Grell e Kyler
si voltarono avvertendo dei passi che si avvicinavano, interrompendo
subito la loro discussione. Doveva restare tra loro perché
di sicuro Will non avrebbe apprezzato quell’ennesimo colpo di
testa. Già mal sopportava gli
“allenamenti” di Zachary, figuriamoci cosa avrebbe
detto se avesse saputo che ora ci si metteva anche l’umano.
Il moro notò il loro strano atteggiamento e non ci mise
molto a dedurre che quei due stavano nascondendo qualcosa, ma per una
volta non vi badò. La sua mente era presa da quello che
stava per raccontare e lui si stava sforzando di non pensare al fatto
che aveva volontariamente deciso di umiliarsi solo perché a
uno stupido demone era tornata la voglia di fare scherzi.
“Voi
due, lasciate perdere i vostri piani idioti, qualunque essi siano, e
venite. Torniamo in camera” ordinò più
glaciale del solito. “Si è fatto tardi”.
I due
spostarono lo sguardo dall’espressione dello shinigami moro
al sorrisetto compiaciuto del demone che gli stava affianco. A quanto
pareva William doveva essere riuscito a far
“ragionare” Zack visto che quest’ultimo
sembrava tornato sé stesso, ma sentivano che c’era
qualcos’altro sotto. Il ghigno della creatura infernale era
leggermente più largo del solito. Grell si gettò
sul suo capo, che aveva iniziato ad avviarsi in direzione delle loro
camere, arpionandogli un braccio e tempestandolo di domande per cercare
di carpire cosa si fossero detti lui e la creatura infernale. Ma
ottenne solo di venire ignorato. Il ragazzo con gli occhi viola invece
si incamminò al fianco del suo protettore, lanciandogli di
tanto in tanto delle occhiate preoccupate.
“Qualcosa
non va, Kyler?” domandò quello dopo qualche
minuto, intercettando il suo sguardo. “Dovresti essere
felice, Will è riuscito a farmi capire che mi stavo
comportando come un idiota ingenuo. Puoi calmare le tue ansie, non mi
farò fregare da Gremory di nuovo. Mi sono sforzato di essere
il bravo demone che tu vorresti che io fossi ~”.
“Per
quello lo sono, e anzi, sono stupito che William ci sia davvero
riuscito. Solo che non mi piace la tua espressione
soddisfatta” lo rimbeccò lui sarcastico, ignorando
la presa in giro. “Quel tuo dannato sorrisetto significa solo
guai, ormai lo so”.
“Oh,
ma come siamo prevenuti” ridacchiò Zachary,
passandogli un braccio intorno alle spalle. “Io non ho
combinato proprio nulla questa volta. Vero, Will?”.
William
si voltò solo per lanciargli un’occhiataccia, ma
non rispose. Il suo sguardo aveva detto tutto e infatti il sorriso del
demone parve vacillare per un attimo prima di ritornare più
divertito di prima. Lo shinigami non gliel’avrebbe perdonata
facilmente, se ne rendeva conto. Però il rischio del gioco
stava proprio in quello. In fondo a lui non erano mai piaciuto i giochi
tranquilli e sicuri. Se non rischiava di perdere non trovava gusto nel
giocare la sua partita. Kyler osservò quello scambio di
sguardi, inquieto. Nonostante le parole della sua guardia del corpo non
riusciva davvero a sentirsi tranquillo. Rinunciò
però ad insistere. Tanto sentiva che avrebbe saputo presto
cos’era successo tra i due.
I
quattro erano giunti alle porte delle loro cabine. Il moro fece cenno
al demone e all’umano di seguirlo in quella assegnata a lui e
al rosso e, una volta che furono tutti dentro, si chiuse la porta alle
spalle, facendo passare lo sguardo sui suoi tre compagni e ignorando
deliberatamente il ghigno che non accennava a voler lasciare il volto
di Zachary.
“Bene,
signori. Io e quella pesta infernale abbiamo avuto un’altra
discussione alquanto scomoda, dopo che io sono riuscito a riportarlo
alla ragione. Cosa di cui mi sono stupito io stesso considerando che si
tratta di una creatura completamente priva di buon senso”
esordì calmo, anche se il suo tono era pungente.
“Però, come ormai sappiamo tutti,
quell’essere infimo non accetta le sconfitte e quindi ha
deciso che doveva farmela pagare per essere riuscito a fargli capire
che è un idiota e che si stava comportando come
tale”.
Zack
incrociò le braccia sul petto, fingendosi offeso.
“Ora non esagerare, Willy.
Hai acconsentito per salvarti la faccia almeno in parte” fece
cantilenante.
“Questo
perché tu non sai mai raccontare le cose come stanno, ma
devi sempre aggiungerci del tuo” ribatté lo
shinigami, serio. “Comunque. Diciamo che quella bestia
infernale si è messa in testa che doveva raccontare come io
e lui ci siamo incontrati un secolo fa. E io ho dovuto acconsentire
avendogli promesso che avrei fatto qualcosa per lui perché
lui tenesse la sua boccaccia chiusa su un certo
episodio…”.
“Yeeeeesssss!!”
esplose Grell con fin troppo entusiasmo. “Oh, Zack-chan,
sapevo che si poteva contare su di te ~”. Si
attaccò al braccio del demone e iniziò a
strusciarci il viso contro. “Sei il migliore! Mi hai fatto
così felice! Vorrei darti un bacio per esprimere la mia
riconoscenza ~”.
William
alzò gli occhi al cielo, trattenendosi a stento dal colpire
in pieno viso il suo sottoposto, mentre Kyler si schiarì
rumorosamente la gola, lanciando a Grell un’occhiata
infuocata. Il rosso comprese al volo il significato di quello sguardo e
si affrettò a staccarsi dalla creatura infernale,
ridacchiando nervosamente.
“Ovviamente
l’ho detto tanto per dire” disse unendo le punte
degli indici e forzando un sorrisetto, mentre l’umano si
passava una mano sul volto, esasperato.
Will
fece correre lo sguardo tra i due, ma ancora una volta decise di non
indagare. Di sicuro la motivazione che stava dietro
l’insolito comportamento del suo sottoposto era qualcosa di
veramente stupido, come sempre. Preferiva concentrarsi sul racconto che
si era ritrovato a dover fare. “Se avete finito di fare gli
idioti…” borbottò, sistemandosi gli
occhiali. Poi riprese il suo tono freddo. “Dal momento che
quel demone”.
Come sempre la parola fu sputata con disprezzo. “non saprebbe
narrare gli eventi senza rigirarli a modo suo, ho deciso che
sarò io stesso a spiegare cosa è
successo”. Sollevò una mano per impedire che
venissero fatti commenti. “Premetto che sono giunto a questa
decisione solo perché non voglio rischiare che si turbi la
tregua che abbiamo instaurato. Non posso permettere che degli stupidi
battibecchi rischino di impedirci di essere uniti contro il nostro
nemico comune”. I suoi occhi verdi scintillarono
pericolosamente posandosi sul demone. “Però
provvederò a farla pagare a Zachary quando questa storia
sarà finita. Su questo non ci devono essere dubbi”.
Zachary
avvertì un brivido corrergli lungo la schiena a quelle
parole e deglutì impercettibilmente. Di solito le
occhiatacce di William non lo sfioravano neanche, ma quel particolare
sguardo non poté non impensierirlo. Forse Kyler aveva
ragione, era ora che lui imparasse a capire quando era il caso di
smettere di tirare la corda o si sarebbe trovato in guai molto seri
anche senza il bisogno di tirare in ballo Gremory.
Lo
shinigami moro sembrò soddisfatto dalla reazione che aveva
ottenuto e proseguì: “Io sono disposto a
raccontare quello spiacevole episodio, anche se questo implica il fatto
che mi dovrò coprire di vergogna, ma se qualcuno di voi
oserà interrompermi senza prima chiedere il permesso
farò in modo che questa storia non salti mai
fuori”. Questa volta i suoi occhi erano diretti verso Grell,
il quale si limitò a rivolgergli un sorrisetto innocente e
poco credibile. Sospirò. Almeno quel dannato demone aveva
avuto la decenza di smettere di ghignare, anche se sapeva che presto
avrebbe ricominciato. Di nuovo la sua mano corse alla montatura dei
suoi occhiali. Che la tortura avesse inizio. “Io e il
moccioso infernale ci siamo incrociati durante la mia prima missione,
dopo che mi ero diplomato all’Accademia per shinigami. In
teoria lui non c’entrava niente con quello che ero stato
chiamato a fare. Il mio compito era raccogliere l’anima di
una giovane nobildonna francese e giudicarla. Normale amministrazione.
Almeno finché un demone non si è messo tra me e
il mio obiettivo”. Fece una pausa, notando che tutti
pendevano dalle sue labbra, Zack compreso. L’umano lo
ascoltava in rispettoso silenzio, anche se non riusciva a nascondere
l’interesse che gli brillava negli occhi, mentre il suo
sottoposto fremeva visibilmente per scoprire cosa era successo dopo. La
creatura infernale giocherellava con un filo della sua divisa, ma le
sue iridi cremisi non lo lasciavano neanche per un secondo.
“Non ero da solo, in quella missione mi era stato affiancato
un altro shinigami che poi è stato trasferito un paio di
decenni fa. Non è importante parlare di lui, non ha avuto un
grosso ruolo nella faccenda. Comunque sia, ci siamo messi ad osservare
la vita della nobildonna. La sua morte era prevista nel giro di qualche
giorno, ma dal momento che non avevano altri incarichi per noi ci
avevano mandato in missione con un po’ di anticipo. La vita
del nostro obiettivo procedeva normalmente, tranne che per un piccolo
particolare a cui però inizialmente non attribuimmo molta
importanza. Tra le amiche della donna c’era una ragazza
più giovane di lei di qualche anno che veniva spesso a
trovarla e che aveva addosso un odore molto particolare che mi
disgustava. Purtroppo all’epoca non aveva ancora incontrato
di persona un demone e quindi non fui in grado di riconoscere quel
tanfo infernale.
Arrivò
la mattina del giorno della morte del nostro incarico. Una giornata
come tutte le altre e lei non sembrava presagire per nulla quello che
la stava aspettando. In fondo si sarebbe trattato di un incidente, la
donna sarebbe dovuta morire cadendo da cavallo al ritorno da una
passeggiata con la sua amica più giovane. La seguimmo senza
farci vedere per tutto il giorno, aspettando che arrivasse
l’ora stabilita, ma proprio nel momento in cui
l’evento stava per verificarsi, accadde
l’impensabile. Le due stavano rientrando nelle scuderie e il
cavallo della vittima si era imbizzarrito come previsto. Lei venne
disarcionata, ma, pochi secondi prima che il suo corpo potesse
impattare contro il suolo trovando la morte, una figura dai capelli blu
apparve dal nulla e la prese al volo, salvandole la vita. Inutile dire
che io e il mio collega restammo pietrificati dalla sorpresa. Nessuno
poteva interferire con il lavoro degli dei della morte, tranne una
categoria di creature particolarmente infime: i demoni”. Il
suo sguardo tornò a posarsi su Zachary che lo
ricambiò con uno dei suoi sorrisetti.
La
creatura infernale interpretò quell’occhiata come
un permesso e si inserì nel racconto. “Avevo
notato le ombre che seguivano l’amica della mia contraente e
non mi ci era voluto molto per comprendere la situazione. Al contrario
di William, io avevo già avuto a che fare con gli shinigami
parecchie volte” spiegò con un tono divertito.
“Il contratto si stava rivelando parecchio deludente, noioso,
così decisi che prima di pranzare mi sarei divertito un
po’ impicciandomi negli affari dei miei avversari, salvando
la persona che sarebbe dovuta morire”. Sul suo volto si
aprì un ghigno malizioso. “Oh, e ne è
più che valsa la pena ~ Anche perché è
stata l’unica cosa veramente interessante di tutta quella
storia. Pure l’anima di quella donna non si è
dimostrata un gran che alla fine. Ma visto che Gremory voleva che la
uccidessi non potevo semplicemente lasciarla perdere e
andarmene”.
Il moro
gli scoccò un’altra occhiata, questa volta per
farlo tacere. “Sul momento nessuno di noi due ha saputo che
cosa fare” riprese a raccontare, atono. “Il nostro
obiettivo era sorpreso quanto noi dall’improvvisa
apparizione, mentre quella che poi si sarebbe rivelata essere la preda
della creatura era completamente sconvolta. Probabilmente non si
sarebbe mai aspettata che il demone facesse una cosa del genere.
Arrivati a quel punto c’era poco che potessimo fare. Dovevamo
uscire allo scoperto e reclamare l’anima che ci spettava
prima che si creasse un caos burocratico. Decidemmo che il mio collega
si sarebbe occupato delle due donne, mentre io avrei dovuto tenere a
bada il demone. Quello volse gli occhi nella nostra direzione,
ignorando ciò che le umane stavano dicendo, poi
lasciò andare la giovane e scappò verso la villa.
Capii immediatamente che doveva trattarsi di una trappola, ma il mio
collega si era già avviato verso le due, così io
fui costretto a inseguire la creatura. La priorità andava
ovviamente al recupero dell’anima. Attraversai il giardino e
entrai nel maniero, seguendo la puzza che quel dannato si era lasciato
dietro. Un odore che non avrei più scordato ora che sapevo
che cosa significava”.
Tacque
mentre la sua mente veniva invasa dai ricordi di quello che era
successo in seguito. Nonostante tutti quegli anni le immagini erano
ancora vivide. Ma d’altra parte come avrebbe potuto scordare
quel giorno? Riscattarsi da una tale figuraccia era stata veramente
dura, soprattutto considerando che quello era stato il suo primo
incarico, e gli era costato anche un sacco di straordinari. Per non
parlare del fatto che aveva dovuto sopportare per mesi le prese in giro
dei suoi superiori. Col senno di poi aveva dovuto ammettere che gran
parte della colpa era sua. Se fosse stato più attento di
sicuro avrebbe potuto evitare di macchiare in quel modo il suo onore.
Ma era stato uno sprovveduto e si era lasciato ingannare da quel
ragazzino infernale.
Zachary
studiò in silenzio le ombre fugaci che passarono sul viso
serio di William. Quello scontro sarebbe rimasto per sempre impresso
anche nella sua memoria. E non solo perché gli aveva dato la
sicurezza sfacciata che lo aveva poi messo nei guai con Gremory, ma
anche perché quel giorno gli aveva lasciato dentro una
sensazione strana, come se scontrarsi con lo shinigami gli avesse
permesso di iniziare a capire qualcosa di importante. Cosa esattamente
lo aveva compreso solo anni dopo, ma lui si rendeva conto che senza
quell’episodio forse non ci sarebbe mai arrivato.
I suoi
occhi cercarono istintivamente quelli di Will, come per fargli capire i
suoi pensieri, e lui si accorse, non senza un minimo di sorpresa, che
il moro stava a sua volta tentando di intercettare il suo sguardo. Un
sorriso si aprì sul volto del demone. In fondo era
inevitabile visto che entrambi si stavano perdendo negli stessi ricordi.
L’enorme
sala da pranzo sembrava apparentemente deserta. La tavola era
elegantemente apparecchiata per la festa che avrebbe dovuto tenersi di
lì a poche ore e vasi e corone di fiori freschi decoravano
tutto l’ambiente, spandendo il loro profumo
nell’aria. Ma lui riusciva comunque a percepire la puzza del
demone che sporcava il delicato aroma dei petali colorati. Quella
creatura immonda era lì da qualche parte, percepiva la sua
presenza più che chiaramente. Gli occhi verdi di William
percorsero tutta la sala con attenzione, scrutando ogni angolo, ogni
leggero movimento, ma del suo avversario sembrava non esserci neanche
l’ombra. Dannazione, a quanto pareva quella bestia voleva
giocare a nascondino. E per di più la situazione
assomigliava sempre di più a una trappola. Fece qualche
passo circospetto verso il centro della stanza. Dove si era cacciato?!
Non era neanche riuscito a vederlo bene in faccia. Era accaduto tutto
troppo in fretta. Eppure era certo che…
Una
risatina lo fece volare di scatto, interrompendo i suoi pensieri. Il
suo nemico era appoggiato ai battenti ora serrati della porta che si
apriva sul salone e lo guardava con un ghigno divertito. Aveva
l’aspetto di un ragazzino di quindici o sedici anni, i
capelli di un innaturale blu intenso e gli occhi cremisi tipici di
quelli della sua razza. La sua espressione era divertita e sulle sue
labbra era dipinto un ghigno feroce che stonava con i suoi lineamenti
ancora acerbi.
“Oh,
sei nei guai ora, shinigami” lo prese in giro il demone,
staccandosi dalla porta e facendo un passo verso di lui, le braccia
incrociate sul petto. “Sarai costretto a divertirti con me.
Speravo che uno di voi mi seguisse e infatti eccoti qui ~”.
Sul volto di Zachary il ghigno allargò alla vista del lampo
spaesato che attraversò gli occhi dell’altro.
Doveva essere un novellino e a giudicare dalla sua espressione quella
era la prima volta che si trovava di fronte una creatura come lui.
Interessante. Lo studiò attentamente. Atletico,
più alto di lui di diversi centimetri, attraente anche,
portava i capelli neri corti e indossava la solita divisa di ordinanza
degli shinigami. Ma quello che lo incuriosiva di più erano
quei gelidi occhi verdi. Distaccati e calcolatori. “Come ti
chiami, shinigami?”.
“William
T. Spears” rispose il dio della morte, glaciale. Trovarsi
faccia a faccia con quella creatura lo aveva inizialmente spiazzato,
soprattutto per via dell’aspetto giovane, ma si era ripreso
quasi subito. Era lì per fare il suo lavoro e ciò
includeva anche eliminare gli ostacoli che si frapponevano tra lui e la
riuscita della missione. “Ricordatelo bene, demone,
perché sarà l’ultimo che
udirai”.
“Oh,
ma come siamo seri! Sto tremando di paura. Dovresti rilassarti, in
fondo siamo qui per giocare!” rise il demone canzonatorio.
“William è troppo lungo…Credo che ti
chiamerò Willy!”. Il suo sorriso prese una piega
maliziosa. “Io sono Zachary, piacere di conoscerti. Mi spiace
correggerti, ma sarai tu quello che dovrà ricordarsi il mio
nome, caro Willy. Perché sono quello che ti
costringerà a tornare al tuo ufficio con la coda fra le
gambe!”.
Il
moro fece una smorfia irritata sentendo il soprannome. Era lo stesso
modo in cui a volte lo chiamava quell’idiota Sutcliff. Non lo
sopportava. “Questo è tutto da vedere, demone
Zachary. Se fossi in te io mi laverei via quel ghigno compiaciuto e mi
concentrerei sullo scontro” disse, senza raccogliere la
provocazione, facendo comparire la sua death scyte.
“Altrimenti sarò costretto a farlo io
stesso”.
Zack
non poté trattenere un’altra risata a quelle
parole. Certo che quel novellino ne aveva di grinta. Per essere la
prima volta che vedeva un demone, perché aveva il
presentimento che fosse così, non si era lasciato
impressionare né spaventare come altri avevano fatto prima
di lui. Si sarebbe divertito parecchio con lui. Forse con quello
scontro avrebbe rischiato di rimetterci la cena, ma poco gli importava.
Preferiva del sano divertimento a una stupida anima. Di quelle ne era
pieno il mondo, mentre i buoni passatempi erano decisamente
più rari. E poi avrebbe potuto tornare ad uccidere
quell’umana anche più tardi. Gremory gli aveva
detto che voleva eliminarla, della sua anima poteva farsene quello che
voleva, mangiarsela o lasciarla agli shinigami. Al suo
“capo” non importava. “Mi piaci,
Willy” commentò sincero ma senza abbandonare il
suo tono provocatorio, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi
mentre le sue unghie si allungavano. “Sono curioso di vedere
come te la cavi a combattere! Cerca di non deludermi, mi raccomando! Mi
aspetto un bell’intrattenimento da te!”. E senza
preavviso di scagliò sullo shinigami.
Quest’ultimo
fu costretto a fare un salto all’indietro, schivando per un
soffio gli artigli argentei della creatura. Non si aspettava un attacco
così improvviso. Era dannatamente veloce. Parò il
secondo colpo, che lo costrinse a stringere più che poteva
le dita intorno al manico della sua arma. E anche dannatamente forte.
Ma che cosa si aspettava da un demone, d’altra parte? Quegli
esseri infimi sapevano essere delle vere seccature, i suoi colleghi
più esperti lo avevano avvisato. Un pensiero lo
colpì. Zachary. Quel nome gli era familiare.
Schivò un altro paio di attacchi e poi rispose, riuscendo ad
introdursi nella guardia avversaria, la lama della sua death scyte che
arrivava a sfiorare la stoffa dei vestiti del suo nemico.
I
due si separarono, studiandosi. Lo shinigami si stava sforzando di
capire doveva aveva già sentito nominare il demone, mentre
quest’ultimo si limitava a guardarlo divertito. A quanto
pareva stava solo giocando con lui come aveva dichiarato, senza
impegnarsi sul serio. Chissà cosa aveva in mente di fare.
“Qualcosa
non va, Willy?” lo provocò Zachary con uno dei
suoi sorrisetti. “Mi sembri un po’ distratto. Non
è molto conveniente, sai? Il nostro è un gioco
pericoloso. Non vorrei che tu finissi per farti troppo male
~”.
“Non
sono distratto, demone. E non chiamarmi Willy” gli rispose
brusco il moro, sforzandosi di ignorare la provocazione, ma il suo tono
tradiva la sua irritazione. “Piuttosto, il tuo nome non mi
è nuovo. Ma sono certo che non ci siamo mai incontrati. Non
avrei mai potuto scordare il tuo fetore”.
“Ehi!
Attento a come parli!” esclamò la creatura
infernale, offesa. Che diamine?! Lui non puzzava. Era il suo odore
naturale, l’odore dell’Inferno, e non era per nulla
cattivo. Anzi, la maggior parte degli umani che aveva incontrato ne era
rimasta affascinata. In fondo era l’odore della tentazione.
“E mi sembra ovvio che tu abbia già sentito il mio
nome visto tutti i guai che ho dato ai tuoi colleghi negli ultimi
secoli”.
Un
lampo di comprensione attraversò le iridi smeraldo del dio
della morte. Ma certo. Doveva essere quel demone di cui aveva letto nei
rapporti. Quel moccioso non faceva altro che mettere le sue zampacce
negli affari del Dipartimento e combinare guai che poi loro erano
costretti a risolvere. Da quanto aveva capito non lo faceva per odio o
per un motivo preciso, l’unica cosa che gli interessava era
prenderli in giro. Lo aveva dichiarato lui stesso durante uno scontro.
Li trovava divertenti. “Ah, ma certo. Sei quella peste
infernale che ci ha costretto a compilare pile e pile di
rapporti” fece, il tono pieno di ribrezzo. “Il
moccioso che cerca sempre qualcosa con cui riempire la sua esistenza
priva di scopo. Perché, invece di continuare ad
infastidirci, non fai un favore a noi e a te stesso e non ti lasci
ammazzare? Tanto prima o poi la tua noia prenderà il
sopravvento e tu non sarai più in grado di scacciarla! Ma
forse queste mie parole non hanno per te il minimo senso. Che ne
può sapere un demone del valore dell’esistenza?
Voi non fate altro che giocare con la vita senza neanche capirne
l’importanza. Esseri insulsi!”.
Quelle
parole turbarono profondamente Zachary, ma lui non poteva negare. La
sua vita non aveva un senso e per di più lui era costretto a
servire un bastardo che odiava. Passava i suoi giorni a lavorare per
lui o ad aggirarsi tra gli umani, senza interessarsi veramente a loro,
sperando solo di incontrare qualcuno che potesse rivelarsi
interessante. Aveva stretto decine di contratti a vuoto, giocando con
le sue prede e quasi sempre lasciandole poi libere di continuare le
loro miserabili esistenze. Aveva trascorso anni interi a vagare senza
meta nelle lande infernali, cercando di distrarsi nell’attesa
di una nuova missione. Però non gli era mai passato per la
testa che un giorno non sarebbe più riuscito a riempire quel
vuoto. Aveva davanti l’eternità, lo sapeva, ma
anche quel concetto era impalpabile per uno come lui che viveva alla
giornata. Il passato, a parte alcuni ricordi che gli erano cari, e il
futuro non avevano mai contato molto per lui. E allora da dove venivano
quel fastidio e quella sensazione di spreco?
Non
sapendo come ribattere e soprattutto irritato da quelle sensazioni,
decise di tornare all’attacco invece che rispondere. Lo
shinigami doveva aver capito di aver fatto centro perché nei
suoi occhi era passato un lampo soddisfatto. Gliel’avrebbe
fatta pagare. Nessuno poteva permettersi di prenderlo in giro fino a
quel punto. Scattò in avanti, simulando un assalto diretto
al petto del suo avversario. Quello fu preso alla sprovvista, ma
reagì in fretta, frapponendo tra il suo corpo e gli artigli
argentei che lo minacciavano la death scyte. Il demone
cambiò all’ultimo momento la direzione del colpo e
lo colpì in pieno petto con un pugno, facendolo arretrare di
parecchi metri.
William
ci mise qualche attimo per riprendersi ma non ebbe quasi il tempo di
rialzare lo sguardo perché l’altro gli fu di nuovo
addosso. I colpi arrivavano dalle direzioni più disparate,
costringendolo sulla difensiva senza dargli la possibilità
di reagire. Alla fine riuscì a colpire il demone con la
death scyte, spingendolo lontano da sé e subito ne
approfittò per lanciare un attacco a distanza. Sul volto di
Zachary comparve un ghigno famelico e vittorioso. Proprio quello che
voleva ottenere. Saltò sul bastone dell’arma e lo
percorse in un lampo. Le unghie della sua mano sinistra si ritrassero
e, quando fu davanti allo shinigami, lui afferrò gli
occhiali di William prima che questo potesse anche solo reagire,
strappandoglieli dalla faccia e poi allontanandosi per riprendere la
distanza di sicurezza.
Il
moro sbatté le palpebre per qualche attimo, mentre la sua
mente analizzava quello che era appena successo. Quando finalmente
capì un’espressione orripilata comparve sul suo
volto. “Dannato! Restituiscimi subito i miei
occhiali!” urlò irato facendo un passo avanti, ma
ottenne solo di andare a sbattere conto il tavolo, facendo cadere un
paio di piatti. Non riusciva a vedere quasi nulla. La sala si era
ridotta a macchie di colore sfocate e lui non aveva il minimo senso
della profondità. Quel dannato lo aveva fatto apposta. I
suoi attacchi servivano solo a distrarlo e lui ci era cascato. Doveva
trovare il modo di riavere indietro quegli occhiali e doveva farlo al
più presto. Ma come?
“Se
no cosa mi fai, shinigami?” fece il demone, sarcastico. Il
suo tono era pungente. “Mi sono sempre chiesto quanto foste
ciechi senza questi cosi, e devo dire che avete la vista più
povera di quello che mi aspettavo”. Rise sinceramente
divertito quando l’altro in uno scatto di irritazione fece
cadere un vaso. “Sei uno spasso, Willy, davvero! Poi vederti
barcollare così è la fine del mondo!”.
Si avvicinò a lui da dietro e gli diede uno spintone,
facendolo quasi finire sul pavimento.
“Maledetto
bastardo!” esclamò William, sempre più
in collera, voltandosi subito, ma la creatura infernale si era
già allontanata. Cercò di orientarsi seguendo la
voce del suo nemico, ma era chiaro che quello si spostava di continuo
per impedirgli di capire dov’era veramente. Strinse i pugni.
Lo sentiva ridere dei suoi tentativi visibilmente patetici di
riprendere il controllo della situazione. Maledizione. E ora cosa
avrebbe dovuto fare? Se già faceva fatica a tenergli testa
avendo gli occhiali, senza era totalmente impotente. Quel moccioso era
molto più furbo di quello che sembrava e soprattutto al di
là del suo atteggiamento infantile c’era una vena
di malizia vendicativa che lui non aveva considerato. Una folata
d’aria alle sue spalle lo riportò al presente.
Quel dannato aveva aperto una finestra. Se ne stava andando?! E con i
suoi occhiali per di più?!
“Sai,
Willy, mi piacerebbe restare qui a giocare con te” disse la
voce del demone alla sua destra. “Ma il tuo collega sta
arrivando e io devo finire un lavoro che mi è stato
affidato. Anche io ho dei “superiori” a cui
rispondere purtroppo”. Si udì il rumore di
qualcosa di leggero che cadeva a terra e poi quello dei vetri rotti.
“Alla prossima, Willy! Non mi scordare, mi
raccomando!”.
Il
moro non tentò neanche di seguirlo. Aveva smesso di
prestargli attenzione quando aveva udito il secondo suono. Era
impallidito di colpo. Aveva capito subito quello che quel dannato aveva
fatto. Si avvicinò a tentoni al punto dove il demone era
stato fino a pochi secondi prima e le sue dita raggiunsero i frammenti
delle lenti di quelli che una volta erano i suoi occhiali. Non ci
poteva credere. Quello era il peggior insulto che si potesse fare a uno
shinigami. Gli aveva rotto gli occhiali. Glieli aveva presi con
l’inganno e poi li aveva schiacciati senza ritegno sotto
quelle sue dannate scarpe, ridendo di lui e della sua
dignità. La rabbia gli esplose dentro, incontrollabile. Non
glielo avrebbe mai perdonato. Mai. Quell’essere insulso
meritava solo di morire per mano sua. Balzò in piedi,
furioso. “Zachary, dannato!” gridò, la
voce piena di astio. “La prossima volta che ci vedremo ti
ripagherò per l’onta che mi hai versato addosso!
Io, William T. Spears, mi prenderò quella tua insensata
esistenza infernale, fosse l’ultima cosa che farò!
Ricordatelo, maledetto schifoso!”.
Si
affacciò alla finestra. Sapeva che il demone era ancora in
zona, percepiva ancora il suo odore, ma seguirlo sarebbe stato inutile.
Avrebbe anche potuto essere a pochi metri di distanza e lui non lo
avrebbe visto.
“Spears!”.
La voce del suo collega lo costrinse a voltarsi. L’altro
shinigami dovette notare subito gli occhiali rotti perché si
lasciò sfuggire un suono sorpreso. “Che
diamine…?”.
“Lascia
perdere. Vieni qui a darmi una mano, piuttosto”
ordinò lui, perentorio. Quando l’altro fu vicino
gli afferrò un braccio. “Hai fatto quello che
dovevi?”.
“Sì”
fu la risposta incerta. La rabbia negli occhi di William avrebbe
spaventato chiunque.
“Allora
andiamo. Ho bisogno di un dannato paio di occhiali nuovi”.
Quando
i due furono usciti, Zachary saltò giù dal
lampadario su cui si era accovacciato, un sorrisetto stampato sul
volto. Che spasso. Erano decenni che non si divertiva così.
Will gli piaceva sul serio, non vedeva l’ora di scontrarsi di
nuovo con lui. Raccolse la montatura deformata e la fece scivolare
nella tasca interna della sua giubba. “Me ne
ricorderò sicuramente, William T. Spears”
mormorò scavalcando il davanzale. “Sento che ci
incontreremo di nuovo, e sarà una grande
occasione…”.
“Questa
è la storia del nostro primo incontro” concluse
William, trattenendo a stento uno sbuffo. Che umiliazione. Si
sistemò gli occhi per l’ennesima volta. Ogni volta
che ci ripensava non poteva fare a meno di toccarsi la montatura, come
per assicurarsi che fosse ancora lì, atteggiamento che con
gli anni aveva finito per diventare un vero e proprio tic.
“Una volta tornato al Dipartimento sono stato sospeso per una
settimane e ho dovuto usare per quel lasso di tempo gli occhiali delle
reclute dell’Accademia”. I suoi occhi erano fissi
sul muro e non si azzardavano a toccare i presenti.
“È stato frustrante e vergognoso. Gli occhiali
rappresentano tutta l’essenza di quello che è uno
shinigami e vengono dati solo a chi è capace di capire il
valore che ha ogni vita che togliamo. Rompendoli Zachary ha mandato in
frantumi non solo il mio orgoglio, ma anche tutto quello che sono.
Ricostruirlo non è stata un’operazione
semplice”.
Il
silenzio calò nella stanza per circa un minuto, poi Kyler,
senza preavviso, tirò un pugno in testa al suo protettore,
cancellando il sorrisetto che quest’ultimo aveva sul volto.
“Ahia!”
esclamò il demone preso alla sprovvista, massaggiandosi il
capo. “Ehi, che diamine ti è preso?!
Perché mi hai colpito?! Che ho fatto?”.
“E
hai anche il coraggio di chiederlo?” esplose il ragazzo,
irritato. “Sei un bastardo insensibile e lo sei sempre stato!
Ti sembrano scherzi da fare?! Ora capisco perché William ce
l’ha tanto con te! Gli hai fatto il peggiore dei
torti!”.
“Sono
un demone, è normale che io non comprenda certe cose. Me lo
disse Will stesso quel giorno, durante il nostro scontro”
rispose lui, piano. “Io penso solo a trovare modi per
scacciare la noia e fare quello che voglio, tutto qui. Che me ne
importa della vita e dell’orgoglio?”.
“E
invece te ne importa eccome, Zachary Michaelis” lo
contraddisse William, fissando il suo sguardo su di lui e sorprendendo
tutti. “Ci ho messo anni a capirlo e la conferma
l’ho avuta solamente durante lo scontro con Gremory. Tu mi
hai fatto quel torto per ripicca contro le mie parole. Il tuo
è stato un modo tremendamente infantile di dirmi che ti
avevo ferito quando ho detto che la tua vita era vuota e priva di senso
e che tu non capivi il valore dell’esistenza.
All’epoca non sapevo di Gremory e del guaio in cui ti eri
cacciato. Ma neanche tu allora lo sapevi davvero come non conoscevi il
vero motivo della tua rabbia davanti alle mie affermazioni. Adesso
è chiaro ad entrambi”. I suoi occhi verdi andarono
ad immergersi in quelli cremisi di Zachary. “Questo
è anche il motivo per cui ho deciso che non posso ucciderti.
Se tra i demoni ne esiste uno che può passare da
“essere infimo” a “essere infimo che
capisce qualcosa” quello sei tu e me lo hai dimostrato con la
tua volontà di combattere per la libertà della
tua vita e di voler difendere l’esistenza di Kyler”.
Il
demone si affrettò ad abbassare lo sguardo, sentendosi
arrossire vistosamente a quelle parole. Erano un complimento, anche se
molto velato. E sentirlo dalla bocca di Will rendeva le cose ancora
peggiori. “È vero, me la sono presa
perché stavi dicendo la verità, ma mi sono reso
conto del vero peso di quella verità solo dopo che Gremory
mi ha impresso il sigillo” ammise, imbarazzato. “La
mia vita non aveva uno scopo, un senso. E ciò mi spaventava.
Così ho deciso di iniziare a cambiare e mi sono posto un
obiettivo. Ho iniziato a pensare al futuro e a smettere di vivere in un
eterno presente. Ma ho dovuto vedere la morte per capirlo”.
Rise amaramente. “Un po’ come voi shinigami durante
l’esame finale. Vedendo una vita lottare per non morire
imparate a rispettarla. Io, un demone che ha visto infinite volte
quello spettacolo, ho dovuto recitare la parte in prima persona e
provare sulla mia pelle quell’attaccamento disperato per
arrivarci”. Si lasciò sfuggire un sospiro.
“Capisco anche l’umiliazione che ti ho provocato,
te l’ho già detto due volte e lo ripeto. Ma ora
sta a te ammettere che sai perché non me ne sono
pentito”.
“Perché
è stata quell’esperienza a darti la
possibilità di capire il valore dell’esistenza di
cui ti avevo parlato” sospirò a sua volta Will.
“Che razza di idiota che sei, Zachary Michaelis”.
Incrociò le braccia sul petto. “Però
anche io ho capito una cosa dal nostro incontro. Che non esiste una
regola generale che valga per tutti i casi. Per quanto odi i demoni
devo ammettere che, come ho detto, esiste qualche esemplare
che non si adatta allo stereotipo e che può essere
tollerato. Ho capito subito che eri diverso dallo stereotipo e ne ho
avuto la prova quando più avanti ho incontrato i tuoi
simili”.
Zack
sorrise sincero, tornando a sollevare lo sguardo e sorprendendo
sé stesso con la sua reazione. Dannazione, gli stava
capitando sempre più spesso. Avvertì Kyler
passargli un braccio intorno alle spalle e vide i suoi occhi viola
brillare. Non poteva essere una cosa tanto brutta in fondo. Tanto come
demone era già un disastro, non è che gli
cambiava qualcosa avere una stranezza in più.
Anche
l’espressione dello shinigami parve farsi meno dura per un
attimo. Poi il suo sguardo lasciò il demone per posarsi sul
suo sottoposto che lo fissava con gli occhi sgranati. “Grell
Sutcliff, se devi dire qualcosa fallo e basta”
ordinò freddamente. “Odio essere
fissato”.
Il
rosso avvampò e in un attimo gli fu addosso. “Oh,
Will! ~ Che figo che sei! Ah ~” trillò estasiato.
“Hai ingoiato il tuo orgoglio e ci hai raccontato la vostra
storia! Che uomo coraggioso e integerrimo! E tutto restando glaciale
come tuo solito! Sei stato magnifico!”.
“D-Davvero?”
si lasciò sfuggire il moro, stupito, strappando una risata a
Zachary che lui però ignorò. Quella reazione era
l’ultima cosa che si aspettava. Certo, non aveva mai pensato
che Grell gli avrebbe riso in faccia, ma aveva creduto di ottenere
almeno qualche frecciatina. E invece il suo sottoposto lo guardava
ammirato e adorante. Sentendosi quasi arrossire, lo scostò,
anche se titubante. Che diamine gli prendeva?
“Certo!
Un vero uomo deve sapere anche affrontare le sue debolezze e il modo in
cui lo fai tu mi fa venire i brividi! ~” esclamò
Grell più convinto che mai, tornando ad arpionarsi al
braccio del suo capo. Rabbrividì di piacere. Non solo aveva
finalmente saziato la sua curiosità, ma aveva rivisto per un
attimo lo Will dei tempi dell’Accademia. Freddo e scostante,
ma anche un po’ più timido e pronto ad ammettere
che le regole non erano tutto, che si poteva sempre romperle e fare
un’eccezione. Semplicemente adorabile. Per non
parlare del fatto che le aveva riportato alla mente un altro episodio
particolare avvenuto durante quell’esame. Il solo pensiero la
faceva sciogliere. E poi quel lampo che aveva illuminato gli occhi del
suo futuro capo quando avevano preso l’anima del loro
obiettivo alla fine dell’esame era tornato quando il moro
aveva ammesso di aver imparato qualcosa dal suo scontro con Zachary.
William era orgoglioso ed introverso, ma sapeva anche ammettere i suoi
errori. Si sentiva fiera dello shinigami che il suo superiore era
diventato. “Oh, Will…Sposami!”.
William
si affrettò a dargli uno spintone per evitare che
l’altro cercasse di baciarlo. Sempre il solito idiota.
“Grell Sutcliff! Mi pareva di averti detto che non sopporto
le tue avanches” lo apostrofò, ma mancava il
disprezzo che aveva usato prima di cena. In compenso gli
rifilò un calcio in pieno petto spendendolo con la faccia
contro il muro, incurante delle sue ferite. Si era trattenuto troppo a
lungo dal farlo, aveva superato il suo limite di sopportazione.
“Ti faccio trasferire in Antartide appena torniamo in
ufficio”.
Il
rosso si accasciò sul pavimento, ignorando le sue minacce e
lasciandosi sfuggire un gemito di dolore ma non solo, che fece alzare
gli occhi al cielo al suo capo. “Oh Will, sì! ~
Questo è l’uomo rude e violento che mi fa
impazzire!” sospirò estatico, lanciando uno
sguardo infuocato all’altro shinigami. “Mi
mancavano i tuoi colpi! Anche se potevi evirare di infierire sul mio
viso!”.
“Cosa
mi tocca sentire…” borbottò quello,
voltandosi, mentre Zachary rideva come un pazzo e Kyler scuoteva il
capo senza però riuscire a trattenere un sorriso a sua volta.
“Che
coppia…” commentò il ragazzo, senza
sapere bene se essere esasperato o divertito. Però doveva
ammettere che i due dei della morte si compensavano meravigliosamente a
vicenda. Il gelo di Will si scontrava con l’iper
reattività di Grell e i suoi atteggiamenti controllati con
il modo di fare istintivo e passionale dell’altro.
Probabilmente il moro sarebbe stato l’unico capace di
insegnare al rosso un minimo di autocontrollo e quest’ultimo
il solo in grado di costringere il suo capo a sciogliersi un poco.
Sempre che ciò fosse possibile.
“Bene,
se avete finito di fare gli idioti, direi che ciascuno di noi
può ritirarsi nella propria cabina” disse Will.
Era chiaro che li voleva tutti fuori dai piedi. “Non ci siamo
ancora ripresi dallo scontro e un po’ di sonno farebbe bene a
tutti, te compreso, demone.
E poco importa se voi esseri infimi lo considerate come una specie di
lusso. Visto che ne hai l’occasione conceditelo”.
“Ma
io non ho sonno, Will!” si lagnò Grell sbuffando.
“Ho dormito per ore tra ieri e oggi!”. Sul suo
volto si aprì un sorrisetto malizioso. “Non
possiamo fare qualcosa di più divertente io e
te?”.
“Tu
non avrai sonno, ma io sono ancora stanco visto che non ho avuto la
possibilità di riposarmi come si deve”
ribatté il suo capo con un tono che non ammetteva repliche.
“Se non vuoi dormire sei libero di stare sveglio, ma va a
fare altro fuori
da questa cabina”.
Il
rosso sbuffò di nuovo, ma decise di non ribattere. Tanto
sapeva che William sarebbe stato irremovibile. E poi non voleva
rischiare di irritarlo di nuovo dopo la storia del bacio visto che il
suo capo sembrava non avercela più con lui. “Come
vuoi…” mormorò poco contento. Poi si
rivolse agli altri due. “Voi due che cosa avete intenzione di
fare?”.
“Io
seguirei l’esempio di William” rispose Kyler
alzandosi e stiracchiandosi. Si era reso conto solo in quel momento di
essere ancora stanco nonostante tutte le ore che aveva passato in stato
di incoscienza. Usare il potere della sua anima lo aveva sfiancato. E
lui avrebbe dovuto essere in forze se lui e Grell volevano applicare la
sua idea. “Penso che andrò a dormire
anch’io”.
“Io
invece non ne ho nessuna voglia” fece Zachary, mettendosi a
sua volta in piedi. Aveva pensato di riprendere il suo allenamento, ma
di sicuro il rosso avrebbe insistito perché passassero
quelle ore insieme, tanto per non annoiarsi. “Se vuoi ti
tengo compagnia, Grell”.
“Oh,
sarebbe fantastico, Zack-chan! ~” trillò lo
shinigami, passandogli un braccio intorno alle spalle. “Vedi
che se vuoi puoi essere un gentiluomo anche tu?”.
“Bene,
se siete a posto, ora uscite” li interruppe William, brusco.
“Vorrei coricarmi”.
I tre
si affrettarono a fare come veniva loro detto per non incorrere nelle
ire del moro. Era chiaro che Will doveva essere ancora irritato per
essere stato costretto a raccontare la storia del primo incontro suo e
di Zachary e loro non ci tenevano a peggiorare il suo umore. Kyler
augurò la buonanotte agli altri due e si chiuse in camera,
deciso a mettersi a sua volta a dormire, mentre il demone e lo
shinigami con i capelli rossi si incamminarono in direzione del ponte.
“Sai,
Grell, credo che approfitterò della situazione per chiederti
una cosa che mi gira in testa da un
po’…” disse Zack mentre si avviavano
lungo i corridoio bui.
“E
sarebbe?” domandò Grell, sistemandosi una ciocca
di capelli.
“Come
mai conosci mio fratello. Lui non è come me, di solito sta
alla larga dagli shinigami e quindi il fatto che vi conosciate mi
lascia un po’ perplesso. E già che ci siamo mi
piacerebbe che mi dicessi come se la passa”.
Sul
volto del dio della morte comparve un ghigno malizioso. “Oh,
io sono sempre più che contenta di parlare del mio
Sebas-chan! ~” disse con aria sognante. “E in
cambio tu potresti raccontarmi qualcosa in più su quel
demone tanto affascinante! Siete fratelli in fondo, no?”.
La
creatura infernale scosse il capo con un sospiro. Avrebbe dovuto
aspettarsi una richiesta del genere. Ora avrebbe dovuto rispondere a un
sacco di domande fuori luogo. Un sorrisetto si aprì anche
sul suo volto. Ma se si trattava di compromettere suo fratello lui lo
faceva molto volentieri.
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Salve
a tutti!! ^^
Lo
so, sono in ritardo di qualche giorno rispetto a quello che avevo
detto, ma rispetto al mio solito direi che è un netto
miglioramento!
Zack:
Non ci credo, sei riuscita ad aggiornare in ritardo pur avendo il
capitolo pronto…sei incredibile…
Mystic:
sei tornato a rompere? Cos’è, visto che Will ti ha
guastato parte del divertimento vieni a rifarti con me?? Comunque
c’è un motivo per il mio ritardo, a parte impegni
scolastici vari!
Zack:
Fammi indovinare, avevi paura che la tua idea per quello che sarebbe
successo tra me e William non fosse abbastanza buona!
Mystic:
…Ti odio, Zack -.-“
Zack:
*ridacchia* lo so!
Mystic:
…E la cosa peggiore è che ho ancora quel timore
*sigh* me lo diranno i lettori! >.< Comunque sia!
Perdonate il lieve ritardo e spero che il capitolo vi sia piaciuto!!
Per favore fatemi sapere cosa ne pensate!!
Zack:
E se fa schifo ditelo apertamente!
Mystic:
*lancia Zack fuori dalla stanza* Zitto tu! I ringraziamenti! Come
sempre un grazie a chi continua a leggere, seguire/preferire/ricordare
la storia. In particolare un abbraccio a Sakura Hikari e Rebychan per aver
recensito il capitolo! Mi stimolate moltissimo con i vostri splendidi
commenti!
Alla
prossima! (tra circa due settimane, se riesco anche prima!)
Mystic
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