Capitolo 1
- parte prima
In ciascuno individuo, anche in
alcuni di noi
che sembrano
molto equilibrati,
c’è
una specie di desiderio pericoloso,
selvaggio e
sfrenato,
il quale si
manifesta appunto nei sogni.
Una settimana dopo…
Su un’isola del Giappone, i cittadini di Sopporo
partecipavano alla rappresentazione che aveva come sfondo notturno un
tempio senza tempo. Naruto Uzumaki camminò in mezzo a
mangiafuoco e scippatori.
Vagabondò tra i gruppi di persone vestite di bianco e rosso
che si accalcavano davanti al tempio come se fosse la nave madre che li
richiamava a casa.
Nonostante questo, lui attirava l’attenzione.
Quando gli passava davanti, i maschi umani si voltavano lentamente,
l’espressione accigliata, avvertivano qualcosa, ma non ne
erano certi.
Forse si trattava di ricordi molto vecchi ereditari, che lo indicavano
come la loro più sfrenata fantasia o il loro peggiore incubo.
Naruto non era niente di tutto questo.
Era uno studente - laureato da poco - tutto solo e affamato a Sopporo.
Stanco per l’ennesima ricerca infruttuosa di sangue,
crollò su una rozza panchina sotto un castagno, gli occhi
inchiodati sulla cameriera che serviva un espresso al bar.
Perché non poteva essere così semplice anche con
il sangue?
Sì, se fosse arrivato caldo e intenso da un rubinetto senza
fondo, allora il suo stomaco non si sarebbe lamentato.
Morire di fame a Sopporo.
E senza amici.
Si era mai trovato così nei guai?
Le coppie che si tenevano per mano lungo il vialetto di ghiaia
sembravano prendersi gioco della sua solitudine.
Era solo la sua impressione o sembravano adorarsi più che
nelle altre città? Specialmente in primavera.
Crepate, bastardi, pensò.
Sospirò. Non era colpa loro se erano dei bastardi che
dovevano crepare.
Era stato spronato a entrare in quella lotta dalla prospettiva sella
sua stanza d’albergo che riecheggiava e dall’idea
di poter trovare un altro spacciatore di sangue nella città.
Il suo vecchio aggancio era andato verso sud, letteralmente, un volo da
Giappone - Australia.
Aveva dato qualche spiegazione sul perché lasciava il
lavoro, dicendo che con l’arrivo
del re risorto un po’ di importante merda epica
stava ribollendo nella gay
Paree.
Qualunque cosa volesse dire.
Essendo un vampiro, faceva parte di quel gruppo di creature che avevano
convinto gli umani della loro esistenza solo
nell’immaginazione.
Anche se la setta di cui faceva parte aveva esteso un gran strato in
quella città, Naruto non riusciva a rimpiazzare il suo
pusher.
Tutti quelli che avvicinava per chiedere una dosa, fuggivano da lui
soltanto perché era un vampiro. La gente accelerava il passo
senza sapere che era un mezzosangue, né che Naruto era un
fifone che non aveva mai morso nessun essere vivente. Come amavano dire
le sue zie adottive -
Naruto si mette a piangere se spezza le ali di una farfalla.-
Durante il viaggio che aveva voluto affrontare con insistenza, Naruto
non aveva ottenuto nulla.
La sua missione per recuperare informazioni riguardo i genitori defunti
- la madre kitsune e lo sconosciuto vampiro - era stata un fallimento.
Un fallimento culminato con la telefonata alle zie nella quale chiedeva
si essere portato a casa, poiché non riusciva a sfamarsi da
solo.
Pietoso.
Sospirò.
Sarebbe stato deriso per altri settant’anni.
Sentì un improvviso rumore, poi un altro, e prima che
potesse dispiacersi per la cameriera, un terzo.
Inclinò la testa incuriosito, proprio quando un ombrellone
da tavolo dall’altra parte del viale venne scaraventato a
quattro metri e mezzo d’altezza, verso il cielo, in volo
verso il fiume.
Un’imbarcazione da crociera suonò il clacson e poi
ci fu una serie di imprecazioni in giapponese.
Illuminato per metà dalla luce delle torce, un uomo
imponente girò verso i tavoli del bar, i cavalletti degli
artisti e gli stand dei libri del secolo prima.
I turisti gridarono e fuggirono in preda al panico. Naruto si
alzò di scatto, ansimante, sistemandosi la borsa a tracolla.
L’uomo si fece strada verso di lui trascinandosi il trench
nero.
La sua mole e movimenti fluidi e innaturali gli fecero dubitare della
sua stessa natura umana. I capelli folti e lunghi, nascondevano
metà del volto.
Lo indicò con mano tremante.
-Tu.
Ringhiò.
Naruto si voltò da una parte e dall’altra alla
ricerca di quello sfortunato tu al quale si era rivolto
l’uomo. Era lui. Merda, quel pazzo aveva preso di mira lui.
L’uomo girò il palmo e gli fece cenno di
avvicinarsi, convinto che lui lo avrebbe assecondato.
-Uh, i... io non ti conosco.
Disse lui spaventato, cercando di mettersi in salvo, ma le sue gambe
finirono ben presto contro la panchina.
L’uomo continuò ad avvicinarsi a lui, ignorando i
tavoli che li dividevano, gettandolo via come giocattoli
anziché cambiare direzione.
Negli occhi grigio scuro ardeva un proposito furioso.
Naruto poteva avvertire la rabbia ma mano che lui si avvicinava.
Era stizzito perché i suoi simili erano sempre considerati
predatori della notte, mai le vittime, e perché, in fondo,
era un codardo.
-Vieni qui.
Pronunciò quelle parole come se fosse in
difficoltà e gli fece nuovamente un cenno.
Naruto scosse la testa, gli occhi spalancati, poi balzò
all’indietro sulla panchina, volteggiando per aria.
Atterrò si spalle a lui e iniziò a correre lungo
il molo.
Era debole, più di due giorni senza sangue, ma il terrore
gli mise le ali ai piedi mentre attraversava il ponte per uscire.
Tre… quattro isolati superati.
Corse il rischio di voltarsi. Non lo vide. Lo aveva perso? Una
musichetta improvvisa e una luce dalla sua borsa lo fecero urlare.
Chi diavolo gli aveva messo quella orribile suoneria sul cellulare?
Gli occhi si ridussero a due fessure. Zia Ino, l’immortale
più immatura sulla faccia della terra, che sembrava una
sirena ma si comportava come il membro di una confraternita
all’università.
Nella loro congrega, i cellulari erano solo per emergenza.
Le suonerie potevano disturbare la loro caccia nei vicoli di Konoha, e
perfino la vibrazione sarebbe stata sufficiente a catturare
l’attenzione di una creatura inferiore.
Lo aprì.
Quando si parla del diavolo… era Ino.
-Ora sono occupato.
Disse Naruto con tono seccato, guardando nuovamente con la coda
dell’occhio.
-Lascia perdere la tua roba. Non perdere tempo a impacchettarla.
Tsunade ti vuole subito in aeroporto. Sei in pericolo.
-Ma va?
Click. Non
era un avvertimento, era la realtà.
Una volta sull’aereo avrebbe chiesto i particolari. Come se
avesse avuto bisogno di un motivo per tornare a casa.
Bastava accennare un pericolo perché ritornasse a gambe
levate alla congrega, dalle sue zie volpi che avrebbero ucciso chiunque
avesse avuto brutte intenzioni nei suoi confronti o lo avrebbero messo
alle strette.
Mentre cercava di ricordarsi la strada per l’aeroporto nel
quale era atterrato, iniziò a piovere, una pioggia leggera e
calda all’inizio che divenne fitta e gelida.
Giunse a un viale affollato, si sentiva al sicuro camminare in mezzo al
traffico. Schivò le macchine che andavano a tutta forza,
tergicristalli e clacson sempre in azione. Non vide il suo inseguitore.
Con la sola borsa a tracolla, camminò alla svelta, le miglia
scorrevano sotto i piedi prima di scorgere un parco e un aeroporto
proprio al di là.
Riusciva a vedere l’aria attorno ai motori accessi degli
aerei, le ombre delle tendine tirate su tutti i finestrini.
Era quasi arrivato.
Naruto si convinse di averlo perso, lui era veloce.
Era anche esperto nel convincersi di cose che potevano anche non essere
vere, era bravo a fingere. Poteva fingere di frequentare le scuole
serali per scelta, e che arrossire non gli faceva venir sete.
Un ringhio feroce.
Spalancò gli occhi, ma non si girò, si
limitò a correre attraverso il campo.
Sentì degli artigli che affondavano nella sua caviglia un
secondo prima di essere trascinato nel fango e messo di schiena.
Una mano gli coprì la bocca, anche se lui era stato
addestrato a non urlare.
-Non scappare mai da uno come me.
Il suo aggressore non sembrava umano.
-Non fuggirai. E ci piacerà.
La voce era gutturale come quella di una bestia.
Quando lui lo osservò attraverso la pioggia, Sasuke lo
esaminò con occhi che un primo momento erano rossi e che poi
divennero di un nero inquietante.
No, non era un umano.
Da vicino, Naruto riuscì a notare che i suoi lineamenti
erano regolari, maschili. Mento e mascella pronunciati completavano un
viso i cui tratti sembravano scolpiti.
Era bello, così tanto da fargli credere che potesse essere
un angelo caduto dal cielo.
Possibile, come poteva escludere qualcosa?
La mano che gli aveva coperto la bocca gli afferrò con forza
il mento. L’uomo socchiuse gli occhi, concentrandosi sulle
labbra, sulle zanne appena visibili di lui.
-No.
Disse sconvolto.
-Non è possibile…
Gli mosse la testa con violenza da una parte all’altra,
spostando la propria sotto il collo di lui per sentirne
l’odore, e poi ringhiò accecato dalla furia.
-Maledetto.
Quando i suoi occhi divennero rossi, Naruto gridò, il
respiro sembrava abbandonarlo.
-Sei in grado di smaterializzarti?
Disse con voce roca come se avesse problemi a parlare.
-Rispondimi!
Naruto scosse il capo, non capiva. Quello di smaterializzarsi era il
modo in cui i vampiri si teletrasportavano, scomparendo e riapparendo
nell’aria rarefatta.
Sa che sono un vampiro?
-Puoi?
-N… no.
Non era mai stato abbastanza forte o allenato.
-Per favore.
Disse sbattendo le palpebre sotto la pioggia, gli occhi supplicanti.
-Hai sbagliato persona.
-Credo di conoscerti. Se insisti farò una prova.
Sollevò una mano.
Per toccarlo? Per colpirlo?
Naruto si dimenò, gemendo disperato.
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Ciao a tutte.
L'altra volta ho pubblicato il primo capitolo senza srivere note o
altro.
Questa storia, sfortunatamente, non è farina del mio sacco.
E' praticamente stata ispirata, la storia, dal romanzo di Kresley Cole
- Dark Love. Questo romanzo è il primo libro della serie GLI
IMMORTALI che io consiglio come lettura, perchè l'autrice ha
creato una serie fantastica.
In questo romanzo i personaggi principali sono Emma o Emmaline, che
è un mezzo vampiro e mezza valchiria, e Lachlain, un Lykae.
Io li ho semplicemente cambiati in Naruto e Sasuke (ultimamento vedo
yaoi dove non dovrei vederlo... sono da ricovero) e ho cambiato lo
sfondo dei luoghi per praticità.
Per cambiare, cambierò qualcosa, ma non penso più
di tanto.
Bhe! Non aggiungo altro, e spero che vi piaccia come storia, e che vi
venga voglia di leggere il romanzo, perchè, ripeto,
è veramente bellissimo.
Un bacio a tutte.
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