Capitolo
8:That damn cold night… beneath a moonless sky!
N.d.A:
questo capitolo è dedicato a due persone: alla grande Aris,
mon ami, che ha seguito la storia fino a questo punto, che mi ha
incoraggiata, che mi ha aperto gli occhi su molte cose,che ha
sopportato i miei scleri quotidiani,che mi ha consigliato su film e
musica e che mi ha fatto scoprire il mondo di Harry ti presento Sally
XD grazie ma cher… ;)
La seconda persona a cui è dedicato questo capitolo,
è qualcuno a cui tengo molto e a cui purtroppo ho
fatto molto male,senza volerlo. So che non leggerà mai
questa dedica, ma vorrei trovare il coraggio di dirgli che credo ancora
nella nostra amicizia.
Okay dopo il momento di riflessione/ dedica, ringrazio tutti quelli che
anche se non hanno recensito, hanno seguito la storia come lettori
silenziosi. Buona lettura! Spero vi piaccia.
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Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Christine sarebbe morta. Erik
la guardava come avrebbe guardato un qualsiasi altro intruso, che si
fosse avventurato nel suo regno: si sentì fortunata a non
avere ancora un cappio attorno al collo!
Le era spuntato alle spalle, silenzioso come un’ombra e
letale come la morte.
Il suo sguardo, saldamente puntato negli occhi della giovane soprano,
tradiva una miriade di emozioni:sorpresa, sospetto, rabbia…e
qualcosa di più profondo ed ancestrale dell’ira.
Qualcosa che Christine non riusciva ad identificare.
-“Cosa ci fai qui?”- le pose di nuovo la stessa
domanda. La ragazza trasalì: non si aspettava certo di
essere accolta a braccia aperte, dopo che l’aveva
abbandonato, ma non si sarebbe nemmeno aspettata tanta freddezza da
parte sua. Era costernata da tanta rabbia!
-“Io..io…”- non riusciva ad articolare
una frase di senso compiuto; se prima la sua mente era piena di
domande, di dubbi, di mille cose da dire, ora era vuota,svuotata da
quegli occhi indagatori.
-“Allora? Cos’è,Christine, hai perso la
tua bellissima voce?”- interruppe quel legame di sguardi,che
si era venuto a creare nel silenzio dell’attesa. Le
voltò le spalle e si diresse nella camera della musica.
Christine rimase immobile per alcuni minuti, indecisa sul da farsi:
cosa le stava succedendo? Fino a qualche ora prima era stata
l’essenza stessa del coraggio e della spavalderia, ed ora che
se lo ritrovava davanti, non riusciva a spiccicare parola!
Lo seguì e lo trovò intento a raccogliere quei
pochi spartiti rimasti integri. Gli si inginocchiò accanto e
fece per raccogliere un foglio pentagrammato, fitto di note, ma venne
bloccata improvvisamente dal suo maestro.
-“Non toccare…non sei più degna della
mia musica!”- le parole erano uscite accompagnate da un
sibilo ferino. Non l’aveva guardata, l’aveva solo
fermata e aveva continuato a fissare in terra.Impassibile. Poi le aveva
lasciato il braccio.
Il cuore di Christine aveva perso un battito, quelle parole
l’avevano spezzata irreparabilmente. Come poteva dire una
cosa del genere? La sua musica era fatta su misura per lei, nessun
altro l’avrebbe mai potuta cantare. Solo lei era capace di
scendere in quel girone infernale che erano le sue composizioni, e poi
riuscirne indenne.
Un sospiro rassegnato la fece voltare: “Devi andartene, non
sei più la benvenuta qui…”- Erik si era
alzato. Non le aveva dato nemmeno il tempo di replicare, che
l’aveva presa per un braccio e l’aveva trascinata
bruscamente fuori dalla stanza della musica, verso la sponda del lago.
-“Prendi la barca e tornatene da dove sei venuta!”-
adesso le aveva urlato contro, non era riuscito a trattenersi.
Il cuore gli martellava in petto,aveva il fiato corto e i lineamenti
del volto erano alterati dalla collera. Sapeva di non essere un bello
spettacolo in quelle condizioni, e sperò che la
ragazza,impaurita, se ne andasse. Purtroppo per lui, non accadde.
La lasciò lì, senza degnarla di uno sguardo, e
poi si diresse verso il grande organo, unico oggetto miracolosamente
scampato all’ira della folla, la notte del Don Juan.
Christine, con i piedi nell’acque bassa della riva,era
paralizzata.
La osservò di sottecchi: era fradicia dal busto in
giù, i pantaloni e la leggera camicia che indossava,
lasciavano intravedere le sue forme, più di quanto non
avessero mai fatto le ampie gonne che indossava di solito; i capelli
disfatti, somigliavano ad un pagliericcio umido e tremava. Ma
nonostante tutto era bella oltre ogni dire, avrebbe quasi potuto
paragonarla ad una visione: le guance imporporate, le labbra rosse e
piene, il petto che si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro,
gli occhi luminosi. Non era mai stata tanto incantevole.
Scosse la testa, come a voler cacciar via un pensiero indesiderato. Non
doveva lasciarsi ammaliare dalla sua antica musa … doveva
disprezzarla, non desiderarla!
-“Sei ancora qui!? Dimmi ,Christine, quale parte della
frase,va via non sei più la benvenuta, non hai
capito!”- si era seduto allo strumento e sfiorava i tasti
d’osso bianco, come se stesse sfiorando la guancia di una
persona amata. Non una nota usciva, ma la musica suonava nella sua
testa. Si rese stranamente conto, che il rancore che provava nei
confronti della giovane che aveva davanti, si stava tramutando in note,
pause e accordi . L’arrivo di Christine aveva portato una
ventata di nuova ispirazione. Nonostante tutto , la sua
presenza aveva un influsso positivo su di lui e sulla sua musica.
La giovane non poteva credere a quello che stava accadendo: aveva
rischiato di farsi scoprire dai De Chagny, aveva circuito un ragazzino,
aveva vagato per le campagne parigine per trovarlo, aveva minacciato di
gettarsi nella Senna se non avesse avuto sue notizie ed ora, ora che se
lo ritrovava davanti,i suoi piani s’erano sciolti come neve
al sole!
No, non si sarebbe fatta cacciar via così facilmente:
avrebbe prima dovuto ascoltare tutto quello che aveva da dirgli, poi
avrebbe potuto anche ucciderla!
Gli si stava avvicinando, silenziosa come il cacciatore che si avvicina
alla preda, ma Erik la prese alla sprovvista: “Non
avvicinarti Christine, ti avverto, altrimenti non risponderò
delle mie azioni!”- aveva puntato di nuovo il suo sguardo
sulla sua figura esile.
-“Devo temerti,Erik?”- stavolta non s’era
lasciata intimidire dal suo sguardo ammaliatore, ma la rabbia per
quelle parole, le aveva fatto sputare fuori quella frase con tono
velenoso.
-“No, fin quando non ti avvicinerai a me. Ma se resti qui un
altro po’, potresti pentirti di non essertene andata
… potresti scoprire una parte di me che, ne sono sicuro, non
ti piacerebbe affatto.”- una scintilla di malizia si accese
nei suoi occhi,già luminosi come fuochi nella notte.
-“Non oseresti…”- Christine
tremò al solo pensiero.
–“Tu dici?A te la scelta!”- le propose
con tono di sfida.
-“Già… scelta! La stessa che ti ha
proposto madame Giry, non è vero?”- Christine non
era mai stata tanto sfrontata in vita sua, ma in quel momento si rese
conto che le parole potevano colpire più di una qualsiasi
arma.
Infatti alle orecchie di Erik quelle stesse parole giunsero taglienti,
più affilate di una lama. Come poteva sapere della lettera
di madame Giry? Maledetta fretta, l’aveva dimenticata nella
cascina di Villemomble… certamente Christine
l’aveva letta!
Ignorò bellamente la domanda-“Non si
fruga tra le cose degli altri…non te l’ha
insegnato nessuno?”- il tono da paternale non gli si
addiceva,ma d’altronde con i bambini come si deve
trattare…
-“Sono spiacente ma sei in errore; era
lì,abbandonata sul tavolo e l’ho letta…
mi hai lasciato tu un indizio per trovarti.”- la ragazza gli
rivolse un sorriso sornione.
-“Mmm,touchè.”-continuava a non
guardarla, come se fosse invisibile, come uno dei tanti fantasmi del
suo passato con cui conversava di solito. La solitudine può
giocare brutti scherzi.
La giovane era spazientita: lo osservò per alcuni minuti,
che sembrarono infiniti, continuare a percorrere avanti e indietro i
tasti dell’organo, senza che da esso uscisse alcun suono. Poi
cominciò con la sua filippica: “So
d’aver sbagliato,mi pento ogni giorno che passa, delle mie
scelte… credo dovremmo chiarire e …”
-“Non c’è nulla da chiarire mia cara,hai
fatto le tue scelte ed ora è troppo tardi per cambiare idea.
Và, hai la mia benedizione,vivi la tua vuota vita da
viscontessa e sii felice!”- disprezzo e astio trapelavano
dalla sua voce.
-“Cosa?la tua benedizione? Credi davvero che io sia
venuta fin qui per questo?”- era proprio sorpresa. Dopo tutto
quello che c’era stato, credeva sul serio che lei fosse
così insensibile –“Non sono
così meschina!”-
-“Meschina? Credimi, definirti tale è un
eufemismo…”- un sorriso perfido gli
increspò le labbra –“sei una piccola
formichina in balia del vento, mia Christine, inerte di fronte alle
convenzioni della società. Non puoi niente, non sta a te
decidere, loro hanno già scelto per te.”-
-“Non mi aspettavo certo che mi avresti accolta a braccia
aperte, ma tanta scortesia,addirittura paragonarmi ad una formica, non
è da te … a quanto pare hai scordato le buone
maniere!”- nessuna risposta,nemmeno uno sguardo.
-“deve essere passato troppo tempo. Il ricordo che avevo di
te era quello di un gentiluomo,ma la mia mente doveva essere
annebbiata, per pensarlo:infondo non sei stato mai niente
più che un assassino, sadico e
vendicatore!”-continuò imperterrita.
Erik non si scompose più di tanto, infondo nella sua
miserevole vita era stato apostrofato anche più aspramente:
però, non poteva certo dire che le parole uscite dalle
labbra di Christine non l’avessero colpito. Lo stava
apertamente provocando,ed era proprio curioso di sapere dove volesse
andare a parare quella sciocca ragazzina!
La giovane gli si avvicinò con studiata lentezza, e
parandosi alle sue spalle fece qualcosa di rischioso e ardito allo
stesso tempo: fece scorrere le dita sulla sua schiena, curvata
sull’organo,lentamente e con malcelata malizia; ma neanche
questo sembrò scomporlo poi molto: Christine si accorse
solo, di un breve tremito delle mani sospese a mezz’aria sui
tasti dello strumento.
Poi l’ira la divorò. Gli pose le mani sulle spalle
e si abbassò all’altezza del suo orecchio. Come se
gli stesse rivelando un segreto, gli sussurrò, con voce
lieve,parole colme di rancore: “Ricordi quel giorno a Pere-
Lachaise, quando Raoul stava per porre fine alla tua penosa vita? Io lo
fermai, convinta che in fondo al tuo cuore ci fosse qualcosa di
più che l’odio. Quanto mi sbagliavo …
avrei dovuto lasciare il suo braccio, avrei dovuto lasciare che ti
trapassasse da parte a parte. Avremmo sofferto entrambi di meno ed
io…”-Christine venne interrotta dal suono distorto
dell’organo. Erik si alzò e la prese per le spalle.
-“Insomma Christine,cosa vuoi da me? Cosa sei tornata a fare
qui? Non mi hai arrecato già abbastanza dispiacere? Sei
venuta qui per infierire ancora una volta, per darmi il colpo
di grazia?Non potevi semplicemente lasciarmi in pace,condurre la tua
vita e abbandonare i ricordi alle spalle!”- ruggì
di frustrazione.
Prima che l’eco di quelle parole si spegnesse, Christine si
liberò da quella morsa in cui l’aveva costretta :
“è così difficile da capire? Sono
tornata per te … ”-con un tono di voce
più basso, confessò davanti a lui, quello che non
aveva ammesso nemmeno a se stessa.
Una risata, cinica e roca, abbandonò la gola del suo
maestro: quel suono aveva qualcosa di sinistro ma allo stesso tempo
affascinante per Christine:non l’aveva mai sentito ridere, ma
l’unica volta che un sorriso s’era aperto sul suo
volto, aveva appena consumato uno dei tanti omicidi di cui si era
macchiato.
-“Per me ?!… e cosa ,mia dolce Christine, ti ha
spinta a tornare da me, dal tuo maestro, abbandonato così
sollecitamente? Cosa ti mancava … questo posto, il teatro,
l’emozione di sentirti la dea del canto, lo scrosciare degli
applausi …”-le si stava avvicinando piano, a
piccoli passi.
-“TU! Mi mancavi tu …”- calde lacrime di
umiliazione cominciarono a bagnare gli occhi della giovane soprano. La
voce s’era alzata di un’ottava, segno che la rabbia
per quella situazione l’aveva divorata completamente.
-“Cosa ti mancava…”-con una lunga
falcata la raggiunse, le si parò davanti e la
immobilizzò per un polso -“QUESTO!”- con
l’altra mano si strappò via la mezza maschera
bianca, l’unica cosa che nascondeva le sue terribili
fattezze. Christine aveva lo sguardo inchiodato sulla parte di volto
deturpata dalla natura.
Quando, la prima volta che ingenuamente gli aveva tolto la maschera ed
aveva posato gli occhi su quello che a suo tempo le era sembrato un
aborto di natura, ne era rimasta sconvolta, disgustata.
Lui l’aveva pregata di riuscire a scorgere l’uomo
che si nascondeva dietro il ‘mostro’ , un mostro
che anelava alla bellezza. Non c’era riuscita, erano dovuti
passare mesi, prima che riuscisse a guardarlo senza ripensare a quello
che si nascondeva dietro quel pezzo di porcellana bianca.
Poi un giorno, come se non fosse mai successo nulla, le si era rivelato
per quello che effettivamente era: solo un uomo, rifiutato dal genere
umano, umiliato dalla natura, allontanato dalla vita.
Ora,per lei, non c’era nulla più che il suo viso:
non vedeva più la deformità,né la
carne martoriata e piagata. Vedeva solo il volto dell’uomo
che amava.
-“Smettila! smettila di nasconderti dietro questa maschera,
il tuo volto non mi provoca più nessun orrore
…”- strappò via il proprio polso dalla
stretta soffocante della mano di Erik.
I loro sguardi s’incatenarono: stelle infuocate nei cieli
azzurri del nord. Nessuno dei due si muoveva e
l’unico rumore che spezzava il silenzio, calato dopo
quell’affermazione, era il respiro accelerato di Christine.
Erik invece non batteva ciglio,ma il suo cuore aveva perso un battito,
quando la giovane gli aveva ripetuto le parole di quella fatidica
notte.
-“Sette anni fa,”-cominciò piano la
ragazza, con voce tremante-“ entrai per la prima volta in
questo teatro. Ero distrutta, a dir poco, avevo perso l’unica
persona importante della mia vita: mio padre si era spento tra le mie
braccia,lasciandomi sola a questo mondo.”- mandò
giù quel nodo di nostalgia che le si era formato in gola,
che le impediva quasi di parlare. Sospirò.
-“Mi disse che non sarei rimasta da sola,
perché,una volta in cielo, mi avrebbe mandato un angelo
…”-gli prese la mano, guantata di nero, e la
strinse tra le sua piccole mani bianche. Rimase per un istante a
fissare quell’intreccio di colori così
contrastanti,poi puntò i suoi occhi luminosi in quelli
dell’uomo -“… l’angelo della
musica. E’strano come le sue parole si siano
avverate.”-
La mano libera cominciò a salire lieve verso il viso di
Erik. Lui non la fermò, ma fissò quella mano come
se fosse ardente, temendone il contatto.
-“Ti prego…”-la voce uscì
strozzata-“non farlo!”-mai in vita sua aveva
pregato qualcuno, anzi, erano sempre stati gli altri a pregar lui di
risparmiarli dalla sua folle bramosia di sangue. Ma Christine
restò sorda a quella richiesta:la sua mano si
fermò proprio sulla parte del volto, sempre coperta dalla
maschera.
Il palmo della mano della giovane era piacevolmente fresco e liscio,
contro la carne calda e ruvida del suo volto. Era un tocco a lungo
desiderato, come la pioggia nel deserto: inaspettata e rinfrescante.
Non si sarebbe mai aspettato, di poter desiderare così tanto
la vicinanza di un altro essere umano: aveva sempre fatto a meno di
tutti, rifuggendo anche il più semplice sguardo di
pietà. Ma ora, ora che la donna che non aveva mai smesso di
amare era lì,viva e bella di fronte ai suoi occhi, stretta a
lui, non desiderava altro che stringersi a lei e non lasciarla andare
mai più.
Chiuse gli occhi,desiderando che quel momento non finisse mai;
inclinò il capo verso quella carezza così dolce,
e una piccola lacrima scintillante sfuggì al suo
autocontrollo. In quell’istante sarebbe anche potuto morire
Poi accadde quello che aveva sognato centinaia di volte, quello che non
si sarebbe più aspettato potesse accadere.
Le labbra di Christine si posarono delicate sulle sue, e
quell’unione lo riportò alla realtà.
Aprì gli occhi e il cuore gli balzò in gola: era
tutto vero, non stava sognando,come aveva pensato fino a quel momento.
Christine era calda e viva tra le sue braccia: gli occhi chiusi, le
ciglia folte e lunghe che le accarezzavano le guance arrossate,due
piccole lacrime agli angoli degli occhi,come due gemme preziose. Come
poteva fare una cosa del genere ad una creatura tanto celestiale?
La allontanò da sé quel poco che bastava per
guardarla negli occhi. Lei, sorpresa, lo fissò con uno
sguardo interrogativo.
-“N-non posso…”-abbassò gli
occhi,incapace di reggere la vista della ragazza.
-“Cosa? Ti stai prendendo gioco di me?!”- era
davvero sorpresa, non riusciva a credere alle proprie orecchie
–“qualche mese fa saresti stato pronto a
seppellirmi viva qui,lontana dalla luce del Sole,lontana dal mondo,con
solo la tua musica a farmi da compagnia. Ed ora, ora che sono io a
voler rimanere qui con te ,tu non puoi farlo!?”-
-“Ma alla fine ti ho lasciata andare. Non potevo tenerti qui
con me: un bocciolo di rosa ha bisogno di luce ed amore per crescere;
io t’avrei fatta appassire prima di sbocciare, nutrendoti di
tenebre e follia!”- con il dorso della mano le
accarezzò una guancia bianca e liscia: “non puoi
rimanere qui, non posso farti questo…”
-“Ma questa volta sono io a voler restare!”- lo
scosse per le spalle,come a volergli far tornare il senno :
“non posso tornare lassù, capisci, il buio della
tua anima ha infettato anche il mio cuore, non posso tornare alla luce
…ho bisogno dell’oscurità, ho bisogno
….di TE!”-
-“Ma …”-venne subito zittito.
-“Niente più ma,né ripensamenti
… non rimpiangerò le mie scelte!”-
-“E il visconte?”-chiese con fare interrogativo.
-“Non ho mai amato Raoul, come egli spera che sarà
dopo il matrimonio. Me ne sono accorta solo ora: pensavo che stando
vicina a lui, avrei recuperato un po’ della gioia e della
spensieratezza delle nostre estati a Perros, in compagnia della musica
di mio padre. Ma mi sbagliavo, stavo inseguendo i ricordi di un passato
che non potrà mai tornare! Il mio posto non è a
villa De Chagny, non lo è mai stato e mai lo
sarà. La mia casa è sempre stata questo teatro e
voglio che continui ad esserlo!”-
-“NO!”- un secco diniego che fece tremare Christine.
Ma la giovane non si fece intimorire e con voce calma e controllata gli
disse: “Ora Erik, ti metterò io davanti ad una
scelta: di’ che non m’ami e io me ne
andrò, sconfitta ma con il cuore leggero; nel caso contrario
rimarrò per sempre con te, ed il passato sarà
solo un brutto ricordo da cancellare…”-
-“Oh Christine … io non ti amo e non ti ho mai
amata; eri solo un’ossessione passeggera!”- le
voltò le spalle, per non lasciarle vedere il dolore, che
provava nel dirle quelle cose.
Un grido di frustrazione lasciò la bocca della giovane
soprano, che lo strattonò fino a farlo voltare verso di se :
“Bugiardo! Tu menti! Dimmelo di nuovo, ma questa volta
guardandomi negli occhi…”- lo aveva spiazzato,
glielo si leggeva in faccia.
Come era possibile che lui, il figlio del diavolo, si facesse trattare
così da una appena donna, che si trovasse impreparato di
fronte a tanta determinazione.
-“io… ti amo, ma è meglio che tu te ne
vada! Credimi, lasciarti andare per l’ennesima
volta sarà fatale per me, ma mai quanto lo sarebbe per te se
ti permettessi di rimanere qui.”- l’aveva fissata
dritta negli occhi, sbarrati per la troppa emozione , e le aveva aperto
il suo cuore.
Infervorata da quella confessione, la giovane si impossessò
di nuovo delle sue labbra, e se il bacio precedente era stato qualcosa
di dolce e lieve, come un soffio su una ferita, ora quel bacio era
qualcosa di struggente, qualcosa che divampava come un incendio in una
foresta. In quel contatto, c’erano nascosti tutti i
sentimenti soffocati fino a quel momento da entrambi: dolore,
tristezza, amore, gioia, ma soprattutto desiderio l’uno
dell’altra.
Erik non la allontanò da sé, non ne aveva la
forza, e nemmeno voglia: si chiese, perché,dopo tanto
soffrire, non avrebbe dovuto accettare un barlume di
felicità. E quello spiraglio di luce nelle tenebre della sua
esistenza, glielo stava offrendo proprio Christine.
Ricambiò il bacio con veemenza, con tanta foga da far
vacillare Christine, che si aggrappò a lui come se fosse
l’unico elemento fermo in quel momento, in quel mondo che le
vorticava attorno. Lui la strinse a sé, conscio solo della
ragazza tra le braccia e delle sue labbra ardenti che non abbandonavano
le sue: tutto il resto attorno scivolò nell’oblio
dell’ indifferenza: il mondo sarebbe anche potuto finire in
quel preciso instante, e loro non se ne sarebbero accorti.
Nessuno dei due osava interrompere quel legame. Fu solo la mancanza
d’aria, a costringerli a doversi separare. Ma quello scambio
di sentimenti, non terminò con il bacio: infatti, i loro
sguardi intrecciati, dicevano e dichiaravano molto più di
cento discorsi accorati.
Christine ripensò alla domanda che aveva posto a Maurice
qualche giorno prima: si può morire di felicità?
Il vecchio cocchiere non aveva saputo rispondere, ma ora la risposta
era chiara alla giovane. Sì, si può morire per la
troppa gioia:lei stessa sarebbe morta se non ci fosse stato Erik a
sorreggerla.
Il tempo di prendere fiato, che Christine gli rubò un altro
bacio, come a conferma della scelta che avevano fatto entrambi.
Ma, prima che quel bacio si inoltrasse in territori più
oscuri ed immorali, Erik la fermò.
-“Sei sicura della tua scelta?”- non era certo, che
Christine avesse capito a cosa si riferiva.
-“Si, non me ne pentirò
mai…”-gli disse con voce carezzevole.
-“Ma tu…”- non sapeva come dirglielo.
A differenza di quello che pensava Erik, Christine non era una piccola
ingenua che viveva nel mondo delle favole, conosceva quello che stava
per accadere, ma per pudore non ne aveva mai fatto parola con nessuno.
Per un lungo momento restò ferma, come davanti ad un
precipizio, indecisa se saltare e sentire la libertà che si
impossessava di lei, o fare un passo indietro. La sua scelta
l’aveva già fatta, doveva solo andare fino in
fondo.
-“Sono già tua, ma fa che ora lo sia per
davvero... Insegnami”- lo sussurrò convinta, con
voce ricca di segrete promesse.
Per Erik fu come ricevere una scarica elettrica:i sensi gli si
annebbiarono per alcuni secondi, e poi , quando fu sicuro di aver
capito bene, travolto dalla potenza dei propri sentimenti, la
attrasse a se con impetuosità e la baciò.
Poi colto da un’improvvisa frenesia,la condusse per mano
nella stanza Luigi Filippo e lei, da brava allieva, si
lasciò guidare docilmente.
Quella notte sarebbe appartenuta solo a loro e a nessun altro.
Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento così
magico: si mossero insieme, in perfetta armonia, come se già
si conoscessero a memoria; il dolore lasciò
lentamente il posto ad un calore crescente che si
impadronì di entrambi e gli tolse il respiro.
Il dolore, i dubbi, i loro sospiri, e tutti i pensieri del mondo,
scivolarono via dal corpo di Christine e la giovane
sentì che al mondo non vi era nulla, tranne lei ed Erik, e
il desiderio e il fuoco che li consumava.
E mentre Parigi dormiva coperta da una coltre di nuvole,
l’unico testimone di quell’unione, fu un cielo
senza Luna.
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Angolino
di Farah: inizio con il dire che questo capitolo è stato un
parto plurigemellare…c’ho lavorato per
più di un mese e sinceramente il risultato finale mi
soddisfa. Ora mi sento completamente realizzata e posso rilassarmi.
Questo capitolo mi ha tenuta sulle spine fino all’ultimo,
perché fino ad un certo punto sapevo come dover raccontare
quello che succedeva, ma arrivata alla fine sono andata nel panico: non
ho mai scritto qualcosa di spinto e non volevo che fosse questo il
caso. Infatti spero di aver fatto in modo che la situazione si capisca,
ma che non scada nell’indecente! Volevo che
l’ultima parte fosse qualcosa di intimo e dolce, qualcosa che
non fosse volgare, ma che lasciasse un senso di appagatezza alla fine.
Spero d’aver soddisfatto il vostro bisogno giornaliero di
zucchero e derivati XD
Comunque questo
è l’ultimo capitolo, ma credo che
inserirò un epilogo, perché non mi piace finirla
così ;) Un bacio a tutti voi lettori,ci si legge al prossimo
capitolo!
Ps:
l’espressione di Christine
‘insegnami…’ è ripresa dal
libro della Kay che ho nominato nel precedente capitolo. Nel libro
Christine dice: “Take me!” she whispered
“Teach me…” sicuramente in inglese ha un
impatto più forte, ma a me piaceva questa metafora
dell’insegnante e dell’allieva e quindi…
il ‘prendimi’ era troppo,come posso dire, eccessivo
per i miei gusti quindi ho preferito non inserirlo! XD
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