Non
può piovere per sempre
Capitolo 52
La testimonianza del
Ministro
Il ticchettio delle
lancette non le dava tregua. Il Ministro della Magia continuava a
fissare l'orologio, minuto dopo minuto, in attesa dell'ora che stava
aspettando con impazienza e timore. Sapeva benissimo che, al minimo
contrattempo, sarebbe andato tutto storto, e questo pensiero non
l'aiutava di certo a calmarsi. Ma era rimasta lucida; in quel momento
più che mai aveva bisogno di mantenere la calma per non
destare
sospetti. Il suo sguardo, sempre puntato sull'orologio d'argento
posto sulla scrivania dell'ufficio, si spostava a intervalli regolari
in direzione del camino o della finestra, o di qualunque altro mezzo
di comunicazione con il mondo esterno.
Nervosa e incapace di
restare ancora seduta, si alzò in piedi e prese a camminare
su e giù
per la stanza. Se non avesse ricevuto notizie entro qualche minuto
sarebbe impazzita.
In quel momento qualcuno
bussò alla porta, facendola sobbalzare. S'impose di calmarsi
e tornò
al suo posto dietro la scrivania, riassumendo una posa autorevole e
pacata prima di rispondere:
« Chi è? »
Uno dei due Auror a
guardia del suo ufficio aprì la porta e si
affacciò.
« Ministro, il signor
Anderson vuole parlarle ».
« Fallo entrare, Robards
».
Millicent Bagnold indossò
una maschera di freddo distacco quando Anderson entrò. Era
un uomo
sulla cinquantina, con grandi orecchie a sventola e la schiena
leggermente ingobbita. Ad un estraneo sarebbe apparso completamente
innocuo, ma non era così. Anderson era uno dei consiglieri
che la
braccavano da almeno un anno, costringendola a prendere decisioni che
non avrebbe mai voluto, sotto la minaccia implicita di fare del male
alla sua famiglia. Nessuno di loro si era mai esposto al punto di
ricattarla esplicitamente, ma la loro era una strategia più
sottile
e maligna, fatta di allusioni e sorrisi cortesi che la nauseavano.
Ma quella sera sarebbe
tutto finito. Se pensavano di metterla nel sacco e usarla come un
fantoccio si sbagliavano di grosso. Non era diventata Ministro della
Magia per caso. Era uscita da Hogwarts con dieci M.A.G.O. e si era
dimostrata una fiera Corvonero, facendo carriera principalmente
grazie alle sue capacità intellettive. Certo, più
di una volta si
era dovuta adeguare a compromessi che non le andavano a genio: al
Ministero era così che funzionava, se si voleva raggiungere
un posto
così importante. Ma per certe situazioni Barty Crouch non
aveva
tutti i torti: non si poteva sempre scendere a compromessi.
« Buonasera, Ministro »
esordì Anderson.
« Buonasera a te.
Accomodati » rispose lei, fredda.
« Grazie. Ho portato
qualche scartoffia da firmare al volo » fece quello in modo
frettoloso, sperando di infonderle negligenza.
« Non ho fretta. Le
esaminerò una per una ».
Trascorsero cinque
minuti, durante i quali la Bagnold esaminò i documenti con
più
lentezza del necessario, mentre Anderson cercava di non mostrarsi
troppo irritato e impaziente.
Poi una fiamma divampò
nel camino, e la donna sentì il proprio battito accelerare.
« Scusami » disse ad
Anderson, rivolgendosi alla testa che era appena apparsa tra le
fiamme. Apparteneva a Pollet, il suo nuovo elfo domestico. «
Cosa
c'è, Pollet? »
« Pollet si chiedeva se
la padrona torna per cena. Pollet ha già preparato tutto
».
Millicent Bagnold dovette
trattenersi per non scoppiare a ridere per il sollievo. Il suo elfo
non si riferiva alla cena quando diceva di aver preparato tutto, e
non la stava aspettando a casa. Avevano concordato quella frase il
giorno prima, in modo che Pollet la potesse avvertire quando l'Ordine
della Fenice fosse riuscito a far scappare suo marito e sua figlia
senza che i Mangiamorte che tenevano d'occhio casa loro se ne
accorgessero. Adesso si trovavano al sicuro in qualche cittadina
sperduta in Canada. Nessuno li avrebbe più trovati
né avrebbe più
potuto minacciare di ucciderli per ricattare Millicent Bagnold.
« Purtroppo non tornerò
per cena » rispose all'elfo domestico. « Saluta
tutti da parte mia
» aggiunse con un nodo alla gola: sapeva bene che, anche se
loro
adesso erano al sicuro, lei sarebbe dovuta restare a Londra per
compiere il proprio dovere. E forse non li avrebbe visti mai
più.
Quando l'elfo scomparve,
Anderson le rivolse uno dei disgustosi sorrisi cordiali.
« Immagino che sentirà
la mancanza di sua figlia » commentò.
« Oh sì, come tutti
quelli che ricoprono un ruolo importante nel Ministero. Anche tu hai
figli, vero? »
« Sì, due. Il maggiore
inizierà Hogwarts a settembre ».
« Buon per lui. Sarà
meno difficile per lui abituarsi all'idea di non vederti più
molto
spesso » commentò lei, con un sorriso di
circostanza.
Anderson aggrottò la
fronte, attonito.
« Temo di non capire ».
« Capirai subito »
disse lei.
La porta si spalancò
all'improvviso, e i due Auror di guardia irruppero nell'ufficio,
seguiti da Alastor Moody che, dopo lo scontro in cui i fratelli
Prewett erano morti, aveva perso una gamba, e ora ne esibiva una di
legno, simile ad una zampa di leone.
« Arrestatelo ».
Paralizzato dallo shock,
Anderson non ebbe il tempo di reagire.
« Che state facendo? Che
significa? » protestò, mentre gli Auror lo
catturavano.
« Sei accusato di
complicità con i Mangiamorte, ricatto, tradimento e uso
della
Maledizione Imperius. Non ti conviene aggiungere il reato di
resistenza alla lista: è già abbastanza lunga
» gli ringhiò
contro Moody.
L'uomo impallidì.
« Cosa? E su che
basi...? »
« Di questo ne
discuteremo al processo » tagliò corto la Bagnold.
Poi si rivolse a
Moody. « Prendete anche gli altri ».
***
Regulus si svegliò di
scatto. Di solito il villaggio di Mould-on-the-Wold era sempre
silenzioso di notte, e casa Puddle a maggior ragione, visto che vi
abitava solo lui. Ma quella notte qualcosa aveva interrotto
bruscamente il suo sonno. All'inizio era troppo confuso per capire
quale ne fosse la causa e pensò di aver semplicemente avuto
la
sensazione di cadere da un albero. Stropicciandosi gli occhi, si
girò
su un fianco e controllò l'ora: le tre del mattino.
Sbuffò,
sperando di riuscire a prendere sonno il prima possibile, quando
udì
un boato in lontananza e il letto sul quale si trovava
tremò,
facendolo sussultare.
« Ma che...? »
bofonchiò, accorgendosi che anche le pareti e l'intera casa
si
stavano muovendo. Poi tutto finì come era iniziato.
Regulus pensò ad una
scossa di terremoto, ma qualche secondo dopo ce ne fu un'altra, e
un'altra ancora, a intervalli regolari. I libri iniziavano a cadere
dagli scaffali, e Regulus sentì i piatti in cucina fare lo
stesso e
infrangersi a terra.
Un attimo dopo era in
piedi. Affacciandosi alla finestra e tendendo le orecchie, vide
decine di abitanti del villaggio che correvano per strada e le sirene
di ambulanze, polizia e pompieri che sovrastavano le urla
terrorizzate.
Non era sicuro che per
lui uscire fosse una buona idea. Mould-on-the-Wold era un villaggio
semi-magico, e qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo. Ma chi gli aveva
sempre raccomandato di restare in casa non aveva mai preso in
considerazione la possibilità che la casa crollasse.
E poi non sembrava
proprio un terremoto. La gente continuava a scappare in un'unica
direzione, e i boati che si sentivano erano ancora un mistero. I
Mangiamorte avevano già sferrato un attacco a quel villaggio
circa
un anno prima. Possibile che lo stessero facendo di nuovo?
Con un rapido incantesimo
sostituì i propri abiti: in ogni caso, non poteva farsi
trovare in
pigiama.
Quando la casa riprese a
tremare, Regulus corse in salotto, con l'intenzione di avvertire
qualcuno tramite Metropolvere. Ma accadde qualcosa di tremendo. Un
macigno – o qualcosa di simile – proveniente da
chissà dove,
sfondò il tetto, distruggendo mezzo salotto e riempiendolo
di
polvere e calcinacci.
Tossendo, Regulus tornò
in piedi dopo la rovinosa caduta che aveva seguito quello che
sembrava un vero e proprio bombardamento, e si rese conto di essere
vivo per miracolo. Il camino tuttavia era distrutto e irraggiungibile
per via dei detriti. A quel punto decise di uscire, la bacchetta
già
pronta in mano.
In strada era il panico
generale, tra auto che sfrecciavano alla cieca e pedoni che pensavano
solo a strillare e fuggire. Regulus esitò, ma alla fine
s'incamminò
nella direzione opposta alla folla, cercando di non essere travolto
dalle famiglie in fuga o investito da qualche mezzo di trasporto.
Nemmeno i Babbani che
vivevano vicino a lui avevano capito cosa stesse succedendo.
Più in
là stava per scoppiare una rissa. Un uomo, accusato da
quattro o
cinque persone di aver piazzato una bomba nella piazza principale,
reagì alla calunnia con insulti, in un evidente accento
irlandese.
Quando sferrò un pugno ad uno di essi, un poliziotto
intervenne.
Presto Regulus iniziò a
scorgere maghi e streghe, abitanti del villaggio, che cercavano a
loro volta di affrontare l'emergenza. Per fortuna l'agitazione
generale e l'oscurità lo proteggevano da sguardi indiscreti,
perché
non aveva avuto il tempo di camuffarsi.
« Altro che bomba! »
strillò una strega più in là.
« Devono essere i Mangiamorte ».
« Ne ho visti un paio »
accorse un mago anziano, pallido come un cencio. « Ma non
sono loro
il problema. Ragazzo, lascia perdere » disse poi,
rivolgendosi a
Regulus, che evitò di guardarlo negli occhi ma si
fermò.
« E quale sarebbe il
problema? » insisté la strega.
Prima che l'anziano
potesse spiegarsi, accadde qualcosa che tolse loro il fiato. Due
sagome all'orizzonte che Regulus non aveva notato, scambiandoli per
profili di montagne, si mossero. Una di esse alzò due
braccia
colossali e scaraventò un altro macigno contro i tetti di un
gruppo
di case.
A Regulus quasi cadde la
bacchetta di mano.
Giganti.
Si era preparato ad un
possibile scontro con i Mangiamorte, ma non a due giganti alti dieci
metri. Non aveva neanche la più pallida idea di come
affrontarli. E,
a giudicare dalle colonne di fumo all'orizzonte, quello non doveva
essere il primo villaggio che mettevano a ferro e fuoco.
« Oh Merlino, il
Ministero deve intervenire con una squadra speciale! »
esclamò un
altro mago.
« Sì bè, intanto
filiamocela. Stanno venendo da questa parte! »
Regulus non se lo fece
ripetere due volte e girò i tacchi. I maghi e le streghe di
prima
ogni tanto si fermavano per portare con sé Babbani
paralizzati dal
terrore, e Regulus si rese appena conto di aver appena lasciato
indietro una persona.
Il poliziotto di prima
non aveva proprio difeso chi era in minoranza, dato che l'irlandese
accusato dagli altri Babbani ora se ne stava seduto sul marciapiede,
in preda a dolori lancinanti all'addome.
« Riesci ad alzarti in
piedi? » gli chiese Regulus, dopo un istante di esitazione.
« Non lo so, ma se vuoi
posso darti un manganello sulle costole, così poi mi fai
sapere se
ci riesci tu » replicò quello.
Lottando contro l'impulso
di mollarlo lì, Regulus lo afferrò per le spalle
e lo trascinò
via, poco prima che la casa dell'irlandese crollasse in pezzi,
colpita da un altro macigno.
L'uomo scoppiò in
singhiozzi, ma Regulus vedeva i due giganti avvicinarsi sempre di
più.
« Muoviti » lo
apostrofò, costringendolo ad alzarsi, irritato e affaticato
dal suo
peso.
Il Babbano rallentava la
sua fuga, ma alla fine riuscì a raggiungere la piazzetta in
cui si
erano radunati i superstiti. Parecchie persone erano morte sotto le
macerie e per i macigni lanciati dai giganti, che ormai avevano
raggiunto le prime case del villaggio.
Regulus stava cercando di
escogitare un modo per allontanarti, quando il suo respiro si
spezzò:
la squadra speciale del Ministero era arrivata. Non era il caso di
farsi vedere.
« Non puoi lasciarmi
qui! » protestò il Babbano, stavolta senza il tono
arrogante di
prima: sembrava solo sinceramente spaventato. « Mi linceranno
».
Regulus si rese conto che
aveva ragione. Lasciarlo in mezzo ad una folla terrorizzata, pronta a
trovare un capro espiatorio pur di non credere a quel che vedeva, era
una pessima idea. L'irlandese aveva bisogno di nascondersi quanto
lui.
« D'accordo, seguimi »
gli disse alla fine.
Mescolandosi tra la
folla, riuscirono ad infilarsi in una strada secondaria ed entrarono
nella prima casa abbandonata a disposizione: nella fretta di fuggire,
quasi tutti avevano lasciato le porte aperte.
L'uomo si lasciò cadere
sul pavimento del salotto, esausto, cercando di contenere il dolore
alle costole, mentre Regulus si affacciava con prudenza alla
finestra.
Proprio in quel momento,
scoprì che non erano i soli a doversi nascondere. Qualcuno
si era
appena introdotto in una bottega in fondo al vicolo, e non si
trattava di un abitante del villaggio: nessun mago che non aveva
nulla da nascondere sarebbe andato in giro con mantello e cappuccio
nero.
« Aspetta qui » disse
Regulus al Babbano, che annuì, nonostante una momentanea
perplessità
iniziale.
Uscì in strada, diretto
verso il negozio in fondo, ma non riuscì a raggiungerlo,
perché
proprio quando era quasi arrivati, un secondo Mangiamorte col viso
coperto da una maschera d'argento fece irruzione nella strada.
Regulus ebbe appena il
tempo di rifugiarsi dentro un'altra casa, con il cuore in gola, ma il
Mangiamorte doveva aver notato la sua presenza. Con suo grande
orrore, si rese conto che questo aveva intenzione di entrare proprio
nella casa in cui Regulus si era rifugiato.
Allarmato, cercò un
nascondiglio, prima che l'intruso lo trovasse. Con il favore delle
tenebre, s'incamminò al piano di sopra, cercando di non fare
rumore.
Purtroppo, all'ultimo gradino, urtò il piede contro quel che
doveva
essere il giocattolo di un bambino, che fischiò talmente
forte da
gelargli il sangue nelle vene.
« Chi è là? »
sbottò
la voce del Mangiamorte. Era alterata dalla maschera, ma suonava
allarmata a sua volta.
Regulus rimase immobile,
senza respirare, il cuore che pompava il sangue alla
velocità della
luce.
Poi, da qualche parte
lontano, uno dei giganti batté i piedi, facendo tremare
l'intero
villaggio. Regulus approfittò del frastuono per allontanarsi
dalle
scale e infilarsi in una stanza dall'altra parte del corridoio.
Fece appena in tempo a
chiudersi dentro, quando il Mangiamorte raggiunse il piano di sopra.
In preda all'ansia, Regulus si disse che restare lì ad
aspettare che
lo stanasse sarebbe stato stupido, ma non poteva nemmeno attaccarlo
in quel momento: il Mangiamorte era in una posizione vantaggiosa e lo
avrebbe ucciso non appena avesse aperto la porta. I suoi passi si
avvicinavano. Sapeva che era lì.
Regulus andò a
nascondersi dietro un divano e attese.
Dopo l'ennesima scossa,
stavolta più lunga e fragorosa – uno dei giganti
era stato
abbattuto? Regulus se lo augurò – il Mangiamorte
entrò. Doveva
aspettarsi un agguato, perché schivò in fretta
l'incantesimo di
Regulus e lo rispedì al mittente. Il divano parò
l'urto, ma i
cuscini esplosero in una nuvola di piume. Il Mangiamorte
continuò ad
attaccare, impedendogli di uscire allo scoperto, ma alla fine Regulus
fu costretto a gettarsi di lato quando il divano fu distrutto.
E a quel punto
l'avversario si bloccò, sconvolto. Nella stanza la luce non
era
accesa, ma il combattimento con i giganti aveva provocato nel palazzo
accanto un incendio sufficiente a permettergli di riconoscerlo.
Regulus approfittò dell'effetto sorpresa per lanciargli una
fattura
che lo colpì in pieno volto, facendogli cadere la maschera.
Ora
toccava a Regulus esitare, quando scorse un volto fin troppo
familiare, disseminato di lentiggini e contornato da capelli color
paglia.
Si rese conto di aver
aspettato troppo, quando percepì uno spostamento d'aria
appena sotto
l'orecchio, che gli fece rizzare i capelli. Un attimo dopo qualcosa
di liquido e caldo iniziò a colargli lungo il lato del
collo. Se lo
tamponò istintivamente: non era una ferita profonda, ma
quando
ritrasse la mano, la vide sporca di sangue.
Tutto questo accadde in
pochi secondi. Regulus puntò subito la bacchetta verso il
ragazzo
dritto davanti a lui, che lo guardava con un'espressione feroce. Lui
deglutì, ignorando il dolore causato dalla ferita.
« Finalmente hai avuto
il coraggio di uscire allo scoperto » esordì
Barty, senza smettere
un solo istante di puntargli a sua volta la bacchetta al cuore.
« Potrei dire lo stesso
di te » replicò Regulus, cercando di apparire
tranquillo.
Lo vide cambiare colore,
ora tendente al violaceo. Barty stava tremando di rabbia. Sembrava
sul punto di esplodere, e Regulus strinse il pugno intorno alla
propria bacchetta, pronto a difendersi. Ma Barty non lo
attaccò, non
subito.
« Perché? » chiese,
livido. « Dimmi per quale dannato motivo ci hai traditi tutti
».
Regulus non abbassò lo
sguardo. Non aveva nulla di cui vergognarsi.
« Ho dovuto farlo ».
« Sei un traditore »
affermò Barty, come se non lo avesse nemmeno sentito.
« Hai tradito
il Signore Oscuro ».
« Per quanto mi
riguarda, è lui che ha tradito noi »
sbottò Regulus, innervosito.
« L'ho capito tardi, ma è così. Ha
sempre tenuto nascosto il suo
vero obiettivo. Gli interessa solo il potere, nient'altro che noi
poveri idioti speravamo che potesse aiutarci a conquistare ».
« Chiudi-quella-bocca!
»
gridò Barty, facendo tre passi avanti fino a raggiungerlo.
Regulus
non mosse un muscolo. « Non ti permetterò di
insultare il Signore
Oscuro senza fartela pagare cara ».
« Ne parli come se fosse
una persona meritevole di fiducia ».
« Lo è, Black. Sei tu
che non la meriti. E pensare che sei stato tu a portarmi da lui...
»
Regulus si morse la
lingua, furibondo. Entrambi erano sul punto di attaccare, ma
esitavano.
« È
stato un grosso errore, infatti... Senti, devi ascoltarmi, non puoi
credergli davvero ».
« Smettila di darmi
consigli. Non sei mio amico da molto tempo, ormai ».
« Lo so bene » replicò
Regulus, mentre una furia mai sopita si impossessava di lui.
« Per
colpa tua mio zio è morto ».
Per la prima volta, la
determinazione di Barty sembrò incrinarsi.
« Non era mia
intenzione. Non sapevo nemmeno che sarebbe finita così,
quando ho
riferito a Rabastan che eri vivo. Non darmi colpe che non ho, Black
». Sembrava sincero, ma subito dopo riacquistò il
tono sprezzante
di prima. « Tuo zio è morto per proteggere te,
quindi la colpa è
tua. Avresti dovuto pensarci prima, il giorno in cui hai deciso di
voltare le spalle a tutte noi ».
Accecato dall'ira,
Regulus agitò la bacchetta, mandandolo a sbattere contro la
parete
di cemento. Barty si accasciò a terra, gemendo e toccandosi
la testa
dalla quale iniziò a sgorgare un rivolo di sangue. Regulus
lo
afferrò per il colletto della veste, cercando di frenare la
tentazione di ferirlo ancora di più. Era esausto e
infuriato, ma
anche frustrato: ancora non riusciva a credere che Barty fosse
diventato davvero così. Voleva solo fargli male il
più possibile,
perché in quel momento lo odiava più di quanto
avesse mai odiato se
stesso.
« Sei un povero illuso!
Credi che il Signore Oscuro ti capisca e ti consideri il suo seguace
migliore? Sei soltanto una marionetta nelle sue mani. Ti sta usando,
e continuerà a usarti finché gli farai comodo. Ma
quando non li
sarai più utile, ti getterà via come uno straccio
usato. Non
credere che verrà a salvarti, perché non lo
farà. Tu sarai
disposto a dare la vita per lui, ma lui non alzerà neanche
un dito
per te. Ti dimenticherà e non perderà neanche un
istante per
trovare un altro illuso come te ».
« Taci! »
Barty reagì, furibondo,
dandogli un pugno in faccia e approfittandone per recuperare la
bacchetta.
« Non parlare più! »
lo avvertì, tremando di rabbia. « Non sono
più il ragazzino idiota
di prima. Ho già ucciso e non avrò problemi a
fare fuori anche te
».
« Preferivo il ragazzino
idiota di prima, se ne vai così fiero »
constatò Regulus,
disgustato. « Mi chiedo solo come tu riesca a dormire la
notte ».
« Ci riesco, e anche
bene. Non sono debole come te ».
« Allora provaci, avanti
» lo sfidò Regulus.
Era così arrabbiato che
non sentiva neanche più la paura. E, nonostante Barty fosse
sempre
stato più abile di lui nei duelli, dopo una breve
colluttazione,
riuscì a disarmarlo. A dire il vero, a quel punto non sapeva
cosa
fare, ma il problema non si pose più di tanto.
Un attimo dopo, infatti,
una squadra di Auror irruppe nella stanza e vide quel che credeva di
vedere: un Mangiamorte sul punto di uccidere il figlio di Crouch.
Regulus provò a
difendersi, ma erano troppi.
Poi uno Schiantesimo lo
colpì.
***
« Come hai fatto? E come
mai solo ora? »
Crouch sembrava
combattuto tra l'istinto di diffidare di lei e quello di esultare,
perché neanche in sogno aveva mai avuto in pugno
così tanti
sospettati di essere Mangiamorte.«
Prima mi ricattavano,
e non volevo che la mia famiglia corresse dei rischi. Non è
stato
facile farli fuggire, perché erano tenuti sotto controllo.
È stato
l'Ordine della Fenice a portare in salvo mio marito e mia figlia.
Dorcas Meadowes aveva indagato sui Mangiamorte infiltrati nel mio
Consiglio, ma è morta prima di riuscire ad incastrarli.
Gideon
Prewett ha preso il suo posto e mi ha proposto questo piano per
arrestarli senza far correre rischi alla mia famiglia, offrendomi la
collaborazione dell'Ordine. Mi dispiace solo non poterlo
ringraziare... »
A Millicent Bagnold non
sembrava vero che quell'incubo fosse finito, ma pensare quanto era
costato la faceva stare male. Non le piaceva pensare che, se lei non
avesse ceduto al ricatto dei Mangiamorte, a quell'ora forse Dorcas e
i Prewett sarebbero stati vivi.
« Bene » commentò
Crouch, a denti stretti. Lei capì subito che stava per dire
qualcosa
che non le sarebbe piaciuto. « Purtroppo devo avvisarti. Se
concederai un processo a tutte queste persone, molte riusciranno a
cavarsela. Prendi Malfoy. Uno come lui può farsi rilasciare
anche se
ha tutte le prove contro ».
Il Ministro scosse la
testa.
« Alcuni di questi sono
sotto Maledizione Imperius, Crouch. Ti proibisco di sbatterli tutti
ad Azkaban senza aver fatto un equo processo. È la mia
ultima parola
».
Crouch era livido ma non
osò protestare. Eppure la donna poté quasi
percepire il suo
risentimento. Se non fosse stato tanto rispettoso delle regole,
probabilmente Crouch si sarebbe inventato qualcosa per toglierle la
poltrona. Lei, a sua volta, avrebbe voluto trovare volentieri un modo
per distruggerlo e rovinare la sua ascesa al potere, ma non poteva
farlo. Aveva troppi sostenitori, e dopo tutto uno come lui era
comodo, tanto per convincere la comunità magica che anche il
Ministero faceva paura, non solo Voldemort. Ma quel tira e molla non
poteva durare in eterno: prima o poi uno dei due sarebbe stato
sopraffatto dall'altro. Il loro equilibrio era instabile, come un
filo pronto a spezzarsi, non appena uno avesse compiuto un passo
falso.
« Bartemius, devo
parlarti ».
La voce inaspettata di
Albus Silente interruppe le sue riflessioni. Non era insolito vederlo
lì, di fronte alle segrete che ospitavano i prigionieri in
attesa
del processo, ma quella sera non era solo. Insieme a lui c'era anche
una ragazza che la Bagnold aveva conosciuto poche ore prima. Emmeline
Vance frequentava ancora l'Accademia per Auror, ma faceva
già parte
dell'Ordine della Fenice. Era stata proprio lei a portare al sicuro
la sua famiglia, quella sera. Finora si era mostrata sempre calma, ma
in quel momento le sembrava piuttosto nervosa.
« So di cosa vuoi
parlare, Silente. Mi sembrava di essere stato chiaro con la signorina
Vance » disse Crouch, irritato. « Il ragazzo
è un Mangiamorte, e
non ho intenzione di liberarlo. Anzi, se continuerete a insistere, la
sua posizione si aggraverà, vi avverto ».
« Non è più un
Mangiamorte da molto tempo » insisté Silente.
« Non hai idea di
quanto ci abbia aiutato ».
« È
stato sorpreso in flagranza di reato, Silente! Era insieme ai
Mangiamorte che davano fuoco a quel villaggio di Babbani ».
« Era lì per combattere
i Mangiamorte e i giganti, non per aiutarli » rispose la
ragazza.
Crouch le lanciò
un'occhiataccia.
« È
assurdo che tu voglia negare l'evidenza, signorina Vance. Stava
combattendo contro mio figlio. Ho molti testimoni di questo, e io
stesso l'ho visto con i miei occhi ».
Emmeline Vance sembrò
sul punto di sputargli in faccia qualcosa di sgradevole, ma Silente
con un cenno la trattenne.
« Questo perché tuo
figlio non sa che chi aveva davanti non è più un
Mangiamorte ».
« Posso sapere di cosa
state parlando? » intervenne infine la Bagnold, esasperata.
« Chiedo scusa,
Ministro. Purtroppo Barty ha arrestato un Mangiamorte pentito, ma non
crede che abbia abbandonato le schiere di Voldemort ».
« Non pronunciare quel
nome » sibilò Crouch, infuriato. « L'ho
già detto mille volte:
non esiste nessuna prova del pentimento di Black, e tu che lo
sostieni tanto non vuoi nemmeno dirmi in che modo ti sta aiutando.
Altro che questione della massima segretezza. Chissà cosa
state
complottando... »
« Quel ragazzo non
complotterebbe con me nemmeno se fossi l'ultimo essere umano rimasto
sulla terra, fidati ».
« Un momento » li
interruppe di nuovo il Ministro, spiazzata. « Pensavo che
Black
fosse morto ».
« Si è finto morto per
sfuggire alla vendetta di Voldemort. Ma Barty lo sa da mesi. Credevo
che avesse informato almeno il Ministro della Magia »
insinuò
Silente, serafico.
Crouch non riuscì a
nascondere il proprio imbarazzo quando lei lo scrutò con
sospetto.
« Volevo aspettare di
esserne del tutto sicuro... »
« Bè, ora lo sei.
Quindi, se permetti, voglio entrare anche io nella discussione
»
disse la Bagnold.
« Magnifico. Barty, ti
sto solo chiedendo di concedergli un processo ».
« Silente, hai idea di
tutti i pezzi grossi del Ministero che dovrò processare?
Credi che
abbia tempo da perdere con un ragazzino? Per quanto mi riguarda
può
marcire ad Azkaban per il resto della sua esistenza. Dopotutto a cosa
servirebbe il processo? Tu potresti deporre, ma non dirai mai il modo
in cui ti sta aiutando. E la famiglia Queen è troppo
coinvolta per
offrire una testimonianza attendibile. Chi altri potrebbe deporre a
suo favore? »
« Io ».
Tutti e tre si voltarono
a guardare il Ministro, attoniti. Crouch sembrava aver appena
inghiottito un rospo.
« Cosa? »
« Il fatto che io sia
ancora viva basta a scagionarlo, per quanto mi riguarda. Quella volta
che i Mangiamorte mi hanno sorpresa in casa per uccidermi, quel
ragazzo ha aiutato me e mia figlia a scappare. Black mi ha salvato la
vita, e non merita la detenzione ad Azkaban ».
« D'accordo » sibilò
Crouch, una vena che gli pulsava nella tempia. « Ma tutti i
crimini
che ha commesso prima? Era presente la notte dell'omicidio di Fenwick
».
« Non ha mai ucciso
nessuno di propria mano » assicurò Silente.
« Se permetti, Barty, in
quanto capo del Wizengamot sono io a decidere se due membri
importanti non si mettono d'accordo. E io esigo che Black non venga
mandato ad Azkaban ».
« Questo è troppo,
Ministro! Mi stai impedendo di fare il mio lavoro! »
« L'hai detto tu che hai
già parecchi processi di cui occuparti, no? »
Crouch le fece cenno di
poterle parlare in privato. Millicent Bagnold non se lo fece ripetere
due volte.
« Che cosa credi di
fare? Non hai l'autorità per obbligarmi a scagionarlo!
»
« Non ho l'autorità,
Barty? Tu credi? Lascia che ti dica un paio di cose, allora. Io ho
vinto le elezioni, ma ti ho permesso di collaborare con me,
accontentandoti anche troppo spesso. Ma credo che sia giunto il
momento di chiarire la situazione. Se vuoi continuare a collaborare
con me, devi ricordare chi comanda. Io sono il Ministro della Magia,
non tu. Cerca di ricordarlo, d'ora in avanti ».
***
Lo avevano portato nelle
segrete del Decimo Livello, al Ministero della Magia. Regulus era
ancora troppo scioccato dagli ultimi eventi per pensare con
lucidità.
I ricordi di quella notte erano solo immagini sfocate: i giganti, il
duello con Barty, l'espressione trionfante di Crouch sr. quando
gli Auror l'avevano catturato...
La stanza non aveva
finestre, solo una porta blindata. Le pareti nere erano spoglie e
l'unico pezzo di arredamento era un gabinetto dall'aria lurida che
Regulus era intenzionato a tenere alla maggiore distanza possibile.
Non sapeva da quante ore
fosse lì, ma non gli importava. Sarebbe rimasto volentieri
per
sempre, pur se l'alternativa era Azkaban con i Dissennatori.
Un brivido gelido lo fece
tremare. Non voleva affrontare quelle creature; piuttosto preferiva
incontrare Voldemort di persona. L'ultima volta che era passato
accanto a un Dissennatore aveva rivissuto il suo peggiore ricordo, e
la prospettiva di doverlo affrontare per anni – o forse a
vita –
era bastato a farlo cadere nella disperazione.
Scappare sarebbe stato
inutile. Ci aveva già provato, ma non aveva trovato vie di
fuga, e
si era rassegnato. Da molto tempo ormai Crouch condannava tutti senza
prendersi la briga di processarli, e per lui non avrebbe fatto
eccezione. Forse non gli avrebbe neanche concesso di salutare
qualcuno. L'idea di non poter più vedere Rachel o Sirius lo
distruggeva. Si ritrovò a sperare che trovassero tutti gli
Horcrux
anche senza di lui.
I minuti e le ore
passavano lentamente. Regulus si sarebbe appisolato un paio di volte,
se non avesse avuto i nervi così tesi.
Perché
lo stavano facendo aspettare così tanto?
Credeva che Crouch
lo avrebbe messo sotto torchio per farsi rivelare qualche
informazione utile, e invece...
In quel momento sentì
dei rumori dietro la porta, che si aprì. Ma ad entrare non
fu
Crouch, e nemmeno i Dissennatori, ma le ultime due persone al mondo
che si sarebbe aspettato di vedere entrare nella sua cella.
« Non ho bisogno della
scorta, Robards. Vance mi basta » disse il Ministro della
Magia
all'uomo che la seguiva.
Regulus, perplesso,
guardò le due donne avanzare verso di lui. Emmeline Vance
non fece
né disse nulla, neanche un'ombra di reazione; forse non
voleva che
si sapesse che si conoscevano. Millicent Bagnold era diversa
dall'ultima volta che Regulus l'aveva vista: era diventata
più magra
e pallida, e aveva già alcuni capelli grigi. Non capiva che
cosa ci
facesse lì, ma chiederlo gli sembrava scortese, quindi
aspettò che
fosse lei a parlare.
« Sei fortunato, Black » esordì la
donna, cogliendolo di sorpresa.
« Ah sì? » si fece
scappare lui, non proprio convinto, considerata la situazione in cui
si trovava.
Il Ministro accennò un
sorriso, cosa estremamente rara da vedere. In effetti, anche quando
si metteva in posa per le foto del Profeta, non sorrideva mai.
« Ho un grosso debito
nei tuoi confronti ».
Regulus aprì la bocca e
la richiuse, senza parole. Ricordava di averla aiutata a scappare
dalle grinfie di Voldemort, ma quella notte indossava una maschera.
« Come ha fatto a
riconoscermi? »
« Non è un episodio che
dimenticherò facilmente. Ho saputo chi eri solo guardando la
foto
nel tuo necrologio, e ora che ti vedo non ho il minimo dubbio. Quella
volta hai salvato me e mia figlia. Il minimo che io possa fare
è
ricambiare il favore ».
E, con un colpo della sua
bacchetta, le catene intorno ai polsi e alle caviglie sparirono.
Regulus non riusciva a crederci.
« Significa che... posso
andarmene? »
Lei sorrise di nuovo,
quasi divertita.
« Sì. Per quanto mi
riguarda, questa notte stavi cercando di aiutare gli abitanti di
Mould-on-the-Wold, e il figlio di Crouch ha frainteso le tue
intenzioni ».
Per un istante, Regulus
ed Emmeline si lanciarono un'occhiata, ma rivolsero subito lo sguardo
altrove, a disagio.
« Grazie » disse
Regulus, alzandosi in piedi a fatica: era rimasto seduto troppo tempo
e aveva le gambe addormentate, tanto che dovette appoggiarsi alla
parete per non cadere di nuovo per terra.
« Sono io che ringrazio
te. Purtroppo non potrai più contare sulla segretezza. La
notizia
del tuo arresto non è rimasta un segreto. Domani tutta la
comunità
magica lo saprà ».
Regulus cercò di non
pensarci. Era già tanto essersela cavata in quel modo.
« Posso farti una
domanda, Black? » fece lei subito dopo.
« Ehm... certo ».
« Se non sono troppo
indiscreta... cosa ti ha spinto ad abbandonare Tu-Sai-Chi? »
Regulus esitò. Avrebbe
potuto farle un elenco infinito delle cose che lo avevano deluso e
disgustato, dall'alleanza con Greyback alle stragi e le torture fatte
per puro divertimento, per non parlare degli Horcrux o degli Inferi,
e della rabbia impotente che lo coglieva quando pensava che, se fosse
morto nel lago, il suo corpo sarebbe stato usato per compiere azioni
che lui non avrebbe mai fatto. Ma non voleva dirlo: erano ricordi e
pensieri troppo personali da affrontare in una cella del Ministero
della Magia. Ma non voleva neanche mentire alla donna che gli stava
restituendo la libertà.
« Ha tentato di uccidere
il mio elfo domestico ».
La Bagnold inarcò le
sopracciglia, perplessa. Non fece commenti ma doveva aver capito che
c'era dell'altro, anche se l'episodio di Kreacher nella caverna era
stata la goccia che aveva fatto traboccare il calderone.
« Devo proprio andare »
disse poi il Ministro controllando l'ora al polso. « Vance,
pensaci
tu, ok? »
« Sì » rispose la
ragazza.
« Buona fortuna, Black
».
« Grazie, Ministro ».
Millicent Bagnold aprì
la porta e uscì dalla cella, incamminandosi lungo il
corridoio
insieme all'Auror Robards.
Non appena si furono
allontanati, Emmeline si rivolse a Regulus, che era ancora appoggiato
alla parete.
« Ce la fai a camminare?
»
Lui annuì. Si sentiva un
po' in imbarazzo, perché non sapeva cosa dirle. Non si
vedevano dal
loro ultimo giorno di scuola a Hogwarts e la loro ultima
conversazione non era stata proprio rilassante. Per fortuna Emmeline
assunse subito un atteggiamento molto pratico.
« Bene. Seguimi, prima
che Crouch si inventi una scusa per farti rinchiudere di nuovo
».
« La Bagnold gli ha
imposto il mio rilascio? »
« Già. Era nero di
rabbia... Questa è tua » disse lei, porgendogli la
bacchetta che
gli avevano sequestrato mentre lo arrestavano.
« Grazie ».
Regulus sistemò la
bacchetta, poi alzò lo sguardo e si accorse che Emmeline era
a sua
volta indecisa su come comportarsi.
« Non so cosa
bisognerebbe dire in casi come questi, ma sono contenta di rivederti
» disse alla fine.
Regulus ne fu sorpreso.
« Davvero? »
Lei annuì, accennando un
sorriso. Poi gli fece un cenno, e Regulus la seguì fuori da
quella
cella.
« Credevo di non
piacerti molto, veramente » non poté fare a meno
di dirle, mentre
percorrevano il corridoio del Decimo Livello e passavano accanto a
una decina di altre celle, tutte occupate.
« Non mi piacevi quando
eri snob e immaturo e te la prendevi con chi non era Purosangue. Ora
combatti i Mangiamorte e aiuti le loro vittime anche se sono Babbani.
C'è una bella differenza ».
« Credo di sì... »
commentò lui.
Emmeline stavolta sorrise
davvero, almeno finché lui non parlò di nuovo.
« Mi dispiace ».
Regulus non era riuscito
a trattenersi. Erano secoli che voleva scusarsi con lei, e quella gli
sembrava l'unica occasione per parlarle in privato. Emmeline si
fermò
a pochi passi dall'ascensore.
« Per cosa? »
« Per averti tenuto
nascosta... quella cosa » fece, guardingo. Era meglio non
nominare
Barty in pieno Ministero. Emmeline comunque aveva capito
perfettamente, perché assunse subito un'espressione seria.
« Oh, quello... »
« Esatto. Lo sapevo fin
dall'inizio e non ho detto mai niente a nessuno. Non so nemmeno io
perché ho continuato a coprirlo fino a poco tempo fa
».
« Forse pensavi che
fosse migliore di quello che è in realtà.
L'abbiamo creduto tutti
».
« E ci siamo sbagliati
».
Emmeline annuì, poi
scosse la testa.
« Avresti dovuto
dirmelo, almeno per risparmiarmi mesi di dubbi, ma non devi scusarti.
Avevi le tue ragioni, cercavi di coprire un tuo amico. In fondo io e
te ci frequentavamo solo grazie a lui e Rachel, ma non siamo mai
stati davvero amici ».
« No, infatti. A
Hogwarts mi è capitato spesso di frequentare le persone
sbagliate »
ammise lui.
« Non è mai troppo
tardi per cominciare a fare amicizia » disse Emmeline, e gli
tese la
mano. « Che ne dici? »
Superato lo stupore
iniziale, Regulus gliela strinse. Era proprio vero: tutta la sua vita
si era rivoluzionata.
« Bene, andiamo di
sopra. Ti stanno aspettando » disse poi Emmeline, entrando
nell'ascensore.
Lui la seguì.
« Comunque, per quanto
riguarda quella persona... per me è acqua passata, ormai
» gli
confessò lei, mentre la grata si chiudeva e l'ascensore
iniziava a
salire. « Ma devo dirtelo: sono molto contenta del trauma
cranico
che gli hai provocato in duello ».
Sono
trascorsi secoli da quando ho scritto quel capitolo di "Eroi non si
nasce, si diventa" in cui Regulus aiuta la Bagnold a scappare (cap.47),
ma tutto questo era già previsto da allora. Spero che vi sia
piaciuto, perché a me è piaciuto un sacco
scriverlo!
Ho voluto che
Regulus ed
Emmeline stringessero davvero amicizia anche perché quel
povero
ragazzo dovrà anche farsi una vita sociale, dato che tutti
quelli che lui frequentava in passato ora sono Mangiamorte e lo
vogliono morto. E poi hanno alcune affinità caratteriali,
soprattutto la tendenza a non mostrare quello che provano. Magari lei
è solo un po' più vendicativa xD
Se leggendo quel che Regulus dice a Barty avete pensato a come
Voldemort lo sfrutta per risorgere e poi lo abbandona in pasto ai
Dissennatori (l'ingratitudine di certa gente! u.u), siete
sulla strada giusta. Regulus non è un indovino, ma ormai
conosce
abbastanza i modi di fare di Voldemort. E anche se ce l'ha con lui non
vuole che Barty faccia una brutta fine. In fondo Barty è
cambiato, ma è ancora quello del processo, non la persona
che
diventerà dopo essere stato segregato dal padre per anni. Ne
varrà la pena preoccuparsi tanto?
Spero che il ponte sia andato bene!
Prossimo aggiornamento il 20 novembre.
Julia :)
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