automi mal funzionanti, tutti a
cercare di ripetere gli stessi frenetici movimenti dell'animatore sul
palco che gridava e rideva come se fosse la cosa più
divertente del mondo.
Ferb
venne loro incontro in mezzo a tutta quella folla opprimente, aveva
l'aria di chi si sta annoiando a morte e, nel contempo, sotto ai suoi
occhi c'era un'ombra di disagio.
Ma
lo vide sorridere quando si accorse che si tenevano per mano. Doveva
avere intuito che tra loro due era successo qualcosa e ne sembrava
contento. Eppure non disse niente di niente, come al solito,
qualsiasi cosa avesse chiesto sarebbe stata superflua. Avrebbe voluto
abbracciarlo. Sapeva sempre cos'era meglio.
Ancora
una volta, Phineas si stupì di essere riuscito a cogliere
tutte quelle sfumature con un solo sguardo, c'era qualcosa che lo
aveva cambiato, qualcosa che finalmente lo aveva reso più
attento.
Si
ritrovarono a guardarsi tutti e tre. Isabella era radiosa, non
avrebbe saputo trovare un altro aggettivo per definirla. Oh, sì,
invece un altro c'è...
-Phineas,
perché stai ridendo?- gli chiese Isabella guardandolo.
Lui
scosse la testa. -Non lo so.- disse rendendosi conto che non riusciva
a fare a meno di ridere. E non c'era un motivo apparente per quella
sua risata. Probabilmente, Phineas non aveva ancora nemmeno compreso
a pieno ciò che era successo quella sera. Sapeva soltanto che
adesso non si sentiva più oppresso, era bastato così
poco perché tutta la tristezza, la sensazione di avere sempre
sbagliato tutto, di non essere all'altezza di quello che gli si
sarebbe parato davanti, finalmente passasse, lasciando il posto a
un'irrefrenabile gioia che gli veniva dalla consapevolezza di avere
ottenuto qualcosa che era stato, per distrazione pura, sul punto di
perdere e che, sicuramente, non avrebbe mai più lasciato che
gli sfuggisse dalle mani.
Semplicemente
stava bene, si sentiva felice e aveva voglia di ridere, di
abbracciare le due persone che aveva vicino, che erano e che
sarebbero rimaste per sempre accanto a lui.
Cinse
sia Isabella che Ferb con le braccia, tenendoli stretti a sé
in un gesto protettivo e, apparentemente senza che lui avesse detto o
fatto niente, loro presero a ridere insieme a lui così, senza
motivo, contagiati dalla sua allegria.
Adorava
quando riusciva a farli ridere.
Spazio
autrice:
Ok
ok ok... ehm ehm... salve...
Così,
siamo arrivati alla conclusione di questa storia. Spero che vi sia
piaciuto leggerla almeno la metà di quanto a me è
piaciuto scriverla.
Vorrei
terminare ringraziando gli utenti LovelyAndy
per averla messa nelle preferite, Amy_Storm
e lenny96 per averla commentata.
Grazie
anche a chi l'ha semplicemente letta, comunque se volete farmi sapere
che ne pensate, basta cliccare lassù dove c'è scritto
Inserisci una recensione. Non costa niente e mi farete felice.
Anche se sarà negativa. Ah, e se credete che sia andata nell'OOC, per favore ditemelo.
Questa
Fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro. Tutti i
personaggi ivi presentati sono di proprietà
della Disney.
|