Rieccomi!!^o^
Con
questo 15° ed ultimo capitolo!
Caspita…
sembra solo ieri il giorno in cui ho deciso di pubblicare questa storia (anche se come inizio non era andato poi così bene
visto che avevo pubblicato senza codice html XD)… oltretutto,
è stata la mia prima ff! Certo,come si è potuto
benissimo notare, il mio metodo è molto cambiato dall’inizio…e soprattutto ci
sono meno errori.(almeno credo ;P)
E
tutto questo lo devo specialmente alla mia sorellina
Isa, che mi ha sempre aiutato ed incoraggiato nell’andare avanti e che per
questo si merita questa dedica. Grazie di tutto!
Ma,naturalmente, i miei ringraziamenti vanno anche a voi tutti
che avete continuato a sostenermi fino all’ultimo. Grazie ragazzi, sono
veramente contenta che la storia vi sia piaciuta e spero che vi piacerà anche questo finale.
In
conclusione, ringrazio anticipatamente tutti coloro
che avranno la pazienza di leggere quest’ultimo capitolo e di recensirlo.
Un
saluto a tutti!
Capitolo
15
I giorni passarono inesorabili per House… e per tutti,
accompagnati da una dolce e triste melodia….
31 Dicembre. h 10:15
Casa di Chase.
Chase aprì leggermente gli occhi,mentre
qualcuno gli spostava delicatamente una ciocca di capelli sulla fronte. –Buon giorno.. – Gli sussurrò lei.
-Buon giorno.- Rispose lui sorridendole dolcemente ed
attirandosela a se per un dolce ennesimo bacio.
Solo quando i due si staccarono ed i loro sguardi si incrociarono, il giovane medico percepì in lei un soffio
di tristezza. –Che succede? Tutto a posto?-
-Si,non preoccuparti.- Sandy si
mise a sedere sul letto,iniziando a guardarsi attorno. –Anche
se… dovrei dirti una cosa…-
Chase fece lo stesso per poi metterle una mano sotto il mento
e farla voltare delicatamente verso di lui. –Ti ascolto.-
Una lacrima si fece spazio tra il rosa candito delle sue
guance. – Io… sappi che ti amo.-
-Questo l’avevo intuito da tempo
ormai.- Ironizzò il giovane con un sorriso.
Lei scosse la testa e con un movimento veloce della mano si
asciugò le lacrime. – Come sai, ero venuta qui per un
periodo limitato.. visto che il mio cliente sta in questa città aveva bisogno
della mia presenza. Ma ora che l’udienza si è conclusa..
è mio dovere tornare a casa mia.-
-Ma… tu non..- Chase non riuscì a
terminare la frase che la donna le mise un dito sulle labbra.
-Ti prego, non fermarmi. Forse è meglio così.. – Sandy sapeva di amarlo… e questo non se lo sarebbe mai
perdonato! Quando Burny l’aveva contattata, aveva
intuito che non sarebbe stata una buona cosa andare a Princeton e vedere suo
fratello… ma di certo non avrebbe pensato di innamorarsi! Una cosa che non
poteva assolutamente accadere! Almeno non li… non così lontano da casa. Ma ormai sapeva di aver
sbagliato ed ora era in balia dei suoi sentimenti e nient’altro.
-No,non è meglio così.- Protestò
l’intensivista, capendo il perché di quei ragionamenti. Forse lei credeva che a
distanza di tempo non sarebbero riusciti a continuare un rapporto a distanza. –
Non puoi venire qui, farmi perdere la testa per te e
poi andartene pensando che questa sia la cosa giusta da fare!-
-Chase io… -
- Perché non trasferisci il tuo studio qua!?
House è tuo fratello, ti aiuterà anche lui a
sistemarti oltre a me!-
-Credi che questo sia un gioco?- Lei scosse
la testa. – A Los Angeles ho tutti i miei clienti e tutte le volte che avranno
bisogno di me dovrò andarci. Starò più la che qui, non
cambia niente.-
Chase abbassò lo sguardo rassegnato. E se invece lui… no. House non l’avrebbe mai permesso. Soprattutto
se veniva a scoprire che usciva con sua sorella. –Quando
hai intenzione di partire?-
-Sarei rimasta di più, ma ho già ricevuto delle chiamate di alcuni clienti… sono costretta a partire questa sera.-
Chase si voltò a guardarla con uno sguardo distrutto. Fece
per aprir bocca,ma stroncò la frase sul nascere.
Guardò l’orologio e abbassò il capo. –Sarà meglio che vada. Fra un’ora ho dei turni in ambulatorio.- Si limitò a dire, alzandosi
dal letto.
-Chase!-
Ma il giovane nemmeno si voltò,dirigendosi
verso il bagno.
Perché!? Perché quando finalmente credeva di aver trovato la
felicità… tutto si andava a dissolvere come nebbia!?
Era stata tutta un’illusione,per
caso?
31 Dicembre. h 10:00
Princeton Plaisboro Teaching
Hospital.
-La ringrazio.- Disse il dr. Wilson,porgendo due banconote all’uomo di fronte a se, che le
prese e le depose con cura in cassa.
-Arrivederci dr. Wilson.-
L’oncologo fece un cenno col capo,accompagnato
da un sorriso. –A lei.- Rispose per poi allontanarsi con lo sguardo fisso
sull’oggetto appena comprato: una piccola scatola di cioccolatini. Certo non
erano il massimo, ma potevano andare benissimo per festeggiare la prima
settimana di…
Il suoi pensieri vennero subito
distratti da un improvvisa frase alla sua sinistra: -Certo…non lo sapevi?
William è proprio un medico fantastico! Dovrebbero dargli il premio di miglior
medico del Princeton! Non solo è bello ed
affascinante, ma anche intelligente…-
Wilson si bloccò a guardare il trio di infermiere,gettandogli
uno sguardo incuriosito ma allo stesso tempo stupito.
-Desidera qualcosa dr. Wilson??- Le chiese una di loro,accortasi dell’attenzione del
medico.
-No..io…-
-Giusto, desidera qualcosa dr.
Wilson?!- Una voce alle sue spalle lo fece trasalire.
-Cuddy!- Esclamò, nascondendo il piccolo pacchetto dietro la
schiena e sfoggiando il peggior sorriso innocente della sua vita. –Hem…Come mai
da queste parti?- Fu la domanda più intelligente che
gli venne in mente.
-Sai,.. visto che qui ci viene
sempre tanta gente, ho voluto provare a venire anch’io.- Rispose lei ironica.
-Bene…- Ridacchiò,rendendosi
perfettamente conto di non essere in una situazione tanto facile. I
cioccolatini che teneva dietro le spalle erano
naturalmente per la sua Lisa, ma… a parte il fatto che darli in un corridoio
non si faceva neanche minimamente a qualcosa di romantico, alle spalle aveva
anche le tre infermiere più chiacchierone di tutto l’ospedale che lo
osservavano come se fosse un alieno. La sua sola speranza era che non
arrivassero a capire che i cioccolatini erano per Cuddy… o ci avrebbero
ricamato sù una bella storiella per tutto il personale del
Princeton Plaisboro Teaching Hospital.
-Wilson,tutto a posto?- La
dottoressa iniziava a preoccuparsi seriamente per quello strano comportamento.
-Si,certo.- Rispose lui. –Devo…
solamente occuparmi di una paziente e fra cinque minuti sono nel tuo ufficio
per compilare quei moduli…- Spiegò,iniziando ad
indietreggiare. –Ci si vede!-
“Moduli??” Si chiese la Cuddy,guardando scomparire il
medico dietro un angolo. Ma non avevano appuntamento fra cinque minuti al bar
dell’ospedale?!
Scosse la testa, voltandosi a guardare le infermiere che,come lei,avevano assunto un’espressione più stupita che
altro.
Sorrise imbarazzata. –Giusto! I moduli! Fortuna che mel’ha detto.. e io che stavo andando a prendere un caffè… -
Esclamò, voltandosi ed allontanandosi velocemente,lasciando le donne con non
pochi dubbi.
31 Dicembre. h 10:00
Ufficio di House.
Chiunque si fosse preso la briga di entrare in quell’ufficio,
avrebbe sicuramente pensato che il dr. House non fosse quel cronicamente annoiato uomo che
sorseggiava succo di mela davanti al piccolo televisore posto sulla scrivania.
Chiunque avrebbe detto che quello lì era solo un addetto
alle pulizie che,stanco di lavorare, aveva
approfittato dell’assenza del medico. Questo perché House… non faceva che
strofinarsi la gamba con la mano libera.
Dolore per via dei nervi che si rigeneravano?
Per via del troppo stress??
O forse… solo perché lei gli mancava veramente?
Quanto poco importante era questo…
Il diagnosta sputò via la cannuccia facendo un smorfia. –Sarebbe ora che rimodernassero tutte queste
cretinate.- Borbottò,spegnendo il piccolo apparecchio.
Posò seccatamene il bicchiere con il succo sul tavolo e fissò
la gamba.
Uno sguardo assente, triste ma allo stesso tempo duro e inflessibile.
Sospirò.
Aprì lentamente un cassetto,estraendone
il piccolo pacchetto che qualche giorno fa aveva trovato a casa.
Sospirò di nuovo,senza smettere di
fissarlo.
Sapeva che si era inflitto tutto quel dolore da solo e si
odiava per questo.. ma ciò che odiava maggiormente era
il fatto che continuava a farlo. Avrebbe dovuto buttare quel dannatissimo
regalo,così da dimenticarla.. ma questa era la cosa
più difficile e più dura che gli fosse piombata davanti negli ultimi 5 anni.
-Dr. House?- Di colpo la porta si spalancò,facendolo
sobbalzare.
-Dr. House??-
Il diagnosta mise via il colorato oggetto in una velocità
che mai avrebbe creduto di raggiungere. –Che c’è!?!- Sbottò.
-hem… dovrebbe compilare le cartelle riguardanti l’ultimo
caso.- Il giovane uomo si avvicinò,mettendo le
cartelle sulla scrivania e sedendosi nella sedia di fronte a questa.
House si appoggiò spavaldo sullo schienale della sua
poltrona,intrecciando le dita. –E se io ti dicessi che sono troppo indaffarato per compilarle?- Lo
sfidò.
- Io le suggerirei di iniziarle appena si libera dagli
impegni.- Il giovane sorrise. –Del resto… non posso
mica imporglielo. Non sono il suo capo…-
-Esatto!- Esclamò lui con enfasi. –Hai proprio azzeccato! …
Ma allora hanno ragione le infermiere quando dicono
che sei intelligente, oltre che attraente…- Continuò il diagnosta,
sottolineando l’ultima frase con uno sguardo piccante.
Shoter deglutì nervosamente. Lavorava li
da una settimana ormai… eppure, non aveva mai avuto tanta difficoltà nel
riuscire a capire ciò che qualcuno gli dicesse. Soprattutto
se a parlargli era il suo capo. – Deve compilare questi moduli.-
Concluse alzandosi di botto e dirigendosi verso la porta.
House sorrise.- Ma come? Già vai via??-
Piagnucolò ironico.
-A.. aspetto al più presto i
moduli.- Lo salutò Shoter imbarazzato.
- Però! Riesci sempre ad
impressionarmi.- Disse Foreman sorridendo ed entrando dall’ufficio accanto subito dopo che il giovane collega se ne era andato.
– Cameron va via e tu per compensare questo vuoto,flerti
con il suo sostituto.-
House lo guardò incerto. –Era una
battuta?- Esclamò accendendo nuovamente il televisore.
Il neurologo lo fulminò con lo sguardo e si andò a mettere
tra il suo capo e l’apparecchio. –Dico solo che quel tipo è in gamba. Non si
meriterebbe questo trattamento idiota.-
-Giusto! E visto che sei tu il non capo qua dentro, credo che dovremmo metterlo ai voti… non
trovi?-
-Scherzi!?-
-Si.- Sbottò stufo House,scostando
il medico con il bastone e tentando di vedere il piccolo televisore.
Foreman sbuffò,dirigendosi
nell’ufficio accanto a prendere un po’ di caffè. Ma
arrivato a metà strada si fermò. – Sai che è bravo. Lo sai tu..
e lo so io. E cel’ha dimostrato negli ultimi due casi che abbiamo avuto: se non
fosse stato per lui non li avremmo mai risolti.-
-Tecnicamente, noi…-
-No, non è questo.- Continuò il
neurologo, senza dar minimamente attenzione alle parole accennate dal proprio
capo. –House… Non puoi odiarlo solo perché ha preso il posto di Cameron.-
Il volto di House divenne improvvisamente cupo.
Solo con quello sguardo il neurologo capì di aver toccato un
tasto delicato e si proclamò “Un genio” nell’averlo fatto.
Foreman scosse la testa accennando ad un sorriso rassegnato
e si diresse definitivamente verso l’altro ufficio.
Ora ne aveva avuto la conferma: se
Cameron c’era o no… ad House faceva la differenza.
31 Dicembre. h 10:10
Ufficio di Cuddy.
Porta sbarrata,tendine chiuse e una
miriade di scartoffie cadute al suolo per lasciar spazio ai due medici che,
minuto dopo minuto erano sempre più convinti di doversi fermare… ma più si
andava avanti e più questa convinzione andava a farsi benedire.
Wilson aveva la camicia sbottonata,mentre
Cuddy aveva già gettato a terra la giacca rosa quanto di colpo la porta si
spalancò.
-Non mi interessa cosa ne pensi tu,
ma io quello li lo uccido!…- Urlò House,sventolando in aria dei fogli, ma la
frase gli si strozzò in gola quando si accorse ciò che effettivamente stava
accadendo in quella stanza.
Wilson tossicchiò imbarazzato, sciogliendo l’abbraccio con
la dottoressa e riabbottonandosi la camicia;
Cuddy abbassò velocemente lo sguardo al suolo,cercando di far finta di niente… ma ormai era inutile. Il
danno era fatto.
Una smorfia si stampò sul volto del diagnosta che posò lo sguardo prima sulle cartelle che aveva in mano e poi
sulla porta alle sue spalle. –Diamine… - Disse poi sconcertato. –Se dovete fare
certe cose, chiudetela la porta!-
-House non sono affari tuoi.-
Sbottò Cuddy,scendendo velocemente dalla scrivania e prendendo la giacca sul
pavimento.
-Altrochè!- Esclamò lui ovvio.- Scusa, non credi che siano
affari miei,visto che sono stato io quello che ha
dovuto subirsi questa … questa bella scenetta?!-
Wilson non proferì parola. Sapeva che era meglio non
peggiorare la situazione.
Lisa iniziò a sistemare le varie scartoffie con non poco
nervosismo. -Che volevi?-
Ma House non le diede retta e si avvicinò
all’amico. – Quando il matrimonio?- Gli chiese
sarcastico.
-Quando tu la finirai di rompere.-
-Be,se la metti così…- House
sorrise. –… non credo vi sposerete mai.-
-House!! Dimmi qual è il problema e lasciaci in pace!!- Esclamò Lisa furiosa, non tanto per la battutina ma per
il fatto di essersi fatta scoprire da lui.
-Problema? Io non ho problemi.- Continuò House
divertito. –Mi sa che quelli li avete voi…-
Cuddy si sedette nella sua poltrona,poggiando
la testa fra le mani. –Signore… dammi la forza.- Bisbigliò esasperata,mentre Wilson si accasciava sul divano dell’ufficio.
Il diagnosta le fece l’occhiolino,mentre
il sorriso gli si allargava sul volto. –Non preoccuparti. Non farò la spia.- Decretò. – So mantenere i segreti. Non ho
detto a nessuno che Wilson si smalta le unghia dei
piedi… ops!-
-Sei proprio un’idiota.- Borbottò l’oncologo sconcertato.
–Io non mi smalto…-
- Si invece!- Lo interruppe lui.
-Finitela!- Esclamò Cuddy, facendo una smorfia. – Non mi interessano certe cose.-
-Eppure ti dovrebbero interessare,visto
che stavi…-
-House! O mi dici che volevi o tene
vai via. ORA!-
Il diagnosta zoppicò verso la scrivania,sbattendoci
sopra le cartelle che aveva tra le mani. –Queste solitamente li compilava Cameron!-
-Vuoi che la chiamo così torna e te le compila?- Lo schernì Cuddy.
-No.- House la fulminò con lo sguardo. – Cameron non c’è!... ma guarda caso ho assunto un suo sostituto. Che però
si rifiuta di occuparsene perché dice che spetta a
me!- Continuò lui,sempre più furioso.
-Tecnicamente… spetta a te.-
-Si ma tecnicamente.
Praticamente,però,
spetta a lui!-
Lisa lo guardò allibita. –Sei qui solo perché non vuoi
compilare delle cartelle!?!-
-Sono qui per dirti che quello non mi piace! Io lo
licenzio.-
-Provaci e ti trovi fuori anche tu!-
-Hei! Non è leale!-
Lisa si alzò. –oh.. si che lo è! E adesso vai a farti quelle cartelle e lascia in pace Shoter
o ti pentirai di essere venuto nel mi ufficio.-
-No… questo mai!- Esclamò lui,fingendosi
impaurito. –Ti prego, non farmi del male.- Ora aveva
assunto un’aria innocente arricchita da degli occhi dolci da cagnolino.
“È proprio un’idiota!” Pensò la dottoressa, cercando di
nascondere un sorrisetto divertito. –House.. –
-Ok, me ne vado. Ma sappi che quel deficiente non durerà a
lungo!- Disse improvvisamente serio,dirigendosi verso
la porta.
-Quando tempo dovrà passare per
fargli ammettere che Cameron gli manca?- Sospirò Wilson alzandosi dal divano
subito dopo che il collega aveva lasciato la stanza.
Ma Lisa non rispose. Rimase
immobile con lo sguardo perso sulla porta di fronte a se.
Quanto tempo?
Forse.. non sarebbe mai riuscito ad
ammetterlo.
31 Dicembre. h 10:30
Ufficio diagnostica
House era diretto verso l’ufficio, quando di colpo si
bloccò.
Aveva notato Sandy al di là del
vetro.
-Strano… sai solitamente qui io ci
lavoro… - Borbottò aprendo la porta dell’ufficio. –Non sapevo che ora questa
stanza fosse diventata un sala d’attesa.-
-Smettila, ti devo parlare.-
Il diagnosta annuì serio e si sedette sulla prima sedia che
gli capitò davanti. –Ha telefonato tuo padre. Ti cercava.-
-Che gli hai detto?-
-Che eri andata in discoteca.-
Sorrise.
-Ma sei scemo!? Che gli vai a dire
certe cose!?-
-Sai qual è il punto,sorellina ? Che nemmeno io sapevo dov’eri!-
Sandy si zittì di colpo. –Ero.. –
-Ok. Ora ti Racconto una storia e vediamo se ti piace.-
House si alzò dalla sedia e si andò a versare un po’
di caffè nella tazza. – C’era una volta una ragazza che noi chiameremo…
Sandy. Questa ragazza,per motivi di lavoro, dovette
andare dal suo fratellastro che si è visto costretto ad ospitarla. Col passare
dei giorni, il fratello notò che oltre al fatto che la sorella rientrava a casa
sempre di mattina tardi, anche il suo dipendente arrivava sempre con ritardo.
Questo quì lo chiameremo… Chase? Dunque… -
-Smettila.-
-Non per farmi gli affari tuoi…- si bloccò un attimo. –Anzi no. Per farmi gli affari tuoi! ti
dovrei ricordare io che tra un po’ tu dovrai andartene??-
-Non c’è bisogno che me lo ricordi.- Sandy sospirò. –Ero,appunto, venuta a
dirti che questa sera parto. Grazie per avermi ospitato.-
House abbassò la tazza dopo averne assaggiato il contenuto e
guardò la sorella con uno sguardo dolce. –Di niente.- Rispose. Per non dire
altro. Stranamente aveva iniziato a percepire quanto quella frase le fosse uscita con forza. Capiva che anche per lei era dura
lasciare la persona che amava. Ma per un addio, un “Di niente” era sufficiente.
- Parto alle sei di questa sera… probabilmente non avremmo tempo di vederci. Quindi…
ti saluto. Grazie di tutto.- Bisbigliò la ragazza abbracciando il fratello che,
adesso era in mobile. Sospirò anch’egli e la strinse forte. –Mi mancherai.- Non
avrebbe mai creduto che sarebbe riuscito a dire
qualcosa del genere a qualcuno… soprattutto a sua sorella. Ma
infondo, non gli era dispiaciuta poi così tanto la sua presenza.
Non gli era dispiaciuta la compagnia…
Era ormai mezzogiorno quando Cuddy
entrò molto silenziosamente nell’ufficio, cercando di non farsi sentire dal
diagnosta che dormiva profondamente sulla sua “amata” poltrona in pelle.
Doveva parlargli… per questo era
venuta. Eppure non voleva svegliarlo. Le piaceva guardarlo mentre dormiva.
-House… se solo non fossi così orgoglioso… saresti più
felice.- Bisbigliò tristemente.
Ma
quel rumore accennato bastò a far svegliare il medico.
-Cuddy…- Bisbigliò lui, strofinandosi le palpebre
goffamente.
-Sai che non dovresti dormire sul posto di lavoro!?!- Lo rimproverò lei improvvisamente, sperando che lui non
avesse sentito la frase precedente.
-Non stavo dormendo…-
-Cosa facevi allora? Meditavi?- Le chiese ironica.
-Tipo..-
-House!-
Lui scosse la testa infastidito.
–Che vuoi!? Non stai in pace con te stessa se non mi
rompi le scatole almeno una volta al giorno!?-
Lei si bloccò. –Ero… venuta per scusarmi… - Rispose,abbassando il volto per evitare lo sguardo atterrito del
diagnosta. – Tu prima eri venuto per motivi di lavoro nel mio ufficio… ed io mi
sono infuriata con te solo perché hai interrotto…-
Tossicchiò imbarazzata.
-Non preoccuparti. Ci sono abituato.-
Ironizzò lui. –Piuttosto….- Si alzò,prendendo
in mano la fida pallina rossa con il volto improvvisamente serio per poi
andarsi a sedere alla scrivania. – Dovrei essere io a farti le mie scuse…-
Cuddy lo guardò confusa. Si che
ultimamente House aveva iniziato ad essere strano ma… delle scuse?!?! –Per… per
cosa?- Balbettò.
-Quella volta che siamo andati al pub… tu eri ubriaca. Ma io non lo ero poi così tanto. Ho..
approfittato.-
Lisa non riusciva a credere alle sue orecchie. House le
stava realmente chiedendo scusa! -Si ma… non preoccuparti. Ormai è storia
vecchia.-
-Già… storia vecchia.- Ripetè lui.
-Ma grazie… per avermelo detto.- Concluse Lisa,sedendosi nella poltrona di fronte alla scrivania del
diagnosta e sorridendogli. Ma quello non era il solito
volto di House… era triste. Malinconico.
Solo Dio poteva sapere quale erano i suoi sentimenti per
House.. cosa oscura persino a lei. Forse… li avrebbe
potuti chiamare “amicizia”.
Si conoscevano sin dai tempi del liceo e sin d’allora si
prendevano a parole e si facevano del male a vicenda… ma
poi andava sempre a finire tutto con delle battutine. L’uno consolava sempre
l’altro; L’uno conosceva bene l’altro e lo aiutava,anche
se in modo alquanto strano, ad uscire dai guai. E adesso era finalmente
arrivato il suo turno,dopo tanti anni, di dimostrare
la sua amicizia. Cosa che ormai entrambi credevano
fosse andata a farsi benedire da quando House aveva avuto l’incidente con la
gamba.
-Ti manca Cameron,
vero?- Gli chiese stentatamente, domandandosi nello
stesso istante in cui formulava la domanda, se stesse facendo la cosa più
giusta.
Lui sorrise tristemente. – Non mi riconosco più…-
-La.. ami?-
House alzò lo sguardo verso la dottoressa. Uno sguardo che
di per sé diceva molto ma allo stesso tempo chiedeva
molto. Era strano. Era tutto strano.
Erano passati veramente tanti anni dalla loro ultima
chiacchierata “amichevole” che ormai credeva che non avrebbero più parlato
delle loro vite. Del resto,ora lei era il suo capo.
Sorrise tristemente, decidendo di affidare i propri
sentimenti a quella donna che,anche se in modo strano,
gli era rimasta vicino fino all’ultimo.
-Credo che morirò con il rimorso di non averglielo mai
detto.- Adesso gli occhi di House luccicavano,mentre
lui a stento tratteneva le lacrime.
Cuddy scosse delicatamente la testa con lo sguardo fisso su
di lui. – Potresti essere ancora in tempo per dirglielo…-
Sussurrò quasi.
Il diagnosta alzò il volto. –Come?-
-Ancora non è partita.-
-Cosa? Ma se.. è andata a ..-
-Si ma per il trasloco. La partenza è oggi a mezzanotte e un
quarto all’aeroporto di Princeton.- Lisa si alzò e si diresse verso la porta e
con un sorriso disse:- Sei ancora in tempo per
salutarla.-
Un tonfo al cuore.
Era questo quel che si provava quando
si amava qualcuno?! Era questo il sentimento che tutti i poeti descrivevano
come dono divino?! Erano veramente questi i suoi
sentimenti…?
Adesso era immobile,con lo sguardo
fisso sulla porta da dove era appena uscita Cuddy mentre le parole di lei le
rimbombavano ancora in testa. Era immobile,come se
ancora stesse cercando di capire se quello era un sogno o una realtà.
Sorrise, prese velocemente il bastone
poggiato alla scrivania e si alzò velocemente.
31 Dicembre. h 12:20
Princeton Plaisboro Teaching Hospital
-Foreman!-
Il neurologo sbuffò nel sentire quella voce alle sue spalle.
–Scusami un attimo.- Disse in fine all’infermiera con
cui stava chiacchierando. –Che c’è,House?-
-Sai dov’è Chase?-
-Se lo sapessi,a quest’ora non
sarei in giro a cercarlo.-
-Non mi pare che tu lo stia cercando poi così bene…-
Ironizzò House, dando un’occhiata all’infermiera con
cui Foreman parlava un attimo prima.
-Be… faccio una pausa! È tutta la mattina che lo cerco.- Balbettò lui.
-Forse non è venuto…-
-No, l’infermiera ha detto che questa mattina è entrato.-
-Bravo! Ottimo lavoro! Vedi se puoi continuare a spillare
informazioni a quella.- Esclamò House, fingendosi un’aria
da Boss e dando una pacca sulla spalla del collega. –Buon lavoro Jhon!-
“Jhon?!?” Foreman non riuscì a
scartare il fatto che il proprio capo si guardasse troppi film d’azione.
House continuò per la sua strada fin
quando non entrò nel reparto maternità.
Li vi trovò il giovane medico.
Non sapeva spiegare il perché… ma ormai conosceva Chase e
sapeva che quando lui aveva qualche “Crisi esistenziale” si rifugiava li.
-Chase.- La sua voce suonò nella stanza, facendosi spazio
tra i pianti dei bambini.
Il giovane si voltò.
-Lo sai che Foreman ti sta cercando? Poverino è sfinito.
Sapessi quanto gli manchi!- Ironizzò il diagnosta,avvicinandosi
al suo dipendente.
- Vado.- Si limitò a rispondergli lui,superandolo
velocemente.
Ma House lo fermò per un braccio.
–Noi due dobbiamo parlare.- Decretò serioso,mentre lo
sguardo del giovane era diventato più perplesso che sorpreso. – Sandy questa
sera parte.-
-Sandy? Chi …-
-Smettila di fare l’idiota. Lo so che voi due state
insieme.-
Chase abbassò lo sguardo.
-Oggi era triste quando mi ha detto
che sarebbe partita… e di certo non per il fatto che abbandona me.-
-Cosa dovrei fare allora?! Dirgli
di rimanere? Non serve.-
-Lo so.- House fece un respiro
profondo. Chase era un suo dipendente,un ottimo medico…
anche se non lo dava a vedere lo rispettava molto. E sapeva benissimo che quel
che stava per fare avrebbe compromesso la sua equipe in modo radicale… e che si
sarebbe dovuto subire Foreman per il resto dei suoi giorni,ma…
doveva farlo…
-Puoi andare con lei se vuoi.- Bisbigliò
quasi, voltandogli le spalle e dirigendosi verso la porta.
-Cosa!?-
-Non ti stò licenziando. Ti stò solo dicendo che se vuoi seguirla io non ti fermerò.-
-Dici sul serio?- Chase non riusciva
ancora a credere a quel che stava sentendo.
-Cedi che sarei capace di scherzare su certe cose!?-
Chase lo guardò perplesso.
-Ok… forse si,ma ora non lo sto
facendo. Voglio che mia sorella sia felice. Non siamo mai stati grandi amici e
io sono sempre stato egocentrico nei suoi confronti… ma
mai l’avevo vista così abbattuta. Quindi se voi puoi
andare con lei!- Concluse uscendo dalla stanza,infastidito del fatto che si era
lasciato sfuggire troppi pensieri in quella giornata.
Il giovane medico sorrise. “Grazie House..”
* * * * * * * * * * * * * * * *
Quella sera, Chase la raggiunse. Ed
abbracciandola le disse che se avesse voluto, lui sarebbe partito con lei.
Indescrivibile fu la gioia di Sandy quando
ascoltò quelle parole e la sua meraviglia divenne ancor più grande quando seppe
dal giovane medico che era stato House a dargli il consenso.
Finalmente Chase era felice.
Finalmente avrebbe avuto una vita di cui gioire, una persona
da amare… e tutto questo…. Grazie ad House.
Mai nella sua vita si sarebbe immaginato che sarebbe stato
lui l’artefice della sua felicità. Ma comunque, di
questo gliene era grato e gliene sarebbe stato grato per sempre.
Nello stesso istante House era nel suo ufficio ad immaginarsi
la loro felicità e con in mano il suo regalo
finalmente scartato.
Decise che ogni storia merita un
suo lieto fine… anche se la stessa storia non era stata poi così lieta.
Non poteva permettere che Cameron se ne andasse
con una ferita sul cuore. Doveva dirle addio come un normale uomo dice addio alla persona che ama.
Doveva.
Accennò ad un sorriso,più
malinconico che altro e si alzò dalla poltrona.
Uscì velocemente dalla stanza,mettendosi
al polso il suo regalo e dirigendosi verso la sua moto
Era un orologio d’argento… lavorato nei minimi dettagli, che
aveva funzionato per tutti quegli anni dentro una
scatola che nessun aveva aperto.
Ma ora… era giunta l’ora di mettere
a posto le cose…di ringraziarla di tutto quel che aveva fatto per lui… e di
avergli fatto comprendere che la felicità esiste.
23 dicembre. h 22:50
Aeroporto di
Princeton
Cameron era seduta, in attesa che
l’uscita n 24 si aprisse per farle strada sul volo per l’Inghilterra.
Era tardi, ed era stanca.
Precedentemente non aveva previsto
di doversi trasferire a Philadelphia e di conseguenza si era dovuta fare un
doppio viaggio fino a Princeton,per prendere il volo per l’Inghilterra. Se solo
l’avesse saputo prima avrebbe preso un volo che partiva,appunto,
da Philadelphia. Ma ormai era andata. Il suo viaggio
stava per iniziare e finalmente stava per lasciare
l’America.
Non che lei odiasse il suo paese… ma il più delle volte, “ciò
che più ci stà vicino e proprio quello che ci fa più male.”
Questo almeno è quel che le aveva sempre detto sua
nonna e che solo ora aveva iniziato a capire.
Sospirò,alzando il polso per vedere
l’orario.
Mancavano venti minuti al decollo e fra un
po’ avrebbero iniziato a fare imbarcare i passeggeri.
Si alzò, prendendo l’unica valigia che aveva dietro e
dirigendosi verso l’uscita 24,pronta per i controlli
elettronici quando si sentì bloccare il braccio.
Si voltò improvvisamente, più spaventata che sorpresa e vide
lui. House.
Rimase paralizzata. Le sembrava che stesse sognando o che
stesse avendo una sorta di stupida allucinazione e si odiò per questo, ma in
fondo comprese che ciò che aveva di fronte era la pura
realtà.
–House…?- Bisbigliò, senza muovere un muscolo.
Lui non rispose ed abbassando il volto sciolse delicatamente
la stretta al braccio della ragazza.
Ci fu qualche istante di silenzio.
Come se nell’intero aeroporto ci fossero stati solo loro due
e tutto il chiacchiericcio provocato dalla gente attorno a
loro fosse stato un semplice insieme di piccolo soffi d’aria.
- Ho mentito.- Bisbigliò House,alzando
il volto e guardandola finalmente negli occhi. Uno sguardo profondo e
penetrante, ma allo stesso tempo gelido.
-Hai…mentito?- Allison riusciva a fatica a seguire il
discorso del suo capo che,attualmente, si era limitato
a queste due parole.
-Si. Ho mentito.- Ripetè lui, questa volta
più convinto. - Non è vero che era quel che volevo sentirti dire quando mi hai detto di volertene andare.-
-Cosa…?- Cameron continuava a fissarlo, ma questa volta
aveva iniziato a capire ciò che House stava sforzando di dirle ed ora a stento
riusciva a trattenere le lacrime.
-Avrei voluto che mi dicessi che il tuo lavoro qua era
importante per te… che io ero importante per te.- Continuò il diagnosta, con non poca
difficoltà tra una parola e l’altra. –Ma era ovvio che
tu non me lo dicessi. Lo sapevo. Sapevo che stare con me ti avrebbe solo fatto
soffrire e non ti biasimo… ma voglio che tu sappia una
cosa.. – Fece una pausa ed estrasse dalla tasca una piccola scatolina argentata
per poi porgerla alla ragazza. – Sei stata l’unica persona che sia riuscita a
rendermi felice,Allison. Mi mancherai…non
ti dimenticherò mai. – Sussurrò,porgendole il regalo. –Questo è
il mio regalo di natale.-
Allison sorrise commossa prendendo
in mano il pacchetto e tornando a fissare House. Si morse il labbro inferiore
per poi fare un respiro profondo. Avrebbe voluto rispondergli “Anche tu mi mancherai” ma non ci riuscì. Rimase imbambolata a guardarlo
come se non sapesse più dire un parola. Non voleva
lasciarlo. Non voleva… -Greg… - Sussurrò, ma venne
improvvisamente interrotta dalla mano del medico che delicatamente si era
posata sulle su labbra.
- Alle volte le parole possono fare male.- Le sussurrò lui,
mettendogli ora la mano sotto il mento ed avvicinandosi ad assaporare le sue
labbra.
Una lacrima rigò il viso della ragazza che non potè fare a
meno di abbracciarlo ed approfondire quel bacio tanto desiderato in tutti quegli anni.
* La signorina Allison Cameron è attesa all’uscita
24 per il volo diretto a Londra. Ripeto la signorina…*
-Ti stanno cercando..- Bisbigliò
House sciogliendo quel delicato bacio.
-Già…- Sussurrò la dottoressa, iniziando a giocherellare con
la camicia del diagnosta.
House distolse lo sguardo. - Rimani con me.- Sussurrò quasi,
odiandosi sempre di più per averlo detto. Sapeva di essere venuto per salutarla.… ma sapeva anche di amarla ed ora che finalmente l’aveva
capito,non voleva perderla. – Ma se deciderai di andare non
ti fermerò. Ti capisco… vuoi fare nuove esperienze.-
–Già… Ma forse sarà meglio che rimanga.- le sussurrò lei ad un
orecchio.- In fondo se me ne vado io chi te le compila
le cartelle?- Disse ironica.
House si illuminò. Non avrebbe
creduto che una battuta tanto banale sarebbe riuscita a renderlo così felice. –
Ti amo.- Le rispose,lasciando cadere il bastone a
terra ed attirandola a se per un secondo bacio. “Ti amo..”
Di colpo le luci si spensero per qualche minuto e dalle
grandi finestre a vetro dell’aeroporto si poterono ammirare i meravigliosi
fuochi d’artificio innalzarsi verso l’oscurità ed illuminare il cielo stellato per dar
il benvenuto ad un nuovo e felice anno.
-Happy new year,
Allison.-
-End-
PROLOGO
Il giorno dopo
Cameron si trasferirsi a casa di House, in attesa che
la ditta di traslochi spedisse nuovamente le sue cose al suo vecchio indirizzo;
e dove potè costatare che la cucina di House non era affatto un “brodo di
giuggiole” come spesso sentiva dire a Foreman che non passava giorno in cui non
smettesse di rompere le scatole ad House cosa che, anche lui, non cessava di
fare al suo dipendente.
Cameron tornò a
lavorare cinque giorni dopo l’inizio del nuovo anno, conoscendo finalmente il
tanto famoso Shoter e notando quanto House si fosse
pentito di aver mandato via Chase, visto che ora doveva subirsi le continue
frecciatine che Foreman e Shoter si mandavano.
Cuddy e Wilson,invece decisero di tener in segreto la loro storia… almeno
per il personale del Princeton Teaching Hospital.
Per quanto riguarda Chase, riuscì ad aprirsi uno studio tutto suo e a
diventare, come aveva sempre sognato, un medico famoso e stimato e non mancava
occasione nella quale tornava a Princeton con Sandy per passare insieme ai
vecchi amici le feste.Per stare insieme,ora che finalmente erano tutti felici.
Miky91