ACHTUNG
ACHTUNG! – Da fan spassionata
dello slash questo capitolo non poteva che essere più lungo degli altri. Niente
cose scabrose, sorry. Ma credo sia abbastanza dolce. Siete avvertiti, quindi.
Saltatelo se la cosa vi infastidisce, leggete solo questo se preferite, in ogni
caso ^ ^ per favore ^ ^ lasciatemi un commentino. Grazie mille.
L’orologio
X.
[Parigi; Ventuno Novembre 2006,
16.58]
Il tempo è sempre lo stesso in
ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna
di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento
proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un
unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era un ventoso
pomeriggio di Novembre che con la sua aria fredda spazzava in vortici fruscianti
dal selciato del Lungosenna le foglie colorate cadute dagli alberi.
Julien guardò l’orologio per
l’ennesima volta, segnava le quattro e cinquantotto, quando finalmente vide
Audric avvicinarsi sorridendo in mezzo al traffico e ad una moltitudine di gente
sconosciuta. Il giorno stava quasi declinando nello splendore immaginifico della
stagione pitturata di mille tinte violente e vagamente allegre – per questi
ambivalenti giochi di luce, per questo suo calore crepuscolare, per questa aria
frizzante e viva, per questo fascino di misteriosa decadenza Julien amava
l’autunno, e tra le sue spire si sentiva a proprio agio.
“Scusa!” Gridò Audric
dall’altra parte della strada, tentando di attraversare. Julien lo freddò col
suo sguardo glaciale non appena fu accanto a lui, accusandolo con gli occhi: sei
in ritardo!
“Scusa,” Ripeté più a bassa
voce Audric. “Lo so. Mi sono fermato un attimo sul Montebello – ho visto tutti
quei libri e sono impazzito. Guarda!” Gli mostrò due vecchi libri usati dalla
copertina logora e dalle pagine disfatte, ingiallite, consunte. La rilegatura
era inesistente. “Oh, quel bouquiniste aveva delle cose straordinarie,
tutte delle opere favolose, e un Contratto Sociale che secondo me valeva
un sacco – ho preso Condillac perché era un prezzo buonissimo e – aspetta – e
Le due fonti della morale e della religione – lo so che non c’entrano
niente tra loro, ma –“
“Audric!” Lo richiamò.
“Cosa c’è! Potrei trovare
anch’io un Jacques le fataliste tra quegli scatoloni. Non prendermi in
giro.”
“Audric è stupido comprare più
libri di quanti tu abbia il tempo materiale di leggere.”
Audric lo guardò vagamente
accigliato appoggiandosi al parapetto che dava sul fiume. Julien conosceva
perfettamente la sfrenata passione che lui aveva per i libri e l’impeto col
quale si cimentava nella lettura.
Julien si sentiva anni luce
diverso e quasi incompatibile a lui –austero, distaccato, calcolatore,
irreprensibile, infuocato solo dalla politica e dalle questioni sociali; mentre
Audric era il perfetto compendio tra le sue idee e la moderazione del dialogo,
sempre sorridente, gentile, dolce e disponibile. Tra loro c’era la differenza
che passa tra un giornalista ed un filosofo, o tra uno studente di giornalismo e
uno studente di filosofia. Per tutta questa sua affabilità Audric riusciva a
metterlo a suo agio. Julien si rendeva perfettamente conto di essere una persona
difficile, talvolta scostante. Era fiero di sé fino alla vanità più orgogliosa.
Lo squadrò per un secondo
mentre, distratto dai pensieri soffusi dei veri sognatori e dei convinti
idealisti, posava con noncuranza il suo sguardo su qualche dettaglio remoto
della strada. Il sole calante, ancora vivo nel cielo di una certa luce, spandeva
sui suoi capelli castani riverberi d’oro e rischiarava i suoi occhi di un
bagliore quasi infantile. Le guance erano arrossate dal vento pungente, le
labbra nascoste dall’ingombrante sciarpa verde, le sue belle mani chiuse nelle
tasche del cappotto per ripararsi dal freddo, i libri sempre amorevolmente
sottobraccio. In quel momento Julien credeva che il suo amico potesse amare quei
suoi due nuovi tesori molto più di quanto amasse lui.
Non sapeva neanche cosa dire.
Si sentiva tremendamente in imbarazzo per la pesantezza delle parole che gli
riverberavano in testa con un’eco agghiacciante. Allora si limitò a guardarlo
appoggiato di fianco a lui sul parapetto. In realtà lo stupiva molto vederselo
accanto. Non era veramente arrabbiato per il suo ritardo, Audric era svogliato e
distratto, ed era sempre in ritardo; era già abbastanza contento che
fosse arrivato. Fino al giorno prima si erano sempre trovati lì, davanti al
Petit Ponte, dopo le lezioni in università, per passare un po’ di tempo in
qualche caffè del Quai St. Michel e studiare insieme argomenti interessanti, o
semplicemente discutere. Ma dopo quello che era successo la sera precedente non
si aspettava veramente più nulla. Mentre attendeva immobile e bello come una
statua una persona che forse non sarebbe mai arrivata, si diceva che doveva
davvero essere uno stupido per sperare di rivederlo spuntare tra la folla con
quella sua foga un po’ buffa e divertente, e corrergli incontro con qualche
nuovo libro.
Però Audric era arrivato
davvero. Questa consapevolezza l’aveva colpito con una strana sensazione di
gioia inesprimibile. Non voleva rovinare un altro momento con delle parole
vuote, vane, inutili, che si sarebbero perse tra i flutti gorgoglianti della
Senna. L’ultimo minuto gli era sembrato abbastanza complicato anche nel
silenzio.
Forse Audric si accorse dello
sguardo dolce posato su di lui. Si voltò lentamente, quasi imbarazzato, ancora
più rosso sulle gote di quanto non lo fosse per il freddo. “Senti –“ Sussurrò in
un tono così basso che non era da lui. “Io – riguardo a quello che mi hai detto
ieri sera –“
Julien si colpevolizzava e
nell’arco di cinque pesantissimi secondi di pausa formulava le ipotesi più
tragiche e devastanti che potessero venirgli in mente: si aspettava un’accusa,
una predica, una derisione. Abbassò gli occhi sul marciapiede.
Audric continuò: “Io non so se
– insomma, tu sei sempre così freddo e sembri insensibile, indifferente a ogni
sentimento umano e –“
“No!” Esclamò all’improvviso.
“Non è vero.”
“Ora lo so.”
Tacquero per qualche secondo
ancora. Le campane della cattedrale battevano le cinque, ma Julien, nella sua
precisione smodata, sapeva che era ancora quello stesso lungo, interminabile,
soffocante minuto dilatato.
Audric si avvicinò lentamente.
Julien rimase fermo. Non poteva credere a nulla. Aspettò che l’altro appoggiasse
la mano libera sul suo fianco e le labbra sulle sue. Solo quando sentì il fiato
di Audric sulla sua pelle poté finalmente decidersi che, no, quella non era una
delle sue tante illusioni, ma il suo migliore amico che, dopo tutto ciò che era
successo, lo stava baciando – e lo stava baciando in riva alla Senna, in mezzo
ad una marea di gente curiosa. Sapeva di cioccolato. – Non si è fermato solo dai
bouquinistes. – Pensò, prima di abbandonare totalmente la sua
razionalità.
Audric non si rese conto di
niente. Anche lui aveva dimenticato ogni cosa – dove si trovasse, con chi fosse,
perché era lì, come ci era arrivato, cosa avesse in mano. Alzò il braccio
sbadatamente e i suoi magnifici libri gli caddero dalla presa affettuosa.
“No, no, no!” Gridò
interrompendo il bacio per lanciarsi sui suoi tesori. Afferrò Condillac per
l’angolo della copertina. “Il mio Bergson!” Piagnucolò appoggiato al parapetto,
vedendo il libro cadere dalla banchina e scomparire inghiottito dalle acque
tumultuose del fiume.
A Julien girava la testa in un
modo che fino a pochi minuti prima avrebbe considerato patetico, e che ora gli
sembrava soltanto meraviglioso e scintillante. Anche se guardando Audric
disperato, pensava: - Davvero ama i suoi libri più di me. -, si sentiva felice
in una maniera che aveva conosciuto poche volte nella sua esistenza. Capiva che
per lui era nata una prospettiva del tutto nuova, che si era insinuata
dolcemente e candidamente nella sua vita in quell’ora qualsiasi di un giorno
qualsiasi di Novembre, mentre la Senna trascinava via del tempo futile e delle
indecisioni ormai dimenticate.
[Baiser]
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Ok, ok, lo ammetto. Questi due
fanciulli sono spudoratamente ispirati da Enjolras e Combeferre, per chi abbia
letto Les Misérables. Scusatemi, ma sono davvero triste. Una non si legge
milleduecento pagine di libro per veder morire tutti i suoi personaggi
preferiti nel giro di sei righe. È qualcosa di frustrante. Comunque qui vorrei
aggiungere due note: i bouquinistes sono i venditori di libri usati e
stampe che hanno bancarelle soprattutto sulla la Rive Gauche, cioè il centro di
Parigi, davanti all’Île de la Cité. I libri citati sono tutti francesi. Audric è
un gran nazionalista. Quel Jacques le fataliste è un manoscritto di
Diderot ritrovato inedito proprio in una di queste bancarelle, per ciò Audric
dice che tra le scartoffie si possono anche trovare dei tesori (e comunque i
libri sono tesori a prescindere).
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