Pairing/Characters: Katherine/Stefan
Rating: PG13
Warnings: Violenza;
Future!fic;
Word
Count: 1282
(fdp)
Disclaimer: Magari
fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta
per la Staffetta
in Piscina @ piscinadiprompt,
prompt “"I
am done with my graceless heart/ So tonight I'm gonna cut it out and
then restart" (Shake it out - Florence + The Machine)” e per 500themes_ita,
prompt #382.
Il tradimento arriva in profondità.
Omnia vincit amor
(et
nos cedamus amori)
Lo
segue nel vicolo male illuminato, facendo bene attenzione a girare al
largo dalla poca luce dei lampioni rotti. Il ticchettio dei tacchi
sull'asfalto viene sopraffatto dal martellare liquido e pesante della
pioggia di fine novembre, e il suo respiro è così
lieve che la figura che la precede non potrebbe mai udirlo.
Ha
voglia di baciarlo. Di accarezzarlo. Di scoparlo e di farsi scopare
lì sul marciapiede, sotto la pioggia battente e l'occhio
vigile dei gatti randagi.
Ha
voglia di fargli del male. Di piantargli le zanne nel collo e dilaniare
la carne fino a lasciare solo un casino rosso e senza forma. Di
rompergli tutte le ossa del corpo, una alla volta, godendosi ogni
schiocco.
Non
sa quale delle due cose farà. Magari le farà
entrambe, anche se non sa in che ordine.
Intanto
continua a seguirlo nel buio, senza mai perderlo di vista, senza mai
lasciarlo andare. Come un incubo ricorrente. O come un primo amore.
Ci
ha messo mesi per rintracciarlo.
Mesi
e giorni e ore. Sempre a darsi della stupida, sempre a dirsi che stava
vivendo di illusioni, che le voci che aveva sentito erano stupidaggini,
che avrebbe finito per spezzarsi il cuore una seconda volta.
Poi
questo bar. Questa notte. E lui.
Nessuno
sbaglio.
E
quando sono rabbia e amore a darsi battaglia, più forte
è il secondo e più è probabile che sia
la prima a vincere.
Quando
infine si accorge di lei, è troppo tardi perché
riesca a difendersi.
Un
calcio lo raggiunge nello stomaco, mentre le sue mani lo colpiscono al
petto in una serie di pugni che gli spezzano ben più di un
paio di costole.
Stefan
alza una mano per difendersi, ma tutto ciò che ottiene
è spingerla via per qualche secondo. Katherine reagisce
calciandolo all'altezza dello sterno e Stefan cade all'indietro
sull'asfalto.
Lei
gli è subito sopra e continua a colpirlo con rabbia ma senza
metodo, cercando solo di fare quanto più danno possibile.
Quando infine il sangue inizia a colarle dalle mani, quell'attacco di
furia cieca si placa per qualche secondo, e Stefan ne approfitta per
disarcionarla e invertire le loro posizioni.
Ora
è lei a trovarsi con la schiena schiacciata contro il
terreno e metà del corpo affondata nel fango di una
pozzanghera poco opportuna.
Stefan
la tiene stretta per il collo con una mano e per una spalla con
l'altra, e la sovrasta come una torre scura e minacciosa. Gocce di
sangue gli scivolano dalle guance graffiate e vanno a cadere sul volto
di lei, come lacrime rosse. L'unica emozione leggibile in quegli occhi
verdi è un'indicibile stanchezza.
La
pioggia si rovescia su di loro con gelida cattiveria, e i loro respiri
si condensano e si fondono insieme nell'aria sempre più
fredda della notte.
«Credevo
fossi morto», sussurra Katherine, decidendosi a spezzare quel
silenzio irreale. «Sono stata al tuo funerale. Ho visto la
tua tomba», la sua voce si fa sempre più forte, la
rabbia riaffiora nuovamente. «Credevo fossi morto. Credevo
di averti lasciato morire di nuovo»,
urla.
E
ora sta piangendo davvero. Forte, senza ritegno, senza vergogna.
Stefan
allenta la presa, le passa una mano intorno alla vita e l'aiuta a
sedersi. Poi la stringe tra le braccia come se la loro vita dipendesse
da questo.
«Era
l'unico modo», le spiega più tardi, davanti ad una
tazza di tè corretto.
Sono
nell'appartamento di Stefan, seduti davanti al camino, ed entrambi sono
avvolti in morbide coperte dall'orrida fantasia floreale.
I
loro vestiti bagnati giacciono in un angolo del pavimento, in un
informe mucchio grigio.
Una
delle scarpe di Katherine è andata persa durante la rissa, e
l'altra ha il tacco rotto. Erano un modello italiano, un'edizione
limitata e molto costosa, e le dispiace parecchio di averle perdute, ma
si impone di non pensarci. Non è la cosa più
importante, in questo momento.
Si
riavvia i capelli ancora umidi e prende un altro sorso di tè
bollente.
«Sei
uno stronzo.»
Stefan
sorride.
«Sì.
Ma era comunque l'unico modo.»
Katherine
aggrotta la fronte e lo guarda truce da sotto le ciglia.
«Elena
non se lo meritava», si costringe a dire tra i denti.
«Che
le facessi credere di essere morto?», chiede Stefan.
«No.
La cura. Non se la meritava. Non dopo tutto quello che ti ha fatto
passare», risponde Katherine, arrabbiata. «Avresti
dovuto tenerla per te oppure...»
«Per
te?», suggerisce Stefan.
«Per
Damon», replica lei. «Io non rinuncerei a quello
che sono per nulla al mondo».
Alla
menzione di suo fratello gli occhi di Stefan si distolgono dai suoi, e
il vampiro china la testa. Katherine sgrana appena gli occhi.
«Lo
sa? Almeno a Damon... almeno a lui devi averlo detto. Non
puoi...»
«Elena
è diventata un vampiro a causa mia. E tutto quello che
è venuto dopo... meritava quella cura, Katherine. Lei
meritava una seconda occasione. Io e mio fratello no. Nessuno dei
due»
«Stronzate»,
taglia corto Katherine. «E non mi hai risposto. Damon sa che
sei vivo?»
«No»,
risponde Stefan, gli occhi sempre fissi sul pavimento.
Katherine
sospira.
«Lo
odi ancora?»
Stefan
scuote la testa.
«Non
è questo il punto»
La
pioggia continua a battere contro i vetri della finestra, il calore del
camino non riesce a riscaldare davvero nessuno dei due.
Katherine
si domanda come siano arrivati a questo punto e quanto in
profondità dev'essere arrivato quel tradimento per averli
spezzati in quel modo.
«Certo
che lo odi. Lo odi abbastanza da lasciargli portare il lutto per suo
fratello», risponde per lui. E c'è dolcezza nella
sua voce.
Stefan
alza il volto e incontra di nuovo il suo sguardo.
«Davvero
sei andata al mio funerale?», domanda con un sorriso stanco.
C'era
andata davvero. E Damon aveva dovuto trattenerla dall'uccidere Elena
lì dove si trovava, con il suo vestitino nero, le sue
lacrime, e il suo cuore che batteva ad un ritmo così umano.
In
quel momento non sapeva se la feriva di più il fatto che
Stefan fosse morto o che fosse morto per lei. Per
darle un'occasione che nessuno di loro, prima, aveva mai avuto.
L'aveva
odiata. E aveva odiato Stefan.
Più
tardi, mentre facevano l'amore, aveva pianto tra le braccia di Damon.
Non aveva mai pianto di fronte a qualcun altro da secoli, e anche se
dopo si era infuriata con se stessa per quella debolezza, in quel
momento la sensazione l'aveva fatta stare bene.
Il
giorno dopo avevano lasciato Mystic Falls insieme, diretti in due
direzioni diverse, con la stessa croce nera incisa sul cuore.
Non
si erano più visti e, da quanto ne sapeva lei, nessuno dei
due era tornato indietro.
«Glielo
dirò», mormora Stefan. «Prima o poi
glielo dirò. Ma non ora»
«Magari
tra una cinquantina d'anni, quando Elena sarà
morta», insinua Katherine.
Stefan
alza un sopracciglio e forse si chiede se Damon le abbia raccontato del
patto che avevano stretto prima della trasformazione di Elena.
(Cosa
che Damon aveva effettivamente fatto, e proprio durante quell'ultima
notte passata insieme. Katherine aveva risposto che erano due cretini e
Damon aveva annuito sorridendo).
«Sei
uno stronzo», ripete Katherine.
«Sì»,
conferma di nuovo Stefan. «Mi dispiace».
Katherine
allunga una mano e gli sfiora la guancia in una carezza leggera.
«Non
è solo a me che devi le tue scuse», mormora.
«Ma
le devo anche a te,
non è vero?»
Katherine
annuisce e inizia ad accarezzargli le labbra con la punta delle dita,
ma la mano di Stefan si chiude sulla sua.
«Sono
stanco di vivere una storia che continua a ripetersi,
Katherine», dice, e ogni sua parola vibra di quella
stanchezza di cui già sono intrisi i suoi occhi.
«Hai
già spezzato quel circolo, Stefan. E lo sai. Questa volta
sarà diverso. Te lo prometto».
Forse
Stefan non si fida di lei ─ non ancora, probabilmente mai
più ─ ma non sempre la fiducia è necessaria.
A
volte si tenta perché non si ha più niente da
perdere, perché dopotutto un tentativo fallito è
pur sempre meglio di un rimpianto, e perché quello che
è andato male una volta forse può riuscire meglio
la seconda.
E
anche perché un bacio rimane sempre uno dei modi migliori
per iniziare qualcosa.
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