A STEP FROM HELL
A STEP FROM HELL
*
L’importanza di un nome
*
Il mio nome è Bulma Brief, sono una giornalista.
Scrivo questo articolo con la speranza di poter salvare la vita a molte persone,
e di riuscire, in altrettanta misura, a cambiarne altre.
Così come la mia è cambiata, per sempre.
*
Il cielo era limpido quel
giorno, uno splendido azzurro si estendeva sopra le teste di chiunque vivesse
quel magnifico periodo di luce.
Gli uccelli cinguettavano
allegri, liberi volavano tra le nuvole di un candido bianco.
*
Recentemente sono stata nel territorio governato dalla tirannia del perfido
Freezer.
Lì ho conosciuto molte persone, ho visto pochi visi sorridenti, ma soprattutto
molte facce tristi.
Freezer è un dittatore spietato, e i suoi metodi sono di una mostruosità
allarmante, quasi disumana.
*
Il rintocco delle campane
risuonava per tutta la vallata.
Quella cupola bianca, dalla
quale si diffondeva il regolare e leggero suono, osservava maestosa il prato
sottostante.
*
Tra le persone che ho conosciuto c’è stato un uomo in particolare alla quale
devo molto.
Il suo nome è Vegeta, ed era uno dei soldati più vicini allo stesso Freezer.
In alcune zone il suo nome è paragonato a quello del despota, ma vi assicuro che
Vegeta è un uomo completamente diverso da quel che si possa pensare.
*
Il colore verde del manto
erboso davanti all’imponente cattedrale era però costellato da molti sassi.
Pietre che avevano ben più
di un singolo significato, per molti quelle pietre rappresentavano dei ricordi.
*
Durante il nostro breve, ma intenso, viaggio ha avuto occasione, a modo suo, di
parlarmi di se.
In realtà è più corretto dire che mi ha fatto capire tanto, e mi ha permesso
d’intuire cosa significasse essere un soldato di Freezer.
Questa è la sua storia…
*
Davanti ad uno di questi
massi una donna era china intenta a sistemare alcuni fiori in un vaso.
Fiori semplici, senza
troppe sfumature, senza troppi petali, senza troppe pretese.
“Fatto” esclamò a se stessa
adagiando il recipiente accanto a quella grande roccia che risvegliava i suoi
pensieri.
“Così dovresti essere
apposto” mormorò poi sorridendo al freddo sasso, come se esso potesse darle una
qualsiasi risposta.
Aggrottò le sopracciglia
con tristezza, mentre alcuni di quei ricordi solcarono la sua mente.
Un sorriso dai lineamenti
malinconici si delineò sul suo viso, mentre la sua mano si appoggiò su quella
lastra che sembrava doverle parlare a ogni costo.
Delicatamente sfiorò le
lettere incise su di essa come se così facendo potesse sentire la vicinanza con
la persona a qui erano indirizzate quelle parole.
Le sue dita si fermarono
quando sentì i passi di qualcuno sopraggiungere alle sue spalle.
Si voltò, lasciando in
sospeso il movimento della mano, mostrando solo una parte di quelle parole.
L’unica cosa visibile, ora,
erano le lettere che componevano la parola Brief.
*
“Ora dovrei ucciderti”
brontolò adagiando la testa sulle braccia che gli facevano da cuscino.
“Perché?” domandò lei
alzando lo sguardo per incorniciare gli occhi scuri dell’uomo.
Sul volto di lui si
disegnò un sorriso sadico “Perché nessuna donna che ha fatto sesso con me è mai
sopravvissuta” spiegò mantenendo il suo ghigno sperando d’incutere timore negli
occhi di lei.
Ciò non avvenne, le
pupille della donna non subirono nessun tentennamento.
Si limitò a guardarlo
inclinando leggermente il capo “Questo vuol dire che io sono speciale” azzardò
poi appoggiandosi sul torace scoperto dell’uomo con un espressione furbesca.
Lui inarcando un
sopracciglio…temeraria non c’è che dire.
“Non dire idiozie, tu
sei come tutte le altre” negò subito alzando leggermente il busto per poterla
guardare meglio.
Questa volta fu lei a
sogghignare “Ah davvero?!” rispose saputella mettendosi seduta ed incrociando le
braccia.
“Sì, davvero” rispose
prontamente lui guardandola con una punta di malizia negli occhi.
Sotto quella fioca luce
del fuoco che andava ormai spegnendosi, e ricoperta solo da un sottile lenzuolo
che condividevano, era davvero stupenda.
“Molto bene allora”
disse decisa allungandosi verso la cintura del soldato che era adagiata poco
distante da loro.
Dandogli le spalle,
Vegeta non poteva vedere cosa stesse facendo, pertanto si sistemò su un fianco
per cercare di capirne le intenzione.
“Che stai facendo?”
chiese infine aggrottando le sopracciglia.
Bulma non rispose,
trafficò ancora per qualche secondo poi si voltò impugnando la pistola di lui.
Non spiegò nulla, e lui
non face alcuna domanda.
Gli afferrò una mano
facendogli impugnare l’arma.
Le sue dita sottili
tennero saldamente la mano dell’amante alzandogli il braccio fino a puntarsi la
pistola alla tempia.
“Coraggio spara” lo
invitò senza nessuna esitazione guardandolo dritto negli occhi.
Vegeta inarcò un
sopracciglio, poi il suo immancabile sorriso sadico tornò a solcargli il volto
“Potrei anche farlo” la provocò sperando in una reazione.
Bulma non smise di
fissarlo con aria determinata, e quello sguardo fece desistere il soldato.
“Lasciamo perdere”
brontolò infine ritirando la mano ed appoggiando l’arma dal lato opposto, dando
quindi le spalle alla donna.
Lei sorrise soddisfatta
“Sapevo che non avresti sparato” disse vittoriosa appoggiandosi alla spalla di
lui.
Vegeta mugugnò qualcosa
tra sé “Posso sempre cambiare idea” recitò poi incrociando le braccia fissando
un punto nel buio.
Bulma lo guardò
consapevole di aver vinto, e soprattutto di aver ragione, si strinse di più al
lui.
Si accorse però che
qualcosa di metallico si frappose tra la sua pelle e quella dura dell’uomo.
Incuriosita si scostò
osservando ciò che le aveva impedito il contatto, notando pertanto la classica
medaglietta che i soldati portavano al collo.
Interessata l’afferrò
tra le dita per leggere i dati personali dell’uomo.
Vegeta sentì la
catenella attorno alla sua gola muoversi, quindi mosse il capo solo leggermente,
quel cha bastava per intravederla con la coda dell’occhio.
La donna inarcò un
sopracciglio “Non hai un cognome Vegeta?” chiese dopo aver notato la presenza
del solo nome, e poche altre nozioni, sulla sua targhetta.
Lui tornò ad osservare
un punto nello spazio che aveva davanti “I soldati di Freezer non hanno un
cognome” spiegò crucciando lo sguardo.
*
Sorrise appena incrociò gli
occhi neri dell’uomo che la raggiunse.
Lui fece pochi passi
ancora, fino a soffermarsi davanti allo stesso masso che stava osservando lei.
“Ho appena cambiato i
fiori” spiegò scostando la mano dalla pietra e dando una sistemata alle piante
fresche.
Li osservò per alcuni
istanti restando a fissarli pensierosa “Pensi che gli sarebbero piaciuti?”
chiese conferma tornando a cercare lo sguardo della persona al suo fianco.
Annuì con un piccolo cenno
del capo “Penso di sì” confermò appoggiandosi le mani ai fianchi guardando ora
la lapide.
La donna tirò un grosso
sospiro tornando anch’ella a leggere, per l’ennesima volta, quelle due parole
che rappresentavano il nome del defunto.
Ancora dei passi, ed essi,
attirarono l’attenzione dei due.
Questa volta passi lievi,
ritmati in un leggero movimento di corsa.
Simultaneamente si
voltarono ad osservare la piccola figura che si avvicinava a loro.
L’infantile nuovo venuto
giunse davanti al monumento dopo aver percorso tutto il piccolo cimitero con la
tipica innocenza di un bambino.
Guardò prima l’uomo, poi la
donna, le sorrise con semplicità afferrandole il lembo della maglietta.
“Mamma…i nonni ci stanno
aspettando” spiegò additando la cattedrale sotto la quale erano visibili due
figure.
La madre del bambino
riconobbe le persona che la stavano attendendo, annuì sorridendo leggermente al
figlio “Arrivo subito tesoro” confermò alzandosi.
Il piccolo fece un passo
indietro, ma fu subito bloccato dalla voce materna “Trunks, prima saluta tuo
padre” lo richiamò facendo, per un secondo, svanire il sorriso fanciullesco del
bambino.
Infine, decise di ubbidire,
mentre il suo sorriso riapparve sulle sue labbra, annuì tornando ad avvicinarsi
ai due adulti.
L’uomo si scostò per
lasciarlo passare, e il bimbo andò ad abbracciare la lapide che i due stavano
osservano.
“Ti voglio bene papà” disse
stringendo forte il masso, come se quel gesto potesse arrivare al genitore
stesso.
Trunks si voltò afferrando
la mano della madre, poi si girò verso l’altro uomo “Signor Goku, tu lo
conoscevi il mio papà?” chiese incamminandosi assieme alla donna verso il
campanile.
Goku gli sorrise ed annuì
“Certo che lo conoscevo. Era un uomo molto in gamba sai” gli confermò
spettinandogli i capelli lilla “E gli piacevano le carote” concluse con un
sorriso enigmatico, della quale solo Bulma colse il significato.
Ancora qualche passo e lei
tornò a voltarsi, osservando ancora una volta quella tomba sulla quale era
inciso il suo nome…Vegeta.
*
Mio figlio non conoscerà mai suo padre, ma spero che quando sarà più grande
possa visitare il paese dov’è nato, senza timore di essere ucciso o di diventare
un soldato.
Spero che possa piangere sulla sua lapide ed essere orgoglioso di un uomo che,
per primo, ha avuto il coraggio di ribellarsi ad un tiranno.
A vuoi tutti chiedo, vi prego, fermate questo despota!
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FINE
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Questa è la fine, un po’
particolare forse, ma la storia non era destinata ad un happy ending, spero non
vi abbia troppo deluso…ciao
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Sybelle: questa è proprio
la fine invece, spero non ti abbia deluso
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bulma_92: sono molto
contenta che tu abbia aggiunto questa storia tra i tuoi preferiti, ti ringrazio
molto. Spero che l’aggiornamento sia stato abbastanza veloce
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Lefteye: ci credi se ti
dico che dispiace anche a me? Lo so che non se lo merita poverino, ma diciamo
che era “destino”
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lilac: comincia a
preoccuparti allora…posso farlo, anzi no, l’ho fatto! Mettiamola così… “l’aria
degli inferi non mi sta facendo molto bene” e a buon intenditor… ok, a parte i
deliri, ti ringrazio come sempre, sono contenta che l’idea dell’errore di
calcolo ti sia piaciuta e che lo abbia reso simile all’originale ^^
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BulmaV: precisamente ho
detto che era stato colpito al petto dove lui stesso aveva mirato a Freezer,
quindi, sì è stato colpito al cuore. Mi spiace, purtroppo il nostro eroe ci ha
lasciato
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bulma_89: eh già, purtroppo
Vegeta è stato ucciso da Freezer. Comunque sono contenta che il precedente
capitolo ti sia piaciuto ^^
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