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Autore: Shari Deschain    24/12/2012    1 recensioni
Katherine Pierce ha amato quattro uomini, e li ha lasciati morire uno dopo l'altro.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elijah, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Katherine, Katherine/Stefan
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hazard'
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Pairing/Characters: Katherine/Stefan
Rating: PG13
Warnings: Violenza; Future!fic;
Word Count: 1282 (fdp)
Disclaimer: Magari fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta per la Staffetta in Piscina @ piscinadiprompt, prompt “"I am done with my graceless heart/ So tonight I'm gonna cut it out and then restart" (Shake it out - Florence + The Machine)” e per 500themes_ita, prompt #382. Il tradimento arriva in profondità.







Omnia vincit amor
(et nos cedamus amori)






Lo segue nel vicolo male illuminato, facendo bene attenzione a girare al largo dalla poca luce dei lampioni rotti. Il ticchettio dei tacchi sull'asfalto viene sopraffatto dal martellare liquido e pesante della pioggia di fine novembre, e il suo respiro è così lieve che la figura che la precede non potrebbe mai udirlo.
Ha voglia di baciarlo. Di accarezzarlo. Di scoparlo e di farsi scopare lì sul marciapiede, sotto la pioggia battente e l'occhio vigile dei gatti randagi.
Ha voglia di fargli del male. Di piantargli le zanne nel collo e dilaniare la carne fino a lasciare solo un casino rosso e senza forma. Di rompergli tutte le ossa del corpo, una alla volta, godendosi ogni schiocco.
Non sa quale delle due cose farà. Magari le farà entrambe, anche se non sa in che ordine.
Intanto continua a seguirlo nel buio, senza mai perderlo di vista, senza mai lasciarlo andare. Come un incubo ricorrente. O come un primo amore.


Ci ha messo mesi per rintracciarlo.
Mesi e giorni e ore. Sempre a darsi della stupida, sempre a dirsi che stava vivendo di illusioni, che le voci che aveva sentito erano stupidaggini, che avrebbe finito per spezzarsi il cuore una seconda volta.
Poi questo bar. Questa notte. E lui.
Nessuno sbaglio.
E quando sono rabbia e amore a darsi battaglia, più forte è il secondo e più è probabile che sia la prima a vincere.


Quando infine si accorge di lei, è troppo tardi perché riesca a difendersi.
Un calcio lo raggiunge nello stomaco, mentre le sue mani lo colpiscono al petto in una serie di pugni che gli spezzano ben più di un paio di costole.
Stefan alza una mano per difendersi, ma tutto ciò che ottiene è spingerla via per qualche secondo. Katherine reagisce calciandolo all'altezza dello sterno e Stefan cade all'indietro sull'asfalto.
Lei gli è subito sopra e continua a colpirlo con rabbia ma senza metodo, cercando solo di fare quanto più danno possibile. Quando infine il sangue inizia a colarle dalle mani, quell'attacco di furia cieca si placa per qualche secondo, e Stefan ne approfitta per disarcionarla e invertire le loro posizioni.
Ora è lei a trovarsi con la schiena schiacciata contro il terreno e metà del corpo affondata nel fango di una pozzanghera poco opportuna.
Stefan la tiene stretta per il collo con una mano e per una spalla con l'altra, e la sovrasta come una torre scura e minacciosa. Gocce di sangue gli scivolano dalle guance graffiate e vanno a cadere sul volto di lei, come lacrime rosse. L'unica emozione leggibile in quegli occhi verdi è un'indicibile stanchezza.
La pioggia si rovescia su di loro con gelida cattiveria, e i loro respiri si condensano e si fondono insieme nell'aria sempre più fredda della notte.
«Credevo fossi morto», sussurra Katherine, decidendosi a spezzare quel silenzio irreale. «Sono stata al tuo funerale. Ho visto la tua tomba», la sua voce si fa sempre più forte, la rabbia riaffiora nuovamente. «Credevo fossi morto. Credevo di averti lasciato morire di nuovo», urla.
E ora sta piangendo davvero. Forte, senza ritegno, senza vergogna.
Stefan allenta la presa, le passa una mano intorno alla vita e l'aiuta a sedersi. Poi la stringe tra le braccia come se la loro vita dipendesse da questo.


«Era l'unico modo», le spiega più tardi, davanti ad una tazza di tè corretto.
Sono nell'appartamento di Stefan, seduti davanti al camino, ed entrambi sono avvolti in morbide coperte dall'orrida fantasia floreale.
I loro vestiti bagnati giacciono in un angolo del pavimento, in un informe mucchio grigio.
Una delle scarpe di Katherine è andata persa durante la rissa, e l'altra ha il tacco rotto. Erano un modello italiano, un'edizione limitata e molto costosa, e le dispiace parecchio di averle perdute, ma si impone di non pensarci. Non è la cosa più importante, in questo momento.
Si riavvia i capelli ancora umidi e prende un altro sorso di tè bollente.
«Sei uno stronzo.»
Stefan sorride.
«Sì. Ma era comunque l'unico modo.»
Katherine aggrotta la fronte e lo guarda truce da sotto le ciglia.
«Elena non se lo meritava», si costringe a dire tra i denti.
«Che le facessi credere di essere morto?», chiede Stefan.
«No. La cura. Non se la meritava. Non dopo tutto quello che ti ha fatto passare», risponde Katherine, arrabbiata. «Avresti dovuto tenerla per te oppure...»
«Per te?», suggerisce Stefan.
«Per Damon», replica lei. «Io non rinuncerei a quello che sono per nulla al mondo».
Alla menzione di suo fratello gli occhi di Stefan si distolgono dai suoi, e il vampiro china la testa. Katherine sgrana appena gli occhi.
«Lo sa? Almeno a Damon... almeno a lui devi averlo detto. Non puoi...»
«Elena è diventata un vampiro a causa mia. E tutto quello che è venuto dopo... meritava quella cura, Katherine. Lei meritava una seconda occasione. Io e mio fratello no. Nessuno dei due»
«Stronzate», taglia corto Katherine. «E non mi hai risposto. Damon sa che sei vivo?»
«No», risponde Stefan, gli occhi sempre fissi sul pavimento.
Katherine sospira.
«Lo odi ancora?»
Stefan scuote la testa.
«Non è questo il punto»
La pioggia continua a battere contro i vetri della finestra, il calore del camino non riesce a riscaldare davvero nessuno dei due.
Katherine si domanda come siano arrivati a questo punto e quanto in profondità dev'essere arrivato quel tradimento per averli spezzati in quel modo.
«Certo che lo odi. Lo odi abbastanza da lasciargli portare il lutto per suo fratello», risponde per lui. E c'è dolcezza nella sua voce.
Stefan alza il volto e incontra di nuovo il suo sguardo.
«Davvero sei andata al mio funerale?», domanda con un sorriso stanco.


C'era andata davvero. E Damon aveva dovuto trattenerla dall'uccidere Elena lì dove si trovava, con il suo vestitino nero, le sue lacrime, e il suo cuore che batteva ad un ritmo così umano.
In quel momento non sapeva se la feriva di più il fatto che Stefan fosse morto o che fosse morto per lei. Per darle un'occasione che nessuno di loro, prima, aveva mai avuto.
L'aveva odiata. E aveva odiato Stefan.
Più tardi, mentre facevano l'amore, aveva pianto tra le braccia di Damon. Non aveva mai pianto di fronte a qualcun altro da secoli, e anche se dopo si era infuriata con se stessa per quella debolezza, in quel momento la sensazione l'aveva fatta stare bene.
Il giorno dopo avevano lasciato Mystic Falls insieme, diretti in due direzioni diverse, con la stessa croce nera incisa sul cuore.
Non si erano più visti e, da quanto ne sapeva lei, nessuno dei due era tornato indietro.


«Glielo dirò», mormora Stefan. «Prima o poi glielo dirò. Ma non ora»
«Magari tra una cinquantina d'anni, quando Elena sarà morta», insinua Katherine.
Stefan alza un sopracciglio e forse si chiede se Damon le abbia raccontato del patto che avevano stretto prima della trasformazione di Elena.
(Cosa che Damon aveva effettivamente fatto, e proprio durante quell'ultima notte passata insieme. Katherine aveva risposto che erano due cretini e Damon aveva annuito sorridendo).
«Sei uno stronzo», ripete Katherine.
«Sì», conferma di nuovo Stefan. «Mi dispiace».
Katherine allunga una mano e gli sfiora la guancia in una carezza leggera.
«Non è solo a me che devi le tue scuse», mormora.
«Ma le devo anche a te, non è vero?»
Katherine annuisce e inizia ad accarezzargli le labbra con la punta delle dita, ma la mano di Stefan si chiude sulla sua.
«Sono stanco di vivere una storia che continua a ripetersi, Katherine», dice, e ogni sua parola vibra di quella stanchezza di cui già sono intrisi i suoi occhi.
«Hai già spezzato quel circolo, Stefan. E lo sai. Questa volta sarà diverso. Te lo prometto».
Forse Stefan non si fida di lei ─ non ancora, probabilmente mai più ─ ma non sempre la fiducia è necessaria.
A volte si tenta perché non si ha più niente da perdere, perché dopotutto un tentativo fallito è pur sempre meglio di un rimpianto, e perché quello che è andato male una volta forse può riuscire meglio la seconda.
E anche perché un bacio rimane sempre uno dei modi migliori per iniziare qualcosa.



   
 
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