Anima d'acciaio
Thomas riprese conoscenza provvidenzialmente. Con uno sforzo disumano
attutì la caduta sua e delle due persone che stavano
precipitando con lui. Tara fece il resto: richiamato il Mjolnir,
scaraventò via i detriti che stavano per precipitare loro
addosso, poi crollò in ginocchio accanto a Clint.
Il giovane, vedendoli, sbatté le palpebre, confuso.
Strisciò indietro, spaventato.
- Come... com'è possibile?..-, bisbigliò con gli
occhi
sgranati, occhi chiari, i suoi, come quelli di Loki, segno
inequivocabile dei suoi natali.
Clint gli si avvicinò lentamente, cauto, per non
innervosirlo
ulteriormente. Non sapeva se e come Thomas avesse imparato a
controllare le sue capacità, quindi non voleva correre alcun
rischio.
- Va tutto bene...-, gli disse con tono calmo.
- Sto impazzendo? Tu... voi siete morti!..-
Il padre gli sorrise, tendendogli una mano.
- Se fossi morto me ne accorgerei, Tom. Vieni qui...-
E l'altro lo fece. Afferrata la sua mano, si spinse in avanti e lo
strinse tra le braccia.
- Papà...-, gemette in un singhiozzo. - Mi dispiace
così tanto!..-
Clint, ovviamente, sapeva a cosa si riferiva: per lui, a livello
cosciente, erano passate solo poche ore da quando aveva detto al figlio
ragazzino di non essere il suo vero padre. Lo aveva fatto in un bosco a
centinaia di chilometri da dove si trovavano in quel momento, ed oltre
vent'anni prima.
La reazione del giovane Thomas era stata dolorosa per entrambi. Si era
sentito tradito da quella rivelazione e, in preda alla rabbia, l'aveva
insultato, arrivando, involontariamente, ad appicare il fuoco
tutt'intorno, incapace di trattenere i suoi poteri. Questo aveva
richiamato l'attenzione degli Osservanti e lui era stato catturato.
Thomas aveva convissuto con il senso di colpa per tutti quegli anni,
ritenendosi responsabile per la sua morte.
Gli accarezzò la nuca, cercando di placare un poco il suo
pianto.
- Va tutto bene.-, ripeté con dolcezza, - Non
è
stata colpa tua. E ora fatti guardare, sei così cresciuto!-,
aggiunse, spingendolo appena indietro.
Thomas accennò un sorriso, prima di asciugarsi il viso dalle
lacrime e dal sangue.
- Mi sei mancato così tanto. Cosa ti è successo?
Perché?..-
- Ne parliamo dopo. Ora dobbiamo andare via da qui e trovare un posto
sicuro. Tara? Ma dov'è finita?!-, esclamò Clint.
Thomas sollevò lo sguardo, solo per scorgere un piede della
donna sparire nel buio, sopra le loro teste, tra i pali su cui si stava
arrampicando in fretta.
- TARA!-, la chiamò, ma lei non gli diede ascolto.
- Oh, proprio tutti stupidi in famiglia, eh?!-, l'arciere si
lasciò sfuggire un commentaccio e sussultò,
quando vide
il figlio alzarsi in volo.
- Appunto...-, sospirò, quindi.
Sopra di loro, lo scontro tra Stark e Thor continuava; il dio non stava
affatto avendo la meglio.
Con un gemito di dolore sfondò una parete e
rotolò a
terra tra i calcinacci. In quei decenni il potere di Stark era
cresciuto a dismisura e Loki, ovviamente, non aveva avuto il buon senso
di dirglielo. A volte si chiedeva se suo fratello lo volesse ancora
morto.
Schivò con un balzo una sua cannonata, ma non poteva in
alcun
modo prevedere che Stark si sarebbe teletrasportato alle sue spalle. Un
colpo micidiale alla schiena lo costrinse a terra; tossì
sangue,
e per qualche istante rimase tramortito. Sentì il piede
dell'altro sollevarsi per poi schiantarsi sulla sua testa,
comprimendogli le tempie tra il cemento e il suo stivale di titanio.
Allungò il braccio, nel disperato tentativo di raggiungere
la
lancia, ma era troppo lontana e, al contrario del Mjolnir, non tornava
indietro se richiamata.
- Ti devo parlare!..-, rantolò.
Lo Spettro lo sollevò, afferrandolo per il collo con una
mano,
mentre con l'altra accendeva il cannone a meno di un palmo dal suo
volto.
- C'è solo una cosa che voglio sapere. Sii conciso.-, gli
ringhiò contro.
Ma l'unico suono che udì fu il fragore del martello di Tara
che
si schiantava contro il suo ventre e lo trascinava lontano, nel buio
della fortezza.
- Stavolta t'ho preso, stronzo!-, esclamò lei, sorridendo
soddisfatta.
Accorse dal padre, ma si fermò a un passo da lui, incapace
anche
di respirare, oltre che di parlare. Per tutta la vita si era chiesta
come fossero i suoi genitori: d'improvviso, aveva scoperto che uno di
loro era un dio morto trentacinque anni prima.
Ed eccolo lì, accucciato di fronte a lei, forte e potente,
benché ferito.
Incrociò i suoi occhi, così simili ai propri, e
ne fu
spaventata: non sapeva come, ma quell'uomo era responsabile della morte
di sua madre.
E se fosse stato pericoloso?
Poi lui sorrise, sinceramente e dal cuore, e lei si
rassicurò.
- S-sei mio padre?..-, gli chiese.
Thor si rialzò, scrollandosi di dosso la polvere per
apparire
almeno un poco più presentabile. Si sentiva a disagio e in
imbarazzo, ma, nonostante questo, molto felice. Le si
avvicinò e
le sfiorò il viso con una rude carezza.
- Ma guardati, poco più di una bambina e già
combatti
come una guerriera. Sì, sono tuo padre. Come ti chiami? Mi
dispiace, ma non conosco... nemmeno il tuo nome.-, chinò il
capo, abbattuto.
- Tara. Il mio nome è Tara.-
Thomas atterrò alle loro spalle, ed il dio del Tuono sorrise
ancora.
- Vedo che già conosci tuo cugino.-, disse, rivolto alla
figlia.
- Cugino?-, chiesero i due all'unisono, guardandosi confusi.
- Sì!-, intervenne Clint afferrandoli entrambi, - Una storia
lunga e perigliosa, ma questo NON è il posto adatto per fare
salotto e ripassare l'albero genealogico!-
Neanche l'avesse evocato, Stark ricomparve e volò contro di
loro con spietata ferocia.
Prima che a Clint sorgesse anche solo l'intenzione di impedirglielo,
Thomas si slanciò in avanti contro il suo vero padre. Le
loro
telecinesi si scontrarono e un'esplosione di energia, muta e
devastante, mandò all'aria ciò che restava di
quella
stanza immensa.
Senza curarsi delle macerie si allontanarono, balzando verso l'alto,
fuori dalla Fortezza di vetro.
- Loki mi ucciderà...-, mormorò Thor, dopo esser
riemerso da sotto un traliccio con Tara sotto braccio.
Clint strisciò fuori da sotto altri detriti; sanguinante, ma
non ferito gravemente.
- Credimi: se gli succede qualcosa, prima ti ammazzo io!-
Howard socchiuse gli occhi e si rigirò sulla schiena con un
gemito.
Aveva giusto intravisto lo scudo, prima che Rogers glielo sbattesse in
faccia. Si mise seduto, scostandosi via il rivolo di sangue che gli
scorreva lungo la tempia destra con la mano guantata. Dolore,
provò dolore. Questa sua caratteristica tutta umana l'aveva
sempre incuriosito. Le macchine non provavano quel tipo di sensazione.
Esaminò le macchie umide sulla superficie opaca del suo
guanto nero, affascinato.
Poi un suono gocciolante attirò la sua attenzione.
Guardò di fronte a sé e vide un'altra pozza di
sangue.
Non era il suo. Era impossibile ne avesse perso tanto.
Sollevò appena il viso, quanto bastava per scorgere Rogers,
avviluppato e trafitto da decine e decine di tentacoli metallici.
Sgranò gli occhi e, per la prima volta nella vita, il suo
cuore perse un battito, sconvolto dall'orrore.
Si rialzò in piedi, barcollando, in preda a uno
sconvolgimento emozionale che era del tutto incapace di gestire.
- J-Jarvis, no!-, esclamò.
La macchina allungò un tentacolo per sorreggerlo, ma il
giovane si ritrasse.
- Che gli stai facendo? Lui non è in grado di... lascialo!-
L'I.A. non obbedì, ma non cercò più di
toccarlo, rispettando la sua decisione. O forse la sua paura.
Howard
arretrò ancora. Era sempre stato pronto a considerare
qualsiasi unità
come sacrificabile, ma non... non Rogers. L'aveva sempre osservato,
sempre invidiato, questo perché, con tutta
probabilità, avrebbe voluto
essere come lui, o, per lo meno, ottenere la sua attenzione, se non la
sua approvazione.
Si era spesso chiesto cos'avesse Tara più di
lui, senza riuscire mai a spiegarselo. Non era in grado di comprendere
i sentimenti, altrui o propri che fossero.
- Ti ho detto di lasciarlo! E' un ordine!-, urlò.
Per
tutta risposta Jarvis conficcò un altro tentacolo nel corpo
di Steve,
che sussultò di riflesso; e poi lo ricoprì di
azoto liquido per
abbassargli la temperatura e mantenerlo vivo il più a lungo
possibile.
L'altro distolse lo sguardo e scosse il capo.
- Ascoltami: so
cosa stai facendo, ma non è questa la procedura corretta,
Jarvis... La
Fortezza è sotto attacco e mio padre è dovuto
scendere in campo, ma tu
non dovevi prendere Rogers. Non può reggere e lo sai
benissimo! Prendi
me al suo posto, avevamo un piano, rendiamolo operativo!-
La macchina lo schiaffeggiò con un cavo, costringendolo
indietro.
-
So che il mio prototipo non è ottimale, e che non abbiamo
neanche
lontanamente il numero di unità che ci servono... ma
tentiamo,
almeno!-, insistette e, quasta volta, lo schiaffo lo fece finire a
terra.
- Oh, quindi è me che vuoi proteggere!-, esclamò,
aggrappandosi alla parete mobile per rimettersi in piedi, - A questo
punto che differenza vuoi che faccia?! Spiegamelo! E' finita, Jarvis!-,
urlò.
Il corpo di Steve, sopra di loro, si scosse in violente convulsioni.
- LASCIALO, LO STAI UCCIDENDO!-
Corrugò
le sopracciglia e, prima che la macchina potesse fermarlo, estrasse la
seconda pistola dalla manica della giubba nera e se la punto sotto il
mento, facendo scattare la sicura.
- Mi ascolterai, adesso?!-, gli domandò con occhi lucidi.
Jarvis immobilizzò tutti i suoi tentacoli e il corpo del
Generale cessò di tremare.
Howard deglutì un singhiozzo amaro e colmo di tristezza.
- Qualche minuto in più non fa differenza e sono pronto a
spararmi...-, mormorò.
Accettò
una carezza della macchina, ma non spostò il dito dal
grilletto, più
che deciso a vincere quello scontro al limite della logica, o, forse,
della follia.
Una paratia si spostò e un'accecante luce
illuminò
la zona. Jarvis gli stava mostrando il suo cuore, al cui centro
brillava uno scettro antico, ornato da una pietra di smeraldo. Lo
scettro che, in un tempo remoto, Thor aveva forgiato per Loki e che
Tony aveva recuperato dalle macerie della Stark Tower, trentacinque
anni prima.
Pulsava il cuore della macchina, in un incrocio di piccoli fili
brillanti.
Il giovane esitò, facendo un passo indietro.
- N-No, non chiedermi questo!..-, gemette, mentre due lacrime gli
scorrevano sul volto.
- Lascialo andare e basta, puoi farlo!-
- No. Non posso.-, esplose improvvisa e dirompente nel
silenzio di quei sotterranei la voce di Jarvis.
- Ho delle direttive a cui non posso venir meno. Sono una macchina,
Howard.-
- NO! Tu hai libero arbitrio... tu...-
-
Posso prendere decisioni in base alle mie possibilità, come
ogni
creatura senziente nell'universo; ed è ciò che
sto facendo in questo
momento. Sai che non posso lasciare andare Rogers e non voglio prendere
te.-
- Perché no?!-
- Perché ti ho cresciuto, Howard, e
sei mio figlio, più che di padron Stark. Non posso e non
voglio farti
del male. Quindi fa' quel che devi e non guardarti indietro. Vivi come
un uomo.-
Howard allontanò la pistola dal suo mento e la
puntò con mano tremante.
- Ti voglio bene!..-, singhiozzò.
- Anche io.-
L'uomo chiuse gli occhi e premette il grilletto.
Il
proiettile sibilò nell'aria, andando ad infrangere la gemma
che esplose
in schegge. La luce iniziò a lampeggiare, i tentacoli
meccanici a
stridere violentemente gli uni contro gli altri. Steve
precipitò a
terra: con uno schianto, si abbatte sui lastroni di metallo.
Howard rimase paralizzato ad osservare il padre morire, incapace di
muoversi e di accettarne la perdita.
L'aveva ucciso lui... e per che cosa? Per un'unità che non
aveva fatto altro che criticarlo per tutta la vita.
Con
le energie che le rimanevano la macchina strinse lui e Steve tra le sue
spire e li sollevò verso l'alto, mentre centinaia di
esplosioni
iniziavano a dipanarsi in un effetto domino incontrastabile. Con un
ultimo abbraccio al figlio umano, li depositò in
prossimità dell'uscita
più vicina, poi sigillò l'apertura verso il basso
con i tentacoli,
proteggendo entrambi dalle fiamme e dai detriti.
- Mi dispiace!..-, gemette Howard, sfiorando i cingoli metallici con la
mano.
Fu
Ferrovecchio a scuoterlo dal suo shock. Fuoriuscito dalla sua manica lo
punse al viso con una delle sue zampette, poi si sollevò in
volo e
illuminò a giorno l'ambiente circostante, pigolando
concitato.
Howard si pulì il volto dalle lacrime.
- Hai ragione, amico mio...-, mormorò, - Non è
ancora finita.-
Si
avvicinò a Steve e si levò un guanto per potergli
sentire il polso. Era
debole, ma c'era ancora. Non si premurò di controllare altro
e se lo
caricò in spalla, mentre Ferrovecchio, sfruttando l'energia
del suo
microreattore, apriva la paratia per il corridoio attiguo.
Corse via, lottando contro il tempo per salvare non solo la vita di
Rogers, ma anche la propria.
Un'esplosione
colossale distrusse la metà della Fortezza alle sue spalle e
lo sbalzò
in avanti, facendolo andare a sbattere contro una parete. Gemette di
dolore ma si rialzò subito, caricandosi di nuovo del peso di
Steve e,
finalmente, raggiungendo i suoi alloggi.
Stark abbatté Thomas al suolo con tanta potenza da incrinare
da cima a fondo il pannello di vetro infrangibile.
Rimbalzò
più volte sulla superficie, prima di fermarsi, esausto,
dolorante e
senza fiato. Sollevò lo sguardo verso lo Spettro e
strisciò indietro,
terrorizzato. Aveva saputo sin dal principio che non avrebbe mai potuto
vincere quello scontro: ma, quanto meno aveva salvato suo padre e Tara.
Vide
il cannone della mano destra di Tony brillare e seppe con drammatica
certezza che quella luce azzurrognola sarebbe stata l'ultima cosa che
avrebbe visto.
Ma, all'improvviso, Stark si fermò, spense il cannone e si
voltò di scatto.
- Jarvis!-, esclamò.
Un
tremore violento scosse l'intera struttura; poi l'esplosione raggiunse
la superficie: miglia e miglia di terreno si sollevarono in aria, ben
al di là dei confini della Fortezza. Thomas
gridò, finendo sbalzato
indietro dal vuoto d'aria. Con disperazione si aggrappò al
bordo.
Trascorsero
agghiaccianti secondi, in cui non riuscì a vedere nulla a
causa del
pulviscolo sollevato da tutta quella devastazione, poi si
sentì
afferrare per la maglia e trasportare in alto a folle
velocità.
Al
di sopra della nube i cieli lampeggiarono di rosso per un ultimo
brevissimo istante, prima di tornare azzurri. Definitivamente, questa
volta.
Stark afferrò il giovane dietro la nuca e lo costrinse ad
alzare il capo.
- Guarda cos'hai fatto!-, gli urlò contro.
Thomas spalancò gli occhi e rimase agghiacciato.
- Oh mio Dio...-, gemette.
N.d.A.:
Ed eccoci qui, ci avviciniamo alla fine, ma tranquilli, mancano ancora
diversi capitoli, non so esattamente quanti, ma con questo siamo
entrati, di fatto, nella fase finale. Fa uno strano effetto dirlo, dopo
quarantatré capitoli dei Semi di Yggdrasill e sette di
Sognando Cieli
Azzurri (contando questo), ma, tant'è... Ok, è
l'una e mezzo passata e
sto diventando malinconica.
Grazie infinite a tutti voi, come sempre!
Passo e chiudo,
un bacione,
Ros.
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