Note dell'Autrice:
Salve salvino! Dopo non so quanti mesi (anni) ho deciso di postare la
seconda parte. Il motivo del ritardo? La mia Beta che voleva cambiassi
il capitolo secondo, cancellando determinate parti per renderlo un po'
più decente *si guarda attorno*. Purtroppo sono abbastanza
pigra e ciò ha fatto sì che la pubblicazione del
capitolo slittasse... e siamo arrivati ad oggi, ecco. Come al
solito, ero sul punto di lasciare in sospeso anche questa, visto che
pensavo di aver perso il capitolo col ripristino del computer. E
invece? Me lo sono ritrovato nella casella di posta, fra le e-mail
inviate. LOL. Una volta tanto, qualcosa finisco >.<
Premessa: la
storia non è volta a rendere tutti
depressi,
non è una di quelle storielle complicate e incasinate. Parla
di un colpo di fulmine e di un incontro che ha lasciato il segno.
Niente casini, solo semplicità.
Qualcosa di normale, insomma, mica alla
Beautiful xD
Attenzione:
non ho ricontrollato per bene lo scritto, quindi con ogni
probabilità c'è qualche errore, ma non avendo a
disposizione alcuna beta (tutte impegnate ._.), non ho potuto
controllare meglio. Lo farò in seguito. In ogni caso, mi
scuso per gli eventuali errori presenti nello scritto^^'
Ora: voglio ringraziare
Rose1487,
Yume_no_Namida, Vaius,
I_like_trains,
Francix
e
Asu
chan per aver commentatore questa storia e mi scuso per
l'immenso ritardo :(
E ringrazio anche le
6 persone
che hanno messo questa storia fra i
Preferiti
e le
7
persone che l'anno messa fra le
Seguite^^ Grazie.
Ora vi lascio alla lettura!
Conto
fino a tre
Capitolo 2
(di 2)
[Cosa
guardo? Io guardo te
Cosa guarda? Lui guarda te
Togli quell'imbarazzo e lasciati andare
Cosa guardo? Io guardo te]
Si sedettero su una
delle numerose
panche ancora vuote fra il mormorio degli invitati, la chiesa
ben più
luminosa e accogliente di quanto ci si potesse aspettare.
Naruto si
guardò per un attimo attorno, avvertendo la tensione farsi
strada lungo
tutto il suo corpo, una risposta fisica alla donna
che gli sedeva
accanto; d'altronde, Hinata era talmente stupenda da far impallidire
tutte le altre, con quel lungo vestito azzurro pallido che le lasciava
scoperte le esili spalle e che metteva ancor più in evidenza
il candore
della sua pelle; mentre una graziosa pinza a forma di
farfalla le
teneva a bada i capelli, solo poche ciocche scure ad
incorniciarle il
viso, ciocche che lei, di tanto in tanto, tendeva a rigirarsi fra le
dita, forse per allentare l'imbarazzo che le aveva reso le guance
più
rosee del previsto.
Naruto prese fiato, le lanciò un'altra occhiata,
guardò il pavimento e cercò di pensare con
coerenza, ma perse quando
tornò a osservarla.
Davvero.
Era bella. Semplicemente.
«Quindi
conosci Konan» cercò di dire, schiarendosi la voce
con un leggero colpo
di tosse, la gola inaspettatamente secca. «Cioè,
voglio dire... se sei
qui conosci Konan, ecco...»
Torturandosi un lembo della gonna, la
Hyuuga annuì. «L‘ho conosciuta un paio
di anni fa a un corso di
scrittura creativa. Siamo rimaste in contatto malgrado la lontananza...
così, quando ha saputo che ero qui, mi ha invitata al suo
matrimonio»
spiegò, abbassando gradualmente la voce dopo ogni parola
pronunciata,
finendo col far sentire a Naruto solo metà della parola
'Matrimonio'.
Gli venne voglia di ridere, ma si trattenne, la mente altrove.
Il
brusio degli invitati aumentò, e la signora seduta davanti
all'organo
cominciò a fare qualche prova col brano che avrebbe dato
inizio alla
cerimonia.
Naruto guardò attentamente Hinata e le fece un sorriso.
«Quindi sei qui... adesso.»
«Già» confermò lei,
sorridendo a propria volta.
Di questo, probabilmente, erano felici entrambi.
«Ehi, voi due vi conoscete?» la voce di Yahiko li
fece sussultare.
Si girarono e videro lo sposo avvicinarsi a loro con aria sorpresa.
Yahiko
li aveva osservati da lontano per un po’ di tempo, assieme a
Nagato,
sicuro che Naruto e Hinata stessero nascondendo loro qualcosa - forse
una sorta di attrazione?
O una relazione, si azzardò a pensare,
fermandosi davanti a loro.
Beh, bastava guardare l’espressione dipinta sul viso di
Naruto per capire che l’avrebbe trascinata via, se solo
avesse potuto!
Quella era una risposta più che valida.
«Ah, sì. Ci siamo conosciuti qualche giorno
fa» confermò Naruto, inacidendosi al
notare che anche Nagato li stava raggiungendo.
Le
facce dei due ragazzi non lo convincevano; stavano forse pensando a
Hinata? O a cosa potesse esserci fra di loro, se pensava a come
ragionavano quei due quando si trattava di lui e la sua - pessima -
vita sentimentale.
«Sul treno» aggiunse timidamente Hinata,
sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ignara
degli
sguardi inquisitori che Nagato e Yahiko le stavano lanciando da alcuni
minuti..
«Solo
in un posto simile avresti potuto incontrare questo bambino troppo
cresciuto» commentò pacato Nagato, ignorando le
proteste di Naruto. Poi
si rivolse a Yahiko. «Dobbiamo interrompere questa splendida
conversazione, Yahiko: fra tre minuti la sposa farà la sua
comparsa.
Non vogliamo certo restare qui a chiacchierare, vero,
ragazzi?»
Naruto
e Hinata annuirono contemporaneamente, mentre Yahiko parve,
tutt’ad un
tratto, perdere un po’ di colore, passando dal rosa scuro al
bianco
cadavere.
Lo sposo era più teso di quanto non sembrasse.
La cerimonia fu semplice.
Non troppo sfarzosa né lunga, ma giusta.
Yahiko finì col balbettare il suo ‘sì, lo
voglio’ inducendo gli invitati a ridere e Konan
ad arrossire per la figuraccia.
Naruto,
sfortunatamente, non aveva potuto sedersi accanto a Hinata; difatti ben
cinque persone - Chouji, Nagato, Temari, Shikamaru e Karin - avevano
avuto la geniale idea di mettersi proprio in mezzo a loro,
allontanandoli.
E Naruto, per tutta la cerimonia, invece di
imprimersi nella memoria l’unione di due persone a cui voleva
un mare
di bene, e che erano per lui come fratello e sorella, finì
col
memorizzare l’espressione concentrata e serena dipinta sul
dolce viso
della Hyuuga. Infatti, se gli avessero chiesto cosa pensasse della
cerimonia, l’Uzumaki avrebbe risposto che era
‘bellissima’ - pur non
riferendosi esattamente alla funzione.
Alla fine gli invitati si
alzarono in piedi e seguirono gli sposi fuori dalla chiesa; nel caos,
Hinata restò seduta, parzialmente confusa, sommersa da gambe
e braccia,
nero e grigio, rosso e giallo, e solo quando una mano
afferrò la sua
capì che non era più persa.
Le bastò alzare lo sguardo per incrociare quello di Naruto.
«Andiamo?»
«Sì.»
C’era
quel sole che avrebbe incenerito le rocce; c’era un prato
grande e
pieno di piccoli fiori colorati che circondava la chiesa e i dintorni;
c’era il rumore degli uccelli in volo, fra le nuvole, sugli
alberi.
E
c’era quell’aria buona ed estiva, quella che sapevi
riconoscere subito,
che difficilmente avresti potuto scambiare con qualcos’altro
di assai
meno buono.
E c’era il silenzio che allontanava voci e grida, chiacchiere
inutili e finzioni.
Hinata
guardò la mano di Naruto, quella mano che continuava a
stringere
possessiva la sua, mentre la chiesa si allontanava da loro e tutto
diventava sfuocato ad ogni passo.
Cosa stava succedendo? Perché si
sentiva infinitamente bene assieme a lui? Dalla prima volta che
l’aveva
visto, sul treno, quel pensiero non aveva fatto altro che tormentarla,
facendole provare un dolce calore all’altezza del petto.
Che sensazione... strana.
Continuarono a camminare per un po’ e quando furono
abbastanza lontani dalla chiesa, Naruto scoppiò a
ridere.
Così, dal nulla, quella risata vibrò
nell’aria.
Hinata trattenne il fiato e si fermò a guardarlo, sorpresa.
«Che c‘è?»
Lui scosse il capo, divertito. «Niente,
niente.»
Ripresero
a camminare in silenzio, ma la Hyuuga non riusciva a trovare il motivo
di quella risata. Possibile che fosse senza senso?
«Naruto?»
L‘Uzumaki la guardò interrogativamente.
«Mh?»
«Dimmi perché ridevi» mormorò
Hinata, stringendogli la mano. Lo voleva sapere.
«Beh,
ti ricordi che sul treno mi hai detto di non aver mai partecipato a un
matrimonio?» iniziò a dire il biondo, ricambiando
la stretta. «Ho
pensato… a quello.»
«Ah, capisco...»
«Però oggi hai partecipato
al matrimonio di una tua amica» aggiunse Naruto,
scompigliandosi i
capelli con la mano, lo sguardo puntato davanti a sé.
Hinata finalmente capì. «Sì.»
«E non sei contenta?»
«Certo
che lo sono! Sono contenta!» esclamò la Hyuuga,
regalandogli un enorme
sorriso, uno di quelli che - Naruto ne era sicuro - non tutti avrebbero
potuto ricevere.
Questo lo rallegrò.
«Oh, finalmente sorridi! Brava! Questa è la mia
Hinata, la ragazza che ho conosciuto sul treno che ci ha portati
qui.»
«Tu,
invece, non sei cambiato per niente» Hinata
osservò il paesaggio che li
circondava. «Continui a trasmettermi buonumore. Ed
è incredibile,
perché in realtà noi non ci conosciamo. Non
sappiamo nulla delle nostre
rispettive vite. Ma siamo qui, insieme, da soli, e non ci importa. Non
ci importa. Perché?»
«A me non interessa sapere perché. A me
interessa altro» affermò deciso
l’Uzumaki, indicandole un grande
edificio bianco e vecchio che si stagliava poco lontano da loro.
«Lì
inizieranno i festeggiamenti per il matrimonio di Yahiko e Konan. Ti
andrebbe di andarci insieme a me?»
«Sì. Ma è naturale, in fondo siamo
entrambi invitati.»
«Io non intendevo in quel senso!» e allora Naruto
sorrise, eccome se sorrise. «Ti andrebbe di uscire con me,
Hinata Hyuuga?»
Naruto amava sorprenderla.
E ci era riuscito anche questa volta.
«Io non ballo.»
«No?»
«No.»
Hinata
osservò la pista da ballo allestita in mezzo al giardino e
circondata
dalle mura della villetta in cui si stava tenendo la festa per gli
sposi. «E perché?»
«Non so ballare» dovette ammettere Naruto, a voce
bassa, per non farsi sentire da nessuno. «E non ci tengo a
farlo
notare. Sarebbe mostruoso.»
L’ultima volta che si era azzardato a
improvvisare qualche mossa di ballo, Sasuke aveva colto
l’occasione per
sfotterlo a dovere, davanti a tutti, senza il minimo ritegno, convinto
di fargli del bene.
Beh, Naruto non si era divertito né aveva trovato la
faccenda utile come blaterato dall’Uchiha.
Sorrise. Quel suo maledetto amico! Quando mai avrebbe smesso di
tormentarlo?
«Mi
piace ballare» disse ad un tratto la Hyuuga, tirandolo per la
manica
della giacca che ancora, malgrado il caldo asfissiante, Naruto si
ostinava a portare. «Perché non provi?
B-Balla con me.»
Un sussurro fatto di balbettii. Era solo un sussurro
fatto di balbettii. E
allora perché lo faceva sentire tanto scemo da spingerlo ad
annuire malgrado il terrore?
La
pista era piena di gente che ballava, cantava, rideva e gridava i nomi
degli sposi, di musica lenta e veloce, d’aria calda e fresca
a tratti,
di champagne e bignè, di sì, no, forse, ma,
però.
Lui non aveva sì, no, forse, ma o però.
Lui aveva solo uno sguardo lilla puntato addosso.
La supplica di quegli occhi.
E
le gambe, prima di marmo, incredibilmente decise a muoversi e a
trascinare Hinata ovunque volesse andare, e Naruto pronto a correre,
ridere, fare le solite figuracce, pronto a comportarsi da bambino pur
di farla ridere - voleva renderla viva più di quanto
avessero fatto
altri.
«Mi hai convinto!»
Quella frase fu l’inizio d’una follia
divertente e timida a cui né Hinata né Naruto
avrebbero potuto dire di
no, perché sarebbe stata follia; follia delle più
pure, delle più
tormentate, delle più stupide, dove un ballo lento e uno
veloce
s’alternavano incuranti delle occhiate di persone, uomini e
donne,
ormai inesistenti; soli un po’ per finta, un po’
per gioco, senza
timidezza o altro che potesse ostacolare ciò che stava
nascendo.
Fu un lungo e intenso ballo, privo di pensieri.
Fino a tarda sera, fin quando la luce non svanì, lasciando
posto alle stelle.
Uscirono dalla villetta e camminarono fino alle panchine sparse per il
giardino che si estendeva tutt'attorno all'edificio.
Naruto
spalancò la bocca e inspirò finché non
ebbe i polmoni pieni d'aria,
talmente pieni che per un attimo pensò che sarebbero potuti
scoppiare
da un momento all'altro facendo un sacco di rumore.
«Hanno... hanno riso tutti...!» esalò
poi dopo essersi buttato sulla panchina, posandosi una mano sulla
fronte.
Hinata si sedette accanto a lui sulla panchina, il petto che si alzava
e abbassava veloce e il respiro affannato.
Aveva
la gonna spiegazzata e la fronte sudata, esattamente come quella di
Naruto, e malgrado non riuscisse quasi più a respirare,
sembrava sul
punto di scoppiare a ridere.
Il ragazzo deglutì e voltò la testa per
guardarla, la bocca dischiusa e gli occhi accesi.
Quante altre volte aveva riso così?
Quante altre volte si era divertita con qualcuno?
Quante altre volte le era mancata totalmente l'aria?
Egoisticamente, sperò che non le fosse mai accaduto.
Sperò che fosse la prima volta che rideva in quel modo con
qualcuno, senza fiato.
Sarebbe stato bello così.
«Dovremmo...
rifarlo» mormorò Naruto, spostando lo sguardo
verso la campagna che si
estendeva di fronte a loro nel silenzio della sera, mentre la musica e
le risate della gente riempivano l'interno della piccola villetta,
spezzando a tratti la quiete.
Persino i grilli si misero a cantare.
Hinata
si coprì la bocca con le mani, le gote piacevolmente
arrossate. «Sì...
lo vorrei tanto, tantissimo» rispose, illuminandosi.
«Va bene! Però non subito, troppe pessime figure
non gioverebbero alla mia reputazione» che non ho,
si ripeté mentalmente il ragazzo, sbirciandola mentre si
sistemava la
frangetta, talmente arruffata da renderla piuttosto buffa; e si
ritrovò
a pensare che gli sarebbe piaciuto scostarle i capelli dalla fronte.
Forse conscia di essere osservata, Hinata smise di sistemarsi i capelli
e si voltò verso di lui, interrogativa. «Che
c'è?»
Naruto
arrossì e scosse il capo, deciso a non mostrarle
ciò che aveva
immaginato in quei noiosissimi giorni - consapevole che ogni
cosa da
lui pensata gli si sarebbe letta perfettamente in faccia.
Era come un libro aperto.
E Hinata era la lettrice pronta a scoprirne ogni più piccola
sfumatura.
Lei
lo guardò come per studiarlo, ma prima di poter aprir bocca
per dar
voce alle proprie perplessità, Naruto afferrò la
giacca che aveva
posata accanto e gliela porse.
«Cos...»
«Hai freddo. Tremi. Mettitela sulle spalle.»
Hinata
rimase immobile per un secondo, sorpresa da quel gesto. Poi
sembrò
ritrovare la forza per parlare: «Non c'è bisogno,
davvero. Fa ancora
molto caldo...»
«Non si direbbe» commentò Naruto,
inarcando un
sopracciglio. «Dai, prendila. Certo, ammetto che puzza di
sudore e non
è piacevole, ma perlomeno tiene caldo» aggiunse,
facendo un po' il
cretino - questo gli riusciva alla perfezione, purtroppo. Forse si
stava addirittura specializzando in cretinaggine.
Cretinaggine, certo.
Ora sapeva perché Sasuke lo prendeva sempre per il culo.
La Hyuuga esitò, ciò nonostante si arrese quasi
subito, prendendo la giacca con un 'grazie' a malapena accennato.
È bella,
pensò
ancora Naruto, mentre lei si copriva le spalle candide e tremanti,
mentre i loro respiri tornavano perfettamente regolari - e lo erano da
parecchio, adesso che ci faceva caso.
Sospirò per l'ennesima volta
in pochi minuti e continuò a fissarla come se non
ci fosse altro da
vedere, ben consapevole di metterla un po' a disagio.
Poi si rese
conto che c'era un motivo. Un motivo che lo spingeva a tenerle gli
occhi addosso, senza mai staccarli, come un lupo che studia nell'ombra
la propria preda, furtiva.
La differenza con il lupo era che lui non cercava minimamente di
nascondersi, non ne aveva bisogno.
Contraddizioni ovunque.
Fino
a qualche attimo prima non aveva cercato di celarle i propri pensieri,
imbarazzato dall'attrazione provata? Dio, quanto si sentiva idiota!
Cazzo, quanto lo era e se ne stava accorgendo solo ora!
Si mise bene a sedere sbuffando. «Hinata?»
Lei sussultò, stringendo a sé la giacca
dell'Uzumaki. «S-Sì?»
«Ho voglia di baciarti.»
Lo soffiò.
A voce bassa, sperando di non essere udito, sperando di non rovinare
tutto.
Ma Hinata lo sentì perfettamente, forse capì,
anche.
E dopo un attimo di silenzio, inaspettatamente,
annuì.
Naruto le afferrò la mano con delicatezza: era calda, liscia
e morbida, non esitava né pareva provare il desiderio di
sottrarsi al contatto.
La guardò negli occhi per cercare di capire cosa provasse,
ma non ci riuscì - a differenza sua, Hinata non era poi
così facile da leggere come all'apparenza gli era sembrata.
Apparenza. Contava davvero qualcosa? E diceva sempre tutto di una
persona?
No, l'apparenza era una maschera non molto diversa da quella che in
passato aveva sempre indossato per allontanarsi dall'inquietudine che
gli si era accumulata nel petto durante tutti quegli anni.
E il bacio, invece? Sarebbe servito a qualcosa?
Sarebbe bastato a farle vedere
il tornado di pensieri che gli stravolgeva la mente mettendo tutto
sottosopra?
Avrebbe distrutto la
maschera?
E con quelle domande senza risposta e incapace di trattenersi, si
chinò su di lei e la baciò.
Uno sbuffo.
«Scadente.»
«L’ho pensato anch‘io.»
«Quindi?»
«Non ci siamo più visti, non dopo quel
bacio.»
«L‘hai baciata e lasciata partire, ho capito
bene?»
«Più o meno...»
Sasuke
inclinò leggermente il capo ma non disse nulla, tornando a
fissare
circospetto il giardino di casa sua dove i suoi figli di cinque e tre
anni, Mikoto e Itachi, trotterellavano allegramente.
«Mi rendo conto
che può sembrare una puntata uscita male di Beautiful, ma
è successo. È il finale che stona col
resto» continuò Naruto, imbronciato, battendo
la mano aperta sul tavolo e restando stravaccato sulla sedia
com’era
sua abitudine fare.
Dopo la festa e il bacio, Hinata non si era
fatta più rivedere; Konan gli aveva spiegato che era dovuta
‘scappare’
quando suo padre l’aveva chiamata. Problemi famigliari, da
quel poco
che era riuscito ad afferrare.
Possibile che in realtà la Hyuuga
fosse scappata per non rimanere invischiata in una relazione con lui?
Che avesse avuto paura, che il bisogno di afferrare il significato di
quel bacio fosse stato la molla che l’aveva spinta a prendere
il primo
treno della giornata per tornare a Tokyo?
E da quando lui era diventato così insicuro?
Merda.
«Non lo so.»
Sasuke gli lanciò un’occhiata di sbieco.
«Non
so come mi devo comportare» spiegò
l’Uzumaki, parlando più a se stesso
che all’amico e quindi usando quel suo tono lamentoso da
bambino di
cinque anni che tendeva a irritare l‘Uchiha una volta
sì e una no - e
questa era la volta no, per sua fortuna. «In questo mondo
schifoso le
donne fanno sempre tutto il contrario di quello che uno si
aspetterebbe!»
«Sono donne» si limitò a dire Sasuke,
tornando a controllare i bambini.
«Eh, saranno pure donne come dici tu, ma da Hinata questo non
me lo sarei mai aspettato.»
«Non la conosci nemmeno.»
Naruto scrollò le spalle, sostenuto. «E se ti
dicessi che la conosco meglio di chiunque altro, Sasuke?»
«Può
darsi che tu sia riuscito a capirla, okay. Poniamo che tu abbia
ragione. E con questo?» borbottò Sasuke,
già abbastanza irritato.
Odiava parlare così tanto e Naruto stava superando ogni
limite
consentito dalla legge - la legge di casa Uchiha, naturalmente.
«Fattene una ragione: non la rivedrai mai più. E
ora smettila di
tediarmi con le tue cazzate, ché i bambini qui fuori si sono
messi a
fare una buca.»
Naruto osservò l’amico uscire dalla cucina
trafelato, con un sopracciglio lievemente alzato verso l’alto
e gli
occhi meno rassicuranti del solito.
Malgrado l’aria da serial killer
assunta in via ufficiale quando Mikoto aveva fatto saltare
letteralmente in aria il frullatore, un anno prima, Sasuke sapeva
essere un buon padre.
Mentre rifletteva su ciò, il cellulare prese a squillare,
assillante, Thriller di
Michael Jackson.
Lo prese dalla tasca e controllò il display, facendo una
smorfia.
Era sua madre.
Ancora.
«Muovi il culo e torna a Tokyo!»
«Ciao,
come stai? No, sono troppo banale così, vero
mamma?» rispose
sospirando, affatto sorpreso dall’esordio di Kushina.
«Comunque perché?
Che ti serve?»
«Cosa ‘che mi serve?’» la donna
brontolò qualcosa sottovoce. «Ti sei scordato che
domani è il compleanno di tua nonna?»
Mito Uzumaki, la vecchia più simpatica e longeva del mondo,
stava per compiere centocinque anni senza dimostrarli minimamente.
Non era il primo caso in famiglia, ad ogni modo.
Naruto controllò l‘ora, confuso. «Me
n’ero dimenticato. Cosa potrei regalarle, secondo
te?»
«Non
saprei», Kushina rimase in silenzio per un minuto buono.
«Basta che non
sia una ciotola di ramen come l‘anno scorso, Naruto. Solo
questo. Ora
devo andare a preparare la cena. Fa’ in modo di essere qui
prima delle
sei del mattino, sono stata chiara?»
Prima che Naruto potesse dire ‘okay’, lei aveva
già agganciato.
Fissò allibito l’apparecchio cellulare, poi lo
ripose nella tasca dei jeans. Ho
trentatré anni e mia madre continua a darmi ordini. Sono davvero messo male.
Il treno delle ventidue
e quindici per Tokyo sta per partire al binario sei,
urlava la voce meccanica e femminile sopra le loro teste, avvertendo
Naruto che stava per perdere il treno che l’avrebbe riportato
a casa.
Corse su per le scale tenendo sottobraccio il regalo per nonna Mito, la
mente invasa da circa un milione di bestemmie.
La prossima volta lo
compro a Tokyo e all’ultimo momento!, si disse
mentre scorgeva il treno, sul binario sei, poco distante da lui.
Quando
lo raggiunse tirò un sospiro di sollievo,
s’infilò fra le porte che
stavano per chiudersi e si guardò intorno in cerca di un
posto libero;
seminò il vagone dei fumatori perché decisamente
non lo sopportava, il
fumo, e già sentirne l’odore gli provocava un mal
di testa di quelli
cronici, e raggiunse quello dei non fumatori.
Mezzo vuoto, come al solito.
Ottimo.
Si
sedette in uno degli ultimi posti in fondo al vagone, posò
il pacco in
quello libero e si batté la mani sulle cosce, soddisfatto.
Il treno partì lento, privo di rumore.
L’Ipod
non c’era questa volta, ma Naruto si rilassò lo
stesso osservando il
paesaggio fatto di case che gli sfilava accanto, bianco e grigio,
sfocato e lontano assieme - e la fronte posata per istinto sul vetro
per scorgere di più, più a lungo, più
intensamente.
E scoprire di non scorgere più nulla.
«Posso?»
Naruto chiuse gli occhi, li riaprì e si scostò
dal vetro per rivolgersi a colei che aveva parlato.
«Prego.»
Il pacco finì a terra malamente.
Una ragazza si sedette al suo posto.
«La scena è cambiata» disse lei,
evitando di guardarlo. «Questa volta sono io a chiederti di
liberare il posto, Naruto.»
Un lieve sorriso incurvò le labbra dell’Uzumaki.
«Ma non cambierà nulla perché siamo
sempre noi.»
Hinata respirò a fondo, poi sorrise. «Lo
so.»
Il
treno continuò ad andare avanti, verso Tokyo, lasciandosi
indietro un
paesaggio fatto di case, di sì,
no, forse, ma, però, di conoscenza,
attrazione, addio e ciao, un altro ciao.