53.
N
OTTE INFINITA
Parte
Seconda
All'interno del Devil's Kitchen il tempo
pareva essersi fermato, persino i clienti sembravano addirittura gli
stessi di un anno prima, mentre loro due, entrando, si sentirono
repentinamente più vecchi.
- Una vera e propria passeggiata lungo il viale dei ricordi.-
Commentò Max inarcando un sopracciglio.
- Mi piace.- Replicò Faith con convinzione.
Il ragazzo la osservò
sollevando un angolo della bocca.
- Si. Anche a me.-
Aguzzando la vista alla ricerca di un
tavolino libero, Max apprezzò nuovamente lo stile
retrò del locale. Ogni oggetto costruito interamente in
legno era stato lucidato e rispecchiava le luci gialle e rosse dei
faretti sospesi sopra di loro, a riprodurre i nostalgici tramonti del
vecchio West. Sul palco vicino al bancone alcune ballerine si stavano
esibendo in un raffinato numero di burlesque, rievocando il fascino
degli anni Trenta, una mescolanza azzeccata con l'atmosfera del posto.
Il ragazzo scovò un tavolo
poco lontano dal juke-box, momentaneamente spento per consentire al
pubblico di assaporare la potente voce della cantante biondo platino
eseguire un brano di Etta James.
- È davvero brava!- Esclamò Faith togliendosi il
cappotto e accomodandosi sulla sedia che Max le aveva scostato.
- Devo dire che hai avuto una bella idea a portarmi qui.-
Constatò lui sedendosi a sua volta.
- Beh, non volevo che la serata finisse.- Confessò
candidamente Faith.
La sincerità con cui
pronunciò quelle parole lo disarmò. La
guardò negli occhi ed ebbe l'impressione che avesse qualcosa
di importante e urgente da dirgli. Ma la ragazza tacque, e scosse la
testa perplessa, scoprendo un sorriso preoccupato.
- Che c'è? Ho sbagliato a rivelarti il mio pensiero?-
- No, no!- Ribatté lui prontamente - Sono contento di essere
qui con te stasera.-
Lei annuì, incerta.
- Bene.- Concluse non troppo convinta, allungando le braccia sul tavolo
e incrociando le dita delle mani, mentre tornava a prestare attenzione
allo spettacolo per allontanare il lieve imbarazzo che era calato tra
lei e Max.
Una cameriera dalle gambe lunghissime e
i capelli vaporosi saltellò davanti al loro tavolo.
- Ciao, ragazzi! Cosa vi porto?- Domandò con il marcato
accento del nord.
- Per me una Diet Coke, per favore.- Rispose Faith, e Max le rivolse
uno sguardo confuso.
- Per stasera credo di aver bevuto abbastanza.- Si giustifico lei.
Il ragazzo sorrise, poi
ordinò un Jack Daniels.
- Perfetto! Tra poco sarò da voi!- Ringraziò la
donna infilandosi la matita nella folta chioma di capelli a mo' di
fermaglio, e il taccuino nella tasca del grembiule orlato di pizzo
bianco.
Nel frattempo la bionda sul palco si
agitava tra enormi piume rosa e collane di perle, nel fragore di urla e
applausi dei clienti appostati nei primissimi posti sotto il palco.
Anche Faith applaudì, poi, a spettacolo
finito, prese a chiacchierare con vivacità della cena
all'Astor, raccontando a Max le sue impressioni e il discorso che le
aveva fatto Lynda, di come andava il suo lavoro a Los Angeles e della
visita di Addison alla sfilata della sera prima, mentre lui si limitava
ad ascoltare, sorridendo e annuendo di tanto in tanto,
godendosi la sua compagnia.
- Immaginavo che sotto ci fosse il tuo zampino!- Ammise la ragazza.
- Mia madre era così impaziente di farti le sue scuse,
così ho approfittato della tua sfilata per farvi
incontrare.- Confessò Max stringendosi nelle spalle.
- E mi ha fatto davvero tanto piacere rivederla.- Replicò
sincera lei, piegando la testa di lato, e i suoi occhi lampeggiarono.
Poi lo scambio di battute cedette il
posto ad una lunga pausa, e la domanda che più ossessionava
Max uscì fuori.
- Come va con Jason?- Chiese di punto in bianco.
Faith spostò lo sguardo
stupito dal viso della cantante sul palco a quello di Max, sbattendo le
palpebre come per schiarirsi la vista, e socchiudendo le labbra.
- Non aspettavi di chiedermi altro da tutta la sera?-
Ribatté quasi per temporeggiare. Eppure sapeva che
l'argomento sarebbe venuto allo scoperto. Era o non
era andata in quel locale apposta per parlarne? Ma ora che il momento
sembrava arrivato, desiderava rimandarlo ancora, e un inspiegabile
fastidio le fece uscire di bocca soltanto quelle parole.
- Beh, se io non avessi accettato il tuo invito a venire qui, non avrei
chiesto niente.- Affermò laconico Max arrossendo
leggermente. La studiò ancora per qualche istante,
augurandosi di non aver rovinato ogni cosa, poi decise di proseguire
con il discorso con dolcezza, nel tentativo di salvare la situazione.
- Te l'ho chiesto perchè è da quando siamo
entrati qui che ho la sensazione che tu debba dirmi qualcosa.-
Faith tentennò un poco e fece
vagare lo sguardo cercando il modo di parlargli senza ferirlo. Fu
salvata in corner dalla cameriera, che ritornò con le
bevande, e i due ragazzi la ringraziarono.
Notando che Max continuava a fissarla in
attesa di una risposta, Faith prese un lungo respiro e vuotò
il sacco.
- Jason mi ha chiesto di sposarlo.- Lo informò tentennando
un poco, passandosi un dito sul sopracciglio.
Max si irrigidì con il
bicchiere a mezz'aria per alcuni secondi, poi, per non farsi vedere
scioccato ai suoi occhi, bevve un po' di liquore, senza tuttavia
gustarne il sapore.
Ma Faith non se ne accorse. Continuava a
guardare il palco con gli occhi lucidi e la mente altrove.
- Guardami, Faith, per favore.- La pregò Max.
La ragazza voltò il viso
verso di lui.
- Hai accettato la sua proposta?-
Lei asserì con un lieve cenno
della testa, e Max si sentì stringere lo stomaco in una
dolorosa fitta.
- Ma... lo ami?- Sapeva bene che era una domanda azzardata e
irrispettosa, tuttavia sentì che era giusto porgliela.
Faith si trovò impreparata a
rispondere, ma allo stesso tempo realizzò che era inutile
portare ancora avanti quell'indecisione. Le porte che la separavano dai
suoi mostri interiori erano state abbattute da quelle poche parole
pronunciate da Max, e lei fu catapultata dritta di fronte alla scelta
che la tormentava ormai da mesi.
- Io... vorrei uscire a prendere un po' d'aria.- Si congedò
scostandosi una ciocca di capelli.
Con un terribile peso interiore, Max non
riuscì a comprendere il suo stato d'animo, ma la
lasciò andare ugualmente, e lei si infilò
velocemente il cappotto per poi fiondarsi fuori dal locale, lasciandolo
solo al tavolo.
Il ragazzo sentì il cuore
implodergli in milioni di domande senza risposta, e si
sforzò di allontanare la presunzione di credere che lei
provasse ancora qualcosa per lui. Non avrebbe reagito in quel modo se
fosse stata innamorata di Jason, ma c'era comunque qualcosa che non gli
tornava nel suo comportamento. Aveva
accettato la sua proposta di matrimonio malgrado non lo amasse? E
perchè aveva voluto prolungare la serata con lui portandolo
in quel locale? Non avrebbe potuto dirglielo durante la cena? Si impose
di aspettare ancora qualche minuto, poi uscì lasciando un
paio di banconote sul tavolo.
Non appena ebbe richiuso la porta del
locale alle sue spalle, l'aria gelida della notte lo costrinse a
stringersi nel cappotto e a sistemarsi meglio la sciarpa attorno al
collo. Scese i pochi gradini davanti all'ingresso facendo attenzione a
non scivolare sul ghiaccio, e vide Faith seduta su una panchina non
molto lontana, così la raggiunse e le si sedette vicino
senza dire nulla.
Fu lei ad interrompere il silenzio, con
la voce tremante e lo sguardo smarrito, sicura di ciò che
stava per dire.
- Credimi, Max, sono stanca di chiedermi cosa fare della mia vita e di
fingere che stando vicino a te io non provi più niente,
perchè in realtà non è
così. Ho trascorso l'estate e gli ultimi mesi quasi
aspettandomi che tu tornassi da me, ma quando ti sei ripresentato a Los
Angeles, inaspettatamente ti ho trovato... diverso. Dentro il
mio cuore avevo imparato a convivere con la tua assenza, e il rivederti
ha significato dover riaprire una porta che avevo già chiuso
senza rendermene conto. Tuttavia, mi sono lasciata trasportare dal
ricordo di ciò che siamo stati, e forse è stata
una mossa sbagliata. La verità è che vorrei
poterti dimenticare, ma a volte non ci riesco, ed ho il timore che non
ci riuscirò mai.-
- Non si possono cancellare le persone, Faith, lo sai.-
Mormorò il ragazzo prendendole delicatamente una mano.
Lei alzò gli occhi su di lui
e pianse.
- Posso sforzarmi e accontentarmi di qualcosa di meno, certo, ma non
sarei una persona vera. Qual'è lo scopo di vivere la mia
vita da spettatore e non da protagonista? Non voglio vivere dietro ad
una maschera. E forse Jason non sarà la persona giusta per
me, ma gli voglio bene, e so che lui ci sarà sempre, ogni
volta che avrò bisogno di un sostegno.-
Il ragazzo rimase in silenzio senza
sapere cosa aspettarsi.
- Ci sarà sempre una parte di me che continuerà
ad amarti, ma non riesco a trovare un motivo per cui è
giusto che io torni con te, Max.-
Lui avvertì un groppo in gola
e sentì i suoi occhi divenire umidi.
- Perchè io ti amo, non è sufficiente?-
Lei scosse la testa.
- Credere di amarci non mi basta, adesso...- Ammise in lacrime
accarezzandogli una guancia - È come se tutto
ciò che di buono, spontaneo e genuino tu mi hai lasciato
fosse stato irreparabilmente contaminato dalla tremenda ferita che mi
hai provocato e che mi ha cambiato nei confronti della vita. Anche
volendo non potrei più essere la ragazza che hai conosciuto
un anno fa, per il semplice fatto che io non mi sento più
così.- Asciugò una lacrima che scendeva lungo il
viso di lui - Io vorrei stare con te, ma non è giusto. Non
saremmo più come eravamo. Mi sento lontana anni luce da te, da noi.-
Max la guardò a lungo negli occhi, e lei
provò un brivido: il suo sguardo appariva profondamente
ferito e deluso.
- Ci ho provato, Max, credimi, e ho sperato con tutto il cuore e con
tutta me stessa di riuscire a fingere che tu non te ne fossi mai
andato. Ho trascorso notti intere a piangere e pensare a cosa
è giusto per me. Io ti amo, e so che non amerò
mai nessun altro come amo te. Ma sento che devo andare avanti,
perchè tornare insieme vuol dire fare un passo indietro che
io non posso concedermi.-
Si sentì un mostro vedendo che lo stava
facendo soffrire, ma quella era la pura verità, e malgrado
tutto, si sentì meglio per avergli parlato dei suoi
sentimenti.
Max distolse lo sguardo e
sospirò, smarrito.
- Da quando me ne sono andato da Los Angeles prima dell'estate non ho
fatto che pensare a te. Mi sono sforzato di tenere la mente occupata
con altri pensieri, con il mio lavoro. Ma non appena la giornata
terminava, tu stavi sempre lì, dietro ogni riflessione, ad
aspettarmi, per tormentarmi, farmi sentire in colpa per il mio
comportamento sbagliato. Potevo allontanarti ancora, ma sapevo che tu
non mi avresti lasciato in pace. Mi addormentavo ogni notte con il tuo
viso davanti, e la mattina appena sveglio mi voltavo con il timore di
trovarti al mio fianco, vedendoti dormire come quel mattino nella
casetta sull'albero. Con il passare del tempo ho accettato che tu sei
il centro di tutto, lo sei sempre stata, la base su cui ho costruito la
mia vita e attorno alla quale ruota ogni mio singolo pensiero. Temevo
che il tuo cuore battesse per qualcuno che non ero più io.
Non potevo negarti, fingere che tu non esistessi più, per il
semplice fatto che io ti amavo ancora, nonostante ti avessi lasciato.
Come un bambino ho cominciato a credere che ogni cosa tra noi sarebbe
tornata a posto.- Alzò le spalle, sorridendo amareggiato, e
la guardò in viso con il cuore che gli doleva - Non ha
funzionato.-
Lei piegò la testa di lato,
poi la scosse leggermente, rammaricata.
“Perchè
la vita è dannatamente complicata?”
Si chiese quando lui lasciò la sua mano e si alzò
schiarendosi la voce.
- A questo punto non mi resta che augurarti di trovare ciò
che potrà farti stare bene, Faith.-
Lei si commosse ancora.
- Posso... posso avere un ultimo abbraccio?- Gli chiese timidamente.
Lui restò immobile, e lei
intuì che non se la sentiva. Dentro di se, Max
avvertì crescere una silenziosa rabbia, ma capì
che non aveva più senso provare rancore. Quello che
desiderava era soltanto la sua felicità. Anelava
abbracciarla forte e non lasciarla più, ma l'orgoglio lo
frenava. Alla fine, lei aveva soltanto fatto la sua scelta, e non
avrebbe potuto dire nulla.
- Cosi, finisce qui, dove tutto è cominciato.-
Constatò tristemente lei alzandosi in piedi e guardandosi
intorno.
Max annuì e frugò
in una tasca del cappotto, estraendo una busta bianca.
- Anche se ormai non ha più valore, questa è per
te.- Mormorò porgendogliela.
Lei la osservò perplessa.
- Cosa c'è dentro?-
- La prova che volevi.- Rispose mantenendo un tono di voce fermo per
celare il suo dispiacere, e le lacrime che gli pungevano gli occhi lo
obbligarono a tenere basso lo sguardo.
La ragazza esitò qualche
attimo, poi prese la busta con la mano tremante.
- Ciao, Faith.- La salutò lui con un sorriso triste.
Faith lo osservò voltarsi e
allontanarsi senza aggiungere altro. Le dispiaceva che fosse finita
così, ma la decisione era stata presa, e non voleva
più tornare indietro e soffrire.
Rammaricata, guardò a lungo la
busta, pensando se sarebbe stato un bene aprirla, o se sarebbe stato
meglio gettarla via. La accartocciò in una mano, e si
avvicinò ad un bidone lungo la strada, accingendosi a
buttarla, ma cedette. Decise di aprirla,
e scoprì che conteneva due fotografie molto simili
tra loro. Le studiò e notò che si trattava della
fotografia che lei gli aveva regalato il giorno di capodanno, mentre
l'altra, un po' più ingiallita e sgualcita, era quasi
identica, ma recava una scritta sul retro:
“Max e Faith, Cleveland 1979”
La ragazza scosse la testa confusa, poi
sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca
non appena ebbe collegato ogni fatto riordinando la sequenza degli
eventi. Si lasciò di nuovo andare sulla panchina sentendosi
improvvisamente mancare le forze, mentre il suo cuore aveva iniziato a
picchiare a cento all'ora, in una sensazione mai provata in vita sua.
Tante coincidenze incomprese ora si spiegavano, e gli occhi verdi che
lei sognava da bambina non erano stati solo frutto di un'invenzione.
Erano gli occhi di Max che le avevano lasciato una traccia indelebile
nei suoi ricordi, offuscati dalla polvere del tempo. Le
tornò subito alla mente il discorso di Holly riguardo al
destino e alle anime gemelle, e scoppiò a piangere di
felicità.
- Quella pazza aveva ragione, di nuovo!- Esclamò piena di
entusiasmo e incredulità.
Il fato non aveva fatto altro che agire
per farli incontrare continuamente, e come una bolla d'aria che emerge
sulla superficie dell'acqua, una frase di Claude Gallay si fece largo
tra i suoi pensieri.
- Vi sono esseri il cui
destino è incrociarsi. Dovunque siano, ovunque vadano, un
giorno si incontreranno.- Recitò tra se
fissando il vuoto.
Ripresa dall'attimo di confusione,
chiamò Max ad alta voce alzando lo sguardo, quasi a cercarne
una conferma, ma si ricordò con delusione che lui non c'era
più.
Osservò nuovamente le due
fotografie, tremando come una foglia, mentre il suo cuore continuava a
battere veloce, e nella sua testa si ripetevano le apparentemente folli
teorie di Holly, mescolate alle numerose coincidenze che l'avevano
unita a Max.
Si alzò di scatto, come punta
da uno spillo, e corse a cercarlo, alimentando la speranza di poter
recuperare quello che doveva essere l'unico grande amore della sua
vita, ma non fu un'impresa facile con il vestito che si ritrovava
addosso.
“Non devi
essere andato tanto lontano, Max, a meno che tu non abbia preso un
taxi! Ti verrò a cercare fino in capo al mondo, se
necessario!” Pensò tra se, pregando
Dio di ritrovarlo al più presto e sperando che non fosse
troppo tardi per rimediare al suo sbaglio.
La storia era finita. Difficile da
accettare, impossibile da credere. Con le mani infreddolite infilate
nelle tasche, Max camminava lentamente nella neve tenendo lo sguardo
basso per non farsi scoprire a piangere. Emozioni e sensazioni si
scontravano nel suo cuore riempiendogli le orecchie di parole dette,
che parevano non avere più senso, e il dover per forza
cercare una risposta a tutto iniziava a tormentarlo. Non era possibile
psicanalizzare la scelta di Faith. Forse, pensò, non era
sufficientemente maturo per comprendere i motivi che l'avevano portata
a prendere quella decisione. Cosa poteva spingere una persona a non
realizzarsi e vivere la propria vita in base alle aspettative altrui?
Magari Faith non avrebbe sposato Jason, ma perchè sprecare
l'occasione di avere al proprio fianco la persona che il cuore ritiene
perfetta per se?
Si trovò d'accordo sul punto
in cui la scelta di lasciarla mesi prima aveva inesorabilmente influito
sulla loro storia, e sul modo della ragazza di guardare alla vita. Ma
lui riteneva che entrambi erano maturati, che ciò che li
aveva divisi, li avrebbe uniti, più forti di prima, e che
avrebbero portato la loro relazione ad un livello superiore.
Poi un nuovo, terribile pensiero: il
timore di non saper affrontare il futuro senza l'unico punto di
riferimento che aveva fermato la sua esistenza, dandogli le certezze
che lui aveva sempre inseguito.
Non aveva mai incontrato nessuno come
Faith: lei era l'unica persona con la quale si sentiva se stesso, senza
riserve, colei che lo completava come nessuno aveva mai saputo fare. Ed
ora si sentiva privo di un obiettivo, senza alcuno scopo nella vita.
Avrebbe voluto prendere un aereo e
tornare a Londra, fuggire da New York, la città maledetta
che li aveva uniti e poi divisi, lasciandogli come unica cicatrice il
capitolo più bello e, allo stesso tempo, più
brutto della sua vita.
Nonostante l'orario le vie della
metropoli continuavano ad essere affollate, e il rumore sempre
più forte di una macchina spargisale che stava risalendo la
strada lo distolse dai suoi pensieri, proprio pochi secondi prima di
sentire lo stridio acuto e prolungato dei freni di un'automobile e le
grida di alcune donne dietro di lui, sul marciapiede.
Voltò la testa, incuriosito
dal chiasso, e scoprì con terrore che la ragazza che aveva
appena salutato stava distesa inanimata su un gelido tappeto bianco che
si macchiava lentamente di rosso.
Quello che avvenne in seguito lo
ricordava a tratti. Alcune parti erano state rimosse dalla paura, dal
dolore, dal freddo nelle ossa, dal rumore fastidioso delle urla e delle
auto, divenuti improvvisamente troppo elevati per i suoi timpani.
Circondato dalle persone che iniziavano
ad affollare il posto, Max rimase chino sul corpo inerme di Faith,
chiamandola per nome dieci, cento, mille volte, e urlando invano a
squarciagola, affinché si risvegliasse da quel sonno
innaturale che le impediva di aprire gli occhi e di rispondere.
Si tolse il cappotto e lo
utilizzò per coprirla, avvolgendoglielo attorno con cautela.
L'autista del mezzo che aveva travolto
la ragazza si avvicinò con le mani sul viso contratto per lo
spavento e il dispiacere.
- Ti ho trovato, finalmente.- Mormorò la ragazza respirando
con fatica, gli occhi socchiusi.
Lui ringraziò il cielo.
- Ti amo, Max. Non ho mai smesso di farlo, e perdonami se non ho saputo
riconoscerlo. Spero che non sia troppo tardi per dirtelo.-
- Non è mai tardi per dire a qualcuno che lo ami.- La
rassicurò con un sorriso accarezzandole la fronte - Ti amo
anch'io, tanto.-
Passandole una mano tra i capelli,
sentì il sangue riscaldargli le dita, e capì che
una profonda ferita dietro un orecchio stava rendendo pericolosa la
situazione. Di scatto fece per prendere
il cellulare dalla tasca e chiamare i soccorsi, ma lei lo
guardò come se stesse per salutarlo una seconda volta,
quella sera.
- Vorrei che mi baciassi, Max, per favore.- Lo pregò
sottovoce, ansimando.
I suoi occhi, aperti a stento, lo preoccuparono, e
piangendo Max posò delicatamente le labbra sulle sue,
completamente stordito.
Non appena si rese conto che Faith aveva
smesso di rispondere al suo bacio, rialzò il viso e rimase
in silenzio, osservandola incredulo con il respiro affannato.
L'abbracciò forte posando la
testa sul suo petto, e la giacca di lana si tinse di rosso scuro,
facendogli avvertire un fugace tepore.
Si guardò intorno, mentre in
lontananza si udiva il suono ovattato delle sirene delle auto della
polizia. Di lì a poco sopraggiunse anche un'ambulanza, e gli
uomini in divisa si misero prontamente in azione per tenere lontano i
curiosi e bloccare il passaggio alle altre vetture.
Gli infermieri si chinarono sollevando
con prudenza il corpo di Faith per poi posarlo sulla barella, e fu
allora che Max notò alcuni fogli tra la neve, a pochi passi
da lui. Obbligandosi a riprendere il controllo sul suo corpo, si mosse
lentamente, li colse e realizzò che si trattava delle
fotografie sgualcite che avevano segnato l'inizio e la fine di tutto.
Allora pianse, stringendole forte al
cuore.
54.
L
E RAGIONI DEL CUORE
L'essere rimasta sola davanti all'altare
le aveva lasciato dentro una grande amarezza e una pesante solitudine.
Ma fu uno stato d'animo che non durò a lungo: la sensazione
di libertà e di accettazione del suo unico grande amore
allontanò da lei ogni negatività. Le dispiaceva
per ciò che era appena accaduto con Jason, certo, ma era
finalmente riuscita a capire qual'era la strada giusta da intraprendere
per vivere davvero. Si rese conto che la sua vita pretendeva di essere
goduta come meritava, che era giunto il momento di smettere di
rimandare una decisione che aveva già una soluzione che lei
stessa aveva paradossalmente portato sempre nel suo cuore, ma che si
era ostinata a non voler comprendere. Negare che Max era il suo destino
le aveva soltanto fatto perdere tempo. Ora voleva riprendersi
ciò che aveva perso.
L'auto-convincimento era stato un lavoro
per cui aveva dedicato forze che avrebbe potuto investire in altri modi.
Scomparvero tutte le persone presenti
alla cerimonia, scomparvero i fiori, la chiesa. Ma lei non avvertiva
alcun timore.
La sete di risposte era stata placata,
la voglia di riemergere era soffocante e rassicurante al tempo stesso.
La eccitava, la coinvolgeva, le donava il coraggio di ammettere a se
stessa di aver sbagliato.
Era Max l'uomo della sua vita, ed ora
che lo aveva compreso e accettato, desiderava soltanto abbracciarlo per
non lasciarlo più andare via. Dirgli che lo amava come non
aveva mai amato nessun altro, e ripeterglielo infinite volte. Lui era
la sua salvezza, il suo mondo, il suo cielo, l'inizio e la fine di ogni
sua giornata.
Doveva correre da lui, guardarlo negli
occhi e lasciare che le loro anime si fondessero in una sola, imparare
che le ragioni del cuore non esistono, per il semplice fatto che
l'amore vero non è mai costruito sui perchè.
Una fortissima luce bianca la avvolse
attirandola inesorabilmente a se, e lei camminava, raggiungendo
lentamente l'apice di quella fonte chiara, sospinta da una forza
invisibile. Il momento della rinascita si stava avvicinando, il tempo
di cominciare il nuovo anno accanto alla persona più
importante della sua intera esistenza stava arrivando.
Man mano che avanzava, il buio che si
lasciava alle spalle si allontanava trascinando via i dolori, le
insicurezze e i rimpianti degli ultimi mesi, come fumo nero che
svanisce nell'aria senza lasciare tracce.
Si accorse con stupore di
essere scalza e di non avvertire alcun contatto con la superficie.
Guardò indietro per l'ultima
volta, e si lasciò andare.
E
PILOGO
Dedicato
a Monica
Spiaggia
di St. Alexander, 19 aprile 2008
Peter
Gabriel "The Book Of Love"
http://www.youtube.com/watch?v=k3rHErrrZ20
Lo stretto sentiero che portava alla
Spiaggia dei Desideri era rimasto lo stesso di dieci anni prima, e il
profumo delle rose selvatiche che punteggiavano delicatamente di giallo
e arancio i cespugli lungo la scogliera si univa al canto dei grilli
nascosti nell'erba, a creare un'atmosfera carica di una dolce
malinconia. L'aria era straordinariamente
calda per la stagione, e Max ispirò a fondo quella fragranza
agrodolce e salmastra che la impregnava e lo riportava con la mente ai
ricordi di una vita che non era più la sua da molto tempo,
ma che non per questo rinnegava.
Anzi, la custodiva dentro di se come il
periodo più bello, quello che lo aveva aiutato a capire se
stesso, ad accettarsi per quello che era, e ad apprezzare le sue
qualità come i segni distintivi e più importanti
in una persona.
Dopo quella tragica notte a New York,
aveva deciso di dare una svolta radicale alla sua vita. La perdita di
Faith gli era servita come monito per apprezzare la vicinanza delle
persone che lo amavano, e capire che tutto il tempo trascorso lontano
da loro gli aveva fatto perdere di vista gli affetti e i valori
fondamentali per l'esistenza di ogni essere umano.
Una nuova ragazza era riuscita ad entrare
nel suo cuore, dandogli un figlio, Alex, dopo pochi mesi di matrimonio.
Insieme avevano deciso di trasferirsi a Santa Monica, in una graziosa
casetta vicino all'oceano, con il giardino e un dondolo sotto il
portico, e Max, insieme al cugino e ad Addison, aveva aperto un piccolo
ristorante sulla spiaggia, che nei week end era sempre al completo.
Ma, nonostante questo, non aveva mai
dimenticato il suo amore per Faith, né lo aveva ricercato in
altre persone, poiché sapeva benissimo che l'anima gemella
era una soltanto, e nessun altra ragazza avrebbe mai potuto
sostituirla. I momenti trascorsi con lei erano stati irripetibili nella
loro bellezza, e proprio l'unicità li aveva resi stupendi e
preziosi.
Non si era dimenticato dell'appuntamento
che lui e Faith avevano fissato per il 19 aprile del 2008. Aveva atteso
da tanto l'arrivo di quel giorno, ma, quando arrivò, il suo
cuore lo percepì come la fine di un racconto rimasto in
sospeso per troppo tempo, forse per merito dei tanti ricordi che
avevano affollato la sua testa da mesi e che erano riemersi con maggior
prepotenza dal momento in cui aveva fermato la macchina sul lato della
Pacific Coasthighway.
- Ci siamo quasi, Alex! Coraggio! Guarda che meraviglia!- Disse al
bambino che stava pochi passi dietro di lui.
Max aveva insistito per portarlo fino
alla spiaggia sulla schiena, ma Alex era tutto intenzionato a muoversi
per conto suo, fermandosi di tanto in tanto per esplorare l'ambiente
circostante.
- Ci sono, papà.- Rispose il bambino, incespicando nei
piccoli ciottoli lungo il sentiero.
Un cartello di legno consumato dalla
sabbia faceva capolino da dietro il tronco di un arbusto, indicando il
punto di arrivo, e poco dopo, quando il ragazzo alzò lo
sguardo, i suoi occhi si assottigliarono e diventarono lucidi di
commozione: non ci sarebbe stata fotografia al mondo che avrebbe saputo
rendere giustizia a quello spettacolo.
L'oceano gli si mostrò
esattamente come la prima volta che lo aveva visto. Con le sue mille
tonalità di verde e di blu, la superficie del Pacifico
risplendeva in una distesa di minuscoli diamanti, e il cielo, infinito
nella sua profondità, sprigionava una striscia arancio e
rossa, che annunciava l'avvicinarsi del crepuscolo.
Sullo sfondo, i tre scogli della
costellazione dell'Ariete si ergevano maestosi, coperti di una folta
vegetazione, e Alex li indicò, chiedendo al padre il motivo
di quella particolare disposizione.
Max lo prese per mano incamminandosi
verso alcune rocce che lui conosceva bene, e raccontandogli la stessa
storia dei desideri che gli aveva narrato Faith.
- E tu non hai mai scritto un desiderio lassù?- Gli
domandò candidamente Alex.
- No, ma li ho scritti qui dentro.- Rispose Max estraendo una bottiglia
da una cavità parzialmente celata dalla rena e da alcuni
rami secchi.
Non appena la toccò, una
tempesta di emozioni lo travolse, facendosi largo nel suo cuore, e gli
venne voglia di piangere. Non per dolore, bensì per la
nostalgia di una persona che gli aveva restituito la vita salvandolo da
un passato doloroso dal quale non era mai stato realmente in grado di
liberarsi.
Stappò con cautela la
bottiglia ed estrasse due pezzi di carta arrotolati, sotto lo sguardo
attento e silenzioso del figlio. I desideri di due persone ora erano
racchiusi tra le sue mani, e lui li custodì come un tesoro
per alcuni minuti immaginando di averli scritti soltanto il giorno
prima.
Improvvisamente sentì che non sarebbe stato corretto leggere
i pensieri di qualcun altro, violare la sua intimità. Ma si
ricordò di averlo promesso, e lentamente srotolò
i biglietti.
Tirò un sospiro di sollievo:
il primo era il suo.
“Avere la
fortuna di amare davvero almeno una volta nella vita.”
Non aveva alcun dubbio di esserci
riuscito.
Mise da parte il foglietto e
guardò a lungo il secondo, sul palmo della mano.
Alzò lo sguardo sul figlio, e
nei suoi occhi verdi trovò il coraggio di aprirlo, e
scoprire un altro pezzo di se. L'ultimo.
La calligrafia era quella di Faith, e come poteva
non esserlo? “Povero
stupido!”, si disse mentalmente.
Ripensò a lei nel momento esatto in cui lo aveva scritto
quel giorno di primavera, e fece scorrere le dita sulla carta, quasi
aspettandosi che l'inchiostro gliele macchiasse, come simbolo di
qualcosa che era rimasto ancora vivo dopo tanto tempo.
“Cambiare la
vita di qualcuno con il mio amore forse è una richiesta
assurda, ma voglio provarci. Per te, Max, l'unica persona al mondo che
ammiro e apprezzo per quella che è: un ragazzo alla continua
ricerca di se stesso negli altri. Perciò desidero solamente
che tu sia felice per il resto della vita. Io ho te, e non posso
chiedere altro.”
Max chiuse gli occhi, e rivide lo sguardo
dolce e sereno di Faith riaffiorare dietro le palpebre.
“Anche il tuo
desiderio si è avverato.”
Pensò guardandola negli occhi.
E lei gli sorrise.
R
INGRAZIAMENTI
Nato con
l'intenzione di ricordare mio padre, questo romanzo ha accompagnato,
durante la sua stesura, diversi anni della mia vita, in cui tante e
diverse cose mi sono accadute.
Eventi
tristi, divertenti, teneri. A seconda del momento vissuto, ho voluto
annotare con precisione quasi maniacale i pensieri che ho ascoltato e i
sentimenti che ho provato, con lo scopo di non farli mai risultare
banali, falsi o scontati, ma il più possibile vicini alla
realtà.
Ho
conosciuto persone che, con le loro idee, le loro speranze e i loro
principi mi hanno aiutato a descrivere al meglio le emozioni e le
sensazioni dei personaggi che ho raccontato.
Confesso
che parecchie volte mi sono trovato in difficoltà a
proseguire nella stesura, ma proprio grazie a queste persone sono stato
in grado di perfezionarla, migliorarla e, soprattutto, ultimarla.
Io
stesso, nonostante ne sia il “creatore”, ho
imparato tanto da questo romanzo, sono cresciuto un po' insieme a lui,
e posso tranquillamente affermare che “Le Ragioni del Cuore”
appartiene anche a tutti coloro che mi sono stati - e mi sono tuttora -
vicini.
Il
romanzo termina proprio nel momento in cui ne inizia per me uno nuovo:
la vita reale.
Max
rappresenta ciò che ero, che sono e che vorrei diventare.
Faith
è l'anima gemella, cioè la persona che tutti
cercano, non tanto per le sue qualità o i suoi difetti, ma
per la figura che completa ciascuno di noi, come noi stessi meglio
crediamo. La persona che pochi riescono a trovare, come dice Holly in
uno degli ultimi capitoli, o che addirittura pochi riescono a
riconoscere.
Chiamatemi
sognatore o visionario, ma sono convinto che da qualche parte nel mondo
ci sia una sorta di incastro perfetto tra due persone predestinate a
stare insieme.
Ed
ora passiamo ai veri ringraziamenti!
Alla
mia fantastica correttrice
di bozze: grazie per i tuoi consigli, per le tue lavate di
capo, per le notti trascorse a chiacchierare sempre delle stesse cose,
e per la spalla che mi hai offerto in uno dei momenti più
delicati della mia vita.
Ringrazio
un'amica lontana
- geograficamente parlando, ma sempre vicina nel mio cuore - per
l'affetto e la comprensione donatami. Grazie a te sono riuscito a
cambiare.
Grazie
alla mamma
per avermi fatto diventare quello che sono. Ti voglio bene!
Grazie a chi mi ha fatto male,
perchè se non l'avesse fatto, non avrei capito un tubo di me
stesso.
Grazie
alle persone che sanno
farmi emozionare anche solo per un istante.
Grazie
a tutti i miei recensori:
mi avete scritto parole bellissime, che spesso mi hanno fatto
riflettere.
Grazie
a chi non è più qui con me, che ho amato e che
non potrò - né vorrò - mai dimenticare.
Un
abbraccio,
M
arco
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