Capitolo 4: Silent as
a grave …
La
carrozza con il blasone della famiglia De Chagny viaggiava spedita per
le strade parigine, affollate di persone indaffarate. Christine,cullata
dall’andamento della vettura, pensava alle ultime parole che
madame le aveva detto: “Mi raccomando presta attenzione lungo
la strada. Il cammino che hai scelto non è certo facile da
percorrere, ma è ricco di insidie e turbamenti.”-
Sapeva che la sua vecchia tutrice non si riferiva alla strada per
Villemomble, ma che, sepolto sotto quella semplice raccomandazione, si
nascondeva un avvertimento in piena regola. Madame la stava mettendo in
guardia su Erik, su quello che avrebbe potuto fare nel momento in cui
se la fosse ritrovata davanti e sui rischi che correva se la famiglia
di Raoul avesse scoperto questa sua visita. Christine aveva imparato
tempo addietro come interpretare le frasi sibilline della vecchia
insegnante del balletto.
Scostò le tendine dal finestrino e sobbalzò
quando si rese conto che la carrozza stava passando su place de
l’operà: guardò
quell’imponente edificio,sulla cui cima, brillava al sole
primaverile la statua d’oro di Apollo con la lira. I ricordi
cominciarono a riaffiorare prepotentemente, nonostante li avesse chiusi
in un cassetto della sua mente. Lacrime salate le scivolarono come
perle lungo le guance; chiuse di scatto la tendina e si
abbandonò ad un pianto liberatorio,contro il sedile della
carrozza. Come poteva vivere con un tale peso sul cuore, come poteva
andare avanti a nascondere un tale segreto … doveva
assolutamente parlarne con qualcuno, ma con chi? Si rese
improvvisamente conto di essere sola. Nessuno poteva recare conforto al
suo cuore …né Raoul,né madame
Giry,né Meg,né tantomeno Madame De Chagny
…
L’unica persona che poteva guarirla da quel male
che la distruggeva dentro, era lui, Erik. Ma era anche
l’unica persona che in quel momento, da quanto le aveva detto
madame Giry, non voleva vederla … non c’era via di
scampo da quell’impasse!
L’unica cosa che forse poteva calmarle i nervi in quel
momento era una visita alla tomba dell’adorato padre.
Aprì il piccolo oblò che stava alle spalle del
cocchiere : “Maurice facciamo una deviazione, mi porti al
cimitero monumentale di Perè-Lachaise!”
-“Madamoiselle ho il preciso ordine di riportarla alla
residenza senza nessuna sosta o deviazione; ordini della
contessa!” rispose perentorio il cocchiere
attempato,girandosi per intimidire la giovane con lo sguardo.
-“Maurice, la prego, ne ho bisogno … infondo vado
solo a far visita alle spoglie di mio padre. Parlerò
personalmente con la contessa e le dirò che voi siete stato
ligio al dovere e che mi avete impedito di andare, ma che io ho
insistito! Non si preoccupi non farò nulla per compromettere
il suo lavoro …” e accompagnò queste
parole con un sorriso che avrebbe fatto sciogliere il più
gelido dei cuori. Il cocchiere la guardò e sorrise, infondo
Christine gli era simpatica : “A madame potremmo sempre dire
d’aver trovato un ingorgo di carrozze!”e le fece
l’occhiolino.
Christine sorrise di rimando : “Grazie mille!”
richiuse l’oblò e si riaccomodò sul
sedile.
La carrozza procedette a rilento per almeno un altro quarto
d’ora, poi accelerò l’andatura e
Christine seppe di essere quasi arrivata. Infatti la vettura correva
libera, senza ostacoli, lungo il viale d’accesso
dell’immenso cimitero.
Dopo poco Maurice arrestò la corsa dei cavalli, che
nitrirono contrariati, e venne ad aprire la porta.
-“Maurice tornerò fra breve, non si
preoccupi.”
-“ Faccia con calma madamoiselle, io sarò qui ad
aspettarla, intanto farò riposare i cavalli.”
Christine voltò le spalle al cocchiere e si avviò
all’interno; c’era un ricordo legato a quel luogo
che la disturbava: l’ultima volta che era stata lì
due degli uomini più importanti della sua vita
s’erano quasi uccisi a vicenda. Cercò
disperatamente di scacciarlo, ma rimase lì dinanzi ai suoi
occhi del nord. Vedeva lo svolgersi di quei funesti eventi, come
fossero in corso. Tornare lì era come rivivere quella fredda
mattina di dicembre in cui era andata sulla tomba del padre per
sbrogliare la matassa confusa dei suoi dubbi ed invece ,alla fine aveva
solo ingarbugliato di più la sua già delicata
situazione. Era come un deja-vu!
Quel posto incuteva un timore reverenziale : le tombe scure e
silenziose si ergevano verso il cielo, come a cercare il paradiso; i
fiori erano l’unica chiazza di colore in quel mare di bianco
e nero.
Si rammaricò di non aver nessun omaggio floreale da posare
sulla sepoltura paterna, ma rimediò quando passò
affianco ad un cespuglio di margherite selvatiche: ne raccolse un
piccolo mazzetto e lo legò con un nastrino blu che aveva al
polso. Sarebbero bastate per quella volta.
I piccoli sentieri tra le sepolture la portarono a destinazione. Si
avvicinò con rispetto al mausoleo dedicato al violinista
scandinavo, sul quale frontone campeggiava a chiare lettere il cognome
DAEE’.
Ricordi lontani le esplosero nella mente: il giorno del funerale del
padre,fu uno dei più terribili della sua giovane vita; il
cielo era cupo e sembrava volesse piangere la prematura scomparsa di un
così virtuoso musicista;al suo fianco c’erano solo
mamma Valerius e madame Giry, nessun altro piangeva la morte di Gustave
Daee’. Il padre non aveva molti amici e quei pochi che aveva
avuto, s’erano volatilizzati non appena lui era finito sul
lastrico. Il signor Daee’ era un uomo orgoglioso e non
avrebbe mai elemosinato nulla, quindi s’era rimboccato le
maniche e aveva fatto quel che poteva per crescere la sua unica figlia
in maniera quantomeno decorosa. Viveva alla giornata, di lavori
saltuari e quei pochi franchi che riusciva a racimolare erano destinati
unicamente alla sua piccola Lottie. Il giorno della sua morte non
c’erano nemmeno i soldi per i funerali, ma mamma Valerius,
borghese abbiente che aveva preso a cuore la sorte di Gustave e
Christine, volle dare degna sepoltura a quel pover uomo e gli
comprò una piccola cappella nel cimitero più
grande e famoso di Parigi. Christine non le sarebbe mai stata
abbastanza grata per quel gesto.
La giovane si inginocchiò sugli scalini del piccolo mausoleo
e cominciò a pregare per l’anima paterna.
-“Padre, cosa devo fare?”-chiese alla muta
tomba-“Devo seguire ciò che mi suggerisce la
società, ed avere una vita felice al fianco del caro Raoul,
o devo ascoltare il mio cuore ed inoltrarmi in territori sconosciuti,
dai quali non so se farò ritorno?” ovviamente
tutto rimase silenzioso ed immutato, non un rumore turbava la quiete
immortale di quel luogo.
-“Padre sono sola; anche madame Giry non mi è
più di alcun aiuto … ”
abbassò il capo e trattenne le lacrime, che ultimamente
facevano troppo spesso comparsa nei suoi occhi. Il padre non avrebbe
approvato questa sua condotta;le aveva insegnato ad essere forte e in
quel momento lei si sentiva tutt’altro che forte: si sentiva
come una bimba smarrita, alla ricerca di un caldo abbraccio in cui
infilarsi per farsi consolare.
-“Vorrei che tu e la mamma foste qui con me, a consigliarmi e
a confortarmi …mi manchi…” in quel
momento si sentì proprio una stupida: cosa poteva risolvere
quel discorso, anzi soliloquio, con la tomba del padre?
-“Nulla …”fu la risposta che si diede,
rispondendo ad alta voce ai suoi pensieri. Ormai era una donna, non
aveva bisogno che qualcuno la consigliasse o che la incoraggiasse, era
abbastanza matura da ponderare e fare le sue scelte.
Si alzò e salì i tre scalini di marmo nero che
portavano al piccolo cancello del mausoleo. Depositò il
piccolo mazzolino di margherite nell’inferriata e si fece il
segno della croce. –“Håll nära
mig till ditt hjärta”-‘tienimi vicina al
tuo cuore’ salutò il padre con una delle poche
cose che sapeva dire in svedese,era il loro saluto speciale. Se il
padre avesse potuto risponderle le avrebbe detto
‘Alltid’:sempre. Si voltò per tornare da
Maurice. Stava per scendere quei pochi gradini, quando qualcosa la
bloccò e le tolse il fiato: nell’esatto punto in
cui s’era inginocchiata per pregare, una rosa rossa,listata
di nero, giaceva abbandonata. Si precipitò a prenderla e si
guardò intorno: un’ombra nera scivolò
furtiva lontano. Christine cercò di seguirla, ma
l’ombra era già scomparsa.
-“Erik”- urlò, nella speranza che la
sentisse; sapeva che era ancora lì da qualche parte,
nascosto, da buon fantasma qual era, dietro qualche sepolcro.
–“Verrò a cercarti, ovunque tu ti
nasconda…”aggiunse poi, sussurrando.
S’incamminò, convinta ancor di più
della strada che aveva deciso di percorrere.
Corse verso l’uscita, verso Maurice, verso quella carrozza
che l’avrebbe portata tra le braccia premurose di Raoul
… braccia che purtroppo non erano quelle da cui voleva
essere stretta.
Farah’s
corner: comincio con il dire che questo capitolo è nato
sotto la stella della non-ispirazione. Infatti fa abbastanza pena, e
non aggiunge niente di che alla trama. Sinceramente non mi piace
nemmeno tanto Christine, che si piange addosso; insomma sono
insoddisfatta… Cmq spero lo stesso che leggiate e che alla
fine non mi maledirete per questo capitolo, che si è fatto
tanto aspettare ma che non è riuscito come volevo. Pardon!
Alla prossima volta ;)
Ps: credo che il prossimo capitolo sarà pov erik :D
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