QUATTORDICESIMO
CAPITOLO
Waking
up to you never felt so real
I
don't wanna sleep
I
don't wanna dream
'cause
my dreams don't comfort me
The
way you make me feel
Waking
up to you never felt so real
(Skillet,
Comatose)
Stravaccato
sulla poltrona di pelle nera, illuminato dalle fiamme del camino
acceso, fece roteare dolcemente il vino rosso lungo i bordi del
calice che stringeva tra le dita affusolate. Gli occhi grigi erano
assorti ed i capelli biondissimi catturavano il riverbero delle
fiamme trasformandolo in riflessi che avrebbero richiesto attenzione
per ore, in quanto indiscutibilmente belli. Accanto a lui c’era
l’anima in pena, il povero disgraziato in cerca di asilo, che
già se ne era scolati cinque di calici di vino.
Sulle
labbra di Draco affiorò un sorrisetto sardonico, mentre con
distrazione fece ciondolare una gamba aldilà del bracciolo
della poltrona. Sospirò silenziosamente, lo sguardo che vagava
ora lungo le pareti dell’immenso e freddo salone, lasciando che
quel silenzio perdurasse ancora un po’.
Blaise
si era catapultato a casa sua verso le undici di sera e, come faceva
di solito, aveva iniziato a parlare.
A
raffica.
Il
mondo era convinto che il ragazzo fosse un tipo riservato ed
introverso ma Draco lo riconosceva per quello che era in realtà:
una logorroica checca del cazzo. Eppure, nonostante l’appellativo
dispregiativo che Malfoy aveva affibbiato all’altro nella sua
mente, non l’aveva interrotto mai, neanche una volta. Non aveva
mostrato segni di noia, né di insofferenza, né di
derisione. Si era seduto, gli aveva versato del vino (più di
una volta a dire la verità) e l’aveva ascoltato, con
attenzione, tacendo anche laddove avrebbe dovuto zittirlo e prenderlo
a schiaffi.
In
sintesi, Paciock lo stava facendo ammattire.
Draco
non capiva come un sogno avesse potuto scombussolare tanto l’animo
dell’algido ex compagno di scuola (ma per sempre leale amico).
In realtà aveva intuito che l’avvenimento aveva
rivestito solo un ruolo di pretesto; aveva
infatti rivangato dettagli che all’insaputa del francese
stesso, si erano impressi nella sua memoria.
In
quel salone, davanti quelle fiamme, Blaise si era ritrovato a
descrivere particolari del Grifondoro che solo un attento osservatore
avrebbe potuto ripetere con altrettanta sicurezza. Blaise stesso era
rimasto stupito da quella incosciente conoscenza, scoperta solamente
dopo il breve discorso avuto con Mathias. Tra le mura della cucina,
tutto era venuto a galla, il subconscio aveva cominciato a ritrattare
di sua spontanea volontà avvenimenti e cose e parole e non
sapeva più neanche lui cos’altro, diavolo! Un insieme di
particolari che avevano anche dato luce alla domanda fatta a Mathias,
quando Neville se ne era andato. Zabini non aveva idea della
motivazione che l’aveva spinto a porla, ma in cucina l’aveva
capito. E la situazione l’aveva semplicemente sopraffatto.
Dopo
aver mangiato ed aver aspettato con impazienza che Mathias fosse
andato a letto, si era catapultato da Draco, perché era
l’unico con il quale poteva scoprirsi.
In
quel momento, dunque, Malfoy aveva l’arduo compito di aiutarlo.
Perché se quel gran viziatello di un platinato era convinto di
qualcosa, era di conoscere Blaise forse anche più di
Constance. Anzi, sicuramente pure più di lei, dato che i figli
alle madri nascondono sempre qualcosa. Insomma, se davvero lo
conosceva come era convinto, Blaise si sarebbe sottoposto
autonomamente ad una tortura psicologica che l’avrebbe condotto
per la via più breve al reparto per malattie mentali del San
Mungo. Perché lui era fatto così, doveva sempre
psicanalizzare qualsiasi cosa, dargli un significato, un attenuante,
attribuirla a fatti o parole, capirla ed assimilarla. Non era una
persona semplice e Draco sapeva di avere la profondità di una
pozzanghera rispetto a Blaise, però era suo dannato compito
aiutarlo e che Salazar l’avesse impalato, se non l’avrebbe
fatto.
Con
un sospiro leggero, Malfoy osservò le fiamme, parlando con un
tono di voce basso e conciliante.
“Che
ne sai, magari un piatto era per il primo ed un piatto era per il
secondo” la buttò lì, allargando un po' le
braccia per minimizzare quella questione che gli faceva soltanto
venire voglia di ridere a crepapelle.
“C’erano
due forchette nel lavandino” rispose prontamente Blaise,
ingollando altro vino, cosa che non intaccò minimamente la sua
sicurezza.
“Magari
è un tipo schizzinoso”
“Draco...”
“Facevo
per dire, sto solo ipotizzando per evitare di far soffriggere il tuo
cervello. Lo sento crepitare da qui” il sogghigno che gli
rivolse sferzò l'aria, fu quasi palpabile.
Blaise
accennò un lieve sorriso, la testa leggera grazie all’alcool
che gli circolava nelle vene. Si lasciò andare contro lo
schienale del divano e socchiudendo le palpebre, puntò lo
sguardo vitreo sul soffitto.
“Perché
proprio adesso?” la voce di Draco gli accarezzò le
orecchie con garbo. Era una bella domanda, dovette ammettere Blaise.
Perché gli erano tornati in mente quei due piatti con quelle
due forchette che aveva intravisto nel lavello, non appena aveva
messo piede nella cucina di Paciock? Peccato fosse un quesito già
vecchio, quello: lui stesso, da un po', si stava chiedendo la stessa
cosa. Passarono lunghi attimi di silenzio, durante i quali il
crepitio delle fiamme cullò l'animo agitato del moro, con la
discrezione necessaria dovuta a qualcuno che si sentiva in bilico.
“Non
lo so. Quando se ne è andato, oggi pomeriggio, mi è
venuto in mente di getto. Come quelle cose che ricordi
all’improvviso, quando meno te lo aspetti e senza una
motivazione apparente. È stato un flash...” la sua voce
si spense lentamente sulle ultime sillabe, gli occhi scuri persi in
un vuoto che solo lui poteva vedere.
“Oh
Merlino, Paciock...” Draco lagnò una nota di sofferenza,
affondando le dita delle mani nei capelli con la disperazione di un
attore vissuto e consumato.
“Ho
toccato il fondo Draco, sono alla deriva” alla sofferenza del
padrone di casa si aggiunse la disperata consapevolezza del suo
ospite. Sembravano due condannati.
“Eh,
me ne sono accorto” disse il primo, la voce soffocata dai palmi
caldi.
“Vaffanculo”
seguitò il secondo, secco e conciso, gli occhi ancora persi
nel vuoto cosmico.
“Senti,
di certo tutto mi aspettavo tranne che Paciock. Ovvio, sempre meglio
di Sfregiato. Credo che in quel caso ti avrei sbattuto fuori di qui a
calci nel culo”
Blaise
rise, una risata calda ed un po’ brilla. Tanto per restare in
quello status di confusione che attenuava lo scorrere dei suoi
pensieri, si scolò un altro calice di vino come fosse acqua.
Era destabilizzante non sapere cosa fare o come comportarsi, lo era
davvero.
“Pensi
che sia una cosa passeggera?” Draco tornò all'attacco
con una di quelle domande che minacciavano prepotentemente l'effetto
di leggerezza che il vino aveva sulla sua capacità mostruosa
di ragionare in continuazione ed in ogni circostanza. Blaise piegò
le labbra da un lato, desiderando solo di affogare nel Merlot.
“Non
lo so. Considerando che mi sono tornati alla mente anche dettagli
assurdi risalenti al periodo scolastico, direi che era entrato nella
mia sfera degli interessi già da un bel pezzo e neanche me ne
sono reso mai conto. Come lo spieghi?”
Draco
sospirò, appoggiando il suo calice sul tavolino. Una piccola
ruga tra le sopracciglia deturpava l’aura serafica di quel
volto. Era sempre stato affascinante, Draco, e per un certo periodo
Blaise si era sentito anche attratto da lui. Quando aveva capito,
però, che la sua amicizia era più importante di
qualsiasi altra cosa, se l’era fatta passare. Non era stato
particolarmente difficile, si era trattato di semplice attrazione
fisica.
Il
biondo si accarezzò il mento e le labbra con una mano, in
procinto di dire qualcosa di personale. Nonostante la loro amicizia,
erano rari i momenti in cui il francese riusciva a spillare a Draco
qualcosa di veramente suo.
Blaise
si fece attento, gli occhi scuri che scrutavano il volto dell’altro
con una certa curiosità.
“Sai,
prima di mettermi con Pansy, neanche calcolavo la sua esistenza. Ero
abituato ad essere seguito da lei praticamente ovunque ed il fatto
che fosse così appiccicosa mi infastidiva. La consideravo
stupida, oca e frivola. Era la mia ombra...” sorrise, scuotendo
con lentezza la testa “...ed io cercavo di liberarmi di lei in
tutti i modi possibili. Frequentavo altre ragazze, non rispondevo
alle sue domande, guardavo altrove quando era in mia presenza. Era
come se non esistesse, come se non fosse presente” inumidì
velocemente le labbra con la punta della lingua ed a Blaise parve di
vederle tremare per qualche secondo (tuttavia non ne ebbe mai la
certezza).
In
quei pochi secondi di silenzio, Draco raccolse il coraggio e le
parole necessarie per continuare a parlare, perché nominarla e
ricordarla faceva ancora male (nonostante fosse lui lo stronzo, il
coglione, la testa di cazzo). Inspirò profondamente e si mise
seduto meglio. Piegò dunque la schiena in avanti, appoggiò
i gomiti sulle ginocchia ed incrociò le dita tra loro, con gli
occhi fissi sul tappeto.
“La
questione, come ben sai, andò avanti per anni. Precisamente
fino al quarto anno. E lei, durante tutto quel tempo, non si era mai
arresa, neanche un attimo. Probabilmente già lo sapeva, è
sempre stata più acuta di me per certi versi. Lo sapeva per
entrambi, sia per me che per lei. Doveva solo prendermi a schiaffi e
farmi connettere il cervello” un lieve sorriso tornò a
piegargli le labbra fini, un sorriso che si tramutò in una
breve risata di divertimento, forse mista ad imbarazzo.
“Venne
da me ed anche se, come al solito, pretesi di non stare ad
ascoltarla, mi disse che sarebbe andata al ballo con Nott. Girò
sui tacchi e se ne andò come niente fosse”.
Blaise
allargò gli occhi, mentre uno strano presentimento si faceva
spazio nella propria mente, presentimento che si tramutò senza
ombra di dubbio in consapevolezza. Osservò attentamente il
volto di Draco, andando alla ricerca di una conferma della quale non
aveva certamente bisogno.
“E’
per questo che avete fatto a botte nello spogliatoio, dopo gli
allenamenti?”
Lo
chiese ad alta voce, perché percepiva che Draco aveva bisogno
di ammetterlo. Di farlo a parole, non solo nella sua testa. Il biondo
annuì, continuando a ridacchiare sommessamente.
“E
lo sai qual è l’assurdo di tutto quello che è
successo?”
Blaise
continuò ad osservarlo, in attesa che l’altro
proseguisse senza necessitare di motivazioni per farlo. Scoprì
che gli faceva piacere ascoltare Draco parlare, aprirsi nel tentativo
di consigliarlo. Era bravo ad acquietare le maree della sua anima.
“Non
era vero. Nott non aveva mai chiesto a Pansy di andare al ballo, così
come lei non l’aveva chiesto a lui. Era stato un pretesto,
Blaise. Solo un pretesto per farmi aprire gli occhi, per dimostrare
che lei lo sapeva
ed aveva avuto sempre ragione. Certo, forse avrebbe potuto usare un
metodo più ortodosso per farmelo capire ma sappiamo entrambi
che il soggetto con il quale aveva a che fare a volte può
essere davvero un idiota. Era riuscita a farmi andare il sangue al
cervello così bene che non ci vidi più. Dopo gli
allenamenti, quando me lo ritrovai di fronte, non resistetti. Dubito
ancora oggi che Theo abbia compreso la motivazione di quella lotta.
Lo presi a pugni come meglio potevo e ne presi altrettanti. Una
settimana dopo mi disse semplicemente che mi perdonava per aver dato
di matto, perché in fondo lo aveva sempre saputo che un po’
lo ero. Matto, intendo. Quando ci separarono, non andai neanche in
infermeria. Ero arrabbiato, furioso per come Pansy era riuscita a
manipolarmi, a raggirarmi, neanche fossi stato un povero deficiente.
Oh, Blaise, ma io ero
un povero deficiente. Lo ero per davvero. E quando entrai in sala
comune con la sola voglia selvaggia di fargliela pagare, l’unica
cosa che fui in grado di fare, guardandola in faccia, fu di chiederle
scusa. Le chiesi scusa per tutto quello che le avevo fatto passare
negli anni addietro. Perché se fossi stato meno cieco, le
avrei risparmiato un sacco di sofferenze”.
Con
l’amaro in bocca, Draco prese direttamente la bottiglia del
vino, attaccandovisi come un assettato nel deserto si attaccherebbe
alla pioggia. Gli occhi lucidi erano attribuibili al calore del fuoco
troppo vicino, non ad un destino che aveva scelto di imboccare solo
per compiacere, ancora una volta, i desideri di suo padre. Quelli che
non includevano Pansy nella sua vita, ma Astoria.
Blaise
non disse niente, perché Draco non era una persona che aveva
bisogno di sentirsi propinare delle consolazioni. Gli bastava
condividere il suo dolore con qualcuno che tenesse a lui. E Blaise,
in quel momento, condivise il suo dolore come solo un amico avrebbe
potuto fare.
Quando
Malfoy riprese a parlare, lo fece con una certa nota di rassegnazione
e risentimento che aiutarono il francese a riflettere in una maniera,
se possibile, ancora più profonda.
“Quello
che voglio dirti Blaise è che alcuni di noi, i più
stupidi, i più spavaldi, boriosi e superbi, non si accorgono
di quello che hanno sotto il naso finché non rischiano di
lasciarselo soffiare da persone più sveglie ed intelligenti.
Io amavo Pansy da non so neanche quanto e non me ne ero mai accorto.
Ha dovuto sbattermelo in faccia. E nonostante il mio amore guarda
com’è finita. L’ho ferita, ancora una volta. Mi
sembra che in tutta la mia cazzo di esistenza non abbia saputo fare
altro che causarle questo” si alzò con impeto dalla
poltrona, passandosi le mani tra i capelli in un gesto nervoso.
Voltando le spalle al camino, si diresse con ampie falcate verso il
finestrone che dava sulla terrazza, osservando il cielo scuro carico
di nuvole di pioggia, come a rispecchiare la furia nella quale il suo
giovane animo ribolliva.
Blaise
restò seduto a contemplare il fuoco, colpito dalla
consapevolezza che quando la vita decide di cucirti addosso un
destino di merda, lo fa per tutta la durata dei tuoi sacrosanti
giorni.
C'erano
persone destinate a vivere felici, altre a conoscere la sofferenza
prima della gioia (o viceversa). Altre, semplicemente, erano
destinate a conoscere solo il dolore. A Blaise era andata bene, non
era mai stato infangato come Draco nella questione Mangiamorte.
Nonostante l’assenza di un padre, aveva avuto una madre al suo
fianco, una madre che aveva sempre dimostrato la sua presenza ed il
suo affetto in un modo o nell’altro. Draco aveva avuto
Narcissa, ma la presenza costante di Lucius aveva impedito la nascita
di un qualsivoglia rapporto che andasse aldilà delle
apparenze. Ancora ricordava la frustrazione e l’umiliazione che
l’amico aveva provato nello scoprire che non era in grado di
effettuare Patronus di alcun genere.
Perché
non aveva abbastanza ricordi felici.
Poi
era arrivata Pansy, la ventata di aria fresca che al sesto anno di
scuola aveva permesso a Draco di realizzarsi laddove aveva
precedentemente fallito. Anche quella gioia, gli era stata portata
via da suo padre.
All’inizio
Blaise era stato convinto che l'amico poteva incolpare solo se
stesso, se non aveva avuto il coraggio di contraddire le volontà
di Lucius, oramai chiuso ad Azkaban. Ma se c’era una cosa che a
Draco era mancata più di tutte, nella sua vita, era una
famiglia. E nonostante la visione malsana di rapporto padre-figlio
che aveva, il biondo non avrebbe mai avuto il cuore né il
coraggio di contraddire l’unica persona dalla quale, dopo
venticinque anni di vita, ancora anelava di udire una parola di
apprezzamento. C’erano stati momenti in cui Blaise aveva avuto
voglia di sbattere quell’uomo borioso al muro e costringerlo,
se fosse stato necessario anche sotto Imperio, a pronunciare una
sola, singola frase. Bravo,
Draco. Solo quello.
Ma ovviamente non sarebbe mai potuta andare così.
Perché
altre persone, semplicemente, sono destinate a conoscere solo il
dolore.
Blaise
quella volta non si chiese perché non fosse mai concesso avere
due prospettive. Piuttosto, si domandò perché fosse
permesso solo ad alcuni.
“Draco,
hai scelto tra il giusto ed il facile. Eri consapevole che poi te ne
saresti pentito per tutta la vita”
“Sì,
lo ero. Sono un masochista del cazzo, che vuoi farci”
Uno
sbuffo di risata, che durò troppo poco perché fosse
reale. Incrociò le braccia al petto e si voltò verso il
divano. Ora Blaise era in piedi e lo osservava con un’espressione
comprensiva. Stava ancora condividendo il suo dolore, non aveva mai
smesso di farlo.
“Te
ne sei innamorato?” domandò a bruciapelo Malfoy, con
occhi attenti.
“Credo
che sia un termine azzardato”
“Ti
consiglio di capirlo più in fretta che puoi Blaise, perché
anche se lo pensiamo, non abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra
disposizione. Non chiederti perché
proprio adesso. Sii
grato che sia successo abbastanza presto”
NOTE
DELL'AUTORE: Ho tante
cose da dire riguardo questo capitolo. La prima: è in assoluto
il mio preferito, ho adorato scriverlo come nessun altro, in questa
fanfiction. Draco è un personaggio che mi piace da morire e ho
voluto regalare un pezzo di lui anche a questa storia. Mi dispiace se
Neville non appare in nessuna scena, vi avevo promesso che sarebbe
stato praticamente sempre presente, ma era necessario, per sbrogliare
un po' la matassa che martoria il cervello di Blaise e direi che gli
esempi che Draco ha fatto, sono stati di grande aiuto. Inoltre,
Neville è il motivo della visita che Blaise fa a Malfoy,
quindi è come se ci fosse, dai. Poi: Blaise
non si chiese perché non è mai concesso avere due
prospettive:
stavolta non se lo chiede, ma la prima volta che l'ha fatto, ci
trovavamo nel prologo. Cioè un bel po' di roba fa ;) questa
cosa mi emoziona. Terzo: abbiamo finalmente scoperto perché
Blaise ha fatto a Mathias, nel capitolo precedente, quella strana
domanda. Quando è arrivato a casa di Neville (se andate a dare
un'occhiata), noterete che Blaise fa caso a due piatti e due
forchette che sono nel lavello della cucina del Grifondoro. Queste
frivolezze rientrano in dettagli che tutti possiamo notare quando
mettiamo piede in casa di qualcuno, come una tazza appoggiata sul
tavolino, un vassoio di frutta stagionale, delle calamite attaccate
sul frigo... diciamo che certe volte, sono i dettagli meno importanti
a scatenare (a nostra insaputa) dei meccanismi nel nostro cervello e
subconscio. E per Blaise non c'è nessuna Pansy abbastanza
arguta da sbattergli la realtà dei fatti in faccia, quindi ho
dovuto trovare una soluzione: ho voluto sfruttare le due forchette
per far arrivare Blaise a porsi la domanda: Neville
ha cucinato per Mathias o vive con qualcuno?
E' stato un processo lento ma alla fine tutti i nodi vengono al
pettine e dopo il sogno che Blaise ha fatto, è scattato una
sorta di effetto domino in lui, durante il quale non solo ha
ricordato ciò che ha visto in cucina, ma senza volerlo
realmente gli sono tornati alla mente anche eventi di lui risalenti
al periodo scolastico. Insomma, ha iniziato a ricordare tante cose
come avesse rotto una diga, cose che non sapeva neanche di sapere.
Non so se sono riuscita a spiegarmi, ma spero di sì, perché
per me tutto questo processo ha un senso logico, non l'ho creato
tanto per, chessò, provare a spiegare una situazione
inverosimile. Il corso delle cose è stato così voluto
sin dal prologo. Nei prossimi capitoli, come vi ho già
promesso, spenderò qualche parola in più anche per
Mathias. Concludo questo papiro per ringraziare
tutti voi che mi sostenere con commenti, letture, preferiti e
ricordati e seguiti.
Ho messo più di un anno per scrivere questa storia e non avete
idea di quanto mi stiate rendendo felice tutti quanti con la vostra
presenza tra queste pagine. Un abbraccio!
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