“Chi
sei?” mormora il ritratto, muovendo appena le labbra, con una voce acuta e
sottile che sembra quasi confondersi con il cigolio di una porta. La osservi ad
occhi sbarrati, completamente immobilizzato dalla paura, senza sapere più che
fare. Non riesci più a capire che diavolo ti sta succedendo.
“Che cosa
vuoi da me?” chiedi, con asprezza mista a terrore, mentre indietreggi di
qualche passo verso la porta, continuando a tenere puntato il fascio di luce della
bacchetta contro il dipinto. La donna sorride sollevando il capo, con aria
lugubremente soddisfatta, come se fosse finalmente riuscita a farti cadere in
trappola.
“Sei il
figlio di Walburga, vero? Il secondo”.
Sobbalzi.
Come diavolo fa a saperlo?
“Conoscevo
tuo fratello, Sirius. Gli assomigli molto”.
Un moto
di rabbia ti fa salire il cuore in gola. Non è vero, tu e Sirius siete
completamente diversi. Sirius non sarebbe così spaventato, di fronte a tutto
questo.
“Hai
visto tutto?”
“Che
intendi per tutto, il cimitero e il resto? Sì, ho visto tutto! Ma forse Sirius
non ti ha detto una cosa, e cioè che io sono un…”
“So cosa
sei”.
Cala il
silenzio, non sai più che dire. È sconvolgente, tutto questo.
“Non sei
l’unico che per la sua famiglia d’appartenenza è entrato in contatto con
determinati soggetti”.
Oh,
certo, e con questo intende dire che anche lei ha subito lo stesso identico
destino. Smistata a Serpeverde perché sua madre era
una Yaxley, discendente di una delle poche famiglie
Purosangue non ancora estinte, compagna di scuola di Voldemort
e assetata di vendetta.
“Ma tu
hai visto”.
“E questo
che cosa c’entra?”
“Che sai
come poter sconfiggere Voldemort, lo sai perché io te
l’ho fatto scoprire. Ho programmato tutto quando Voldemort
si è messo a darmi la caccia, prima di cominciare a nascondermi come voleva
Silente, prima di aspettare il suo arrivo per cercare di vendicarmi…”
Ma lei è
lì, morta.
Un
ritratto parlante.
“Non ci
sono riuscita, come puoi facilmente immaginare”.
Osi
guardarla negli occhi cercando di non tremare, stringendo i pugni intorno ai
lembi del tuo mantello.
“E
secondo te dovrei farlo io?” ribatti, irato. Potrà anche aver conosciuto
Sirius, questa donna, ma non conosce te, affatto, non sa che i vostri caratteri
sono diametralmente opposti e che tu sei stato destinato a fare scelte
diametralmente opposte alle sue…
“Dovresti
cacciarmi, io sto dalla sua parte!” esclami.
Dorcas
Meadowes ti guarda con intensità.
“Fino al
punto in cui ti chiederà di torturare degli innocenti… di uccidere qualcuno
solo per dimostrare fino a che punto sei in grado di spingerti… di scagliarti
perfino contro i tuoi familiari? Se ti chiedesse di ammazzare tuo fratello
Sirius a sangue freddo tu lo faresti, Regulus? Perché
è questo che ti verrà chiesto tra poco, nella posizione in cui ti trovi ora non
hai ancora visto niente…”
“Sì,
invece, ho visto quello che hanno fatto gli altri, e…”
“E quando
toccherà a te? Sarai in grado di adempiere agli ordini senza battere ciglio?”
Non
riesci a rispondere. Non ci riesci. Non puoi immaginare, che cosa significherà
per te.
Ha detto
che ti chiederanno di ammazzare Sirius. Perché è un reietto, perché è un
nemico. Ammazzarlo. Non rubargli le lettere dei suoi amici come facevi da piccolo
perché eri geloso, Regulus. Ti chiederanno di
ammazzarlo. Potresti mai fare una cosa del genere?
Lo sai.
“Che cosa
devo fare?” domandi, e il cielo viene squarciato da un lampo. Gli occhi ti si
offuscano di nuovo di lacrime, mentre il ritratto continua a fissarti.
“Devi
scegliere” risponde la voce acuta, sussurrata, il cui fruscio quasi rimbomba
nel vuoto delle pareti. Devi scegliere. Devi scegliere.
“Io non
voglio… io non voglio ammazzare nessuno” rispondi, tenendoti il volto fra le
mani. Non vuoi, non l’hai mai voluto. Volevi solo riuscire a far sentire Sirius
inferiore di fronte a te. Perché tu avevi tutto e lui non aveva niente. Volevi
solo essere all’altezza di ciò che i tuoi genitori si aspettavano da te.
“Non
potrai mai dire questo di fronte a Voldemort. Forse
non avresti dovuto essere tu a finire qui e a scoprire quello che io già
sapevo, ma tu sei entrato al suo servizio e probabilmente sai cose che io
ignoravo completamente. Puoi sfruttare le informazioni e batterti contro di
lui, tentare di distruggerlo prima che lui lo faccia con te. Oppure puoi
aspettare che ti annienti nel momento in cui la tua coscienza ti impedirà di
eseguire i suoi ordini”.
Si tratta
di una scelta pericolosissima, Regulus.
Ti
metterai a repentaglio. Te, la tua vita, la tua reputazione. Ti condannerai a
morte. Andrai contro tutto ciò che hanno cercato di insegnarti in questi
diciotto anni.
Ma solo
tu puoi renderti conto di ciò a cui stai andando incontro se prosegui su questa
strada.
Sono
stati bravi a edulcorare la questione, con te. Non ti hanno parlato di cose
simili. Hai conosciuto la storia di questa donna, sai che hanno fatto ammazzare
suo padre solo perché aveva avuto un diverbio con un Mangiamorte.
Che i suoi nonni sono morti da innocenti, assassinati da un mago di cui Voldemort ha seguito le orme. Tu non hai mai desiderato
uccidere, e mai pensavi che te l’avrebbero chiesto. Troppo giovane, troppo in
basso nella gerarchia. Ma arrivati a un certo punto, o si sale di gradino o si
è buttati fuori. E se ti chiederanno di uccidere Sirius…
Hai
sempre voluto fare la cosa più importante e più giusta, Regulus.
“Va bene.
Lo farò”.
Il
dipinto sorride. Stavolta sembra un vero sorriso, nonostante il buio delle
ombre che le oscurano il volto.
“Prendi tutto
ciò che può esserti utile e poi distruggi questa casa, come ti era stato
ordinato. Indaga sul passato di Voldemort. Cerca di
scoprire dove può aver nascosto i suoi Horcrux”.
“E tu,
che cosa…?”
“Ho
portato a termine il mio compito, ora è tempo che il mio spirito lasci
definitivamente la Terra”.
Annuisci.
Non conosci tutte le dinamiche del processo, ma riesci a comprendere. Ti rendi
conto che ora tocca a te. È giunto il tuo turno, i morti devono riposare in
pace.
“Addio” mormori,
prima che l’immagine di Dorcas Meadowes
svanisca dal ritratto. Sai che non la ritroverai più, nemmeno nelle fotografie
posate sulla mensola del suo caminetto. Sai che devi cavartela da solo. Che
andrai fino in fondo, perché questa è una tua scelta.
Qualche
ora dopo, quando le prime luci del mattino iniziano a farsi vive, quando la
pioggia ha smesso di scrosciare e ti rimane soltanto il freddo addosso, osservi
la casa bruciare dall’altra parte della strada, immobile.
Tieni un
libro sotto il braccio e reggi un vaso d’argento con l’altro.
Ti guardi
intorno più di una volta per assicurarti che non ci sia nessuno a tenerti
d’occhio, prima di compiere quell’operazione.
Poi
rovesci il contenuto del vaso a terra, dove il liquido argenteo svanisce
sollevando sottili volute di fumo. Ti sembra quasi di intravedere il volto di Dorcas Meadowes, lì in mezzo, per
un breve attimo.
Ma sai
che in realtà è tutta suggestione.
Ora sei
solo, Regulus.
Nessuno
dovrà sapere ciò che stai progettando di fare.
È giunto
il momento di tirare fuori il tuo coraggio.
***fine***
Nota
di fine fanfiction: mi sono sempre chiesta che cosa ci potesse essere
dietro quel personaggio a malapena nominato, Dorcas Meadowes, “uccisa personalmente da Voldemort”.
Considerato che Voldemort non si scomoda ad uccidere
chicchessia, ho pensato che ci dovesse essere per forza qualcosa sotto.
Ovviamente, tutto ciò che ci ho costruito sopra è solo una speculazione;
collocarla a Serpeverde, comunque, non è stata una
scelta casuale, ho deciso consapevolmente di provare ad incarnare in lei il
riscatto di questa Casa. Non è proprio possibile che tutti coloro che ne
uscivano diventassero maghi Oscuri.
Per
quanto riguarda i compagni di scuola di Voldemort, mi
sono attenuta a quanto viene detto nel Principe Mezzosangue (dove vengono
citati Avery e Lestrange,
che io ho dedotto fosse Rabastan, in quanto se fosse
stato Rodolphus sarebbe stato un marito un po’ troppo
vecchio per Bellatrix – okay che la Rowling non sa la matematica, però io ho pensato di
aggiustare le cose in questo modo). Per quanto riguarda invece il cognome della
madre di Dorcas, l’ho ripreso direttamente
dall’albero genealogico dei Black, immaginando che si trattasse di una famiglia
Purosangue. Nient’altro da dichiarare, se non sperare che la storia vi sia
piaciuta.