Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Love_in_idleness    03/03/2007    0 recensioni
C'è una sola cosa che accomuna tutti gli uomini in tutto il mondo - il Tempo. Probabilmente, in un angolo del pianeta, nello stesso istante, un’amicizia nasce ed un’altra si spezza; qualcuno porta il lutto, qualcuno ricomincia a vivere; qualcuno muore, qualcuno nasce; qualcuno si innamora, qualcuno si dimentica la passione; qualcuno vive incubi abissali, qualcuno contempla un paesaggio nell’assoluta solitudine. *AVVERTENZA* - la storia è formata da one-shot slegate tra loro. Solo il capitolo II è drammatico e il capitolo X shonen-ai.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuovo capitolo

Nuovo capitolo! Questa volta parliamo ancora dei Morti... Buona lettura.

IX.

[Bergen; Ventuno Novembre 2006, 15.58]

Il tempo è sempre lo stesso in ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era un pomeriggio come molti altri in autunno – fosco, ventoso, precario sul cielo di Norvegia.

Marja guardò distrattamente il suo orologio mentre percorreva il Sundts Gate – erano le quattro, le tre e cinquantotto, ed il sole sbiadito e labile dell’inverno del suo Nord le splendeva sulla faccia facendo scintillare i suoi capelli biondissimi di strani riflessi cangianti. Il vento si rinforzava. In quel momento svoltava l’incrocio alla sua destra e scendeva dalla bicicletta che parcheggiava davanti alla Nykirke.

Si fermò per un istante, respirando a pieni polmoni l’aria che il gelo purifica e rende più lucida, più intensa. Guardò la muratura della chiesa solenne pensando che tutto un breve viaggio affrontato per arrivarvi le era parso una trasmigrazione infinita, un pellegrinaggio senza meta, senza traguardo. In un certo senso avrebbe voluto mantenere tra sé e quell’edificio la più grande distanza possibile, ma una parte del suo cuore ne era attratta con una veemenza, con un desiderio, con un bisogno che non riusciva mai a frenare. Così, perdendosi nelle sue idee e nei suoi bisogni, si era ritrovata un’altra volta per le strade della città, segretamente cosciente della direzione che stava prendendo: un itinerario che molte volte percorreva senza spiegarsi, ma che ricordava in maniera perfetta. Negava il bisogno fisico di quella chiesa anche a se stessa. Si diceva: - Vederla mi fa male. – Eppure ci tornava sempre, perché trovava rannicchiata dentro di essa una consolazione più grande di tutte quelle che il mondo avrebbe mai potuto offrirle.

Entrò nel recinto del cimitero guardando le nuvole scorrere veloci nel cielo, sospinte da una forza irresistibile, e quasi senza accorgersene si trovò davanti alla tomba di Magnus. Lei lo aveva sempre chiamato Magnus perché non era il suo vero padre, ma gli aveva voluto bene proprio come se l’avesse generata. Specialmente negli ultimi anni della sua malattia. Aveva cominciato a chiamarlo affettuosamente papà solo nel momento in cui l’avevano seppellito sotto strati di terra fredda e morta, nel prato prospiciente alla chiesa. In quel momento, Marja ricordava, le era sembrato di morire. Una strana sensazione di soffocamento si era impadronita di lei, un’angoscia miserevole si era abbattuta sul suo cuore, superiore a quella provata nel momento del decesso, quando aveva deciso di rimanergli comunque accanto, e di tenergli la mano per confortarlo fino alla fine.

Visitare la tomba di Magnus, non se lo diceva per vergogna, le piaceva. Le regalava un senso di gioia ed intimità che donano solo certe parole sussurrate in legami indissolubili. Ma ammettere di provare felicità nel parlare con una tomba la spaventava un po’, come se fosse una cosa morbosa, un’idea macabra. Spesso gli portava dei fiori, li posava sull’erbetta soffice e verde sotto cui riposava, e rimaneva incantata a guardare la pietra del suo epitaffio come se stesse scorgendo il suo viso scavato dalla malattia. Dolcemente sorrideva al suo nome inciso e ne accarezzava i tratti con la gentilezza che avrebbe adoperato per scostargli una fastidiosa ciocca di capelli dagli occhi.

Era una loro comunione particolare ed intima. Marja sapeva che il suo papà non la vedeva, che non avrebbe mai potuto sentire i suoi passi sopra la testa morta, ovattati da metri di terra desolata. Sapeva che non udiva le sue parole e che non avrebbe mai potuto risponderle quando gli chiedeva consiglio per le piccole cose di tutti i giorni. Magnus, lei se ne rendeva conto, era morto. Ma aveva conservato qualcosa di sé così lucente e così impressivo da lasciarla tutte le volte senza fiato – come se Marja potesse ancora intuire la sua immagine sotto il velo del sarcofago.

Si chiedeva spesso se quella strana corrispondenza fosse una vera sfaccettatura dell’amore più alto.

In realtà Magnus le mancava incredibilmente. Si calmava soltanto quando vedeva il sorriso familiare cesellato nelle lettere del suo nome. Ma non poteva farci nulla. Aveva imparato che le cose vanno e vengono, e la felicità è solo una sfera di cristallo scintillante e fragilissima. Le lapidi, invece, resistono per secoli. Nel cimitero fuori della Nykirke ce n’erano di molto vecchie. Alcune epigrafi della Mariakirke erano addirittura antiche.

- Le tue ossa scompariranno prima del ricordo sbiadito tracciato su questa pietra, - Si disse allora Marja, chinandosi sopra i resti di Magnus con infinito affetto e devozione. – E fino ad allora io sarò qui a parlare con te, a rivivere in questo incantesimo un po’ della pace che c’eravamo faticosamente ritagliati. -

Magnus non sarebbe più tornato caldo. Prima o poi anche una lapide si sciupa e si consuma. Ma per Marja quel tempo era ancora molto, molto lontano dalla visione del suo cuore, così vicina alla rimembranza, così prossima al dolore.

Nonostante il pensiero della sua mancanza prematura riusciva a sentirsi, in quel momento, cautamente felice. Non era pazza a parlare con una lapide. Era solo disperata. Si inginocchiò sul praticello umido e rimase a chiacchierare con della cenere in quell’ora qualsiasi di un qualsiasi giorno di Novembre, finché molte nubi non furono transitate sopra la sua testa e non furono mutate in qualche altro paesaggio meraviglioso.

[Through the Grave]

___

Un bacio a Crystal che ha commentato, e, sì, pure a me piace molto il capitolo due, anche se è deprimente. Grazie a tutti quelli che leggono. Il prossimo capitolo è il mio preferito *___* Andate a leggere la mia nuova fan-fic shonen-ai! Scherzo... Al prossimo capitolo, ne mancano solo tre!

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Love_in_idleness