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Autore: Rosebud_secret    03/06/2013    7 recensioni
“Si rigirò tra le mani il diario sfilacciato che l'aveva accompagnato per tutta la vita. Un feticcio dei primi anni della Grande Dittatura.
Chi ancora era in grado di ricordare quel periodo, lo ritraeva attraverso un sipario di speranze svanite. Tutto era bello, allora, tutto era giusto, a nessuno mancava nulla. Poi Anthony "Tony" Stark, il Supremo Benefattore, il Filantropo, come ancora lo chiamavano i vecchi, era scomparso alla vista, tramutandosi nel Carnefice Spettro e i cieli si erano tinti di rosso. Thomas non li ricordava azzurri, era stato, ancora una volta, suo padre a descriverglieli. Se pensava a come doveva essere stato il cielo, trentadue anni prima, lo immaginava proprio come gli occhi di suo padre.
Ad ogni modo, presto tutto sarebbe finito.
All'alba il popolo avrebbe posto fine alla tirannia di Stark e sparso per il globo le sue membra stracciate e sanguinanti, lasciandole alla mercé dei cani e dei corvi, cosicché tutti potessero vederle.”
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Sorpresa, Steve Rogers/Captain America
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Di Dei e Re'
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Anima d'acciaio




Thomas riprese conoscenza provvidenzialmente. Con uno sforzo disumano attutì la caduta sua e delle due persone che stavano precipitando con lui. Tara fece il resto: richiamato il Mjolnir, scaraventò via i detriti che stavano per precipitare loro addosso, poi crollò in ginocchio accanto a Clint.
Il giovane, vedendoli, sbatté le palpebre, confuso. Strisciò indietro, spaventato.

- Come... com'è possibile?..-, bisbigliò con gli occhi sgranati, occhi chiari, i suoi, come quelli di Loki, segno inequivocabile dei suoi natali.

Clint gli si avvicinò lentamente, cauto, per non innervosirlo ulteriormente. Non sapeva se e come Thomas avesse imparato a controllare le sue capacità, quindi non voleva correre alcun rischio.

- Va tutto bene...-, gli disse con tono calmo.

- Sto impazzendo? Tu... voi siete  morti!..-

Il padre gli sorrise, tendendogli una mano.

- Se fossi morto me ne accorgerei, Tom. Vieni qui...-

E l'altro lo fece. Afferrata la sua mano, si spinse in avanti e lo strinse tra le braccia.

- Papà...-, gemette in un singhiozzo. - Mi dispiace così tanto!..-

Clint, ovviamente, sapeva a cosa si riferiva: per lui, a livello cosciente, erano passate solo poche ore da quando aveva detto al figlio ragazzino di non essere il suo vero padre. Lo aveva fatto in un bosco a centinaia di chilometri da dove si trovavano in quel momento, ed oltre vent'anni prima.

La reazione del giovane Thomas era stata dolorosa per entrambi. Si era sentito tradito da quella rivelazione e, in preda alla rabbia, l'aveva insultato, arrivando, involontariamente, ad appicare il fuoco tutt'intorno, incapace di trattenere i suoi poteri. Questo aveva richiamato l'attenzione degli Osservanti e lui era stato catturato.
Thomas aveva convissuto con il senso di colpa per tutti quegli anni, ritenendosi responsabile per la sua morte.

Gli accarezzò la nuca, cercando di placare un poco il suo pianto.

- Va tutto bene.-, ripeté con  dolcezza, - Non è stata colpa tua. E ora fatti guardare, sei così cresciuto!-, aggiunse, spingendolo appena indietro.

Thomas accennò un sorriso, prima di asciugarsi il viso dalle lacrime e dal sangue.

- Mi sei mancato così tanto. Cosa ti è successo? Perché?..-

- Ne parliamo dopo. Ora dobbiamo andare via da qui e trovare un posto sicuro. Tara? Ma dov'è finita?!-, esclamò Clint.

Thomas sollevò lo sguardo, solo per scorgere un piede della donna sparire nel buio, sopra le loro teste, tra i pali su cui si stava arrampicando in fretta. 

- TARA!-, la chiamò, ma lei non gli diede ascolto.

- Oh, proprio tutti stupidi in famiglia, eh?!-, l'arciere si lasciò sfuggire un commentaccio e sussultò, quando vide il figlio alzarsi in volo.
- Appunto...-, sospirò, quindi.

Sopra di loro, lo scontro tra Stark e Thor continuava; il dio non stava affatto avendo la meglio.

Con un gemito di dolore sfondò una parete e rotolò a terra tra i calcinacci. In quei decenni il potere di Stark era cresciuto a dismisura e Loki, ovviamente, non aveva avuto il buon senso di dirglielo. A volte si chiedeva se suo fratello lo volesse ancora morto.

Schivò con un balzo una sua cannonata, ma non poteva in alcun modo prevedere che Stark si sarebbe teletrasportato alle sue spalle. Un colpo micidiale alla schiena lo costrinse a terra; tossì sangue, e per qualche istante rimase tramortito. Sentì il piede dell'altro sollevarsi per poi schiantarsi sulla sua testa, comprimendogli le tempie tra il cemento e il suo stivale di titanio. Allungò il braccio, nel disperato tentativo di raggiungere la lancia, ma era troppo lontana e, al contrario del Mjolnir, non tornava indietro se richiamata.

- Ti devo parlare!..-, rantolò.

Lo Spettro lo sollevò, afferrandolo per il collo con una mano, mentre con l'altra accendeva il cannone a meno di un palmo dal suo volto.

- C'è solo una cosa che voglio sapere. Sii conciso.-, gli ringhiò contro.

Ma l'unico suono che udì fu il fragore del martello di Tara che si schiantava contro il suo ventre e lo trascinava lontano, nel buio della fortezza.

- Stavolta t'ho preso, stronzo!-, esclamò lei, sorridendo soddisfatta.

Accorse dal padre, ma si fermò a un passo da lui, incapace anche di respirare, oltre che di parlare. Per tutta la vita si era chiesta come fossero i suoi genitori: d'improvviso, aveva scoperto che uno di loro era un dio morto trentacinque anni prima.

Ed eccolo lì, accucciato di fronte a lei, forte e potente, benché ferito.
Incrociò i suoi occhi, così simili ai propri, e ne fu spaventata: non sapeva come, ma quell'uomo era responsabile della morte di sua madre.

E se fosse stato pericoloso?

Poi lui sorrise, sinceramente e dal cuore, e lei si rassicurò.

- S-sei mio padre?..-, gli chiese.

Thor si rialzò, scrollandosi di dosso la polvere per apparire almeno un poco più presentabile. Si sentiva a disagio e in imbarazzo, ma, nonostante questo, molto felice. Le si avvicinò e le sfiorò il viso con una rude carezza.

- Ma guardati, poco più di una bambina e già combatti come una guerriera. Sì, sono tuo padre. Come ti chiami? Mi dispiace, ma non conosco... nemmeno il tuo nome.-, chinò il capo, abbattuto.

- Tara. Il mio nome è Tara.-

Thomas atterrò alle loro spalle, ed il dio del Tuono sorrise ancora.

- Vedo che già conosci tuo cugino.-, disse, rivolto alla figlia.

- Cugino?-, chiesero i due all'unisono, guardandosi confusi.

- Sì!-, intervenne Clint afferrandoli entrambi, - Una storia lunga e perigliosa, ma questo NON è il posto adatto per fare salotto e ripassare l'albero genealogico!-

Neanche l'avesse evocato, Stark ricomparve e volò contro di loro con spietata ferocia.
Prima che a Clint sorgesse anche solo l'intenzione di impedirglielo, Thomas si slanciò in avanti contro il suo vero padre. Le loro telecinesi si scontrarono e un'esplosione di energia, muta e devastante, mandò all'aria ciò che restava di quella stanza immensa.

Senza curarsi delle macerie si allontanarono, balzando verso l'alto, fuori dalla Fortezza di vetro.

- Loki mi ucciderà...-, mormorò Thor, dopo esser riemerso da sotto un traliccio con Tara sotto braccio.

Clint strisciò fuori da sotto altri detriti; sanguinante, ma non ferito gravemente.

- Credimi: se gli succede qualcosa, prima ti ammazzo io!-




Howard socchiuse gli occhi e si rigirò sulla schiena con un gemito.
Aveva giusto intravisto lo scudo, prima che Rogers glielo sbattesse in faccia. Si mise seduto, scostandosi via il rivolo di sangue che gli scorreva lungo la tempia destra con la mano guantata. Dolore, provò dolore. Questa sua caratteristica tutta umana l'aveva sempre incuriosito. Le macchine non provavano quel tipo di sensazione.
Esaminò le macchie umide sulla superficie opaca del suo guanto nero, affascinato.
Poi un suono gocciolante attirò la sua attenzione. Guardò di fronte a sé e vide un'altra pozza di sangue.
Non era il suo. Era impossibile ne avesse perso tanto.
Sollevò appena il viso, quanto bastava per scorgere Rogers, avviluppato e trafitto da decine e decine di tentacoli metallici.
Sgranò gli occhi e, per la prima volta nella vita, il suo cuore perse un battito, sconvolto dall'orrore.

Si rialzò in piedi, barcollando, in preda a uno sconvolgimento emozionale che era del tutto incapace di gestire.

- J-Jarvis, no!-, esclamò.

La macchina allungò un tentacolo per sorreggerlo, ma il giovane si ritrasse.

- Che gli stai facendo? Lui non è in grado di... lascialo!-

L'I.A. non obbedì, ma non cercò più di toccarlo, rispettando la sua decisione. O forse la sua paura.

Howard arretrò ancora. Era sempre stato pronto a considerare qualsiasi unità come sacrificabile, ma non... non Rogers. L'aveva sempre osservato, sempre invidiato, questo perché, con tutta probabilità, avrebbe voluto essere come lui, o, per lo meno, ottenere la sua attenzione, se non la sua approvazione.

Si era spesso chiesto cos'avesse Tara più di lui, senza riuscire mai a spiegarselo. Non era in grado di comprendere i sentimenti, altrui o propri che fossero.

- Ti ho detto di lasciarlo! E' un ordine!-, urlò.

Per tutta risposta Jarvis conficcò un altro tentacolo nel corpo di Steve, che sussultò di riflesso; e poi lo ricoprì di azoto liquido per abbassargli la temperatura e mantenerlo vivo il più a lungo possibile.

L'altro distolse lo sguardo e scosse il capo.

- Ascoltami: so cosa stai facendo, ma non è questa la procedura corretta, Jarvis... La Fortezza è sotto attacco e mio padre è dovuto scendere in campo, ma tu non dovevi prendere Rogers. Non può reggere e lo sai benissimo! Prendi me al suo posto, avevamo un piano, rendiamolo operativo!-

La macchina lo schiaffeggiò con un cavo, costringendolo indietro.

- So che il mio prototipo non è ottimale, e che non abbiamo neanche lontanamente il numero di unità che ci servono... ma tentiamo, almeno!-, insistette e, quasta volta, lo schiaffo lo fece finire a terra.

- Oh, quindi è me che vuoi proteggere!-, esclamò, aggrappandosi alla parete mobile per rimettersi in piedi, - A questo punto che differenza vuoi che faccia?! Spiegamelo! E' finita, Jarvis!-, urlò.

Il corpo di Steve, sopra di loro, si scosse in violente convulsioni.

- LASCIALO, LO STAI UCCIDENDO!-

Corrugò le sopracciglia e, prima che la macchina potesse fermarlo, estrasse la seconda pistola dalla manica della giubba nera e se la punto sotto il mento, facendo scattare la sicura.

- Mi ascolterai, adesso?!-, gli domandò con occhi lucidi.

Jarvis immobilizzò tutti i suoi tentacoli e il corpo del Generale cessò di tremare.
Howard deglutì un singhiozzo amaro e colmo di tristezza.

- Qualche minuto in più non fa differenza e sono pronto a spararmi...-, mormorò.

Accettò una carezza della macchina, ma non spostò il dito dal grilletto, più che deciso a vincere quello scontro al limite della logica, o, forse, della follia.

Una paratia si spostò e un'accecante luce illuminò la zona. Jarvis gli stava mostrando il suo cuore, al cui centro brillava uno scettro antico, ornato da una pietra di smeraldo. Lo scettro che, in un tempo remoto, Thor aveva forgiato per Loki e che Tony aveva recuperato dalle macerie della Stark Tower, trentacinque anni prima.

Pulsava il cuore della macchina, in un incrocio di piccoli fili brillanti.

Il giovane esitò, facendo un passo indietro.

- N-No, non chiedermi questo!..-, gemette, mentre due lacrime gli scorrevano sul volto.

- Lascialo andare e basta, puoi farlo!-

 - No. Non posso.-, esplose improvvisa e dirompente nel silenzio di quei sotterranei la voce di Jarvis.

- Ho delle direttive a cui non posso venir meno. Sono una macchina, Howard.-

- NO! Tu hai libero arbitrio... tu...-

- Posso prendere decisioni in base alle mie possibilità, come ogni creatura senziente nell'universo; ed è ciò che sto facendo in questo momento. Sai che non posso lasciare andare Rogers e non voglio prendere te.-

- Perché no?!-

- Perché ti ho cresciuto, Howard, e sei mio figlio, più che di padron Stark. Non posso e non voglio farti del male. Quindi fa' quel che devi e non guardarti indietro. Vivi come un uomo.-

Howard allontanò la pistola dal suo mento e la puntò con mano tremante.

- Ti voglio bene!..-, singhiozzò.

- Anche io.-

L'uomo chiuse gli occhi e premette il grilletto.

Il proiettile sibilò nell'aria, andando ad infrangere la gemma che esplose in schegge. La luce iniziò a lampeggiare, i tentacoli meccanici a stridere violentemente gli uni contro gli altri. Steve precipitò a terra: con uno schianto, si abbatte sui lastroni di metallo.

Howard rimase paralizzato ad osservare il padre morire, incapace di muoversi e di accettarne la perdita.
L'aveva ucciso lui... e per che cosa? Per un'unità che non aveva fatto altro che criticarlo per tutta la vita.

Con le energie che le rimanevano la macchina strinse lui e Steve tra le sue spire e li sollevò verso l'alto, mentre centinaia di esplosioni iniziavano a dipanarsi in un effetto domino incontrastabile. Con un ultimo abbraccio al figlio umano, li depositò in prossimità dell'uscita più vicina, poi sigillò l'apertura verso il basso con i tentacoli, proteggendo entrambi dalle fiamme e dai detriti.

- Mi dispiace!..-, gemette Howard, sfiorando i cingoli metallici con la mano.

Fu Ferrovecchio a scuoterlo dal suo shock. Fuoriuscito dalla sua manica lo punse al viso con una delle sue zampette, poi si sollevò in volo e illuminò a giorno l'ambiente circostante, pigolando concitato.

Howard si pulì il volto dalle lacrime.

- Hai ragione, amico mio...-, mormorò, - Non è ancora finita.-

Si avvicinò a Steve e si levò un guanto per potergli sentire il polso. Era debole, ma c'era ancora. Non si premurò di controllare altro e se lo caricò in spalla, mentre Ferrovecchio, sfruttando l'energia del suo microreattore, apriva la paratia per il corridoio attiguo.
Corse via, lottando contro il tempo per salvare non solo la vita di Rogers, ma anche la propria.

Un'esplosione colossale distrusse la metà della Fortezza alle sue spalle e lo sbalzò in avanti, facendolo andare a sbattere contro una parete. Gemette di dolore ma si rialzò subito, caricandosi di nuovo del peso di Steve e, finalmente, raggiungendo i suoi alloggi.




Stark abbatté Thomas al suolo con tanta potenza da incrinare da cima a fondo il pannello di vetro infrangibile.
Rimbalzò più volte sulla superficie, prima di fermarsi, esausto, dolorante e senza fiato. Sollevò lo sguardo verso lo Spettro e strisciò indietro, terrorizzato. Aveva saputo sin dal principio che non avrebbe mai potuto vincere quello scontro: ma, quanto meno aveva salvato suo padre e Tara.

Vide il cannone della mano destra di Tony brillare e seppe con drammatica certezza che quella luce azzurrognola sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto.
Ma, all'improvviso, Stark si fermò, spense il cannone e si voltò di scatto.

- Jarvis!-, esclamò.

Un tremore violento scosse l'intera struttura; poi l'esplosione raggiunse la superficie: miglia e miglia di terreno si sollevarono in aria, ben al di là dei confini della Fortezza. Thomas gridò, finendo sbalzato indietro dal vuoto d'aria. Con disperazione si aggrappò al bordo.
Trascorsero agghiaccianti secondi, in cui non riuscì a vedere nulla a causa del pulviscolo sollevato da tutta quella devastazione, poi si sentì afferrare per la maglia e trasportare in alto a folle velocità.

Al di sopra della nube i cieli lampeggiarono di rosso per un ultimo brevissimo istante, prima di tornare azzurri. Definitivamente, questa volta.
Stark afferrò il giovane dietro la nuca e lo costrinse ad alzare il capo.

- Guarda cos'hai fatto!-, gli urlò contro.

Thomas spalancò gli occhi e rimase agghiacciato.

- Oh mio Dio...-, gemette.



N.d.A.: Ed eccoci qui, ci avviciniamo alla fine, ma tranquilli, mancano ancora diversi capitoli, non so esattamente quanti, ma con questo siamo entrati, di fatto, nella fase finale. Fa uno strano effetto dirlo, dopo quarantatré capitoli dei Semi di Yggdrasill e sette di Sognando Cieli Azzurri (contando questo), ma, tant'è... Ok, è l'una e mezzo passata e sto diventando malinconica.
Grazie infinite a tutti voi, come sempre!
Passo e chiudo,
un bacione,
Ros.
   
 
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