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Autore: Love_in_idleness    23/04/2007    1 recensioni
C'è una sola cosa che accomuna tutti gli uomini in tutto il mondo - il Tempo. Probabilmente, in un angolo del pianeta, nello stesso istante, un’amicizia nasce ed un’altra si spezza; qualcuno porta il lutto, qualcuno ricomincia a vivere; qualcuno muore, qualcuno nasce; qualcuno si innamora, qualcuno si dimentica la passione; qualcuno vive incubi abissali, qualcuno contempla un paesaggio nell’assoluta solitudine. *AVVERTENZA* - la storia è formata da one-shot slegate tra loro. Solo il capitolo II è drammatico e il capitolo X shonen-ai.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ACHTUNG

ACHTUNG! – Da fan spassionata dello slash questo capitolo non poteva che essere più lungo degli altri. Niente cose scabrose, sorry. Ma credo sia abbastanza dolce. Siete avvertiti, quindi. Saltatelo se la cosa vi infastidisce, leggete solo questo se preferite, in ogni caso ^ ^ per favore ^ ^ lasciatemi un commentino. Grazie mille.

 

L’orologio

 

X.

[Parigi; Ventuno Novembre 2006, 16.58]

 

Il tempo è sempre lo stesso in ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era un ventoso pomeriggio di Novembre che con la sua aria fredda spazzava in vortici fruscianti dal selciato del Lungosenna le foglie colorate cadute dagli alberi.

Julien guardò l’orologio per l’ennesima volta, segnava le quattro e cinquantotto, quando finalmente vide Audric avvicinarsi sorridendo in mezzo al traffico e ad una moltitudine di gente sconosciuta. Il giorno stava quasi declinando nello splendore immaginifico della stagione pitturata di mille tinte violente e vagamente allegre – per questi ambivalenti giochi di luce, per questo suo calore crepuscolare, per questa aria frizzante e viva, per questo fascino di misteriosa decadenza Julien amava l’autunno, e tra le sue spire si sentiva a proprio agio.

“Scusa!” Gridò Audric dall’altra parte della strada, tentando di attraversare. Julien lo freddò col suo sguardo glaciale non appena fu accanto a lui, accusandolo con gli occhi: sei in ritardo!

“Scusa,” Ripeté più a bassa voce Audric. “Lo so. Mi sono fermato un attimo sul Montebello – ho visto tutti quei libri e sono impazzito. Guarda!” Gli mostrò due vecchi libri usati dalla copertina logora e dalle pagine disfatte, ingiallite, consunte. La rilegatura era inesistente. “Oh, quel bouquiniste aveva delle cose straordinarie, tutte delle opere favolose, e un Contratto Sociale che secondo me valeva un sacco –  ho preso Condillac perché era un prezzo buonissimo e – aspetta – e Le due fonti della morale e della religione – lo so che non c’entrano niente tra loro, ma –“

“Audric!” Lo richiamò.

“Cosa c’è! Potrei trovare anch’io un Jacques le fataliste tra quegli scatoloni. Non prendermi in giro.”

“Audric è stupido comprare più libri di quanti tu abbia il tempo materiale di leggere.”       

Audric lo guardò vagamente accigliato appoggiandosi al parapetto che dava sul fiume. Julien conosceva perfettamente la sfrenata passione che lui aveva per i libri e l’impeto col quale si cimentava nella lettura.

Julien si sentiva anni luce diverso e quasi incompatibile a lui –austero, distaccato, calcolatore, irreprensibile, infuocato solo dalla politica e dalle questioni sociali; mentre Audric era il perfetto compendio tra le sue idee e la moderazione del dialogo, sempre sorridente, gentile, dolce e disponibile. Tra loro c’era la differenza che passa tra un giornalista ed un filosofo, o tra uno studente di giornalismo e uno studente di filosofia. Per tutta questa sua affabilità Audric riusciva a metterlo a suo agio. Julien si rendeva perfettamente conto di essere una persona difficile, talvolta scostante. Era fiero di sé fino alla vanità più orgogliosa.

Lo squadrò per un secondo mentre, distratto dai pensieri soffusi dei veri sognatori e dei convinti idealisti, posava con noncuranza il suo sguardo su qualche dettaglio remoto della strada. Il sole calante, ancora vivo nel cielo di una certa luce, spandeva sui suoi capelli castani riverberi d’oro e rischiarava i suoi occhi di un bagliore quasi infantile. Le guance erano arrossate dal vento pungente, le labbra nascoste dall’ingombrante sciarpa verde, le sue belle mani chiuse nelle tasche del cappotto per ripararsi dal freddo, i libri sempre amorevolmente sottobraccio. In quel momento Julien credeva che il suo amico potesse amare quei suoi due nuovi tesori molto più di quanto amasse lui.

Non sapeva neanche cosa dire. Si sentiva tremendamente in imbarazzo per la pesantezza delle parole che gli riverberavano in testa con un’eco agghiacciante. Allora si limitò a guardarlo appoggiato di fianco a lui sul parapetto. In realtà lo stupiva molto vederselo accanto. Non era veramente arrabbiato per il suo ritardo, Audric era svogliato e distratto, ed era sempre in ritardo; era già abbastanza contento che fosse arrivato. Fino al giorno prima si erano sempre trovati lì, davanti al Petit Ponte, dopo le lezioni in università, per passare un po’ di tempo in qualche caffè del Quai St. Michel e studiare insieme argomenti interessanti, o semplicemente discutere. Ma dopo quello che era successo la sera precedente non si aspettava veramente più nulla. Mentre attendeva immobile e bello come una statua una persona che forse non sarebbe mai arrivata, si diceva che doveva davvero essere uno stupido per sperare di rivederlo spuntare tra la folla con quella sua foga un po’ buffa e divertente, e corrergli incontro con qualche nuovo libro.

Però Audric era arrivato davvero. Questa consapevolezza l’aveva colpito con una strana sensazione di gioia inesprimibile. Non voleva rovinare un altro momento con delle parole vuote, vane, inutili, che si sarebbero perse tra i flutti gorgoglianti della Senna. L’ultimo minuto gli era sembrato abbastanza complicato anche nel silenzio.

Forse Audric si accorse dello sguardo dolce posato su di lui. Si voltò lentamente, quasi imbarazzato, ancora più rosso sulle gote di quanto non lo fosse per il freddo. “Senti –“ Sussurrò in un tono così basso che non era da lui. “Io – riguardo a quello che mi hai detto ieri sera –“

Julien si colpevolizzava e nell’arco di cinque pesantissimi secondi di pausa formulava le ipotesi più tragiche e devastanti che potessero venirgli in mente: si aspettava un’accusa, una predica, una derisione. Abbassò gli occhi sul marciapiede.

Audric continuò: “Io non so se – insomma, tu sei sempre così freddo e sembri insensibile, indifferente a ogni sentimento umano e –“

“No!” Esclamò all’improvviso. “Non è vero.”

“Ora lo so.”

Tacquero per qualche secondo ancora. Le campane della cattedrale battevano le cinque, ma Julien, nella sua precisione smodata, sapeva che era ancora quello stesso lungo, interminabile, soffocante minuto dilatato.

Audric si avvicinò lentamente. Julien rimase fermo. Non poteva credere a nulla. Aspettò che l’altro appoggiasse la mano libera sul suo fianco e le labbra sulle sue. Solo quando sentì il fiato di Audric sulla sua pelle poté finalmente decidersi che, no, quella non era una delle sue tante illusioni, ma il suo migliore amico che, dopo tutto ciò che era successo, lo stava baciando – e lo stava baciando in riva alla Senna, in mezzo ad una marea di gente curiosa. Sapeva di cioccolato. – Non si è fermato solo dai bouquinistes. – Pensò, prima di abbandonare totalmente la sua razionalità.

Audric non si rese conto di niente. Anche lui aveva dimenticato ogni cosa – dove si trovasse, con chi fosse, perché era lì, come ci era arrivato, cosa avesse in mano. Alzò il braccio sbadatamente e i suoi magnifici libri gli caddero dalla presa affettuosa.

“No, no, no!” Gridò interrompendo il bacio per lanciarsi sui suoi tesori. Afferrò Condillac per l’angolo della copertina. “Il mio Bergson!” Piagnucolò appoggiato al parapetto, vedendo il libro cadere dalla banchina e scomparire inghiottito dalle acque tumultuose del fiume.

A Julien girava la testa in un modo che fino a pochi minuti prima avrebbe considerato patetico, e che ora gli sembrava soltanto meraviglioso e scintillante. Anche se guardando Audric disperato, pensava: - Davvero ama i suoi libri più di me. -, si sentiva felice in una maniera che aveva conosciuto poche volte nella sua esistenza. Capiva che per lui era nata una prospettiva del tutto nuova, che si era insinuata dolcemente e candidamente nella sua vita in quell’ora qualsiasi di un giorno qualsiasi di Novembre, mentre la Senna trascinava via del tempo futile e delle indecisioni ormai dimenticate.

 

[Baiser]       

___

Ok, ok, lo ammetto. Questi due fanciulli sono spudoratamente ispirati da Enjolras e Combeferre, per chi abbia letto Les Misérables. Scusatemi, ma sono davvero triste. Una non si legge milleduecento pagine di libro per veder morire tutti i suoi personaggi preferiti nel giro di sei righe. È qualcosa di frustrante. Comunque qui vorrei aggiungere due note: i bouquinistes sono i venditori di libri usati e stampe che hanno bancarelle soprattutto sulla la Rive Gauche, cioè il centro di Parigi, davanti all’Île de la Cité. I libri citati sono tutti francesi. Audric è un gran nazionalista. Quel Jacques le fataliste è un manoscritto di Diderot ritrovato inedito proprio in una di queste bancarelle, per ciò Audric dice che tra le scartoffie si possono anche trovare dei tesori (e comunque i libri sono tesori a prescindere).      

   
 
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