Film > The Phantom of the Opera
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Autore: StarFighter    03/06/2013    1 recensioni
In un momento così solenne non riusciva a far altro se non pensare a quell’uomo,a lui, a colui che l’aveva scottata con la fiamma della sua violenta passione, l’ombra che l’aveva amata fino a morire: Erik.
Cosa è accaduto dopo che Christine è scappata dall'opera con Raoul? Che fine ha fatto Erik? E Christine sarà proprio convinta della scelta che ha fatto? -Ecco quello che ha partorito la mia mente in risposta a queste domande!- Buona lettura ;)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Madame Giry, Raoul De Chagny, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 8:That damn cold night… beneath a moonless sky!

N.d.A: questo capitolo è dedicato a due persone: alla grande Aris, mon ami, che ha seguito la storia fino a questo punto, che mi ha incoraggiata, che mi ha aperto gli occhi su molte cose,che ha sopportato i miei scleri quotidiani,che mi ha consigliato su film e musica e che mi ha fatto scoprire il mondo di Harry ti presento Sally XD grazie ma cher… ;)
La seconda persona a cui è dedicato questo capitolo, è qualcuno a cui tengo molto e  a cui purtroppo ho fatto molto male,senza volerlo. So che non leggerà mai questa dedica, ma vorrei trovare il coraggio di dirgli che credo ancora nella nostra amicizia.
Okay dopo il momento di riflessione/ dedica, ringrazio tutti quelli che anche se non hanno recensito, hanno seguito la storia come lettori silenziosi. Buona lettura! Spero vi piaccia.

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Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Christine sarebbe morta. Erik la guardava come avrebbe guardato un qualsiasi altro intruso, che si fosse avventurato nel suo regno: si sentì fortunata a non avere ancora un cappio attorno al collo!
Le era spuntato alle spalle, silenzioso come un’ombra e letale come la morte.
Il suo sguardo, saldamente puntato negli occhi della giovane soprano, tradiva una miriade di emozioni:sorpresa, sospetto, rabbia…e qualcosa di più profondo ed ancestrale dell’ira. Qualcosa che Christine non riusciva ad identificare.
-“Cosa ci fai qui?”- le pose di nuovo la stessa domanda. La ragazza trasalì: non si aspettava certo di essere accolta a braccia aperte, dopo che l’aveva abbandonato, ma non si sarebbe nemmeno aspettata tanta freddezza da parte sua. Era costernata da tanta rabbia!
-“Io..io…”- non riusciva ad articolare una frase di senso compiuto; se prima la sua mente era piena di domande, di dubbi, di mille cose da dire, ora era vuota,svuotata da quegli occhi indagatori.
-“Allora? Cos’è,Christine, hai perso la tua bellissima voce?”- interruppe quel legame di sguardi,che si era venuto a creare nel silenzio dell’attesa. Le voltò le spalle e si diresse nella camera della musica.
Christine rimase immobile per alcuni minuti, indecisa sul da farsi: cosa le stava succedendo? Fino a qualche ora prima era stata l’essenza stessa del coraggio e della spavalderia, ed ora che se lo ritrovava davanti, non riusciva a spiccicare parola!
Lo seguì e lo trovò intento a raccogliere quei pochi spartiti rimasti integri. Gli si inginocchiò accanto e fece per raccogliere un foglio pentagrammato, fitto di note, ma venne bloccata improvvisamente dal suo maestro.
-“Non toccare…non sei più degna della mia musica!”- le parole erano uscite accompagnate da un sibilo ferino. Non l’aveva guardata, l’aveva solo fermata e aveva continuato a fissare in terra.Impassibile. Poi le aveva lasciato il braccio.

Il cuore di Christine aveva perso un battito, quelle parole l’avevano spezzata irreparabilmente. Come poteva dire una cosa del genere? La sua musica era fatta su misura per lei, nessun altro l’avrebbe mai potuta cantare. Solo lei era capace di scendere in quel girone infernale che erano le sue composizioni, e poi riuscirne indenne. 
                                                                                                                                  Un sospiro rassegnato la fece voltare: “Devi andartene, non sei più la benvenuta qui…”- Erik si era alzato. Non le aveva dato nemmeno il tempo di replicare, che l’aveva presa per un braccio e l’aveva trascinata bruscamente fuori dalla stanza della musica, verso la sponda del lago.
-“Prendi la barca e tornatene da dove sei venuta!”- adesso le aveva urlato contro, non era riuscito a trattenersi.
Il cuore gli martellava in petto,aveva il fiato corto e i lineamenti del volto erano alterati dalla collera. Sapeva di non essere un bello spettacolo in quelle condizioni, e sperò che la ragazza,impaurita, se ne andasse. Purtroppo per lui, non accadde.

La lasciò lì, senza degnarla di uno sguardo, e poi si diresse verso il grande organo, unico oggetto miracolosamente scampato all’ira della folla, la notte del Don Juan.

Christine, con i piedi nell’acque bassa della riva,era paralizzata.
La osservò di sottecchi: era fradicia dal busto in giù, i pantaloni e la leggera camicia che indossava, lasciavano intravedere le sue forme, più di quanto non avessero mai fatto le ampie gonne che indossava di solito; i capelli disfatti, somigliavano ad un pagliericcio umido e tremava. Ma nonostante tutto era bella oltre ogni dire, avrebbe quasi potuto paragonarla ad una visione: le guance imporporate, le labbra rosse e piene, il petto che si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro, gli occhi luminosi. Non era mai stata tanto incantevole.
Scosse la testa, come a voler cacciar via un pensiero indesiderato. Non doveva lasciarsi ammaliare dalla sua antica musa … doveva disprezzarla, non desiderarla!

-“Sei ancora qui!? Dimmi ,Christine, quale parte della frase,va via non sei più la benvenuta, non hai capito!”- si era seduto allo strumento e sfiorava i tasti d’osso bianco, come se stesse sfiorando la guancia di una persona amata. Non una nota usciva, ma la musica suonava nella sua testa. Si rese stranamente conto, che il rancore che provava nei confronti della giovane che aveva davanti, si stava tramutando in note, pause e accordi . L’arrivo di Christine aveva portato una ventata di nuova ispirazione.  Nonostante tutto , la sua presenza aveva un influsso positivo su di lui e sulla sua musica.

La giovane non poteva credere a quello che stava accadendo: aveva rischiato di farsi scoprire dai De Chagny, aveva circuito un ragazzino, aveva vagato per le campagne parigine per trovarlo, aveva minacciato di gettarsi nella Senna se non avesse avuto sue notizie ed ora, ora che se lo ritrovava davanti,i suoi piani s’erano sciolti come neve al sole!
No, non si sarebbe fatta cacciar via così facilmente: avrebbe prima dovuto ascoltare tutto quello che aveva da dirgli, poi avrebbe potuto anche ucciderla!

Gli si stava avvicinando, silenziosa come il cacciatore che si avvicina alla preda, ma Erik la prese alla sprovvista: “Non avvicinarti Christine, ti avverto, altrimenti non risponderò delle mie azioni!”- aveva puntato di nuovo il suo sguardo sulla sua figura esile.
-“Devo temerti,Erik?”- stavolta non s’era lasciata intimidire dal suo sguardo ammaliatore, ma la rabbia per quelle parole, le aveva fatto sputare fuori quella frase con tono velenoso.
-“No, fin quando non ti avvicinerai a me. Ma se resti qui un altro po’, potresti pentirti di non essertene andata … potresti scoprire una parte di me che, ne sono sicuro, non ti piacerebbe affatto.”- una scintilla di malizia si accese nei suoi occhi,già luminosi come fuochi nella notte.
-“Non oseresti…”- Christine tremò al solo pensiero.
–“Tu dici?A te la scelta!”- le propose con tono di sfida.
-“Già… scelta! La stessa che ti ha proposto madame Giry, non è vero?”- Christine non era mai stata tanto sfrontata in vita sua, ma in quel momento si rese conto che le parole potevano colpire più di una qualsiasi arma.
Infatti alle orecchie di Erik quelle stesse parole giunsero taglienti, più affilate di una lama. Come poteva sapere della lettera di madame Giry? Maledetta fretta, l’aveva dimenticata nella cascina di Villemomble… certamente Christine l’aveva letta!
Ignorò bellamente  la domanda-“Non si fruga tra le cose degli altri…non te l’ha insegnato nessuno?”- il tono da paternale non gli si addiceva,ma d’altronde con i bambini come si deve trattare…
-“Sono spiacente ma sei in errore; era lì,abbandonata sul tavolo e l’ho letta… mi hai lasciato tu un indizio per trovarti.”- la ragazza gli rivolse un sorriso sornione.
-“Mmm,touchè.”-continuava a non guardarla, come se fosse invisibile, come uno dei tanti fantasmi del suo passato con cui conversava di solito. La solitudine può giocare brutti scherzi.

La giovane era spazientita: lo osservò per alcuni minuti, che sembrarono infiniti, continuare a percorrere avanti e indietro i tasti dell’organo, senza che da esso uscisse alcun suono. Poi cominciò con la sua filippica: “So d’aver sbagliato,mi pento ogni giorno che passa, delle mie scelte… credo dovremmo chiarire e …”
-“Non c’è nulla da chiarire mia cara,hai fatto le tue scelte ed ora è troppo tardi per cambiare idea. Và, hai la mia benedizione,vivi la tua vuota vita da viscontessa e sii felice!”- disprezzo e astio trapelavano dalla sua voce.
-“Cosa?la tua benedizione?  Credi davvero che io sia venuta fin qui per questo?”- era proprio sorpresa. Dopo tutto quello che c’era stato, credeva sul serio che lei fosse così insensibile  –“Non sono così meschina!”-
-“Meschina? Credimi, definirti tale è un eufemismo…”- un sorriso perfido gli increspò le labbra –“sei una piccola formichina in balia del vento, mia Christine, inerte di fronte alle convenzioni della società. Non puoi niente, non sta a te decidere, loro hanno già scelto per te.”-
-“Non mi aspettavo certo che mi avresti accolta a braccia aperte, ma tanta scortesia,addirittura paragonarmi ad una formica, non è da te … a quanto pare hai scordato le buone maniere!”- nessuna risposta,nemmeno uno sguardo.
-“deve essere passato troppo tempo. Il ricordo che avevo di te era quello di un gentiluomo,ma la mia mente doveva essere annebbiata, per pensarlo:infondo non sei stato mai niente più che un assassino, sadico e vendicatore!”-continuò imperterrita.
Erik non si scompose più di tanto, infondo nella sua miserevole vita era stato apostrofato anche più aspramente: però, non poteva certo dire che le parole uscite dalle labbra di Christine non l’avessero colpito. Lo stava apertamente provocando,ed era proprio curioso di sapere dove volesse andare a parare quella sciocca ragazzina!

La giovane gli si avvicinò con studiata lentezza, e parandosi alle sue spalle fece qualcosa di rischioso e ardito allo stesso tempo: fece scorrere le dita sulla sua schiena, curvata sull’organo,lentamente e con malcelata malizia; ma neanche questo sembrò scomporlo poi molto: Christine si accorse solo, di un breve tremito delle mani sospese a mezz’aria sui tasti dello strumento.

Poi l’ira la divorò. Gli pose le mani sulle spalle e si abbassò all’altezza del suo orecchio. Come se gli stesse rivelando un segreto, gli sussurrò, con voce lieve,parole colme di rancore: “Ricordi quel giorno a Pere- Lachaise, quando Raoul stava per porre fine alla tua penosa vita? Io lo fermai, convinta che in fondo al tuo cuore ci fosse qualcosa di più che l’odio. Quanto mi sbagliavo … avrei dovuto lasciare il suo braccio, avrei dovuto lasciare che ti trapassasse da parte a parte. Avremmo sofferto entrambi di meno ed io…”-Christine venne interrotta dal suono distorto dell’organo. Erik si alzò e la prese per le spalle.
-“Insomma Christine,cosa vuoi da me? Cosa sei tornata a fare qui? Non mi hai arrecato già abbastanza dispiacere? Sei venuta qui per  infierire ancora una volta, per darmi il colpo di grazia?Non potevi semplicemente lasciarmi in pace,condurre la tua vita e abbandonare i ricordi alle spalle!”- ruggì di frustrazione.
Prima che l’eco di quelle parole si spegnesse, Christine si liberò da quella morsa in cui l’aveva costretta : “è così difficile da capire? Sono tornata per te … ”-con un tono di voce più basso, confessò davanti a lui, quello che non aveva ammesso nemmeno a se stessa.
Una risata, cinica e roca, abbandonò la gola del suo maestro: quel suono aveva qualcosa di sinistro ma allo stesso tempo affascinante per Christine:non l’aveva mai sentito ridere, ma l’unica volta che un sorriso s’era aperto sul suo volto, aveva appena consumato uno dei tanti omicidi di cui si era macchiato.
-“Per me ?!… e cosa ,mia dolce Christine, ti ha spinta a tornare da me, dal tuo maestro, abbandonato così sollecitamente? Cosa ti mancava … questo posto, il teatro, l’emozione di sentirti la dea del canto, lo scrosciare degli applausi …”-le si stava avvicinando piano, a piccoli passi.
-“TU! Mi mancavi tu …”- calde lacrime di umiliazione cominciarono a bagnare gli occhi della giovane soprano. La voce s’era alzata di un’ottava, segno che la rabbia per quella situazione l’aveva divorata completamente.
-“Cosa ti mancava…”-con una lunga falcata la raggiunse, le si parò davanti e la immobilizzò per un polso -“QUESTO!”- con l’altra mano si strappò via la mezza maschera bianca, l’unica cosa che nascondeva le sue terribili fattezze. Christine aveva lo sguardo inchiodato sulla parte di volto deturpata dalla natura.

Quando, la prima volta che ingenuamente gli aveva tolto la maschera ed aveva posato gli occhi su quello che a suo tempo le era sembrato un aborto di natura, ne era rimasta sconvolta, disgustata.
Lui l’aveva pregata di riuscire a scorgere l’uomo che si nascondeva dietro il ‘mostro’ , un mostro che anelava alla bellezza. Non c’era riuscita, erano dovuti passare mesi, prima che riuscisse a guardarlo senza ripensare a quello che si nascondeva dietro quel pezzo di porcellana bianca.
Poi un giorno, come se non fosse mai successo nulla, le si era rivelato per quello che effettivamente era: solo un uomo, rifiutato dal genere umano, umiliato dalla natura, allontanato dalla vita.

Ora,per lei, non c’era nulla più che il suo viso: non vedeva più la deformità,né la carne martoriata e piagata. Vedeva solo il volto dell’uomo che amava.
-“Smettila! smettila di nasconderti dietro questa maschera, il tuo volto non mi provoca più nessun orrore …”- strappò via il proprio polso dalla stretta soffocante della mano di Erik.
I loro sguardi s’incatenarono: stelle infuocate nei cieli azzurri del nord. Nessuno dei due si muoveva  e l’unico rumore che spezzava il silenzio, calato dopo quell’affermazione, era il respiro accelerato di Christine. Erik invece non batteva ciglio,ma il suo cuore aveva perso un battito, quando la giovane gli aveva ripetuto le parole di quella fatidica notte.

-“Sette anni fa,”-cominciò piano la ragazza, con voce tremante-“ entrai per la prima volta in questo teatro. Ero distrutta, a dir poco, avevo perso l’unica persona importante della mia vita: mio padre si era spento tra le mie braccia,lasciandomi sola a questo mondo.”- mandò giù quel nodo di nostalgia che le si era formato in gola, che le impediva quasi di parlare. Sospirò.
-“Mi disse che non sarei rimasta da sola, perché,una volta in cielo, mi avrebbe mandato un angelo …”-gli prese la mano, guantata di nero, e la strinse tra le sua piccole mani bianche. Rimase per un istante a fissare quell’intreccio di colori così contrastanti,poi puntò i suoi occhi luminosi in quelli dell’uomo -“… l’angelo della musica. E’strano come le sue parole si siano avverate.”-
La mano libera cominciò a salire lieve verso il viso di Erik. Lui non la fermò, ma fissò quella mano come se fosse ardente, temendone il contatto.
-“Ti prego…”-la voce uscì strozzata-“non farlo!”-mai in vita sua aveva pregato qualcuno, anzi, erano sempre stati gli altri a pregar lui di risparmiarli dalla sua folle bramosia di sangue. Ma Christine restò sorda a quella richiesta:la sua mano si fermò proprio sulla parte del volto, sempre coperta dalla maschera.
Il palmo della mano della giovane era piacevolmente fresco e liscio, contro la carne calda e ruvida del suo volto. Era un tocco a lungo desiderato, come la pioggia nel deserto: inaspettata e rinfrescante.
Non si sarebbe mai aspettato, di poter desiderare così tanto la vicinanza di un altro essere umano: aveva sempre fatto a meno di tutti, rifuggendo anche il più semplice sguardo di pietà. Ma ora, ora che la donna che non aveva mai smesso di amare era lì,viva e bella di fronte ai suoi occhi, stretta a lui, non desiderava altro che stringersi a lei e non lasciarla andare mai più.
Chiuse gli occhi,desiderando che quel momento non finisse mai; inclinò il capo verso quella carezza così dolce, e una piccola lacrima scintillante sfuggì al suo autocontrollo. In quell’istante sarebbe anche potuto morire
Poi accadde quello che aveva sognato centinaia di volte, quello che non si sarebbe più aspettato potesse accadere.
Le labbra di Christine si posarono delicate sulle sue, e quell’unione lo riportò alla realtà. Aprì gli occhi e il cuore gli balzò in gola: era tutto vero, non stava sognando,come aveva pensato fino a quel momento. Christine era calda e viva tra le sue braccia: gli occhi chiusi, le ciglia folte e lunghe che le accarezzavano le guance arrossate,due piccole lacrime agli angoli degli occhi,come due gemme preziose. Come poteva fare una cosa del genere ad una creatura tanto celestiale?
La allontanò da sé quel poco che bastava per guardarla negli occhi. Lei, sorpresa, lo fissò con uno sguardo interrogativo.
-“N-non posso…”-abbassò gli occhi,incapace di reggere la vista della ragazza.
-“Cosa? Ti stai prendendo gioco di me?!”- era davvero sorpresa, non riusciva a credere alle proprie orecchie –“qualche mese fa saresti stato pronto a seppellirmi viva qui,lontana dalla luce del Sole,lontana dal mondo,con solo la tua musica a farmi da compagnia. Ed ora, ora che sono io a voler rimanere qui con te ,tu non puoi farlo!?”-
-“Ma alla fine ti ho lasciata andare. Non potevo tenerti qui con me: un bocciolo di rosa ha bisogno di luce ed amore per crescere; io t’avrei fatta appassire prima di sbocciare, nutrendoti di tenebre e follia!”- con il dorso della mano le accarezzò una guancia bianca e liscia: “non puoi rimanere qui, non posso farti questo…”
-“Ma questa volta sono io a voler restare!”- lo scosse per le spalle,come a volergli far tornare il senno : “non posso tornare lassù, capisci, il buio della tua anima ha infettato anche il mio cuore, non posso tornare alla luce …ho bisogno dell’oscurità, ho bisogno ….di TE!”-
-“Ma …”-venne subito zittito.  
-“Niente più ma,né ripensamenti … non rimpiangerò le mie scelte!”-
-“E il visconte?”-chiese con fare interrogativo.
-“Non ho mai amato Raoul, come egli spera che sarà dopo il matrimonio. Me ne sono accorta solo ora: pensavo che stando vicina a lui, avrei recuperato un po’ della gioia e della spensieratezza delle nostre estati a Perros, in compagnia della musica di mio padre. Ma mi sbagliavo, stavo inseguendo i ricordi di un passato che non potrà mai tornare! Il mio posto non è a villa De Chagny, non lo è mai stato e mai lo sarà. La mia casa è sempre stata questo teatro e voglio che continui ad esserlo!”-
-“NO!”- un secco diniego che fece tremare Christine.
Ma la giovane non si fece intimorire e con voce calma e controllata gli disse: “Ora Erik, ti metterò io davanti ad una scelta: di’ che non m’ami e io me ne andrò, sconfitta ma con il cuore leggero; nel caso contrario rimarrò per sempre con te, ed il passato sarà solo un brutto ricordo da cancellare…”-
-“Oh Christine … io non ti amo e non ti ho mai amata; eri solo un’ossessione passeggera!”- le voltò le spalle, per non lasciarle vedere il dolore, che provava nel dirle quelle cose.
Un grido di frustrazione lasciò la bocca della giovane soprano, che lo strattonò fino a farlo voltare verso di se : “Bugiardo! Tu menti! Dimmelo di nuovo, ma questa volta guardandomi negli occhi…”- lo aveva spiazzato, glielo si leggeva in faccia.
Come era possibile che lui, il figlio del diavolo, si facesse trattare così da una appena donna, che si trovasse impreparato di fronte a tanta determinazione.
-“io… ti amo, ma è meglio che tu te ne vada! Credimi, lasciarti andare  per l’ennesima volta sarà fatale per me, ma mai quanto lo sarebbe per te se ti permettessi di rimanere qui.”- l’aveva fissata dritta negli occhi, sbarrati per la troppa emozione , e le aveva aperto il suo cuore.

Infervorata da quella confessione, la giovane si impossessò di nuovo delle sue labbra, e se il bacio precedente era stato qualcosa di dolce e lieve, come un soffio su una ferita, ora quel bacio era qualcosa di struggente, qualcosa che divampava come un incendio in una foresta. In quel contatto, c’erano nascosti tutti i sentimenti soffocati fino a quel momento da entrambi: dolore, tristezza, amore, gioia, ma soprattutto desiderio l’uno dell’altra.
Erik non la allontanò da sé, non ne aveva la forza, e nemmeno voglia: si chiese, perché,dopo tanto soffrire, non avrebbe dovuto accettare un barlume di felicità. E quello spiraglio di luce nelle tenebre della sua esistenza, glielo stava offrendo proprio Christine.

Ricambiò il bacio con veemenza, con tanta foga da far vacillare Christine, che si aggrappò a lui come se fosse l’unico elemento fermo in quel momento, in quel mondo che le vorticava attorno. Lui la strinse a sé, conscio solo della ragazza tra le braccia e delle sue labbra ardenti che non abbandonavano le sue: tutto il resto attorno scivolò nell’oblio dell’ indifferenza: il mondo sarebbe anche potuto finire in quel preciso instante, e loro non se ne sarebbero accorti.
Nessuno dei due osava interrompere quel legame. Fu solo la mancanza d’aria, a costringerli a doversi separare. Ma quello scambio di sentimenti, non terminò con il bacio: infatti, i loro sguardi intrecciati, dicevano e dichiaravano molto più di cento discorsi accorati.

Christine ripensò alla domanda che aveva posto a Maurice qualche giorno prima: si può morire di felicità?
Il vecchio cocchiere non aveva saputo rispondere, ma ora la risposta era chiara alla giovane. Sì, si può morire per la troppa gioia:lei stessa sarebbe morta se non ci fosse stato Erik a sorreggerla.

Il tempo di prendere fiato, che Christine gli rubò un altro bacio, come a conferma della scelta che avevano fatto entrambi.
Ma, prima che quel bacio si inoltrasse in territori più oscuri ed immorali, Erik la fermò.
-“Sei sicura della tua scelta?”- non era certo, che Christine avesse capito a cosa si riferiva.
-“Si, non me ne pentirò mai…”-gli disse con voce carezzevole.
-“Ma tu…”- non sapeva come dirglielo.
A differenza di quello che pensava Erik, Christine non era una piccola ingenua che viveva nel mondo delle favole, conosceva quello che stava per accadere, ma per pudore non ne aveva mai fatto parola con nessuno.
Per un lungo momento restò ferma, come davanti ad un precipizio, indecisa se saltare e sentire la libertà che si impossessava di lei, o fare un passo indietro. La sua scelta l’aveva già fatta, doveva solo andare fino in fondo.
-“Sono già tua, ma fa che ora lo sia per davvero... Insegnami”- lo sussurrò convinta, con voce ricca di segrete promesse.
Per Erik fu come ricevere una scarica elettrica:i sensi gli si annebbiarono per alcuni secondi, e poi , quando fu sicuro di aver capito bene, travolto dalla potenza dei propri  sentimenti, la attrasse a se con impetuosità e la baciò.
Poi colto da un’improvvisa frenesia,la condusse per mano nella stanza Luigi Filippo e lei, da brava allieva, si lasciò guidare docilmente.

Quella notte sarebbe appartenuta solo a loro e a nessun altro.
Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento così magico: si mossero insieme, in perfetta armonia, come se già si conoscessero a memoria; il dolore lasciò lentamente  il posto ad un calore crescente che si impadronì di entrambi e gli tolse il respiro.

Il dolore, i dubbi, i loro sospiri, e tutti i pensieri del mondo, scivolarono via dal corpo di Christine  e la giovane sentì che al mondo non vi era nulla, tranne lei ed Erik, e il desiderio e il fuoco che li consumava.
E mentre Parigi dormiva coperta da una coltre di nuvole, l’unico testimone di quell’unione, fu un cielo senza Luna.


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Angolino di Farah: inizio con il dire che questo capitolo è stato un parto plurigemellare…c’ho lavorato per più di un mese e sinceramente il risultato finale mi soddisfa. Ora mi sento completamente realizzata e posso rilassarmi. Questo capitolo mi ha tenuta sulle spine fino all’ultimo, perché fino ad un certo punto sapevo come dover raccontare quello che succedeva, ma arrivata alla fine sono andata nel panico: non ho mai scritto qualcosa di spinto e non volevo che fosse questo il caso. Infatti spero di aver fatto in modo che la situazione si capisca, ma che non scada nell’indecente! Volevo che l’ultima parte fosse qualcosa di intimo e dolce, qualcosa che non fosse volgare, ma che lasciasse un senso di appagatezza alla fine. Spero d’aver soddisfatto il vostro bisogno giornaliero di zucchero e derivati XD
Comunque questo è l’ultimo capitolo, ma credo che inserirò un epilogo, perché non mi piace finirla così ;) Un bacio a tutti voi lettori,ci si legge al prossimo capitolo!
Ps: l’espressione di Christine ‘insegnami…’ è ripresa dal libro della Kay che ho nominato nel precedente capitolo. Nel libro Christine dice: “Take me!” she whispered “Teach me…” sicuramente in inglese ha un impatto più forte, ma a me piaceva questa metafora dell’insegnante e dell’allieva e quindi… il ‘prendimi’ era troppo,come posso dire, eccessivo per i miei gusti quindi ho preferito non inserirlo! XD
   
 
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