Ecco l’ultimo
capitolo, ambientato dieci anni più tardi (per un qualche misterioso motivo
se devo far saltare anni sono sempre dieci:D).
Lo dedico a Julia83, visto che se non fosse stato per lei che sperava di vedere il bimbo (o bimba) non l'avrei mai scritto!
DIECI ANNI DOPO
Sakura appoggiò la mano sul fianco per sorreggersi un
po’ la povera schiena, si sentiva una balena, una vecchia
balena gonfia, e questa era davvero l’ultima volta, poi
chiudeva bottega.
Non mancava molto, al
massimo una decina di giorni e presto quei due sarebbero usciti, ed
anche se le veniva male all’idea di dover star dietro a due
gemelli (già una creaturina urlante era sufficiente per
massacrarla) non vedeva l’ora, era proprio stanca di quella
pancia fuori misura.
Almeno uno dei due era
una femmina, grazie al cielo, non ne poteva più di vivere in
mezzo a maschi.
Guardò i suoi
due figli che facevano colazione: Itachi, il più grande, che
allontanava la ciotola con i pomodori e la teneva sollevata sopra alla
testa per impedire al piccolo di prenderla.
- Lasciane un
po’ anche a tuo fratello – lo redarguì.
- Ma sono
pochi e se li mangia sempre tutti! –
- Oggi li
ricompro – chiuse il discorso lei.
-
Ma… -
- Niente
ma…e tu stai composto, Akira –
Si sedette, a fatica, e
li guardò mangiare con un leggero sorriso: li amava di un
amore intenso, viscerale… e pensare che non le erano mai
piaciuti i bambini.
Ma loro due erano le sue
creature, le sue bellissime creature: avevano ambedue i capelli scuri e
scomposti del padre, Akira un po’ più lunghi di
suo fratello, e solo Itachi aveva gli occhi di un verde scuro che
tradiva irrevocabilmente il sangue Haruno. Avrebbe compiuto
dieci anni la settimana prossima ed era il più serio dei
due, soprattutto ora che stava attraversando una fase in cui voleva
dimostrare di essere grande e non voleva più abbracci o
coccole.
Akira invece era il suo
cucciolo di non ancora cinque anni, e con gli occhioni enormi e scuri
di suo padre guardava il mondo curioso e pieno di gioia. Se lo
coccolava e strapazzava continuamente, e le veniva male al pensiero di
non poterlo più fare quando sarebbero nati i gemelli,
sperava solo di non farlo soffrire, si era già sentita
abbastanza colpevole con Itachi quella volta.
-
Papà torna domani? – chiese Itachi.
- Dovrebbe, ma
sapete che con le missioni non si può mai dire –
- Tsk!
Papà è un Uchiha! – le aveva replicato
lui, con tutto l’orgoglio che un bambino della sua
età riusciva a metterci.
- E’
il più forte di tutto il mondo vero Itachi? –
-
Sì piccoletto–
- Non sono un
piccoletto! –
L’altro
aveva sorriso con sufficienza e poi gli aveva dato un colpetto sulla
fronte con l’indice, come aveva visto fare al papà
con la mamma.
Lei sentì i
gemelli muoversi dentro la pancia, si sta stretti là dentro,
eh?, pensò massaggiandosi il punto su cui uno dei due aveva
puntato con forza quello che doveva essere un pugnetto. Tutto sua madre.
- Posso fare
la strada con te? – ascoltava nel frattempo Akira chiedere al
fratello.
- No, vado con
i miei amici –
- Solo questa
volta! – lo pregava l’altro.
- Come mai
vuoi andare con tuo fratello? Non fai la strada con Kushina?
– la figlia di Naruto ed Hinata aveva la stessa sua
età ed abitava lì vicino.
Notò
divertita che lui diventava tutto rosso.
- Non ti
è simpatica? – insistette spietata.
- Kushina
mi…mi tremenda!
–
- Ti tremenda,
eh? – cercò di non scoppiare a ridere lei.
- Si dice
tormenta! –
-
Sì, mi tromenta!
– tentò invano l’altro.
- Cosa fa di
così terribile? – provò a chiedere
mentre tentava di mangiucchiare qualcosa anche lei, senza molto
appetito.
- Mi tocca!
– spiegò lui con un’aria disgustata
– E poi mi tira la manica e poi mi chiama sempre e poi vuole
sempre che la guardo e… -
- Le femmine
sono stupide – sentenziò Itachi – sono
sempre lì a tormentare i maschi oppure ti guardano e
ridacchiano! –
Già, la
grande maledizione dei maschi Uchiha, altro che mangekyou sharingan.
- E poi sono
deboli – concluse Akira, neanche non fosse lui quello che
arrivava a stento al tavolo, e se scopriva chi gli aveva messo in testa
quest’idea lo sistemava lei.
- Guardate che
anche vostra madre è una femmina! – li
redarguì – vi sembro stupida, o debole? –
- No!
– esclamarono in coro – anche lo zio Naruto ha
paura di te! – aggiunse Itachi ammirato, perché
nonostante l’aria adulta era ancora un bambino.
- Appunto
– sorrise compiaciuta – e ti accompagno io a scuola
oggi, Akira –
- Ma sei
lenta! – protestò lui – è
quel pancione grosso – spiegò subito dopo,
dispiaciuto.
- Sembro una
palla, eh?! –
–
Sì! E’ una palla grossissima! Sembra una pallona
gigantissima… ti pesa? –
- Un
po’, ma manca poco e arriveranno i vostri fratellini, tra cui
una femminuccia che dovrete amare e proteggere, non perché
è una femmina – si corresse imprecando tra
sé, era faticoso parlare sempre con attenzione –
ma perché è piccola –
- Una rottura
in più – borbottò Itachi mentre si
alzava dal tavolo e portava il piatto e la tazza nell’acquaio.
- La proteggio io!
– esclamò invece Akira, tutto volonteroso.
- Si dice
proteggo! E la proteggerò io, piccoletto, come proteggo
anche te – gli fece Itachi scompigliandogli i capelli, come
se non fossero già scompigliati abbastanza di natura (tutto
suo padre) – lo accompagno io mamma, non occorre che vieni
tu, so che fai fatica a muoverti –
Le venne giù
una lacrima di commozione ( gli ormoni la stavano facendo impazzire),
ma riuscì abilmente ad asciugarla prima di farsi vedere dai
suoi marmocchi, che non si preoccupassero.
- No, mi fa
bene camminare, e poi devo comunque andare a trovare la bisnonna, per
cui non è un problema – chiuse il discorso lei.
- Posso venire
anch’io? – esclamò speranzoso Akira
mentre scendeva dalla sedia troppo alta per lui.
- No, devi
andare a scuola, ma sicuramente mi darà del cioccolato per
te e per tuo fratello –
- Il
cioccolato è roba da bambini – sbuffò
Itachi.
- Allora lo
mangio tutto io! –
- No,
è mio –
-
Ma… -
- Ognuno
avrà il suo – chiuse il discorso Sakura
– Il piatto! – fece poi.
- Scusa mamma!
– e il suo cuccioletto si affrettò a
recuperare piatto e tazza dal tavolo per depositarli, miracolosamente
illesi, dentro all’acquaio anche lui.
Poco dopo Sakura era
lì che sbuffava e tentava di camminare un po’
più veloce mentre Akira correva avanti per paura di arrivare
in ritardo.
Fu così che,
da dietro, poté assistere all’assalto di Kushina
che sbucava fuori da un cespuglio e si gettava, letteralmente, addosso
al suo Akira urlando qualcosa sul suo vestitino, di un arancione che
faceva a pugni con i suoi capelli rosso scuro.
Pareva
convinta di essersi fatta bella per il suo bambino, quella
smorfiosetta.
Riuscì a
trattenere la risata prima che quest’ultima si accorgesse di
lei e si irrigidisse.
- Ciao zia
Sakura – mormorò poi, e si mise a camminare
più composta di fianco a suo figlio.
Non le dispiaceva di
incuterle un po’ di timore, nessuno toccava i suoi bambini,
neanche la figlia di Naruto, o soprattutto la figlia di Naruto, le
avrebbe detto Sasuke, che chissà dov’era e se
sarebbe tornato in tempo a casa come promesso.
Continuò a
camminare ascoltando la bambina che chiedeva delucidazioni
sull’evoluzione di quella pancia gigantesca, quasi avesse
potuto esplodere da un momento all’altro, poi quei due
avevano iniziato a parlare del fratellino di Kushina, o meglio, era
solo la bambina che parlava, parlava, parlava…e ogni tanto
prendeva Akira per la manica, facendolo arrabbiare.
Forse doveva parlare a
Naruto e dirgli di insegnare l’educazione a sua figlia, e
dato che c’era poteva intimargli di smetterla di mandare suo
marito a svolgere tutte quelle missioni pericolose.
Li lasciò
davanti alla scuola e si avviò, a fatica, verso casa della
nonna, le pareva davvero di essere lì lì per
esplodere ed onestamente non ne poteva più di questa
goffaggine, non faceva per lei e non poteva neppure permettersela.
Entrò in casa
senza suonare, la nonna come al solito lasciava la porta aperta, e Miao
sollevò appena un occhio per guardarla, era vecchio e se ne
stava tutto il giorno acciambellato in poltrona a dormire.
Nell’altra
poltrona sedeva la nonna, anche lei con un’età
considerevole ormai, un’età che raramente
raggiungevano i ninja (non poté fare a meno di pensare a
Sasuke), e si muoveva sempre più a fatica, sempre con il
solito bastone.
Ci vedeva anche male, ed
era decisamente sorda.
- Ciao nonna!
– urlò.
- Non occorre
che urli, ti sento! –
Non si rendeva affatto
conto di essere sorda.
-
L’hai preparata? – le chiese allora, sempre con un
tono di voce abbastanza alto.
-
Sì, sì –
L’aiutò
ad alzarsi (tra l’una e l’altra doveva essere uno
spettacolo vederle) e insieme raggiunsero la cucina.
- Sicura di
ricordare la ricetta? –
- Eh?
–
- Ti ricordi
bene la ricetta? – le ripeté a voce più
alta.
- Non sono
mica rimbambita! – le replicò offesa
l’altra – E poi l’unica cosa essenziale
è l’ingrediente segreto, e quello lo ricordo bene
–
La nonna preparava una
speciale tisana che faceva miracoli: la bevevi e partorivi
immancabilmente entro due giorni, era per quello che Sakura si trovava
lì.
Era composta di erbe
comuni, innocue, più un ingrediente segreto che la nonna non
le aveva mai rivelato.
- Sicura non
sia presto? – le chiese la nonna mentre lei prendeva la tazza
dallo scolapiatti e si versava una dose abbondante di
quell’intruglio dalla teiera sbeccata che si trovava ancora
fumante accanto al fuoco.
- No no, i
gemelli nascono prima degli altri bambini, e io non ne posso proprio
più, un altro giorno e impazzisco –
- Fortuna che
una è una femmina – commentò
l’altra - i maschietti sono tanto bellini ma sono inutili
–
La nonna aveva idee
tutte sue.
- E’
più potente questa volta – le spiegò
poi – Ho messo il doppio della dose
dell’ingrediente segreto, potrebbero nascere subito, prima
che tuo marito torni, va bene che in quanto maschio è
inutile, però è tanto bellino… attenta
che non te lo rubino tutte quelle smorfiose che ci sono in
giro…è pericoloso sposare il ragazzo
più bello del villaggio, te l’avevo detto
–
– A
dire la verità mi hai sempre detto che ero fortunata
– le fece notare lei.
- Davvero?
Be’ be’, comunque sta attenta lo stesso, non
abbassare la guardia –
Sakura
sorseggiò la tisana mentre ascoltava i vaneggiamenti della
nonna, e intanto pensava a Sasuke.
Di solito tornava in
anticipo, per cui era in ritardo anche se non lo era davvero, e una
leggera ansia che credeva di avere vinto da tempo le faceva corrugare
la fronte e le appesantiva lo stomaco.
Come se non bastasse
tutto quel peso.
Non sopportava
l’idea che se lui avesse avuto bisogno di aiuto non avrebbe
potuto far niente in quelle condizioni.
Non vedeva
l’ora di partorire, e ancora di più non vedeva
l’ora che lui tornasse.
- Spero che tu
la smetta di sfornare figli adesso che avrai la femminuccia –
si congedò la nonna dopo che lei si era alzata a fatica
dalla sedia.
Faceva più
fatica di sua nonna, era il colmo.
- Per
carità, questi sono gli ultimi, credimi –
ribatté incamminandosi alla porta.
- Se no glielo
dico io che deve smetterla di… -
- Sono stata
io a volerlo – la corresse lei ormai sull’uscio
– volevo che fossero tanti, che non fossero mai soli
–
- Sempre a
preoccuparsi per gli altri, la mia Sakura…tieni –
le fece porgendole un sacchettino con i cioccolatini per i bambini
– digli di venire a trovare la vecchia nonna ogni
tanto…dillo anche a tuo marito –
brontolò – to’, tieni anche questo
– era un pezzo di carta accartocciato.
-
Cos’è? –
- Ti ho
scritto l’ingrediente segreto, ma leggilo solo dopo che sono
nati –
- Va bene
– le sorrise lei, l’avrebbe messo nella borsa con
le cose per il parto e l’avrebbe letto subito dopo: era
curiosa.
Continuò a
sorridere anche dopo che si era allontanata, fino a quando non
ripensò a Sasuke.
Un paio d’ore
più tardi, stava tentando di riposare seduta sul divano,
sentì arrivare le prime doglie.
Ci siamo,
pensò, la tisana non fallisce mai.
Se solo ci fosse stato
Sasuke.
In alternativa
pensò di chiamare Naruto, ma aveva già il suo da
fare tra tutti quegli impegni e il terribile secondogenito,
così pensò a sua madre dato che la nonna era
troppo vecchia, no, la mamma no, la innervosiva di più
averla intorno, piuttosto Ino, ma doveva essere ancora via per quella
missione.
Si alzò a
fatica, sbuffando, e dopo aver preso la borsa che aveva preparato
già da giorni, camminò fino a casa della mamma
per chiederle se poteva andare a prendere lei i bambini e portarseli a
casa sua.
Trovò solo
suo padre che rispose di sì entusiasta, adorava i suoi
nipotini.
- E’
ora? – le chiese.
- Speriamo
–
Quando si
congedò lo pregò di non spedirle dietro la mamma
che l’agitava ancora di più invece di aiutarla, e
gli ricordò di comprare dei pomodori per i bambini.
Nel frattempo, mentre
camminava sempre più a fatica, sentiva che le contrazioni
diventavano più frequenti, era meglio entrare in ospedale
prima di scodellarli per strada, e ormai, alla terza volta, era una
passeggiata, o meglio, una seccatura da espletare prima di avere il
suo…no, i suoi due fagottini urlanti.
Se pensava a tutta
l’agitazione provata alla nascita di Itachi! Fortuna che
allora Sasuke era lì con lei, a tenerle la mano, altrettanto
agitato sotto l’aria sicura.
Questa volta
entrò in ospedale da sola, la sua borsa in mano e la schiena
a pezzi, e salutò ridendo una sua amica che le diceva che
era troppo di buon umore perché fosse già ora.
Poco dopo, mentre era
sdraiata sul letto, le contrazioni sempre più forti,
pensò che forse, se ci fosse stato qualcuno con lei, sarebbe
stato meglio, non era per il dolore, era una kunoichi ed era abituata
al dolore fisico, era…era che stavano per nascere i suoi
bambini, ed anche se non erano i primi era una cosa così
grande.
Quando infine era
entrata in sala parto, con le prime spinte le era scesa anche una
lacrima, che idiota.
L’importante
era che andasse tutto bene, e che lui tornasse presto a casa sano e
salvo.
- So che fa
male, ma devi sforzarti di spingere di più – le
fece con dolcezza l’ostetrica, una donna che non conosceva
molto bene, come se lei non fosse un ninja, e un medico, e avesse
bisogno di essere blandita.
Stranamente infastidita
si sforzò di ignorare il dolore e spingere, altre lacrime
che le scendevano dagli occhi e la infastidivano ancora di
più perché lei era forte e…
Nonostante
esistesse solo il suo corpo che spingeva e tutto il mondo al di fuori
fosse come attutito, sentì la porta aprirsi e subito dopo
Sasuke era accanto a lei, che le teneva la mano, ed anche se in quanto
maschio era inutile al momento, gliela strinse con tutte le sue forze e
si mise a spingere con più foga.
Era lì sano e
salvo, accanto a lei.
Subito dopo
sentì il primo vagito.
Bene, si disse spossata,
ed uno, ma non poteva rilassarsi, non aveva ancora finito questa volta,
e si sforzò di spingere ancora ripetendosi che presto
sarebbe finita.
Ancora poco.
Resisti.
Nel frattempo credeva di
avere stritolato la mano di Sasuke.
In un tempo dilatato,
infinito, aveva spinto ancora, ormai allo stremo, ed era uscito anche
l’altro.
- E’
una bella bambina – sentì l’ostetrica
mormorare a Sasuke, e subito dopo erano tutti e due lì,
ancora sporchi di sangue e liquido amniotico, tra le sue braccia, un
momento prima che glieli portassero via, due piccoli ragnetti
orribili…bellissimi.
Guardò Sasuke
che li prendeva in braccio a sua volta e li guardava un po’
commosso, anche lui, di fronte al momento irripetibile in cui quelle
nuove vite venivano alla luce e diventavano reali, importanti,
imprescindibili.
Poco dopo si
alzò nonostante le proteste dell’infermiera e
chiese a Sasuke di aiutarla ad andare in bagno.
Infine prese armi,
bagagli, e figli, e si fece portare a casa da lui: era un medico, col
cavolo che rimaneva lì dentro più del necessario.
Il mattino dopo era
sdraiata a letto, nel suo letto, con due cuscini che la tenevano
sollevata e due culle gemelle a fianco.
Si sentiva a pezzi e
assonnata, ma ascoltò Itachi e Akira che guardavano i nuovi
acquisti della famiglia e commentavano.
- Sembrano due
ranocchi, vero Itachi? –
- Abbastanza
–
- Siamo sicuri
che questo è una femmina? Mi sembrano uguali –
- Non ha il
pisello, piccoletto –
-
Ah…comunque io li proteggio
mamma –
- Li
proteggerò anch’io – concordò
Itachi, solenne.
- Li
proteggeremo io e la mamma – intervenne Sasuke che era
entrato in quel momento dalla porta – e proteggeremo anche
voi due…ora andate di là, ho preparato la
colazione e se ti sbrighi, Akira, ti accompagno fino a scuola
–
-
Sì! – esclamò lui, entusiasta
all’idea di esibire il suo papà di fronte ai
compagni.
- Poi vengo
fino all’accademia con te – aggiunse Sasuke rivolto
ad Itachi che stava uscendo con calma, a differenza di suo fratello che
era già di là.
- Va bene
– rispose quello, ostentando un’indifferenza
tradita dagli occhi che brillavano.
Dopo che i bambini erano
uscito dalla stanza lui aveva appoggiato un vassoio sul comodino.
- Tu riposati,
ti ho portato qualcosa da mangiare –
- Sai che odio
fare la colazione a letto, e poi sarai stanco anche tu, sei tornato da
poco e non hai chiuso occhio stanotte –
E magari aveva qualche
ferita che le stava tenendo nascosta, non se ne sarebbe meravigliata.
- Smettila di
fare la dura, so che sei forte, non devi dimostrare niente –
le fece un po’ irritato, ma lei non poteva arrabbiarsi, non
con lui a casa sano e salvo.
Non aveva neppure la
forza di mettersi a discutere per cui obbedì e
mangiò in silenzio, anche perché tra poco
sarebbero arrivati parenti e amici a vedere i gemelli, e doveva essere
in forze.
Sasuke ogni tanto le
accarezzava i capelli, in un gesto di affetto che la commuoveva un
po’ (gli ormoni erano in pieno subbuglio), e rimase a
studiarlo per qualche secondo: era stanco anche lui, si vedeva, ma non
le pareva ferito, ed era assai bellino, aveva ragione la nonna, in
più non era così inutile per essere un maschio.
- Ero
preoccupata – confessò.
- Per un
po’ rimarrò a casa, ora – le fece
dandole un buffetto sulla guancia – riposati adesso, torno
presto –
- Mi fai un
favore prima di uscire? Dentro la tasca interna della borsa che ho
usato in ospedale c’è un biglietto, me lo porti? -
Lui si alzò
ed aprì l’armadio alla ricerca della borsa, la
trovò e tirò fuori il bigliettino.
- Me lo leggi?
– gli chiese.
-
C’è scritto ‘tanto
amore’…che significa? –
Lei sorrise e chiuse gli
occhi un momento.
–
Significa che l’amore può tutto –
sussurrò - non credi? –
- Non so
– le fece scettico – Ma so che senza il tuo amore
probabilmente sarei morto, o disperato, sicuramente solo –
- Sai una
cosa? – mormorò chiudendo ancora gli occhi, un
po’ più a lungo – Non mi hai mai detto
che mi ami –
- E
c’è bisogno di dirlo? –
- No, non
c’è – ammise lei mentre tentava di
riaprire le palpebre, a fatica – basta che tu ci sia
–
-
Comunque…ti amo –
- Non suonava
romantico come lo immaginavo, ma me lo farò bastare
– gli replicò sorridendo, gli occhi che non si
volevano proprio aprire, e forse era meglio accumulare sonno fino a
quando le sue due piccole ranocchie glielo permettevano.
Sentì appena
la carezza sulla guancia.
–
Sai… - bisbigliò a fatica – abbiamo
messo su una bella famiglia io e te, l’amore può
davvero tutto… e pensare che una volta ne ho dubitato
–
E sorrise ancora, prima
di arrendersi e cedere finalmente al sonno.
FINE
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Questa volta ho proprio finito.
Ringrazio tutte voi che avete seguito questa storia, spero vi siate
divertite (io sicuramente mi sono divertita a scriverla)…ci
risentiamo presto se continuo ad essere così in vena.
Nel frattempo ho iniziato la solita lemon, quella con maschio
dominante, sempre lei, ma non so proprio se riuscirò a
finirla D:, il problema maggiore al momento è fare arrivare
i due a quel
punto.
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