S&J5
5. RUNNING BACK TO YOU
All this time we were waiting for each other
All this time I was waiting for you
We got all these words can't waste them on another
So I'm straight in a straight line
Running back to you
(OneRepublic - All This Time)
Robert Paxton era abbastanza confuso e sorpreso. Il Generale Richards,
per motivi non precisati, voleva vederlo. Si fermò davanti alla
porta del suo ufficio e bussò.
"Venga dentro, tenente Paxton" disse Richards agitato.
Rob entrò e rimase perplessò quando vide Richards allungargli la cornetta del telefono.
"Una persona importante del governo inglese ti cerca. Rispondi a tutti
le sue domande" Richards gli ficcò in mano il telefono e
uscì l'ufficio lasciandolo solo.
Ancora confuso avvicinò la cornetta all'orecchio. "Pronto?"
"Tenente Paxton? Sono Mycroft Holmes" rispose una voce burbera.
Oh cazzo!
"Signor Holmes...non mi aspettavo una sua chiamata..."
"Volevo complimentarmi con lei per essere riuscito a penetrare nel mio laptop".
Merda, merda, merda.
"Non è stato per nulla facile, signore" ammise.
"Immagino...senta so che fa parte della sua squadra un certo John Holmes...come sta? E' vivo?"
Percepì una nota di preoccupazione nella voce di Mycroft Holmes.
"Sì, sta bene, in questo momento sta operando uno dei nostri".
"Bene, non gli dica assolutamente nulla di questa telefonata...lei sa chi è, giusto?"
Rob ghignò. "Certo che lo so. Stia tranquillo, non gli dirò una parola".
"Perfetto, sappia solo che presto salterà fuori tutta la verità".
"Compresa una spiegazione sul perchè i siti di suo fratello qui sono bloccati?" indagò Rob.
"Compreso quello. Grazie tenente, arrivederci".
"Arrivederci, signor Holmes" Rob riattaccò la cornetta.
Sul suo viso spuntò un sorriso enorme prima di uscire dall'ufficio del Generale.
Prima di dire tutto a Sherlock si era assicurato che John fosse vivo,
non voleva dargli delle false speranze, altrimenti l'avrebbe distrutto
sul serio.
Ma aveva saputo che John era vivo e stava bene, ed era giunto il momento che finalmente anche Sherlock lo sapesse.
"Sherlock!" entrò nella sua stanza ovviamente senza bussare.
Sherlock gli dava le spalle, chino su un microscopio e attorniato da un centinaio di provette dai colori più disparati.
"Che c'è, Mycroft? Sembri agitato" notò Sherlock senza distogliere lo sguardo dal vetrino che stava analizzando.
"Interrompi subito quello che stai facendo e siediti" Mycroft
versò un bicchiere di whisky per entrambi, Sherlock ne avrebbe
avuto bisogno di sicuro per reggere la bomba.
Sentendo il tono imperioso di Mycroft e vedendolo preparargli un whisky
intuì che si trattava davvero di qualcosa di importante,
confermato dalla cartella che aveva in mano.
"Un nuovo caso di importanza nazionale?" domandò ironico avvicinandosi alla poltrona.
"Non proprio" rispose Mycroft passandogli il bicchiere e sedendosi davanti a lui.
Sherlock prese il bicchiere e si sedette in attesa.
Mycroft prese un respiro profondo. "Ho scoperto perchè Paxton è entrato nel mio laptop".
"Hai intenzione di dargli la caccia?" commentò Sherlock ironico prendendo un sorso di whisky.
Mycroft assunse un'espressione seria. "Cercava informazioni sulla cattura di Moran".
Sherlock corrugò le sopracciglia irrigidendosi. "Hai scoperto perchè?"
"Suppongo gliel'abbia chiesto uno della sua squadra, tale John Holmes" rispose Mycroft.
"Mai sentito" disse Sherlock subito.
"Lo so, ho scoperto questa mattina che è in un programma di protezione sotto falso nome" spiegò Mycroft.
"Hai già mandato i tuoi uomini a recuperarlo?" domandò Sherlock.
Mycroft esitò. "Veramente...credo che dovremmo andarci noi due personalmente".
Sherlock lo fissò confuso. "In Afghanistan?"
"Precisamente" Mycroft annuì.
"Perchè?" Sherlock non riusciva a capire.
"Perchè si tratta di John" rispose Mycroft.
"Sì, di John Holmes, l'hai già detto..." mormorò
Sherlock che inspiegabilmente sentì il suo cuore aumentare i
battiti.
Mycroft scosse il capo. "Di John Watson, del tuo John, Sherlock".
Sherlock sgranò gli occhi. No, non era possibile, Moran gli aveva sparato, lui era morto...
"Ti sbagli Mycroft, se fosse vivo John sarebbe tornato da me più
di due mesi fa, alla notizia che ero tornato" disse Sherlock con
ovvietà.
"L'avrebbe fatto di sicuro, se solo in Afghanistan tutti i siti
contenenti le informazioni su di te non fossero stati bloccati. Lui non
ha la minima idea che tu sia vivo" ribatté Mycroft.
Sherlock gli rivolse uno sguardo shockato. "Non è possibile..."
"Lo credevo anch'io, ma leggi tu stesso" Mycroft gli passò la cartella di John Harry Holmes.
Già solo dal nome capì che era lui. L'aprì senza
esitazione e la prima cosa che vide fu una foto di John con i capelli
molto corti appuntata con una graffetta al primo foglio contenente
tutte le false generalità che erano servite per creare dei
documenti falsi. Scorse tutto velocemente, sempre più avido di
risposte, di sapere tutto di John.
Era andato in Afghanistan appena una settimana dopo che Moran gli aveva
sparato e si era salvato per miracolo. Era in mezzo alle bombe e alla
guerra da più di un anno e ogni giorno sarebbe potuto morire.
Lesse col cuore in gola l'elenco di missioni a cui aveva partecipato e
di come era stato ferito una volta al braccio da un pezzo di cemento
che si era staccato da una casa che era esplosa, e da una bomba che
aveva ucciso altri due commilitoni lasciando lui con un leggero trauma
cranico e una ferita sulla fronte.
"Sei sicuro che sia vivo?" domandò col cuore in gola.
Le informazioni si fermavano a tre mesi prima.
Mycroft annuì. "Prima di venire a dirtelo sono riuscito a
contattare Paxton che mi ha confermato che John è in buona
salute".
Sherlock abbandonò il capo all'indietro rilasciando un enorme
sospiro di sollievo, come se un gigantesco masso se ne fosse finalmente
andato. E Sherlock rise, gli occhi lucidi e la mente piena di John,
dicendo un paio di volte il suo nome.
"Come mai l'hai saputo solo adesso?"
"A quanto pare una delle condizioni di John era che io non ne sapessi
nulla. Sai anche tu che non è di certo il mio fan numero uno"
rispose Mycroft ovvio.
"Bene, andiamo a prenderlo" Sherlock balzò subito in piedi.
"Ho già fatto preparare il jet, poche ore e lo vedrai" Mycroft lo seguì in corridoio.
"E lo riporteremo a Londra" disse Sherlock felice come non mai.
"No Sherlock, lo riporteremo da te" lo corresse Mycroft.
Erano sul jet da quella che sembrava una vita e per tutto il tempo non
aveva staccato lo sguardo dalla cartella di John, in particolare dalla
sua foto, vecchia di un anno. Sapeva che quando si sarebbe specchiato
di nuovo nei suoi occhi azzurri finalmente quell'incubo sarebbe del
tutto finito.
Crederlo morto era stata la cosa più atroce che aveva sopportato
in tutta la sua vita e che tuttavia lo aveva reso anche più
umano. Ora con Mycroft aveva un rapporto decente, John li aveva
inconsapevolemente avvicinati. E per di più era in grado di
provare sentimenti, anche se solo verso John in maniera profonda e
totale.
Sapeva per certo che non voleva mai più rivivere il dolore della
sua perdita, un dolore che gli aveva sul serio spaccato il cuore in
due. Perchè John gli aveva fatto capire che anche lui ne aveva
uno.
Con l'indice accarezzò il viso di John che fissava l'obiettivo con espressione seria, da vero soldato.
Alzò lo sguardo e notò dall'altra parte del jet Mycroft
bere il tè e leggere il Telegraph. Sorrise, era sempre il
solito, nemmeno su un jet poteva fare a meno del tè inglese.
Si appoggiò col capo al sedile, lo sguardo puntato sulla parte
di cielo che vedeva dall'oblò e il pensiero su John. Le emozioni
che aveva provato nelle ultime ore lo avevano lasciato a dir poco
stravolto. Non si accorse nemmeno di scivolare nel sonno, in mano la
foto di John.
Si svegliò solo quando annunciarono l'imminente atterraggio
nell'aeroporto militare di Lashkar Gah. Si allacciò la cintura e
notò che il tè di Mycroft era sparito come anche il
giornale, ma quanto aveva dormito?
"Quattro ore, più o meno" rispose Mycroft alla sua domanda inespressa.
Guardò l'orologio che aveva al polso aggiungendo mentalmente quattro
ore e mezza. Erano le due di notte, decisamente un orario non molto
adatto per andare da John.
Un tempo non si sarebbe fatto problemi ad andare da lui negli orari
più impensabili, ma Mycroft gli aveva detto che John aveva
operato con molta probabilità per tutto il giorno e di sicuro
era a pezzi. Un tempo avrebbe pensato solo a se stesso, invece adesso
pensava anche a John e si preoccupava per lui. John aveva bisogno di
riposarsi e lui si sarebbe imposto di aspettare almeno le sei di
mattina prima di precipitarsi da lui come un disperato.
"Atterraggio effettuato con successo. Speriamo che il viaggio sia stato di vostro gradimento..."
Sherlock smise di ascoltare quelle parole inutili e si catapultò
fuori rimanendo stupito di quanto la notte afghana fosse fredda.
Indossò il suo cappotto nero e si fissò intorno, con la
consapevolezza che finalmente John era distante solo un paio di
chilometri da lui.
John si svegliò con una strana sensazione nello stomaco.
Fissò l'orologio che aveva legato al polso, le quattro e mezza
del mattino. Si passò una mano sul viso e poi afferrò in
modo automatico la foto decisamente rovinata di Sherlock che aveva
messo nella tasca dei pantaloni della divisa prima di iniziare
l'operazione durata ben sette ore per salvare il sottotenente Berry.
Aveva dato fondo a tutta la sua bravura e abilità e con enorme
soddisfazione aveva salvato la vita di quel ragazzo.
Fissò la foto e subito si perse con malinconia nel ricordare
com'era difficile e allo stesso tempo emozionante e travolgente stare
dietro alla vita frenetica di Sherlock e alle sue pazzie. Allora si
chiedeva molto spesso quando avrebbe fatto saltare in aria la casa con
uno dei suoi esperimenti o come fosse arrivato a dedurre tutta la sua
vita da un semplice telefono cellulare. Ricordava specialmente quando
suonava il violino apposta per lui. Sapeva che non gli faceva bene
sostare nei ricordi passati, ma era più forte di lui. Sarebbe
stato ancora in grado di riconoscere la risata di Sherlock tra mille,
ricordava perfettamente quanto i suoi occhi color ghiaccio fossero
intensi, se chiudeva gli occhi riusciva a vedere Sherlock nei minimi
dettagli, non aveva dimenticato niente di lui.
Notò la luce del sole fare capolino nella tenda, l'alba stava
sopravvanzando, aveva passato senza nemmeno rendersene conto due ore a
fissare il soffitto ricordando la sua vita a Londra a fianco dell'unico
consulente investigativo al mondo. E con una fitta al cuore si accorse
che quella vita gli mancava come l'aria, ma ormai il suo ossigeno, il
suo Sherlock non c'era più e doveva adattarsi, suo malgrado.
"Buongiorno John" lo salutò Rob mettendosi seduto e
strofinandosi gli occhi con una mano per scacciare gli ultimi residui
di sonno.
"Buongiorno" rispose John alzandosi.
"Sembri strano, oggi" notò Rob mettendosi in piedi e uscendo dalla tenda subito dietro di lui.
John alzò le spalle, in effetti la sensazione alla bocca dello stomaco c'era ancora.
"Ehi ragazzi, ci sono novità grosse" li informò Tom raggiungendoli tutto gongolante.
Rob fece una strana espressione, John notò che non sembrava minimamente sorpreso.
"Stanotte è arrivato un jet con sopra un pezzo grosso del governo" annunciò loro Tom.
Proprio in quel momento notarono una jeep verde scuro fermarsi proprio davanti all'entrata della base.
Era abbastanza lontana, ma Rob gli porse un binocolo grazie a cui
riuscì a mettere tutto pienamente a fuoco, e rimase sorpreso di
vedere scendere Mycroft.
"Che ci fa qui Mycroft Holmes?" sbottò confuso.
"Perchè diavolo ha un ombrello?" domandò Tom, che a sua volta stava fissando tutto con il suo binocolo.
"Ce l'ha sempre a dietro, è una sua mania" rispose John e Rob annuì in perfetto accordo con le sue parole.
Poi sentì la stretta alla stomaco aumentare e la testa
iniziò a girare leggermente. Non era possibile, eppure dietro a
Mycroft era sceso...Sherlock, impeccabile nel suo completo classico
nero con tanto di camicia bianca.
"Sherlock" proruppe lasciando cadere nella sabbia il binocolo.
Senza nemmeno rendersene conto iniziò a correre verso di lui,
zigzagando tra le tende dei suoi compagni, sgusciando tra i vari
soldati che si erano appena svegliati e chiacchieravano di cose futili.
Corse più veloce che poté, perchè doveva
raggiungerlo, ancora la confusione in testa, perchè lui era
morto, Cristo, era morto. L'aveva visto con i suoi occhi buttarsi
giù dal Bart's, l'aveva visto sul marciapiede in mezzo a una
pozza di sangue col cranio fratturato, gli aveva tastato il polso e non
aveva sentito nessun battito.
Come medico era stato certo della sua diagnosi, era morto, eppure i
suoi occhi glielo avevano appena mostrato vivo e vegeto con Mycroft
scendere da quella jeep.
E a meno che non fosse diventato pazzo, era sicuro di averlo visto. Era
lui, e il suo cuore batteva più veloce non solo per la corsa che
stava facendo, ma anche per la speranza che tutto ciò non fosse
stato solo una sua allucinazione.
ANGOLO AUTRICE
Capitolo svolta!! Spero vi sia piaciuto.
Grazie
Nikki Potter
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