S&J7
7. THE DEPARTURE: YOU'RE THE ONLY EXCEPTION
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I'll love you for a thousand more
(Christina Perri- A Thousand Years)
Quando Sherlock si svegliò era ancora buio, ma una cosa l'aveva
ben chiara, anche se non riusciva a vedere quasi nulla: le gambe sue e
di John erano intrecciate e le loro fronti erano appoggiate l'una
contro l'altra. Per non parlare delle sue braccia che stringevano in
maniera possessiva il suo soldato. E lo stesso faceva John con lui,
sentiva il peso del suo braccio sul fianco, ma la cosa non gli dava
minimamente fastidio, anzi.
Approffittò della posizione privilegiata per osservare il viso di John, non l'aveva mai avuto così vicino.
La fronte era spaziosa ma non troppo, i capelli se possibile erano
diventati anche più biondi, probabilmente schiariti dal sole, ed
erano lunghi un paio di centimetri. L'abbronzatura non faceva altro che
risaltare ulteriormente il biondo, e le palpebre al momento coprivano
un paio di occhi che lui sapeva essere azzurro mare con striature di un
verde pastello. Sulle labbra non troppo sottili, al momento era
disegnato un leggero sorriso, segno che evidentemente stava sognando
qualcosa di bello e sperò di esserne lui l'oggetto. Notò
anche la barba non fatta da due giorni che iniziava a vedersi, ma che
non toglieva nulla alla bellezza di John.
Non aveva di certo lineamenti sottili e delicati, ma sentiva rimescolarsi qualcosa nello stomaco tutte le volte che lo guardava.
Non seppe per quanto tempo restò a fissarlo, ritornò alla
realtà proprio grazie alla voce assonnata di John, quando l'alba
era appena spuntata.
"La smetti di fissarmi?"
Sorrise. "Devo fare il pieno di te prima di partire".
John aprì per pochi secondi un occhio, sul viso un ghigno. "Ok, fa come ti pare".
Sherlock continuò ad osservarlo.
"Ma sono proprio così interessante?" domandò John dopo un po' aprendo entrambi gli occhi.
Sherlock deglutì, ecco il pezzo forte di John, quegli occhi di
un azzurro unico in cui avrebbe voluto specchiarsi tutte le mattine.
Ecco, avrebbe voluto essere per sempre la prima cosa che John vedeva
alla mattina.
"Non sai quanto" rispose convinto.
"Se lo dici tu" fu la risposta di John.
"Fra poche ore devo partire" disse solo.
"Lo so".
"Non voglio lasciarti qui" aggiunse.
Era preoccupato di quello che sarebbe potuto succedergli, lì
erano in guerra, uomini morivano spesso e ogni giorno. Sentì un
brivido di paura lungo la schiena.
"Lo so" ripeté John con una nota di dolcezza nella voce.
"Se tu dovessi...morire io..." non riusciva nemmeno a dirlo.
Ma non gli fu necessario perchè John lo zittò appoggiando
l'indice sulle sue labbra. "So anche questo. Non ho nessuna intenzione
di morire...starò attento, te lo prometto. E poi ci sentiremo
ogni giorno, avere un fratello come Mycroft in questi casi può
tornare davvero utile".
Sherlock sorrise leggermente più tranquillo. "Già, è vero".
John lo fissò intensamente. "Sta tranquillo, andrà tutto bene".
Sherlock si rannicchiò affondando il viso nel petto di John,
annusando appieno il suo profumo di muschio, legno, sabbia e anche
polvere da sparo. Un profumo da soldato, il profumo di John.
John trattenne un sospiro prima di scendere dalla jeep assieme a
Sherlock. L'autista, il soldato semplice Brian Redding, l'avrebbe
aspettato lì, seduto davanti al volante, per riportarlo al campo.
Accompagnò Mycroft e Sherlock verso il loro piccolo aereo
privato che invadeva la pista dell'aeroporto militare di Lashkar Gah.
Intorno a loro altri militari spostavano carrelli con armi e non
sembravano notarli, forse l'unica cosa che stonava davvero in quel
luogo erano i vestiti di due normali civili che Mycroft e Sherlock
indossavano.
Sentiva una stretta al cuore al pensiero che Sherlock sarebbe di nuovo
andato via, ma era necessario per la sua sicurezza, al momento per lui
non c'era niente di più importante della sua vita.
Si fermò davanti alla scaletta del loro aereo e li fissò
entrambi. Mycroft si avvicinò allungandogli la mano con un
leggero sorriso sulla faccia.
Con il cuore pieno di gratitudine ricambiò la stretta, del resto
se non fosse stato per lui non avrebbe mai saputo che Sherlock era
ancora vivo e viceversa.
"Tienilo d'occhio" disse indicando Sherlock che sbuffò.
"Ovvio. A presto John" lo salutò Mycroft.
John lo vide allontanarsi e iniziare a salire la scaletta, evidentemente voleva lasciare lui e l'altro fratello da soli.
Fissò Sherlock e si commosse nel vedere i suoi occhi lucidi.
Cosa doveva dirgli? Non ne aveva la minima idea, il quel momento,
davanti a quegli occhi color ghiaccio, il suo cervello era in completo
black out.
"Io..." proruppe incerto.
Le parole gli morirono in gola, soffocate dall'abbraccio improvviso e
forte di Sherlock. In effetti non c'era da dire nulla, quel gesto era
già sufficiente ad esprimere le parole di entrambi: sta attento,
mi mancherai ma ci vedremo presto.
Sherlock si staccò tenendogli le spalle con entrambe le mani e rivolgendogli un sorriso.
"Ti aspetto al 221B" disse con voce leggermente roca.
John annuì. "Mi raccomando non far saltare in aria l'appartamento e sii gentile con Mrs Hudson".
"Fidati, sarò un inquilino modello".
"Sisi, certo, vedremo" replicò John un po' scettico. "Mi metterò in contatto con te appena posso".
Sherlock annuì. "Va bene...allora...ciao John".
Lo lasciò andare e lo osservò voltarsi e raggiungere la
scaletta. Sentì una profonda stretta allo stomaco e una strana
emozione si impadronì di lui, forse il pensiero che avrebbe
potuto non rivederlo mai più, che gli sarebbe potuto succedere
qualcosa...e non voleva avere nessun rimpianto...ecco, probabilmente
era quello che lo fece scattare facendogli prendere una decisione
coraggiosa e anche rischiosa sotto certi punti di vista.
"Sherlock!" esclamò ad alta voce correndo verso di lui e
afferrandogli il polso per farlo voltare di nuovo verso di sè.
Lo fissò per un secondo nei suoi occhi chiaramente sorpresi e
lì, sul primo gradino della scaletta, John annullò tutti
i suoi timori e lo fece. Cancellò la distanza tra i loro volti
facendo finalmente incontrare le loro labbra.
Gli bastava anche solo un breve contatto con quelle labbra perfette, ma
a sorpresa sentì una mano di Sherlock sulla nuca che gli
impedì di allontanarsi.
Come ulteriore risposta sentì le labbra di Sherlock schiudersi
per consentirgli un contatto più profondo, e fu con un brivido
lungo la schiena che entrò con la lingua nell'antro caldo della
sua bocca. E iniziò una danza inizialmente timorosa e delicata
tra le loro lingue, per poi diventare quasi violenta e urgente.
Sentiva di stringere tra le mani i bordi della giacca nera di Sherlock,
ne staccò una per toccargli il collo, quel collo bianco che di
notte gli faceva venire dei pensieri impuri...oh cosa avrebbe voluto
fare a quel lembo di pelle candida sotto cui riusciva a vedere le
vene...
Percepiva chiaramente la mano di Sherlock sulla schiena aprirsi al
massimo per poi chiudersi leggermente facendo affondare i polpastrelli
e le unghie nella sua pelle. Di sicuro se non avesse avuto indosso la
divisa gli avrebbe lasciato dei segni rossi.
Il primo a staccarsi fu Sherlock, per mancanza di ossigeno
probabilmente. Notò che lo fissava con uno strano luccichio
negli occhi e sulle labbra era disegnato un sorriso compiaciuto, labbra
che al momento erano rosse e gonfie...non ricordava di avergli
mordicchiato il labbro inferiore, talmente tante erano le sensazioni
che aveva provato. In effetti gli girava un po' la testa.
Appoggiò la fronte contro quella di Sherlock, come avevano
già fatto un paio di volte, ed entrambi cercarono di riprendere
fiato. Dopo circa mezzo minuto si allontanò scendendo dal
gradino e sorridendogli probabilmente come un idiota.
"Adesso posso lasciarti andare" disse solo con voce ancora leggermente affannata.
Sherlock annuì, anche lui con un sorriso durbans. "Quando torni dovremmo riprendere questo discorso".
John ghignò. "Ovvio".
Entrambi scoppiarono a ridere, una risata leggera e cristallina.
Sherlock salì i gradini al contrario per poterlo fissare il
più possibile, poi una volta in cima mise la mano aperta sopra
il cuore per poi richiuderla a pugno, portarsela alla bocca, baciarla e
poi riaprirla verso di lui.
John sapeva esattamente quello che Sherlock aveva intenzione di
comunicargli ma che non riusciva a dire a parole: il mio cuore è
tuo.
"Anche il mio" rispose infatti.
Sherlock annuì e gli rivolse un ultimo sorriso prima di entrare nell'aereo.
E con il cuore più leggero si allontanò dalla pista
osservando un consistente pezzo del suo cuore allontanarsi in attesa
dell'altra metà che l'avrebbe raggiunto tra due settimane.
"A presto Sherlock" sussurrò John al vento osservando l'aereo
diventare sempre più piccolo nel cielo afghano fino a scomparire.
Ovviamente, anche se Mycroft non gli disse nulla, Sherlock era
perfettamente a conoscenza che aveva visto tutta la scena da un
oblò.
"Hai qualcosa da dire?" domandò osservando la prima pagina del
Telegraph, grazie a cui non poteva vedere la sua espressione.
Mycroft abbassò il giornale quel tanto per poterlo guardare in
faccia, un bel ghigno sulle labbra. "Solo una parola: finalmente".
Sherlock aggrottò le sopracciglia.
"Tutti, persino io che di sentimenti non ci capisco niente, avevamo
capito che tra di voi c'era qualcosa di più di una semplice
amicizia...anche se devo dire che ero certo che saresti stato tu a fare
il primo passo, visto quanto John sia sempre stato convinto di essere
eterosessuale. A quanto pare questi tre anni hanno demolito le sue
certezze...o meglio tu gliele hai demolite, fratellino".
Sherlock fece una smorfia, odiava essere chiamato fratellino, e Mycroft
lo sapeva bene. Durò solo un secondo perchè poi
rifletté attentamente sulle parole di suo fratello.
"Quindi per te lui è ancora etero..."
"Credo che tu sia l'unica eccezione, Sherlock, l'unico che potesse
stravolgere tutto. Infatti è quello che hai fatto...sono felice
per voi due" disse Mycroft riprendendo a leggere il giornale.
Sherlock si abbandonò sul sedile, il sorriso dipinto sulla
faccia e in mente l'immagine di John e le sensazioni intense del bacio
che lo avevano lasciato tramortito. Era bastato solo un bacio a fargli
tremare le gambe, chissà il resto...sentì un brivido
lungo la schiena al solo pensiero.
Beh anche John era la sua eccezione...il suo cuore non avrebbe mai
potuto amare nessun altro se non colui che aveva sciolto il muro di
ghiaccio che lui stesso aveva costruito intorno per impedirgli di
soffrire.
Erano appena partiti e già non vedeva l'ora di stringere di
nuovo John, di baciarlo fino allo sfinimento e tutto il resto. Non
vedeva l'ora che quelle due settimane finissero per poter stare
finalmente con lui come entrambi a quanto sembrava volevano, come lui
aveva desiderato già da prima di fingere la sua morte.
Sentì qualcosa di duro nella tasca della giacca, e
aggrottò le sopracciglia confuso. Infilò la mano e
spalancò la bocca per la sorpresa.
Lì, sul palmo della sua mano, c'era la piastrina di John. Sul
davanti era inciso John H. Holmes e sul retro, scritto a mano con
qualcosa di contundente, solo il suo nome, Sherlock.
Probabilmente gliel'aveva infilata mentre lo stava baciando, era stato
talmente preso da lui e sorpreso anche che non se n'era proprio accorto.
Senza esitazione se la mise al collo e la strinse forte, l'avrebbe
fatto tutte le volte che la mancanza di John sarebbe diventata
insopportabile. Probabilmente era proprio per questo che gliel'aveva
data, per il suo carattere decisamente poco paziente.
John...pensava sempre a tutto il suo John.
Si sentivano tutti i giorni almeno una volta, di solito via Skype ma
era capitato anche solo per telefono anche se molto spesso saltava la
linea. John ricordava sempre con un sorriso quando Mrs Hudson l'aveva
visto con Skype vivo e vegeto. Era scoppiata a piangere mentre Sherlock
cercava maldestramente di consolarla senza grande successo in
realtà.
Non avevano più parlato loro due del famoso bacio, un po'
perchè tutte le volte che lo chiamava Sherlock era sempre a
Baker Street a riordinare l'appartamento e c'era sempre Mrs Hudson nei
paraggi, un po' perchè nemmeno lui era un asso nelle parole, ed
era innegabile che entrambi avevano voglia di rifarlo.
Lo capiva da come Sherlock lo guardava tutte le volte che accedeva su
Skype e si collegava con lui: riusciva a leggergli negli occhi quanto
lo volesse lì con lui e quanto fosse preoccupato.
Prima si raccontavano le rispettive giornate, anche se a volte
tralasciava qualcosa di un tantino pericoloso per non agitare Sherlock
che era già abbastanza nervoso di suo, poi ricordavano dei
vecchi momenti passati insieme oppure parlavano di Lestrade e Mrs
Hudson.
Ecco, la reazione che l'aveva stupito più di tutti era stata
quella di Greg. Si aspettava rabbia e invece l'aveva visto commosso e
decisamente sollevato quasi, quando l'aveva osservato sullo schermo del
laptop. Sherlock gli aveva rivelato che era stato Mycroft a sganciargli
la bomba, visto che nell'ultimo anno erano diventati parecchio amici.
Se l'era immaginato Mycroft che irrompeva nell'ufficio di Greg con
l'ombrello in mano e diceva "Sai la novità? John è vivo
ed è in Afghanistan, non è fantastico?"
No, di sicuro non gliel'aveva detto proprio così, però
rideva al solo pensiero della faccia che aveva fatto Greg,
perchè di sicuro Mycroft non era uno che andava tanto per il
sottile, come Sherlock nemmeno lui aveva la vaga idea di cosa fosse il
tatto. Perciò doveva avergli detto tutto senza preamboli o mezzi
termini, e se Greg non fosse stato un uomo forte di sicuro ci sarebbe
rimasto secco per un bell'infarto.
"Sai dove stiamo andando?" gli domandò Rob.
Erano sull'ultima di tre jeep dirette alla parte opposta della
città di Lashkar Gah per dare il cambio agli altri che li
aspettavano.
"Cambio turno di guardia Rob, te l'ho già detto" rispose John girandosi verso di lui.
Lui era seduto davanti con il tenente Murray e dietro c'erano Rob e il
sottotenente Ramsey. Tom invece era nella jeep davanti a loro con altri
due.
"Ancora quattro giorni poi andiamo a casa, non ne posso più.
Muoio dalla voglia di rivedere Alice" commentò Rob impaziente.
Lo capiva benissimo, anche lui non vedeva l'ora di stringere a
sè Sherlock. Tom invece aveva riferito loro di voler chiedere la
mano della sua storica fidanzata, Diane.
Insomma ognuno di loro aveva un valido e importante motivo per voler tornare a casa.
"Mi sa che nessuno di noi è più abituato alla pioggia di Londra" disse Murray divertito.
Scoppiarono tutti a ridere e fu l'ultima cosa che John ricordò
prima di vedere una palla di fuoco accompagnata da un forte boato.
Nello stesso istante a Londra Sherlock si svegliò di colpo dal
sonno leggero in cui era piombato dopo aver terminato la sera prima un
esperimento sulle unghie umane, nell'aria una strana sensazione.
ANGOLO AUTRICE
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e colgo l'occasione per augurare a tutti voi e alle vostre famiglie buona Pasqua.
Baci
Nikki Potter
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