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Autore: afterhour    28/01/2013    14 recensioni
E' possibile convincere Sasuke Uchiha a tornare a casa?
Perchè la guerra è finita da pochi mesi, e lui, ovviamente, non è tornato.
Intanto Sakura si arrabatta tra lavoro, genitori, nonna impicciona, e un grosso...grosso problema frutto del loro ultimo incontro, ormai convinta che a lei il lieto fine sia precluso...
Ma non bisogna mai perdere la speranza!
Sasusaku
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ecco l’ultimo capitolo, ambientato dieci anni più tardi (per un qualche misterioso motivo se devo far saltare anni sono sempre dieci:D).
Lo dedico a Julia83, visto che se non fosse stato per lei che sperava di vedere il bimbo (o bimba) non l'avrei mai scritto! 




DIECI ANNI DOPO



Sakura appoggiò la mano sul fianco per sorreggersi un po’ la povera schiena, si sentiva una balena, una vecchia balena gonfia, e questa era davvero l’ultima volta, poi chiudeva bottega.


Non mancava molto, al massimo una decina di giorni e presto quei due sarebbero usciti, ed anche se le veniva male all’idea di dover star dietro a due gemelli (già una creaturina urlante era sufficiente per massacrarla) non vedeva l’ora, era proprio stanca di quella pancia fuori misura.
Almeno uno dei due era una femmina, grazie al cielo, non ne poteva più di vivere in mezzo a maschi.
Guardò i suoi due figli che facevano colazione: Itachi, il più grande, che allontanava la ciotola con i pomodori e la teneva sollevata sopra alla testa per impedire al piccolo di prenderla.

 - Lasciane un po’ anche a tuo fratello – lo redarguì.

  - Ma sono pochi e se li mangia sempre tutti! –

 - Oggi li ricompro – chiuse il discorso lei.

 - Ma… -

 - Niente ma…e tu stai composto, Akira –

Si sedette, a fatica, e li guardò mangiare con un leggero sorriso: li amava di un amore intenso, viscerale… e pensare che non le erano mai piaciuti i bambini.
Ma loro due erano le sue creature, le sue bellissime creature: avevano ambedue i capelli scuri e scomposti del padre, Akira un po’ più lunghi di suo fratello, e solo Itachi aveva gli occhi di un verde scuro che tradiva irrevocabilmente il sangue Haruno.  Avrebbe compiuto dieci anni la settimana prossima ed era il più serio dei due, soprattutto ora che stava attraversando una fase in cui voleva dimostrare di essere grande e non voleva più abbracci o coccole.
Akira invece era il suo cucciolo di non ancora cinque anni, e con gli occhioni enormi e scuri di suo padre guardava il mondo curioso e pieno di gioia. Se lo coccolava e strapazzava continuamente, e le veniva male al pensiero di non poterlo più fare quando sarebbero nati i gemelli, sperava solo di non farlo soffrire, si era già sentita abbastanza colpevole con Itachi quella volta.

 - Papà torna domani? – chiese Itachi.

 - Dovrebbe, ma sapete che con le missioni non si può mai dire –

 - Tsk! Papà è un Uchiha! – le aveva replicato lui, con tutto l’orgoglio che un bambino della sua età riusciva a metterci.

 - E’ il più forte di tutto il mondo vero Itachi? –

 -  Sì piccoletto–

 - Non sono un piccoletto! –

 L’altro aveva sorriso con sufficienza e poi gli aveva dato un colpetto sulla fronte con l’indice, come aveva visto fare al papà con la mamma.

Lei sentì i gemelli muoversi dentro la pancia, si sta stretti là dentro, eh?, pensò massaggiandosi il punto su cui uno dei due aveva puntato con forza quello che doveva essere un pugnetto. Tutto sua madre.

 - Posso fare la strada con te? – ascoltava nel frattempo Akira chiedere al fratello.

 - No, vado con i miei amici –

 - Solo questa volta! – lo pregava l’altro.

 - Come mai vuoi andare con tuo fratello? Non fai la strada con Kushina? – la figlia di Naruto ed Hinata aveva la stessa sua età ed abitava lì vicino.

Notò divertita che lui diventava tutto rosso.

 - Non ti è simpatica? – insistette spietata.

 - Kushina mi…mi tremenda! –

 - Ti tremenda, eh? – cercò di non scoppiare a ridere lei.

 - Si dice tormenta! –

 - Sì, mi tromenta! – tentò invano l’altro.

 - Cosa fa di così terribile? – provò a chiedere mentre tentava di mangiucchiare qualcosa anche lei, senza molto appetito.

 - Mi tocca! – spiegò lui con un’aria disgustata – E poi mi tira la manica e poi mi chiama sempre e poi vuole sempre che la guardo e… -

 - Le femmine sono stupide – sentenziò Itachi – sono sempre lì a tormentare i maschi oppure ti guardano e ridacchiano! –

Già, la grande maledizione dei maschi Uchiha, altro che mangekyou sharingan.

 - E poi sono deboli – concluse Akira, neanche non fosse lui quello che arrivava a stento al tavolo, e se scopriva chi gli aveva messo in testa quest’idea lo sistemava lei.

 - Guardate che anche vostra madre è una femmina! – li redarguì – vi sembro stupida, o debole? –

 - No! – esclamarono in coro – anche lo zio Naruto ha paura di te! – aggiunse Itachi ammirato, perché nonostante l’aria adulta era ancora un bambino.

 - Appunto – sorrise compiaciuta – e ti accompagno io a scuola oggi, Akira –

 - Ma sei lenta! – protestò lui – è quel pancione grosso – spiegò subito dopo, dispiaciuto.

 - Sembro una palla, eh?! –

 – Sì! E’ una palla grossissima! Sembra una pallona gigantissima…  ti pesa? –

 - Un po’, ma manca poco e arriveranno i vostri fratellini, tra cui una femminuccia che dovrete amare e proteggere, non perché è una femmina – si corresse imprecando tra sé, era faticoso parlare sempre con attenzione – ma perché è piccola –

 - Una rottura in più – borbottò Itachi mentre si alzava dal tavolo e portava il piatto e la tazza nell’acquaio.

 - La proteggio io! – esclamò invece Akira, tutto volonteroso.

 - Si dice proteggo! E la proteggerò io, piccoletto, come proteggo anche te – gli fece Itachi scompigliandogli i capelli, come se non fossero già scompigliati abbastanza di natura (tutto suo padre) – lo accompagno io mamma, non occorre che vieni tu, so che fai fatica a muoverti –

Le venne giù una lacrima di commozione ( gli ormoni la stavano facendo impazzire), ma riuscì abilmente ad asciugarla prima di farsi vedere dai suoi marmocchi, che non si preoccupassero.

 - No, mi fa bene camminare, e poi devo comunque andare a trovare la bisnonna, per cui non è un problema – chiuse il discorso lei.

 - Posso venire anch’io? – esclamò speranzoso Akira mentre scendeva dalla sedia troppo alta per lui.

 - No, devi andare a scuola, ma sicuramente mi darà del cioccolato per te e per tuo fratello –

 - Il cioccolato è roba da bambini – sbuffò Itachi.

 - Allora lo mangio tutto io! –

  - No, è mio –

 - Ma… -

 - Ognuno avrà il suo – chiuse il discorso Sakura – Il piatto! – fece poi.

 - Scusa mamma! –  e il suo cuccioletto si affrettò a recuperare piatto e tazza dal tavolo per depositarli, miracolosamente illesi, dentro all’acquaio anche lui.

Poco dopo Sakura era lì che sbuffava e tentava di camminare un po’ più veloce mentre Akira correva avanti per paura di arrivare in ritardo.

Fu così che, da dietro, poté assistere all’assalto di Kushina che sbucava fuori da un cespuglio e si gettava, letteralmente, addosso al suo Akira urlando qualcosa sul suo vestitino, di un arancione che faceva a pugni con i suoi capelli rosso scuro.

 Pareva convinta di essersi fatta bella per il suo bambino, quella smorfiosetta.
Riuscì a trattenere la risata prima che quest’ultima si accorgesse di lei e si irrigidisse.

 - Ciao zia Sakura – mormorò poi, e si mise a camminare più composta di fianco a suo figlio.
Non le dispiaceva di incuterle un po’ di timore, nessuno toccava i suoi bambini, neanche la figlia di Naruto, o soprattutto la figlia di Naruto, le avrebbe detto Sasuke, che chissà dov’era e se sarebbe tornato in tempo a casa come promesso.

Continuò a camminare ascoltando la bambina che chiedeva delucidazioni sull’evoluzione di quella pancia gigantesca, quasi avesse potuto esplodere da un momento all’altro, poi quei due avevano iniziato a parlare del fratellino di Kushina, o meglio, era solo la bambina che parlava, parlava, parlava…e ogni tanto prendeva Akira per la manica, facendolo arrabbiare.
Forse doveva parlare a Naruto e dirgli di insegnare l’educazione a sua figlia, e dato che c’era poteva intimargli di smetterla di mandare suo marito a svolgere tutte quelle missioni pericolose.

Li lasciò davanti alla scuola e si avviò, a fatica, verso casa della nonna, le pareva davvero di essere lì lì per esplodere ed onestamente non ne poteva più di questa goffaggine, non faceva per lei e non poteva neppure permettersela.

Entrò in casa senza suonare, la nonna come al solito lasciava la porta aperta, e Miao sollevò appena un occhio per guardarla, era vecchio e se ne stava tutto il giorno acciambellato in poltrona a dormire.
Nell’altra poltrona sedeva la nonna, anche lei con un’età considerevole ormai, un’età che raramente raggiungevano i ninja (non poté fare a meno di pensare a Sasuke), e si muoveva sempre più a fatica, sempre con il solito bastone.
Ci vedeva anche male, ed era decisamente sorda.

 - Ciao nonna! – urlò.

 - Non occorre che urli, ti sento! –

Non si rendeva affatto conto di essere sorda.

 - L’hai preparata? – le chiese allora, sempre con un tono di voce abbastanza alto.

 - Sì, sì –

L’aiutò ad alzarsi (tra l’una e l’altra doveva essere uno spettacolo vederle) e insieme raggiunsero la cucina.

 - Sicura di ricordare la ricetta? –

 - Eh? –

 - Ti ricordi bene la ricetta? – le ripeté a voce più alta.

 - Non sono mica rimbambita! – le replicò offesa l’altra – E poi l’unica cosa essenziale è l’ingrediente segreto, e quello lo ricordo bene –

La nonna preparava una speciale tisana che faceva miracoli: la bevevi e partorivi immancabilmente entro due giorni, era per quello che Sakura si trovava lì.
Era composta di erbe comuni, innocue, più un ingrediente segreto che la nonna non le aveva mai rivelato.

  - Sicura non sia presto? – le chiese la nonna mentre lei prendeva la tazza dallo scolapiatti e si versava una dose abbondante di quell’intruglio dalla teiera sbeccata che si trovava ancora fumante accanto al fuoco.

 - No no, i gemelli nascono prima degli altri bambini, e io non ne posso proprio più, un altro giorno e impazzisco –

 - Fortuna che una è una femmina – commentò l’altra - i maschietti sono tanto bellini ma sono inutili –

La nonna aveva idee tutte sue.

 - E’ più potente questa volta – le spiegò poi – Ho messo il doppio della dose dell’ingrediente segreto, potrebbero nascere subito, prima che tuo marito torni, va bene che in quanto maschio è inutile, però è tanto bellino… attenta che non te lo rubino tutte quelle smorfiose che ci sono in giro…è pericoloso sposare il ragazzo più bello del villaggio, te l’avevo detto –

 – A dire la verità mi hai sempre detto che ero fortunata – le fece notare lei.

 - Davvero? Be’ be’, comunque sta attenta lo stesso, non abbassare la guardia –

 Sakura sorseggiò la tisana mentre ascoltava i vaneggiamenti della nonna, e intanto pensava a Sasuke.
Di solito tornava in anticipo, per cui era in ritardo anche se non lo era davvero, e una leggera ansia che credeva di avere vinto da tempo le faceva corrugare la fronte e le appesantiva lo stomaco.
Come se non bastasse tutto quel peso.
Non sopportava l’idea che se lui avesse avuto bisogno di aiuto non avrebbe potuto far niente in quelle condizioni.
Non vedeva l’ora di partorire, e ancora di più non vedeva l’ora che lui tornasse.

 - Spero che tu la smetta di sfornare figli adesso che avrai la femminuccia – si congedò la nonna dopo che lei si era alzata a fatica dalla sedia.
Faceva più fatica di sua nonna, era il colmo.

 - Per carità, questi sono gli ultimi, credimi – ribatté incamminandosi alla porta.

 - Se no glielo dico io che deve smetterla di… -

 - Sono stata io a volerlo – la corresse lei ormai sull’uscio – volevo che fossero tanti, che non fossero mai soli –

 - Sempre a preoccuparsi per gli altri, la mia Sakura…tieni – le fece porgendole un sacchettino con i cioccolatini per i bambini – digli di venire a trovare la vecchia nonna ogni tanto…dillo anche a tuo marito – brontolò – to’, tieni anche questo – era un pezzo di carta accartocciato.

 - Cos’è? –

 - Ti ho scritto l’ingrediente segreto, ma leggilo solo dopo che sono nati –

 - Va bene – le sorrise lei, l’avrebbe messo nella borsa con le cose per il parto e l’avrebbe letto subito dopo: era curiosa.
Continuò a sorridere anche dopo che si era allontanata, fino a quando non ripensò a Sasuke.

Un paio d’ore più tardi, stava tentando di riposare seduta sul divano, sentì arrivare le prime doglie.
Ci siamo, pensò, la tisana non fallisce mai.
Se solo ci fosse stato Sasuke.

In alternativa pensò di chiamare Naruto, ma aveva già il suo da fare tra tutti quegli impegni e il terribile secondogenito, così pensò a sua madre dato che la nonna era troppo vecchia, no, la mamma no, la innervosiva di più averla intorno, piuttosto Ino, ma doveva essere ancora via per quella missione.
Si alzò a fatica, sbuffando, e dopo aver preso la borsa che aveva preparato già da giorni, camminò fino a casa della mamma per chiederle se poteva andare a prendere lei i bambini e portarseli a casa sua.
Trovò solo suo padre che rispose di sì entusiasta, adorava i suoi nipotini.

 - E’ ora? – le chiese.

 - Speriamo –

Quando si congedò lo pregò di non spedirle dietro la mamma che l’agitava ancora di più invece di aiutarla, e gli ricordò di comprare dei pomodori per i bambini.  

Nel frattempo, mentre camminava sempre più a fatica, sentiva che le contrazioni diventavano più frequenti, era meglio entrare in ospedale prima di scodellarli per strada, e ormai, alla terza volta, era una passeggiata, o meglio, una seccatura da espletare prima di avere il suo…no, i suoi due fagottini urlanti.
Se pensava a tutta l’agitazione provata alla nascita di Itachi! Fortuna che allora Sasuke era lì con lei, a tenerle la mano, altrettanto agitato sotto l’aria sicura.

 Questa volta entrò in ospedale da sola, la sua borsa in mano e la schiena a pezzi, e salutò ridendo una sua amica che le diceva che era troppo di buon umore perché fosse già ora.

Poco dopo, mentre era sdraiata sul letto, le contrazioni sempre più forti, pensò che forse, se ci fosse stato qualcuno con lei, sarebbe stato meglio, non era per il dolore, era una kunoichi ed era abituata al dolore fisico, era…era che stavano per nascere i suoi bambini, ed anche se non erano i primi era una cosa così grande.

Quando infine era entrata in sala parto, con le prime spinte le era scesa anche una lacrima, che idiota.
L’importante era che andasse tutto bene, e che lui tornasse presto a casa sano e salvo.

 - So che fa male, ma devi sforzarti di spingere di più – le fece con dolcezza l’ostetrica, una donna che non conosceva molto bene, come se lei non fosse un ninja, e un medico, e avesse bisogno di essere blandita.

Stranamente infastidita si sforzò di ignorare il dolore e spingere, altre lacrime che le scendevano dagli occhi e la infastidivano ancora di più perché lei era forte e…

 Nonostante esistesse solo il suo corpo che spingeva e tutto il mondo al di fuori fosse come attutito, sentì la porta aprirsi e subito dopo Sasuke era accanto a lei, che le teneva la mano, ed anche se in quanto maschio era inutile al momento, gliela strinse con tutte le sue forze e si mise a spingere con più foga.
Era lì sano e salvo, accanto a lei.

Subito dopo sentì il primo vagito.
Bene, si disse spossata, ed uno, ma non poteva rilassarsi, non aveva ancora finito questa volta, e si sforzò di spingere ancora ripetendosi che presto sarebbe finita.
Ancora poco.
Resisti.
Nel frattempo credeva di avere stritolato la mano di Sasuke.
 
In un tempo dilatato, infinito, aveva spinto ancora, ormai allo stremo, ed era uscito anche l’altro.

 - E’ una bella bambina – sentì l’ostetrica mormorare a Sasuke, e subito dopo erano tutti e due lì, ancora sporchi di sangue e liquido amniotico, tra le sue braccia, un momento prima che glieli portassero via, due piccoli ragnetti orribili…bellissimi.

Guardò Sasuke che li prendeva in braccio a sua volta e li guardava un po’ commosso, anche lui, di fronte al momento irripetibile in cui quelle nuove vite venivano alla luce e diventavano reali, importanti, imprescindibili.

Poco dopo si alzò nonostante le proteste dell’infermiera e chiese a Sasuke di aiutarla ad andare in bagno.
Infine prese armi, bagagli, e figli, e si fece portare a casa da lui: era un medico, col cavolo che rimaneva lì dentro più del necessario.

Il mattino dopo era sdraiata a letto, nel suo letto, con due cuscini che la tenevano sollevata e due culle gemelle a fianco.
Si sentiva a pezzi e assonnata, ma ascoltò Itachi e Akira che guardavano i nuovi acquisti della famiglia e commentavano.

 - Sembrano due ranocchi, vero Itachi? –

 - Abbastanza –

 - Siamo sicuri che questo è una femmina? Mi sembrano uguali –

 - Non ha il pisello, piccoletto –

 - Ah…comunque io li proteggio mamma –

 - Li proteggerò anch’io – concordò Itachi, solenne.

 - Li proteggeremo io e la mamma – intervenne Sasuke che era entrato in quel momento dalla porta – e proteggeremo anche voi due…ora andate di là, ho preparato la colazione e se ti sbrighi, Akira, ti accompagno fino a scuola –

 - Sì! – esclamò lui, entusiasta all’idea di esibire il suo papà di fronte ai compagni.

 - Poi vengo fino all’accademia con te – aggiunse Sasuke rivolto ad Itachi che stava uscendo con calma, a differenza di suo fratello che era già di là.

 - Va bene – rispose quello, ostentando un’indifferenza tradita dagli occhi che brillavano.

Dopo che i bambini erano uscito dalla stanza lui aveva appoggiato un vassoio sul comodino.

 - Tu riposati, ti ho portato qualcosa da mangiare –

 - Sai che odio fare la colazione a letto, e poi sarai stanco anche tu, sei tornato da poco e non hai chiuso occhio stanotte –
E magari aveva qualche ferita che le stava tenendo nascosta, non se ne sarebbe meravigliata.

 - Smettila di fare la dura, so che sei forte, non devi dimostrare niente – le fece un po’ irritato, ma lei non poteva arrabbiarsi, non con lui a casa sano e salvo.

Non aveva neppure la forza di mettersi a discutere per cui obbedì e mangiò in silenzio, anche perché tra poco sarebbero arrivati parenti e amici a vedere i gemelli, e doveva essere in forze.
Sasuke ogni tanto le accarezzava i capelli, in un gesto di affetto che la commuoveva un po’ (gli ormoni erano in pieno subbuglio), e rimase a studiarlo per qualche secondo: era stanco anche lui, si vedeva, ma non le pareva ferito, ed era assai bellino, aveva ragione la nonna, in più non era così inutile per essere un maschio.
 
 - Ero preoccupata – confessò.

 - Per un po’ rimarrò a casa, ora – le fece dandole un buffetto sulla guancia – riposati adesso, torno presto –

 - Mi fai un favore prima di uscire? Dentro la tasca interna della borsa che ho usato in ospedale c’è un biglietto, me lo porti? -

Lui si alzò ed aprì l’armadio alla ricerca della borsa, la trovò e tirò fuori il bigliettino.

 - Me lo leggi? – gli chiese.

 - C’è scritto ‘tanto amore’…che significa? –

Lei sorrise e chiuse gli occhi un momento.

 – Significa che l’amore può tutto – sussurrò - non credi? –

 - Non so – le fece scettico – Ma so che senza il tuo amore probabilmente sarei morto, o disperato, sicuramente solo –

 - Sai una cosa? – mormorò chiudendo ancora gli occhi, un po’ più a lungo – Non mi hai mai detto che mi ami –

 - E c’è bisogno di dirlo? –

 - No, non c’è – ammise lei mentre tentava di riaprire le palpebre, a fatica – basta che tu ci sia –

 - Comunque…ti amo –

 - Non suonava romantico come lo immaginavo, ma me lo farò bastare – gli replicò sorridendo, gli occhi che non si volevano proprio aprire, e forse era meglio accumulare sonno fino a quando le sue due piccole ranocchie glielo permettevano.

Sentì appena la carezza sulla guancia.

  – Sai… - bisbigliò a fatica – abbiamo messo su una bella famiglia io e te, l’amore può davvero tutto… e pensare che una volta ne ho dubitato –

E sorrise ancora, prima di arrendersi e cedere finalmente al sonno.


FINE
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Questa volta ho proprio finito.

Ringrazio tutte voi che avete seguito questa storia, spero vi siate divertite (io sicuramente mi sono divertita a scriverla)…ci risentiamo presto se continuo ad essere così in vena.
Nel frattempo ho iniziato la solita lemon, quella con maschio dominante, sempre lei, ma non so proprio se riuscirò a finirla D:, il problema maggiore al momento è fare arrivare i due a quel punto.
   
 
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